Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Nuovo appuntamento in cui ritroviamo dei titoli comparsi nella vecchia MTV AnimeNigth. È la volta degli anime Alexander e Black Lagoon a cui si aggiunge Saiyuki ma nella forma del manga di Kazuya Minekura.

Per saperne di più continuate a leggere.


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Devo dire che la definizione "anime storico-fantastico" a me fa un po' sorridere: mi appare quasi come una specie di genere "impossibile". Vada per il revisionismo storico e per l'accettazione di un modello culturale certamente più mistico e legato alla magia rispetto a quanto raccontato dai libri di storia, ma a me pare qui si vada un po' troppo oltre: si è trattato senz'altro di un personaggio entrato nel mito, ma qui sembra essere entrato, invece, direttamente nella mitologia, cosa abbastanza diversa.

Trasmesso per la prima volta qualche anno fa su Mtv in tarda serata, Alexander narra, come tutti avranno ormai capito o anche semplicemente ipotizzato, le gesta di Alessandro il grande, sovrano dell'Impero Macedone e capace di crearne un impero vastissimo, superato dal solo Impero Romano la cui costituzione però fu più lunga e complessa.
Fu vera gloria la sua? Per quanto riguarda il condottiero macedone la storia lo ha celebrato e lo celebra per il suo coraggio, le sue vittorie e per la sua grande abilità di stratega; per quanto riguarda questo anime mi si conceda invece qualche dubbio.
In genere si dice che il genere storico non attira moltissimo (anche se secondo me è un po' una bufala in quanto ricordo tantissimi sceneggiati di storia di grandissimo successo e anche History Channel è un canale generalmente apprezzato) per cui si è forse ritenuto necessario aggiungere qualche effetto speciale di troppo che, per attrarre lo spettatore, ha tuttavia reso la narrazione, agli occhi di chi non si lascia impressionare, abbastanza ridicola.

In un momento in cui Troy si rivelava essere il filmaccio che è, quando un omonimo Alexander cinematografico veniva proiettato nelle sale senza che nessuno se ne accorgesse, sembra proprio che abbinare storia antica e cinema stia diventando molto più problematico che in passato. E anche questa versione animata a mio avviso non va in controtendenza.
Sinceramente a me Alexander non è piaciuto quasi per niente. Tuttavia mi astengo dal consigliarlo o dallo sconsigliarlo in quanto ho apprezzato l'idea di base e credo che qualcun altro potrebbe apprezzarne tranquillamente i contenuti. E magari stimolare la curiosità di qualcuno fino a portarlo a rispolverare il vecchio libro di storia accantonato nello sgabuzzino - anche se non troverà all'interno ciò che immaginava.
Mi limito, quindi, semplicemente a darne una mia valutazione che è prettamente personale e che, in ogni caso, non raggiunge la sufficienza.



8.0/10
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Nostalgica di Wild Adapter, ho finalmente recuperato l'opera prima di Kazuya Minekura, e vi ho trovato qualcosa di totalmente diverso rispetto a W.A., sia nell'ambientazione che negli "intenti" della trama.

Saiyuki è un fantasy che riprende, e rivisita, la leggenda del "Viaggio in Occidente": vengono narrate le avventure di un gruppo di fuorilegge composto dal monaco corrotto Sanzo, dalla stupida scimmia Goku, dal pervertito Gojyo e dall'inquietante Hakkai (così come loro stessi si definiscono), in viaggio per mettere fine all'anomalia che sta facendo impazzire la razza dei demoni. A metter loro i bastoni tra le ruote quelli che hanno causato l’anomalia tentando di resuscitare una divinità demoniaca e innumerevoli avversari che si susseguono nel corso dei vari capitoli del manga.

Se la struttura interna al manga si regge su questi fondamenti, in tutti i 9 volumi dell’opera non è però possibile trovare un chiaro svolgimento: per tutta la prima serie di Saiyuki seguiamo i protagonisti nelle loro avventure, che disegnano una trama del tutto episodica, priva di un vero e proprio sviluppo. Semplicemente, i nostri incontrano il cattivo di turno, che dà loro modo di confrontarsi con un passato mai completamente lasciato alle spalle, o con questioni sospese, o con debolezze da affrontare. È forse proprio la trama così frammentaria il punto debole di Saiyuki, che non può contare su un inizio e una fine propriamente detti.

In ogni caso, Saiyuki è nell’insieme più che buono: se i primi tre volumi sono stereotipati e ripetitivi, dal quarto in poi, con una serie di flashback eccezionalmente belli che ci permettono di conoscere da vicino i nostri protagonisti e con una decisa raffinatura delle situazioni pericolose, Saiyuki diventa qualcosa che vale realmente la pena di leggere e la Minekura dimostra tutto il suo talento. Targato come josei, il manga ha un’anima combattiva, ribelle e violenta, e non lascia assolutamente spazio alle smancerie e agli ideali, se non si considera un ideale il tenersi stretta la vita a morsi.

Per spendere qualche parola sui personaggi, bisogna dire che l’attenzione dell’autrice è chiaramente investita sulla descrizione del loro carattere, del loro modo di vivere e del loro passato, e poca importanza è data alle varie comparse (e, nell’assenza di una vera e propria trama, questo è del tutto naturale). All’inizio, i “quattro fuorilegge” sono delle classiche macchiette, con l’ottima qualità di far ridere quando serve, ma pian piano assumono spessore, facendo sì che sia quasi impossibile non prendere in simpatia almeno uno di essi.

Per concludere, il disegno: partendo acerbo e quasi sgangherato nei primi volumi, Saiyuki si conclude con l’aspetto di un’opera d’arte, recuperando ampiamente terreno per ciò che riguarda le linee dei visi e le scene più dinamiche.
Nota di demerito, da parte mia, per l’edizione Dynit: belle le sovraccoperte e le pagine a colori, meno la rilegatura con la colla a vista, le pagine giallognole, la quantità immane di refusi e l’incredibile sensazione che qualche balloon non dica quello che dovrebbe dire.

Il voto è un 8 che media tra il 6 scarso dei primi volumi e il 9 meritatissimo di quelli successivi, a cui si aggiunge il mio amore sconfinato per la Minekura in sé.
Consigliato a chi si fa affascinare da fuorilegge incalliti e sensualissimi disillusi.



6.0/10
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Da fan ultra appassionata dei film sboroni e truzzi di Robert Rodriguez, nonché dell'imprescindibile Cowboy Bebop, non potevo non dedicarmi alla visione attenta di Black Lagoon. In effetti gli elementi per creare un anime eccellente c'erano tutti: una storia piena di violenza e cinismo popolata da protagonisti che definire negativi è poco, un'ambientazione originale come la Thailandia, un comparto tecnico a prima vista eccellente. Black Lagoon infatti narra le vicende di Rokuro, un salary man giapponese in trasferta all'estero che viene rapito da una banda di criminali, la Lagoon Company, a cui poi si unirà scoprendo le nefandezze che compiva la sua azienda.

Insomma, gli elementi per fare di Black Lagoon una pietra miliare c'erano tutti... però c'è un gigantesco "però" che mina in partenza le ottime premesse e non permette mai alla serie di spiccare il volo. Semplicemente non si capisce dove voglia andare a parare la trama, o per meglio dire, visto che quasi tutti gli episodi sono stand alone, cioè slegati l'uno dall'altro, quale sia il senso di fondo della storia. L'anime infatti si prefigge di riprendere pari pari tutti gli stilemi e gli stereotipi dei film d'azioni hollywoodiani o di Honk Hong, mostrando così vicende ciniche e cattive, violenza a tutto spiano e personaggi dalle caratteristiche eccessive, da fumetto, oserei dire tarantiniani. Per esempio Revy, la brunetta coprotagonista della storia, va in giro mezza nuda con due pistoloni nelle fondine e fa sparatorie che farebbero impallidire Sylvester Stallone tanta è la sua furia. Poi, la criminale che trova i lavori per la Lagoon Company è Balalaika, un'ex ufficiale dell'Armata Rossa che va tranquillamente in giro a bordo di un MIG russo assieme ai suoi ex commilitoni.
Non si contano altri personaggi che di realistico non hanno un bel niente, come Roberta, la guerrigliera delle FARC colombiane che ha vissuto per anni in incognito come cameriera in una casa di ricchi, e sembra la versione maniaca omicida di Victorian Romance Emma; oppure le suore spacciatrici

Per dare però credito alla sboronaggine che trasuda a fiotti dai personaggi si ha bisogno di un elemento fondamentale nella storia: una forte ironia di fondo. Tutto, ogni battuta deve essere sopra le righe se si vuole dare credibilità a un racconto del genere. E invece no, perché nonostante l'atmosfera generale da B-movie l'opera non tende a prendersi in giro, ma spesso sterza verso un terreno che non gli compete: quello dell'introspezione, che è rappresentato da Rokuro, detto Rock da Revy e dagli altri. Rock infatti, anche se ha deciso di mollare tutto per seguire la banda di criminali "a contratto", non evolve come personaggio (è il meno sbracato degli altri), ma anzi, rappresenta l'attonito punto di vista esterno a quel mondo intriso di criminalità, o per meglio dire la coscienza morale in un mondo che di morale non necessita.
Ora, se l'anime fosse stata un'opera di denuncia sociale su come si vive in un tessuto sociale devastato dal malaffare, un personaggio come Rock sarebbe stato essenziale, perché sarebbe stato la rappresentazione del punto di vista dello spettatore davanti a tanto male; ma davanti a sparatorie dove volano più proiettili che nella guerra del Vietnam, a suore killer, a bimbi assassini e a cameriere terroriste, mettere il pistolotto morale significa dare la patente di assurdità a tutta la puntata.

Un perla d'immondizia è l'adattamento italiano: se infatti la versione originale è un'enciclopedia di volgarità, in italiano Revy & Company sono i criminali più forbiti della storia. Il doppiaggio è tremendo: se la doppiatrice giapponese di Revy ha una voce roca e bassa e rende benissimo la parte della bella e dannata, in italiano è doppiata da Perla Liberatori. Se vi dico che è la voce di Hyatt in Excel Saga basta? Ciliegina sulla torta, su MTV è andato in onda tagliuzzato.
A parte le magagne locali, metto 6 perché potenzialmente è un anime con gli attributi, peccato che si sia perso per strada, poteva essere tranquillamente un 10.