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Kotaro

Episodi visti: 24/24 --- Voto 9
E’ ormai in corso da parecchio tempo, e sembra ancora non voler finire, il grande revival degli anni Ottanta, tra remake/sequel/nuovi progetti legati a brand storici dell’epoca, gioia e dolore degli ex bambini di quel tempo, e tutta una serie di nuovi progetti strategicamente ambientati in quegli anni dove gli spettatori, i bambini di un tempo ormai adulti, possono comodamente sentirsi a casa.
Grandi esclusi da questo revival sembravano essere, invece, gli anni Novanta: forse ancora troppo ancorati alla decade precedente e perciò schiacciati da essa, forse perché il pubblico di riferimento (gli ex bambini ora adulti) era ancora troppo giovane, chissà.
A noi ex bambini degli anni Novanta ha pensato, fortunatamente, Rensuke Oshikiri, col suo Hi Score Girl, manga pubblicato da Square-Enix tra il 2010 e il 2018 in 10 volumi e trasposto in una serie animata di 24 episodi tra il 2018 e il 2019.

La gestazione della serie tv è stata decisamente travagliata, così come quella del manga: dopo l’annuncio, l’anime è caduto nel dimenticatoio per diversi anni, a causa di problemi legali relativi al manga e alle case produttrici dei vari videogiochi realmente esistenti che giocano un ruolo preponderante nella storia, in particolar modo la SNK pare si sia dimostrata particolarmente restia a concedere i diritti delle sue opere.
Ma tutto è bene quel che finisce bene: il manga, interrotto per via di queste questioni di diritti dopo una manciata di volumetti, ha potuto continuare fino alla sua conclusione, vedendo i primi volumetti “incriminati” ripubblicati con un titolo differente, e si è potuta produrre la serie animata, che fa bella mostra di sé su Netflix con tanto di doppiaggio in lingua italiana.

1991. Haruo Yaguchi è un bambino delle elementari che ha una passione viscerale per qualsiasi tipo di videogioco, sia esso una qualsiasi console da casa o un cabinato di sala giochi. E’ il 1991, quindi il gioco preferito di Haruo, così come quello di mezzo mondo, non può che essere uno solo: Street Fighter II, popolarissimo gioco di lotta che infiamma le sale di tutto il mondo, e di cui Haruo è un appassionato e talentuoso giocatore. I videogiochi, e in particolare Street Fighter II, sono tutto il mondo di Haruo, che si guadagna giocando il rispetto dei compagni di sala e dedica ai suoi titoli preferiti un’attenzione al limite dell’ossessivo. Ma il suo mondo fatto di pixel è destinato a infrangersi in mille pezzi e ricostruirsi in qualcosa di diverso perché lei, Akira Oono, entra nella sua vita.
Taciturna, eternamente sola, Akira appartiene a un mondo totalmente diverso da quello di Haruo: è, infatti, figlia di una famiglia ricchissima, lasciata alle cure di un vecchio maggiordomo e di una spietata tutrice, che permette alla bimba soltanto il tragitto casa-scuola e nessuna distrazione, impegnata com’è tra lo studio e mille corsi vari per trasformarla in una ragazza di buona famiglia.
L’incontro avviene per caso, e galeotto è proprio il cabinato di Street Fighter II. I due bambini si sfidano per caso, e a vincere è Akira, una bambina spuntata da chissà dove, che non sa nulla di videogiochi, si esprime solo a mugugni, grugniti e gesti e sceglie sempre personaggi muscolosi e nerboruti che vengono scartati e presi in giro dagli altri giocatori.
Ferito nell’orgoglio, Haruo invita Akira a sfidarsi nuovamente, facendole scoprire il vasto e bellissimo mondo dei videogiochi e offrendole, di tanto in tanto, una distrazione dalla sua vita così opprimente.

Ex bambini degli anni Novanta, se avete passato la vostra infanzia tra le cartucce del Super Nintendo e i gettoni da sala giochi, questa è una storia che parla di voi, anche se probabilmente non avrete mai raggiunto i livelli di fissazione acuta che Haruo ha per i videogiochi. Hi Score Girl ripercorre, attraverso i videogiochi, le varie fasi degli anni Novanta, e i camei, le citazioni, le chicche, le apparizioni non si contano (ma sarà splendido provarci): da Final Fight a Mortal Kombat, da Darkstalkers a Virtua Fighter, dai personaggi di Street Fighter che parlano con le stesse voci originali del gioco al professore dei ragazzi che è Lau Chan di Virtua Fighter, ci sono quasi tutti i giochi di lotta più popolari della decade, ma la fissazione dei videogiochi del suo protagonista ci riporta a ripercorrere anche altri generi, altre console, altri ricordi. I videogiochi sono il trait d’union di tutta la nostra storia, al punto che i personaggi dei videogiochi (Guile per Haruo e Zangief per Akira, quasi a voler riproporre quella rivalità da guerra fredda che contrappone anche i nostri protagonisti) prendono vita e si trasformano nelle coscienze dei nostri piccoli ma grandi eroi, mettendo in scena conversazioni interiori tanto esilaranti quanto dolci. Ad accompagnare la crescita dei due bambini nel loro passaggio dall’infanzia all’adolescenza, mentre dalle elementari passano alle medie e al liceo, c’è sempre lui, Street Fighter II, simbolico ricordo d’infanzia che ha segnato praticamente tutta la decade con le sue varie versioni. Perché mai non esce direttamente uno Street Fighter III, si chiede Haruo, come ce lo siamo chiesti anche noi all’epoca. Forse perché per Street Fighter III Haruo e Akira non sono ancora pronti, perché per arrivarci devono prima concludere la loro infanzia, la loro sfida, quella a Street Fighter II tra Guile e Zangief (che, tu guarda, in Street Fighter III non sono presenti) e quella tra i loro sentimenti, finendo per ammettere che ciò che provano l’uno per l’altra è qualcosa di più sia della rivalità ai videogiochi che dell’amicizia.

Hi Score Girl colpisce gli ex bambini degli anni Novanta con le sue innumerevoli citazioni videoludiche alla loro infanzia, tra titoli celeberrimi e alcune chicche davvero particolari (vogliamo parlare dell'episodio dove Haruo mette il Virtua Fighter CG Portrait Series di Jeffry in sottofondo mentre studia, e noi ci godiamo per tipo dieci minuti il videoclip originale e la bellissima e nostalgica "Ano nami wo koete" by Takenobu Mitsuyoshi, che tanto familiare risuonerà a chi ha amato in gioventù l'anime tratto dal famoso picchiaduro Sega?). Tuttavia, in realtà, il cuore di quest’opera sta altrove. I videogiochi, gli anni Novanta sono soltanto un mezzo per narrarci una storia semplice, spesso scontata, ma nonostante questo incredibilmente appassionante. Una storia d’amore assai coinvolgente, che si trasforma ben presto in un avvincente triangolo con l’apparizione della bionda Koharu Hidaka, compagna di Haruo che viene da lui coinvolta nella passione per i videogiochi e finisce per innamorarsene: mascolina, determinata, Koharu è una ragazza semplice ma adorabile, a modo suo, quanto Akira, che si incaponisce, perché al cuor non si comanda, ad andar dietro a quel tonto di Haruo, che pensa solo ai videogiochi e che non capisce minimamente i sentimenti, né quelli di chi gli sta attorno né tantomeno i suoi. Per fortuna, attorno a lui c'è tutta una serie di personaggi sopra le righe, dalla madre impicciona al fedele consigliere e migliore amico, dal rivale fighetto con gli sbrilluccichi perenni intorno al bonario maggiordomo di Akira, pronti ad aiutarlo a capire meglio ciò che prova.
Sono semplici ragazzini che giocano ai videogiochi, quelli di Hi Score Girl, come ce ne sono tanti, eppure il triangolo amoroso che li coinvolge ci appassiona quasi fosse un Orange Road degli anni Novanta, un po’ diverso ma con la stessa carica nostalgica di quando ragazzini eravamo noi. Sia Akira che Koharu sono personaggi molto semplici, ma ci si affeziona pian piano a entrambe, tifando ora per l'una e ora per l'altra in turbinio di emozioni.
La risoluzione della love story è scontata, suggerita da troppi elementi sin dall’inizio, ma non potremo fare meno di ritrovarci in preda alle emozioni, col cuore che batte ad ogni puntata, ad ogni sviluppo, mentre i nostri bambini crescono e cominciano a prendere coscienza dei loro sentimenti, e noi ci ricordiamo di quando c’eravamo noi al loro posto, dei piccoli Arthur di Ghosts’ n Goblins, pronti ad affrontare in mutande un intero esercito di demoni per salvare la nostra principessa del cuore, che eravamo un tempo.

Se c’è una pecca, in Hi Score Girl, è nell’aspetto grafico: fedelissimo al tratto del mangaka originale, che già di suo è abbastanza bruttino, le animazioni in computer grafica creano spesso un effetto sgradevole e rendono i personaggi a volte legnosi nei movimenti (per quanto non gli manchi mai l'espressività dei volti). Continuo a credere che uno stile di disegno più simile a quello in voga in quegli anni Novanta che vuole celebrare, avrebbe impreziosito la serie, ma a fronte dell’immensa tempesta di emozioni generata da ogni episodio è un piccolo prezzo che si paga ben volentieri, facendoci subito l’abitudine. Inoltre, l’animazione in computer grafica permette una resa perfetta dei vari videogiochi, che mostrano sprite, personaggi e partite reali (giocate appositamente da professionisti). Ovviamente, il grosso del lavoro lo fa anche la colonna sonora, che ci riporta, esattamente come ce li ricordiamo, brani, tormentoni, frasi, effetti sonori dei videogiochi della nostra infanzia. E se anche i brani orchestrati originali ci riportano qualcosa alla mente, non è un caso. La colonna sonora è infatti, tu guarda, affidata alla leggendaria Yoko Shimomura, che ha firmato in passato le musiche di diversi videogiochi anni Novanta tra cui, guarda un po’, proprio Street Fighter II. Se quindi il tema principale della serie, che accompagna le sfide di Haruo e i suoi amici in varie versioni, vi pare familiare o vi ricorda fin troppo il celeberrimo tema di Guile (che sta bene come sottofondo a qualsiasi cosa) non è un caso… ci ricordiamo, infatti, qual è il personaggio preferito, alter ego e coscienza di Haruo, giusto?

Decisamente molto particolari e d’effetto le sigle, “New Stranger” e “Flash” dei Sora Tob Sakana in apertura, “Houkago Distraction” e “Unknown World Map” con l’inconfondibile voce di Etsuko Yakushimaru in chiusura. In particolare, le due ending si rivelano essere le canzoni simbolo della serie, tanto da essere accompagnate dal video con gli spezzoni dell’anime nei karaoke giapponesi. “Houkago Distraction”, in quattro minuti, riassume tutto ciò che Akira (che non parla mai durante tutta la serie, esprimendosi solo con mugugni, ceffoni, gesti e i pugni e le prese di wrestling del suo Zangief) non ci ha mai detto in ventiquattro episodi, tutto il senso della storia, raccontandoci di una principessa prigioniera di un noioso mondo monocromatico e di un eroe che, inaspettatamente, viene a salvarla, colorando il suo universo con mille emozioni. Hi Score Girl è praticamente tutto qui, e quando ce ne renderemo conto sarà troppo tardi, il nostro volto sarà già solcato da lacrime.
Non necessita di una cura particolare per il doppiaggio, Hi Score Girl, dato che i suoi personaggi sono normali ragazzini e che una di loro non parla, ma, invece, è un po’ spinoso in fase di adattamento, dati i miliardi di giochi di parole, riferimenti, citazioni a videogiochi e console che magari hanno un nome diverso nella versione giapponese e in quella occidentale. In questo, la versione italiana della serie ha incespicato in qualche errore qua e là, pur avendo riconosciuto il nocciolo della questione e avendoci fatto una certa attenzione.

Hi Score Girl è un filo diretto con la nostra infanzia, che sfrutta un mezzo (quello dei vecchi videogiochi) a noi ex bambini degli anni Novanta estremamente familiare per raccontarci una storia che ci ricorda di quello che eravamo e che, forse, in fondo al cuore in un certo senso siamo ancora. E’ una serie che emoziona in maniera semplice, ma ogni tanto è bello poter tornare a sognare così, in un mercato anime dove storie d’amore così genuine sono sempre più rare e dove le serie raramente hanno una conclusione. Hi Score Girl ce l’ha, anche se ci ha fatto aspettare un po’ per averla, e per questo dobbiamo premiarlo. La serie completa (è divisa in "Hi Score Girl" e "Hi Score Girl II", ma la storia è unica, volevano solo togliersi lo sfizio di fare l'immagine promozionale della "seconda stagione" ricalcando la celeberrima locandina di Street Fighter II) è disponibile su Netflix con doppiaggio e sottotitoli in varie lingue, quindi è facilmente accessibile a tutti, e non fruirne sarebbe davvero un peccato, con l’unica controindicazione che il nostro cuore sarà colpito da potentissimi, nostalgici, tristi, bellissimi Sonic Boom mediamente ogni tre secondi per ventiquattro episodi.


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Léon

Episodi visti: 12/24 --- Voto 8
Un anime per certi versi sorprendente, divertente e ben curato, piacevole anche visivamente nonostante l’animazione in CGI, comunque armonizzata in modo tale da non farsi troppo notare. Un racconto dalle venature nostalgiche, per quei 30-40enni occidentali che parte della loro giovinezza l’hanno trascorsa davanti quegli enormi cabinati i quali, messi a paragone con le console ultraleggere e i supporti multimediali degli anni duemila, sembrano degli invasori alieni dalle elementari forme robotiche. Eppure quelle ingombranti fonti di intrattenimento, ormai totalmente annientate alle nostre latitudini – in Giappone, al contrario, non solo sopravvivono, sia pur evidentemente decimati rispetto al tempo che fu, ma restano ancora luogo di culto per i gamers -, conservano un fascino ai nostri occhi cresciuti che le nuove potentissime console non possiederanno mai, non fosse altro perché le sale giochi erano anche luoghi di incontro e socializzazione, lontane anni luce dall’alienante solitudine nella quale le nuove tecnologie relegano tanti ragazzini – e non soltanto – nelle loro camerette del mondo globale.

Attraverso gli occhi di un bambino che diventa adolescente, passando dalla sala giochi alla PlayStation nell’arco di cinque anni, per ritornare in sala e a un nuovo incontro-scontro con colei che gli fa battere forte il cuore, lo spettatore torna a confrontarsi nuovamente con tanti di quei giochi virtuali che lo hanno accompagnato lungo gli anni della crescita e della piena coscienza di sé. È proprio questo il punto forte di un’opera come High score girl, quello di ripercorrere i turbamenti dell’adolescenza attraverso l’evoluzione di un mondo ludico e virtuale che era assolutamente unico e irripetibile ai nostri occhi, sia che fossimo stati dei malati incurabili dei videogames, come il nostro simpatico protagonista, sia che tutto ciò avesse suonato “soltanto” come una piacevole musica d’accompagnamento d’un tempo di formazione irrinunciabile, come lo è stata probabilmente per i più, tra i quali anch’io mi iscrivo, essendo cresciuto più che altro a pane e partite di pallone. Proprio Haruo, così apparentemente noncurante e sbarazzino nel voler dar sfogo alla sua passione-ossessione per i videogiochi, ci introduce efficacemente ai mutamenti emotivi e al turbinio sentimentale dell’adolescenza, facendo il verso, in alcuni momenti – non peregrina la similitudine, considerando l’età del mangaka di riferimento – a quell’Ataru Moroboshi nel quale noi ragazzini degli Ottanta in parte ci identificavamo, altrettanto dedito al “cazzeggio” e perdigiorno, comunque preda dell’amata-odiata autoproclamatasi “fidanzatina ufficiale” proveniente dallo spazio (stiamo parlando evidentemente di Lamù, uno degli anime più divertenti e scanzonati arrivati in Italia negli anni ottanta). Pur in un contesto differente, e concepito in un’altra epoca, con tutte le differenze di pathos e linguaggio che la distanza temporale naturalmente evidenzia, il rapporto che si instaura tra Haruo e Oono ricorda per certi versi quello tra Ataru e Lamù, con tanto di botte prese a senso unico dal malcapitato protagonista. Quelle botte che però sono segni d’affetto e di vicinanza, e che paradossalmente, ma non poi tanto, contribuiscono a far crescere un sentimento assai difficile da esplicitare a parole a quell’età. Difficile anche perché Oono resta muta per tutto l’arco delle 12 puntate, pur lasciandosi ben intendere attraverso gli sguardi e le espressioni. Le caratterizzazioni animate, in effetti, per quanto non rubino l’occhio sono bene assemblate, trasmettendo efficacemente tutte le emozioni in gioco.

Interessanti peraltro sono alcune intuizioni narrative, come quella di immaginare la coscienza di Haruo che gli si manifesta sotto forma dei personaggi dei videogiochi (trovata narrativa simile a quella che Nick Hornby utilizzò nel suo bel romanzo di formazione adolescenziale "Tutto per una ragazza", nei frangenti nei quali al sedicenne skater Sam si manifesta in sogno il suo idolo Tony Hawk). Ultima nota per le piacevoli sigle, l’esplicita (nel senso che esplicita in maniera chiara attraverso le immagini le dinamiche dell’anime) e divertente opening, ma soprattutto una ending che caricaturizza in modo infantile i disegni dei protagonisti, velando di dolcezza e malinconia un tema musicale che si accorda perfettamente con le forme animate e con l’emozione che vuol restituire.


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mattiaaloe

Episodi visti: 24/24 --- Voto 8,5
Serie incominciata per caso che mi ha molto colpito, non tanto per le animazioni che sono mediocri, specialmente nella seconda stagione, ma quanto per l'atmosfera e la trama.

Il tema principale è quello dei videogiochi che fa da collante tra i vari personaggi. Ci troviamo in un Giappone degli anni '90 in cui il mercato videoludico e delle sale da gioco è in uno dei suoi periodi più floridi. Ciò comporta numerosi riferimenti a celebri saghe di videogiochi e a console. Ho apprezzato, infatti, che la coscienza dei protagonisti prendesse la forma dei personaggi famosi di Street Fighter, che, con le loro sfaccettature e caratterizzazioni, interagivano tra di loro e con i vari personaggi.
Parlando proprio di personaggi non ce ne sono molti e quelli veramente approfonditi, a essere buoni, sono soltanto due, ovvero quelli su cui ruota tutta la storia. Nonostante ciò ho apprezzato le varie caratteristiche che riuscivano a trasmettere e il modo genuino in cui i vari personaggi interagivano tra di loro. Infatti i ragazzi si comportavano come tali, trasmettendo le loro incertezze, rivalità e sentimenti, senza mai risultare banali e scontati, e, specialmente, comportandosi come dei ragazzi quali erano.

La storia è molto semplice e carina da seguire e non penso abbia dei fini critici verso qualcosa in particolare (forse solo la contrapposizione tra la famiglia di Haruo e di Akira). È una semplice storia che parla di un momento di vita di due ragazzi, appassionati di videogiochi.
Ne consiglio la visione.

Utente970

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Utente970

Episodi visti: 12/24 --- Voto 8
Un'ode d'amore al periodo d'oro degli arcade, delle sale giochi, preziosi luoghi di ritrovo oggi in via di estinzione, e ai seguenti primi vagiti dei videogiochi 3D negli anni '90. Uno scorcio su uno dei periodi storicamente più significativi e di massimo fermento creativo del settore videoludico.

Haruo, il giovane protagonista, è un energico fanatico dei videogiochi, a cui dedica tutto il tempo disponibile, a discapito della media scolastica e dei rapporti sociali. La sua è un'abilità costruita sulla pratica e sulla dedizione, ma a poco serve di fronte ad un vero talento, quale si rivela essere l'introversa, ma violenta, compagna di classe Akira Ono, la classica signorina di buona famiglia, a cui nemmeno un paio di pinze giganti potrebbero strappare mezza parola. Dal loro incontro nascerà una sorta di rivalità/amicizia che diverrà pian piano così forte da spingere Haruo a migliorarsi non solo come giocatore, ma anche a crescere come persona. Durante questo percorso cambieranno vari elementi, il suo fisico, la sua scuola, alcuni elementi della città, e si verranno a creare nuove amicizie. La più rilevante di queste sarà la giudiziosa Koharu Hidaka, una compagna di scuola che verrà attratta dal modo di vivere spensierato di Haruo e che, sotto vari aspetti, si può considerare la versione più equilibrata di Ono.

"High Score Girl" lo si potrebbe definire quasi come un documentario per videogiocatori. La serie è ricolma di citazioni di software house, titoli cult di vario genere, console più meno sfortunate fuori dal Giappone, nozioni tecniche da professionisti e qualche segreto sbloccabile. Persino uno dei docenti sarà la caricatura palese del maestro "Lau Chan" di "Virtua Fighter". Considerando poi il periodo d'ambientazione, il genere maggiormente in voga non potrà che essere quello dei picchiaduro, oggi estremamente di nicchia, ma un tempo capace di tenere quasi interamente a galla realtà storiche come la SNK. Essendo comunque un genere estremamente ricco di esponenti di valore, solo uno svetterà tra di essi, ovvero la serie di Street Fighter, che effettivamente, col secondo capitolo dettò nuovi parametri qualitativi, tanto da essere considerato ancora oggi, nella sua versione "Turbo", un classico senza tempo.

Non nego che mi ha fatto un po' sorridere questo particolare (ma giustificato) attaccamento. Capcom era ed è tuttora considerata come una casa talentuosa, a cui, contrariamente ad altre società storiche come Sega, va riconosciuto di aver saputo mantenere viva la fama delle proprie Ip. Tuttavia, Capcom è anche considerata da sempre particolarmente avida e spremitrice verso i propri marchi più famosi, e l'accurata presenza di tutte le versioni del secondo capitolo di "Street Fighter", ulteriormente proseguita col tempo, non fa che sottolinearlo. Anche gli stessi personaggi dell'anime si chiedono perché non esca direttamente un terzo capitolo (tra i più tecnici dell'intera saga), eppure colpisce vedere l'apprezzamento totale da parte di Haruo e di altri appassionati, per il continuo miglioramento del loro titolo preferito. E' un punto di vista che può rispecchiare in modo realistico un vero amante dei picchiaduro, una branca di giocatori molto ben definita, competitiva, inossidabile e sempre più ristretta in mezzo agli ormai sdoganati "Fake Gamers" di oggi, che pur inneggiando alla difficoltà da "Pro", finiscono segretamente per guardarsi interamente le giocate altrui in rete, per poi vantare le proprie conoscenze. Tanto che ci fa, il gioco lo hanno comprato regolarmente... Riguardo alle citazioni, fa sorridere vedere la, un tempo dominante, Nintendo un po' maltrattata dall'indifferenza del personaggio. Del resto, a dispetto delle solite polemiche, la grafica ha sempre contato molto in questo settore e le console di una volta non potevano stare appresso ai cabinati, come non potevano farlo nemmeno i Pc. Haruo comunque è un vero appassionato a 360° gradi, conosce i titoli più disparati e non disdegna realmente nulla di quel mondo, anzi ne apprezza la versatilità e ne intuisce il potenziale futuro, semplicemente preferisce dirottare i limitati risparmi per puntare al top tecnico nonostante alcuni svantaggi sulla quantità di titoli o sulla autonomia portatile. Si, è un po' il bimbominkia di una volta, ma più spontaneo e con meno soldi.

Tornando al massiccio uso di "Street Fighter" all'interno della serie, emblematico è il fatto che l'avatar di Haruo sia il marine Guile, uno dei personaggi classici più amati, specie in occidente, ma non certo paragonabile al più rappresentativo (e nipponico) Ryu o alla bella Chun-Li, primo amore di molti giocatori e ancora oggi imperatrice indiscussa delle coscettone. I lottatori vengono qui usati come contraltare visivo dell'eterna rivalità tra Ono e Haruo, e per quanto nell'immaginario, Ryu e Ken siano amici, rivali e persino allievi dello stesso maestro, non avrebbero rappresentato adeguatamente l'accesa spinta che muove inizialmente il ragazzo, non quanto la "reganiana" tensione tra Guile e Zangieff. Il villoso e massiccio russo è inoltre l'esatto opposto fisico della minuta Ono ed al tempo stesso la rappresentazione perfetta di una montagna umana da superare, un ostacolo doppiamente difficile, perché letale soprattutto da vicino.

La serie ci mostra come proprio nella "patria dei videogiochi" vi fosse al tempo diffidenza da parte delle famiglie e delle istituzioni. Le sale giochi erano viste come un fattore distraente dallo studio e pericolosamente frequentate da gentaglia di basso livello, un fattore che ha forse favorito l'acquisto delle console, in modo da permettere alla progenie di potersi rilassare rimanendo in un luogo più sicuro e controllato. A tal proposito, ricordo un'intervista fatta al produttore di Namco, Katsuiro Harada, storica figura dietro Tekken, in cui affermava di aver, a suo tempo, taciuto i dettagli sul suo lavoro ai propri genitori, in particolar modo la sua specializzazione sui Beat 'em Up, in quanto visti come una delle branche meno nobili di tutte, forse per la violenza e limitatezza intrinseca del genere.

Per quanto riguarda il lato tecnico dell'anime, non si può dire che ci troviamo di fronte ad un lavoro particolarmente elevato. L'impiego del cell-shading non stona affatto con lo stile di Rensuke Oshikiri, ma per quanto curato e con personaggi che non devono compiere azioni troppo spettacolari, esso limita comunque pesantemente la fluidità dei movimenti e, spesso si noterà davvero troppo l'artificialità del disegno. A compensare ciò vi saranno le continue espressioni facciali sopra le righe e le inquadrature sugli stage di vari giochi, a cui verranno spesso legati i pensieri del protagonista. Questi pensieri saranno costantemente presi di mira da personaggi pixellati, che faranno irruzione come una sorta di coscienze celesti, a cui è stata mantenuta la propria movenza originale. In un certo senso si può dire che il cervello di Haruo è andato veramente in pappa per i troppi videogiochi e tutto ciò non farà che creare un mix sempre più grottesco e gradevole.

I personaggi fissi non sono molti e anche il loro coinvolgimento è molto limitato. Tutto si basa sul microcosmo arcade di Haruo, che fondamentalmente ricalca il classico ragazzetto immaturo, intuitivo solo in ciò che lo interessa, ma lento in tutto il resto. I comprimari risultato comunque, per quel poco che fanno, gradevoli, ad eccezione della racchietta sdentata, dell'educatrice "Rottenmeier" e del modaiolo, che sono stati, per fortuna, limitati a poche scene. Myao ad esempio si dimostrerà un vero amico, fin troppo maturo per la sua età; l'anziano autista di Ono passerà dall'essere un elemento inizialmente inquietante ad un nonno seriamente affettuoso, che forse avrebbe meritato un po' più di riconoscimento da parte della sua padroncina; la mamma di Haruo si conferma dall'inizio alla fine una persona giovanile e simpatica, ed infine Hidaka sarà un garbato terzo incomodo estremamente coccoloso, per cui personalmente, tifo ancora adesso. L'unico personaggio che forse funzionerà meno tra quelli ricorrenti, sarà proprio la protagonista femminile, Ono, che impossibilitata a parlare, possedendo un carattere violento ed una forza notevole per il suo fisico, ne uscirà, nonostante qualche bel momento, come la più banale tra tutti.

"High Score Girl" si è dimostrata nel complesso una visione piacevolissima, benedetta anche da un doppiaggio discreto. La conclusione ideale per la prima stagione sarebbe stata, perlomeno a mio avviso, quella dell'episodio 9. Vedere per poco tempo i personaggi cresciuti, inevitabilmente un po' cambiati, e al tempo stesso osservare Haruo ripetere alcuni errori e perdere così rapidamente il frutto dei suoi duri sforzi, mi ha un po' intristito. In ogni caso la conclusione di questa prima stagione da assolutamente la spinta giusta per continuare la visione. Rimarrebbero inoltre ancora tre Oav ad allungarla, ma ne parlerò eventualmente nella scheda della seconda, quando uscirà.


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dmd79

Episodi visti: 12/24 --- Voto 8,5
Ho avvicinato "Hi Score Girl" come una serie "da battaglia" da guardare dove capita nei tempi morti, ma nel giro di due episodi mi ha acchiappato al punto da guadagnarsi il posto di anime da prima serata!

La serie si può definire una commedia sentimentale che ruota attorno al mondo dei videogiochi degli anni '80-'90 e al boom delle sale giochi di quei gloriosi anni. I videogiochi non sono solo menzionati ma invece proposti con scene, schermate e musiche originali del tempo, il tutto condito di mosse e tecniche segrete tanto in voga al tempo. .. per i nostalgici di quegli anni come me un vero tuffo al cuore!!

Tutto ha inizio quando lo strampalato protagonista Haruo Yaguchi, gamer incallito, viene annichilito a Street Fighter da una misteriosa ragazzina, Akira Ono. La ragazza altezzosa e delicata solo in apparenza è in realtà una gamer fuori dal comune, violenta come poche e tutt'altro che indifesa. Grazie a questo incontro/scontro i due protagonisti, diversi come il giorno e la notte, scopriranno in realtà di avere in comune più di quanto credono e prenderà così il via la storia che tra una gag e l'altra filerà via che è una meraviglia.

Il comparto grafico è particolarissimo... i personaggi sembrano quasi delle caricature e il tratto è semplicistico a dir poco ma il tutto si sposa alla perfezione con il tipo d'opera. Tralasciando le mitiche canzoncine e jingles delle macchine da bar del tempo il resto del comparto audio è assolutamente nella norma, con opening ed ending carine ma che non passeranno sicuramente agli annali. Spassoso invece il doppiaggio originale.

In definitiva ho trovato "Hi Score Girl" una piacevole sopresa: leggera, divertente e ricca di raffinate perle e citazioni video-ludiche!! Sicuramente non un capolavoro ma una serie che sento di consigliare a tutti, soprattutto a chi come me è cresciuto in quegli anni... per questo voto alto: 8,5!

PS: La serie si conclude all'episodio 12 in maniera soddisfacente ma piuttosto "aperta", tuttavia sono stati annunciati (per marzo 2019) 3 OAV chiamati "Extra Stage" in cui vertanno definite queste situazioni... mi fermo qui per non scivolare in spoiler!


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Subject-0709

Episodi visti: 12/24 --- Voto 8
High Score Girl è una commedia scolastica basata sui videogames, ma che possiede a mio avviso due particolarità:
1) Tratta principalmente dei retro-games, cabinati da salagiochi ed anche delle prime console. È ambientato di conseguenza nei gloriosi primi anni '90;
2) Graficamente si discosta molto dallo standard andando a mischiare CGI con un character design molto "puccioso" ma che a me personalmente è risultato gradevole.

Facendo leva su sentimenti amarcord, il target a cui è diretto è principalmente quella generazione che ha vissuto in prima persona gli anni d'oro delle salagiochi. Si ritrovano infatti durante gli episodi spezzoni di sessioni di gioco dei beat'em up più famosi ("street of rage", "double dragon", "ghost'n ghouls", ecc..), picchiaduro (uno su tutti "Street fighter") ed arcade in generale. Si apprezzano anche alcune curiosità poco conosciute che ogni tanto il protagonista ci rivela.

Lato trama siamo di fronte ad uno scolastico sentimentale che riesce ad intrattenere lo spettatore senza annoiare ed anzi, inserendo colpi di scena e nuovi personaggi al momento giusto.
I due protagonisti sono Haruo Yaguchi, che è un super appassionato di videogiochi a cui non frega altro e la misteriosa Akira Ōno, ragazzina molto taciturna ma con un forte carattere che proviene da una ricca e rigida famiglia.
La storia inizia quando i due si incontrano in salagiochi e Ono distrugge Haruo a Street Fighter. Ad Haruo la sconfitta non va proprio giù, cominciando così ad interessarsi a Ono per cercare la rivincita, finendo però per passare parecchio tempo insieme a lei.

Consigliatissimo per chi vuole vedersi una serie spensierata e divertente: le risate non mancano!