Come ricorderanno gli appassionati, nel giugno 2014 Panini Comics ha ospitato per la prima volta in Italia Junya Inoue, autore del survival manga Btooom! (per chi fosse interessato, qui il resoconto dell'incontro); e proprio approfittando di tale occasione, ci è stato possibile concordare un'intervista esclusiva che, compatibilmente coi tempi tecnici e gli impegni dei partecipanti all'iniziativa, riportiamo finalmente qui di seguito per i lettori di AnimeClick.it.
Ringraziamo ancora l'editore per la disponibilità e Francesco Nicodemo per aver tradotto in italiano l'intervista.


1. Lei è un mangaka famoso, ma ha anche lavorato nell’industria dei videogame. Quali sono le principali differenze e similitudini tra i due ambiti? E quale le piace di più?

Non sono assolutamente consapevole di essere un “mangaka famoso” (ride)... Io ho lavorato nell'industria dei videogame come graphic designer e direttore. Poiché la mia era una piccola compagnia, era necessario che fossi in grado di fare tutto da solo. Allo stesso modo, come mangaka, nel raccontare le mie storie è necessario che faccia tutto da solo. Devo avere capacità di disegno, di composizione, di interpretazione, di immedesimazione nel punto di vista del pubblico. Su set in grande scala come quelli di un film ci sono cameraman, tecnici delle luci, costumisti, attori, ossia vari professionisti specializzati nel loro campo, mentre sia i mangaka che gli impiegati di una piccola compagnia di videogame devono fare tutto da soli. Manga e videogame cambiano nella forma, ma in base alla mia esperienza posso dire che funzionino più o meno allo stesso modo. E poiché entrambi riescono a fare felici le persone, mi piacciono tutti e due.

2. Sembra quasi che in “BTOOOM!” lei abbia riversato, oltre alla sua esperienza come mangaka, anche quella in ambito videoludico. In un certo senso, si ha come la sensazione che abbia realizzato quell’opera pensando alla sua trasposizione in videogame. Come stanno realmente le cose? C’è possibilità che in un prossimo futuro esca un videogame di “BTOOOM!” realizzato con le tecnologie di ultima generazione? Sarebbe divertentissimo! Non crede?

In realtà penso che sarebbe fallimentare trasporlo in videogame così com’è. I tipi di BIM sono troppo pochi, ma se vengono aumentati ne risente la parte strategica... Nel realizzare il manga, equilibro i vari elementi in modo che la lettura risulti il più interessante e avvincente possibile per il medium specifico. Perciò ho dato la precedenza alla realizzazione di un manga interessante senza pensare all'eventualità di una sua trasposizione in videogame. Qualora questa trasposizione si realizzasse, si renderebbe necessario rivedere radicalmente il sistema. Incorporandone bene pregi e difetti, penso che anche il videogame potrebbe risultare interessante.

3. Il protagonista di “BTOOOM!” è un NEET che si isola in camera trascorrendo tutto il suo tempo a giocare online. Cosa ne pensa del fenomeno dell’auto-isolamento sociale indotto dall’immersione eccessiva nei mondi virtuali?

Per dirla in due parole, lo prendo come “qualcosa che sta dopo l’evasione dalla realtà”. Penso perciò che l’essenza del problema non siano i videogame, bensì la società reale e l’ambiente in cui si è cresciuti. Essere immersi in qualcosa dimenticando la realtà è davvero divertente, perciò non vorrei che fosse reso semplicemente una via di fuga.

4. Nei manga e negli anime, la figura dell’“otaku” ha subito trattamenti differenti a seconda dell’epoca. Il regista Tomino, per esempio, aveva un’opinione critica di loro (li forzava a crescere a suon di pugni, oppure gli friggeva il cervello), e mi pare ritenesse che dedicarsi solo ad anime e manga facesse male al cervello. Negli anni '90, il regista Anno (con la GAINAX) ne auspicava invece una crescita, un'uscita dal guscio (vivendo egli stesso in modo conflittuale il suo essere otaku). Recentemente, invece, assistiamo alla proliferazione di opere apologetiche nei confronti di questo stato, in cui gli otaku e gli hikikomori sono fighi, eroi di mondi virtuali, oggetto del desiderio di ragazze bellissime. Cosa ne pensa di questa "rivoluzione"?

Penso che sia deplorevole. Se vende solo ciò che rientra in questa tendenza, le opere finiscono per diventare una sorta di "farmaco terapeutico per l'anima". Certo, forse l’elemento medicina ce l’hanno, nel senso che inducono pensieri divertenti facendo dimenticare la realtà, ma di recente anche chi le produce è incline ad auspicare con forza la presenza di questo elemento medicina (premio). Negli ultimi tempi mi tormento chiedendomi se non ci troviamo all’interno di un triste flusso che si può schematizzare così: redazione (medico) → mangaka (farmacista) → manga (medicina) → lettore (paziente).

5. Quale ritiene possa essere l'impatto sociale di tali tipologie di opere? Aiutare otaku e hikikomori ad avere fiducia nelle proprie capacità spronandoli a "rimettersi in gioco", oppure spingerli ancora più in profondità nella realtà illusoria in cui vivono?

Penso ci siano sufficienti possibilità di stimolare la crescita dei lettori. A seconda del contenuto di ciò che si disegna, si può evitare di rendere i lettori farmaco-dipendenti, creando invece sufficienti possibilità di connettersi infine alla loro crescita (guarigione), che penso sia la più vera forma di piacere. Se riuscissi a disegnare un’opera di questo tipo, come autore sarei al massimo della felicità. La motivazione per cui sono diventato mangaka è stata il pensare: "Vorrei disegnare delle opere capaci di cambiare il destino delle persone". E voglio puntare a storie che rendano realizzabile questa speranza.

6. Tenendo come esempio il protagonista di “BTOOOM!” (un NEET dall’indole apparentemente molto negativa), da un lato si può cogliere una critica, ad esempio al fenomeno degli hikikomori, ma dall’altro anche degli aspetti positivi, come ad esempio la grande capacità analitica sviluppata dal protagonista proprio grazie alla sua esperienza con i videogame, o i legami affettivi molto forti instaurati online. Quale messaggio vuole trasmettere tramite questo personaggio?

Ryōta Sakamoto è un essere umano incompleto. E “BTOOOM!” ha per tema la sua crescita. In un primo momento, forse, può apparire ai lettori come un tipo senza speranza. Ma, vedendo smentito il suo modo di pensare e non riuscendo a sfuggire ai dispiaceri, sull'isola deve affrontare diverse avversità. Penso sia proprio questo il processo di crescita di una persona. Ponendo problemi ai quali io stesso non trovo risposta, tipo cosa penserà Sakamoto alla fine della vicenda, o se rimarrà qualcosa nel cuore dei lettori, io punto a storie nelle quali si possa crescere insieme, riflettendo tutti.

7. C’è qualcosa di autobiografico (qualche ingrediente) in questa sua opera?

C’è parecchio. Ad esempio, mentre facevo ricerche nelle isole del Sud, mi è capitato di ficcare la faccia nella tana di un grosso ragno giallo. Ho esperienza anche di libri di scuola tirati ai genitori, o di dolori adolescenziali conficcati in un muro. Ai tempi del liceo avevo per amico un super genio universale, perfetto in qualsiasi cosa gli si facesse fare: era bravo nello studio, nello sport, nella musica, nel disegno, ed era popolare fra le ragazze; lui è il modello che ho usato per Oda. Ho la sensazione di essere cresciuto molto, standogli insieme. Probabilmente, “BTOOOM!” trasuda dei miei complessi e della mia crescita dei tempi del liceo. Per inciso, quel mio amico non era un farabutto come Oda (ride).

8. In “BTOOOM!” si può notare come persone che lottano per la vita in una situazione di forte stress agiscano in maniera molto diversa. Così come ci sono coloro che collaborano e si aiutano, c’è anche chi, al contrario, non ci pensa due volte a far fuori gli altri o a tradirli. Si è mai immaginato in una situazione simile (a combattere per vivere su un’isola deserta)? A quale delle due categorie apparterrebbe?

È brutto da dire, ma penso che pressoché tutti, se spinti in una situazione estrema, finirebbero per pensare solo a loro stessi. Che prima o poi le persone cadano in questo pattern, io penso sia vero. La capacità di superare questo istinto appartiene solo a chi è veramente forte (per dirla al contrario, a chi non vi è stato ancora spinto) o a chi ha quell’affetto religioso che induce all’abnegazione. Probabilmente la cosa si è sempre ripetuta, sotto tutti gli aspetti, nella storia dell'umanità. “BTOOOM!” è forse, in un certo senso, un'opera spietata, poiché rende un divertimento speranze e disperazioni di questa situazione estrema. Ma proprio per questo penso racchiuda un dramma dal quale non si possono distogliere gli occhi. È facile realizzare bei disegni. Ma penso che per scoprirne il valore sia necessario disegnare seriamente la severa realtà. Forse la mia sfida come autore deriva dal voler realizzare “bei disegni di valore" nel senso che ho descritto.

9. Leggendo “BTOOOM!”, ai lettori italiani viene automatico paragonarlo ad un’altra opera di tipo survival da noi molto famosa. Si tratta di “Battle Royale” (il manga è edito da Planet Manga). Inoltre vi si possono anche notare elementi comuni al filone dei "MMORPG anime" (rappresentato dalla saga di “.hack”, “SAO” e “Log Horizon”); lei che ne pensa di queste opere? Vi si è per caso ispirato, o ne ha preso qualche spunto?

Dei titoli di questa lista ho visto solo “Battle Royale (il film)”; quest'opera è stupenda, e io la rispetto. Penso che fino a quel momento l’essenza degli esseri umani in una situazione estrema fosse stata descritta solo in lavori di genere catastrofico o di guerra. “Battle Royale” è stata forse la prima opera a rappresentarla sotto forma di game. L’opera intitolata “BTOOOM!” è nata dal concept “se “Bomberman (Hudson)” venisse disegnato in modo reale, cosa ne risulterebbe?”, ma quando ho iniziato a disegnarla era “Battle Royale” a venirmi innanzitutto in mente. Ritenevo comunque di riuscire a realizzare una storia diversa, visto che volevo disegnarla facendo principalmente riferimento alle tattiche del game; vero è però che nel processo di impostazione della scena, atto a sfruttare al massimo questa mia idea, i punti in comune con “Battle Royale” sono andati aumentando (suda).

10. “BTOOOM!” può già vantare una trasposizione animata del 2012 diretta da Kotono Watanabe per lo studio Madhouse. Pensa ci sarebbero possibilità di vedere prima o poi anche un live action? Ultimamente questo genere di film ha molto successo anche in occidente (si pensi ad esempio alla saga Hunger Games).

La mia personale opinione è che per “BTOOOM!” sia più adatto un live action che un anime. Vorrei che venisse assolutamente realizzato. Non c’è qualcuno che può farmi questo favore?

11. Le va di dare un messaggio finale ai suoi fans italiani?

“BTOOOM!” è pubblicato anche in altri Paesi al di fuori del Giappone, e fra tutte la più veloce in ordine di tempo è l’edizione italiana di Panini. Interpreto egoisticamente la cosa nel senso che gli italiani sono quelli più impazienti di leggerlo al mondo (ride). Nella mia immaginazione vedo già la fine, e sto pensando a una conclusione che lasci sicuramente qualcosa anche terminato di leggerla. Oso dichiararlo pubblicamente qui per esercitare pressione su me stesso, in modo da non deludere le aspettative. Per favore, divertitevi fino alla fine!

Grazie mille.