Tante volte ci è stato chiesto di fare una rubrica dove inserire il bianco e il nero, Capuleti e Montecchi, Livorno e Pisa, giorno e notte...insomma due punti di vista diametralmente opposti su cui poter discutere e magari anche schierarsi.
Dobbiamo ammetterlo, il timore che tutto finisca in un inutile flame ci ha sempre frenato ma, visto che ultimamente voi utenti vi siete dimostrati meno "scalmanati" e che i nostri detrattori scarseggiano a fantasia, ci siamo detti in Redazione "Why not"?
AnimeRing!
Un titolo, anime o manga, due recensioni a confronto. Due recensioni di voi utenti, il vostro diverso punto di vista sul "palco" di AnimeClick.it.
Come nel miglior incontro di Wrestling, come nella più epica delle Battle rap, saranno le vostre opinioni a sfidarsi fino all'ultimo colpo anzi...spoiler!
Un titolo, anime o manga, due recensioni a confronto. Due recensioni di voi utenti, il vostro diverso punto di vista sul "palco" di AnimeClick.it.
Come nel miglior incontro di Wrestling, come nella più epica delle Battle rap, saranno le vostre opinioni a sfidarsi fino all'ultimo colpo anzi...spoiler!
Andiamo a scoprire il titolo, questa volta anime, che questo mese sarà argomento della disputa!
La famosissima rivista Shōnen Jump della Shūeisha non sarà sempre sinonimo di qualità ma quasi sempre lo è di successo commerciale.
In quest'ultima categoria non si può non ascrivere Death Note, un tale trionfo di vendite in tutto il mondo da arrivare a parlare di fenomeno. Come quasi sempre accade in questi casi la casa editrice nel 2008, appena due anni dopo la fine del suo titolo di punta, non si fece scappare l'occasione di riproporre la coppia che ne era stata artefice di tanto clamore, Tsugumi Ohba/Takeshi Obata, su un nuovo ambizioso progetto: Bakuman.
Un manga che parla dei mangaka, la storia di un sogno tra grandi soddisfazioni e forti delusioni che ha sorpreso non poco chi aveva adorato i temi di Death Note e magari si aspettava qualcosa di simile. Conclusosi in Italia da poco più di un anno (giugno 2013), dopo 20 volumi editi da Panini, è giunto il momento di tirare le somme e a farlo chiamiamo questa volta due donne che mi sembra abbiano centrato parecchi punti a favore e a sfavore di questo titolo
La domanda è una sola: voi da che parte state?
Bakuman.
7.0/10
Recensione di dawnraptor
-
Quando guardo un anime o leggo un manga mi piace farlo con molto tempo a disposizione, per godermelo in dosi massicce: dover attendere chissà quanto appesa in fondo a qualche puntata mi fa imbestialire. Motivo per cui, se possibile, mi dedico solo a lavori già terminati, sia pure con qualche eccezione. Il problema, con questo metodo, è che pare amplificare i difetti presenti nelle serie. E qui, di difetti, ce ne sono a non finire.
Lo sappiamo tutti che "Bakuman", prodotto dalla coppia che ha creato "Death Note", tratta delle peripezie di un duo di giovanissimi mangaka e di come funzionino le cose all'interno della casa editrice Jump. E, inizialmente, il tutto procede veramente bene. Per i primi volumi il manga tiene incollati alla sedia ed è veramente interessantissimo, spiegando come viene costruito un manga, le strategie di scrittura e di pubblicazione che vi stanno dietro, i calcoli sui questionari del pubblico, i rapporti con lo staff della casa editrice, e così via. Sono tutte cose che a me, avendo passato l'adolescenza da un pezzo, interessano veramente tantissimo, molto più della storia d'amore che diventa un po' asse portante e un po' pretesto per la continuazione della serie.
E' già stato detto, ma ripetiamolo comunque: la storia d'amore tra il disegnatore a la doppiatrice è quanto di più inverosimile si possa immaginare, almeno per la nostra cultura. Sospetto che sia troppo perfino per la cultura giapponese, anche se non ne so abbastanza per esprimere un giudizio. Stiamo parlando di ragazzini delle medie che si promettono di sposarsi quando lei avrà il ruolo di doppiatrice dell'eroina dell'anime tratto dal manga che lui disegnerà. E fino ad allora, per meglio concentrarsi sul loro sogno, non si frequenteranno, facendosi coraggio solo via sms e poco più. Salvo rare eccezioni, terranno fede a tale impegno per una decina d'anni e 176 puntate: 20 volumi. Solo allora, si daranno il primo bacio! E non commento oltre.
"Bakuman" è oltremodo spiazzante, perché è incoerente. Mi spiego: a parte l'incredibile relazione di cui sopra, tratta in maniera fin troppo realistica e dettagliata alcuni aspetti del lavoro di redazione e di strategie di pubblicazione, ma poi si sofferma eccessivamente sui presunti rapporti di amicizia e rivalità fra i giovanissimi mangaka che vengono pubblicati. Vorrei aver tenuto il conto di tutte le volte che è stato espresso il concetto "non mi lascerò battere da te". Penso che, con approssimazione di una decina di volte, saranno state almeno un centinaio, forse di più. Nel contempo, quelle stesse persone formano una specie di club degli amici della penna, aiutandosi fra di loro e, a volte, combattendo contro la casa editrice. Ci viene presentata l'amicizia/rivalità fra il geniale Nizuma e il duo protagonista, Takagi/Mashiro, come il principale motore del successo dei due, forse anche più del sogno d'amore che attende di essere coronato. Ma, chissà come mai, quasi tutti i giovanissimi mangaka o assistenti che conosciamo sono personaggi al limite della macchietta. Maschi o femmine, per un motivo o per l'altro, sono spesso fisicamente o mentalmente disturbati, "diversi" dal comune mortale. Sarà un tratto necessario per diventare mangaka, suppongo. In fondo, si deve condurre una vita piuttosto ritirata, per stare dietro alle scadenze.
L'incoerenza non sarebbe un problema insormontabile: in fondo, non è un documentario, per quanto ci si possa avvicinare, è un manga di intrattenimento. Il fatto è che, per quello che viene presentato, 20 volumi sono troppi ed il prodotto cessa di intrattenere. Vengono introdotti rivali e nemici a ripetizione, che cercano di mettere i bastoni fra le ruote del duo, cosicché il sogno d'amore dei due piccioncini stenta a divenire realtà. Ma le situazioni sono sempre le stesse e, alla lunga, subentra la noia, complice la verbosità di alcune situazioni. A me non disturba un manga molto "parlato", però deve essere interessante. Quando diventa la copia di se stesso, non ci siamo più. Qui l'impressione è che si sia cercato di allungare il brodo il più possibile per sfruttare la serie fino all'osso, a scapito della qualità, razzolando proprio al contrario di come si predica riguardo al manga che, nella finzione, finalmente diviene un anime. Vengono presentate trame e sottotrame riguardanti personaggi secondari dei quali non potrebbe interessarci meno. Alcuni avranno sviluppi nella storia, altri sono proprio rami secchi, semplici filler che nulla aggiungono e molto tolgono in termini di freschezza, linearità, divertimento. Penso che 5 volumi di meno avrebbero giovato parecchio all'impressione generale di quest'opera, ed è un vero peccato. Capisco però, a maggior ragione dopo aver letto proprio questo manga, come una coppia di artisti possa desiderare di sfruttare al massimo la propria gallina dalle uova d'oro, specie se, dopo averne allevata una, stenta così tanto a trovarne un'altra…
Ho visto che qualcuno si è lamentato della qualità dei disegni. Ebbene, a mio parere è vero che ci sono alcune inconsistenze nel disegno dei personaggi, ma tutto sommato, nell'insieme, l'impressione generale non è affatto negativa. E' anche vero, come qualcuno ha sottolineato, che a volte sembrano migliori i disegni dei manga che vengono presentati all'interno della storia. C'è da dire che alcuni di essi sono di tale qualità che, probabilmente, non sarebbe stato umanamente possibile disegnare così tutta la serie. Però è anche vero che parecchi dei manga che vengono presentati all'interno di "Bakuman" mi piacerebbe leggerli davvero, e mi dispiace molto che non esistano nella realtà, perché il genere psico-logico-matematico, magari anche con componenti d'azione, è quello che mi piace di più e che è più difficile da trovare, ad un certo livello (anzi, se qualcuno volesse suggerirmi qualche titolo, la mia scheda li accoglierà con piacere!).
In definitiva, "Bakuman" è un po' come una Ferrari col serbatoio semivuoto: parte rombando a tutta velocità, donandoti eccitazione e piacevolezza di guida a velocità sempre crescente per metà del viaggio. Poi, però, finisce la benzina e arrivi alla meta solo perché, schiacciando la frizione, vai avanti ancora un po' tenendo in folle. Sei sempre su una Ferrari, arrivi a destinazione, ma la piacevolezza è svanita. Peccato, davvero.
Lo sappiamo tutti che "Bakuman", prodotto dalla coppia che ha creato "Death Note", tratta delle peripezie di un duo di giovanissimi mangaka e di come funzionino le cose all'interno della casa editrice Jump. E, inizialmente, il tutto procede veramente bene. Per i primi volumi il manga tiene incollati alla sedia ed è veramente interessantissimo, spiegando come viene costruito un manga, le strategie di scrittura e di pubblicazione che vi stanno dietro, i calcoli sui questionari del pubblico, i rapporti con lo staff della casa editrice, e così via. Sono tutte cose che a me, avendo passato l'adolescenza da un pezzo, interessano veramente tantissimo, molto più della storia d'amore che diventa un po' asse portante e un po' pretesto per la continuazione della serie.
E' già stato detto, ma ripetiamolo comunque: la storia d'amore tra il disegnatore a la doppiatrice è quanto di più inverosimile si possa immaginare, almeno per la nostra cultura. Sospetto che sia troppo perfino per la cultura giapponese, anche se non ne so abbastanza per esprimere un giudizio. Stiamo parlando di ragazzini delle medie che si promettono di sposarsi quando lei avrà il ruolo di doppiatrice dell'eroina dell'anime tratto dal manga che lui disegnerà. E fino ad allora, per meglio concentrarsi sul loro sogno, non si frequenteranno, facendosi coraggio solo via sms e poco più. Salvo rare eccezioni, terranno fede a tale impegno per una decina d'anni e 176 puntate: 20 volumi. Solo allora, si daranno il primo bacio! E non commento oltre.
"Bakuman" è oltremodo spiazzante, perché è incoerente. Mi spiego: a parte l'incredibile relazione di cui sopra, tratta in maniera fin troppo realistica e dettagliata alcuni aspetti del lavoro di redazione e di strategie di pubblicazione, ma poi si sofferma eccessivamente sui presunti rapporti di amicizia e rivalità fra i giovanissimi mangaka che vengono pubblicati. Vorrei aver tenuto il conto di tutte le volte che è stato espresso il concetto "non mi lascerò battere da te". Penso che, con approssimazione di una decina di volte, saranno state almeno un centinaio, forse di più. Nel contempo, quelle stesse persone formano una specie di club degli amici della penna, aiutandosi fra di loro e, a volte, combattendo contro la casa editrice. Ci viene presentata l'amicizia/rivalità fra il geniale Nizuma e il duo protagonista, Takagi/Mashiro, come il principale motore del successo dei due, forse anche più del sogno d'amore che attende di essere coronato. Ma, chissà come mai, quasi tutti i giovanissimi mangaka o assistenti che conosciamo sono personaggi al limite della macchietta. Maschi o femmine, per un motivo o per l'altro, sono spesso fisicamente o mentalmente disturbati, "diversi" dal comune mortale. Sarà un tratto necessario per diventare mangaka, suppongo. In fondo, si deve condurre una vita piuttosto ritirata, per stare dietro alle scadenze.
L'incoerenza non sarebbe un problema insormontabile: in fondo, non è un documentario, per quanto ci si possa avvicinare, è un manga di intrattenimento. Il fatto è che, per quello che viene presentato, 20 volumi sono troppi ed il prodotto cessa di intrattenere. Vengono introdotti rivali e nemici a ripetizione, che cercano di mettere i bastoni fra le ruote del duo, cosicché il sogno d'amore dei due piccioncini stenta a divenire realtà. Ma le situazioni sono sempre le stesse e, alla lunga, subentra la noia, complice la verbosità di alcune situazioni. A me non disturba un manga molto "parlato", però deve essere interessante. Quando diventa la copia di se stesso, non ci siamo più. Qui l'impressione è che si sia cercato di allungare il brodo il più possibile per sfruttare la serie fino all'osso, a scapito della qualità, razzolando proprio al contrario di come si predica riguardo al manga che, nella finzione, finalmente diviene un anime. Vengono presentate trame e sottotrame riguardanti personaggi secondari dei quali non potrebbe interessarci meno. Alcuni avranno sviluppi nella storia, altri sono proprio rami secchi, semplici filler che nulla aggiungono e molto tolgono in termini di freschezza, linearità, divertimento. Penso che 5 volumi di meno avrebbero giovato parecchio all'impressione generale di quest'opera, ed è un vero peccato. Capisco però, a maggior ragione dopo aver letto proprio questo manga, come una coppia di artisti possa desiderare di sfruttare al massimo la propria gallina dalle uova d'oro, specie se, dopo averne allevata una, stenta così tanto a trovarne un'altra…
Ho visto che qualcuno si è lamentato della qualità dei disegni. Ebbene, a mio parere è vero che ci sono alcune inconsistenze nel disegno dei personaggi, ma tutto sommato, nell'insieme, l'impressione generale non è affatto negativa. E' anche vero, come qualcuno ha sottolineato, che a volte sembrano migliori i disegni dei manga che vengono presentati all'interno della storia. C'è da dire che alcuni di essi sono di tale qualità che, probabilmente, non sarebbe stato umanamente possibile disegnare così tutta la serie. Però è anche vero che parecchi dei manga che vengono presentati all'interno di "Bakuman" mi piacerebbe leggerli davvero, e mi dispiace molto che non esistano nella realtà, perché il genere psico-logico-matematico, magari anche con componenti d'azione, è quello che mi piace di più e che è più difficile da trovare, ad un certo livello (anzi, se qualcuno volesse suggerirmi qualche titolo, la mia scheda li accoglierà con piacere!).
In definitiva, "Bakuman" è un po' come una Ferrari col serbatoio semivuoto: parte rombando a tutta velocità, donandoti eccitazione e piacevolezza di guida a velocità sempre crescente per metà del viaggio. Poi, però, finisce la benzina e arrivi alla meta solo perché, schiacciando la frizione, vai avanti ancora un po' tenendo in folle. Sei sempre su una Ferrari, arrivi a destinazione, ma la piacevolezza è svanita. Peccato, davvero.
Bakuman.
5.0/10
"Bakuman◦" non è un manga: lo definirei piuttosto un esercizio di stile, un'apertura straordinaria al pubblico del deposito di idee di Tsugumi Ohba con la partecipazione di Takeshi Obata che, per la maggior parte del tempo, si limita ad incassare il proprio gettone di presenza come se la cosa non lo riguardasse. Di per sé, quantunque irritante, non sarebbe un problema insormontabile, ma lo diventa se si considera che non si tratta di una raccolta di storie brevi, bensì di un'opera di ben più ampio respiro, con una trama di fondo le cui potenzialità sono state esplorate in maniera pigra e parziale. La mano tesa al lettore che si è sempre interrogato sui retroscena tecnici e soprattutto umani del mestiere di mangaka - fermo restando, naturalmente, che questa non è che una delle tante fonti a cui è possibile attingere - è fredda, fiacca, umidiccia; le informazioni, poche, prevedibili e ripetute fino alla nausea, vengono divulgate senza alcuna parvenza di vissuto. Tutto questo su una rivista che ha fatto del rincorrere i propri sogni, quali essi siano, un tema al centro di moltissime sue storie, a confronto con le quali questo titolo risulta di una pochezza a dir poco sconcertante.
Moritaka Mashiro è un quattordicenne cupo, sfiduciato, senza prospettive per il futuro che vadano oltre a quelle impostegli dalla società. Suo zio Nobuhiro era l'autore de "La leggenda dei supereroi", un gag hero manga di discreto successo; la sua morte tragica e prematura, diretta conseguenza dei suoi sforzi per risalire la china dopo una serie di fallimenti, ha portato il ragazzo, che ambiva a seguirne le orme, a reprimere il suo talento artistico. Talento che però non è sfuggito al suo compagno di classe Akito Takagi, "pluripremiato scrittore" (cito), che gli propone di diventare mangaka assieme a lui.
L'affinità intellettuale tra i due è forte, ma a far capitolare definitivamente Moritaka, che ha le idee molto chiare su quali possano essere le insidie del mestiere, è la promessa fatta a Miho Azuki, aspirante doppiatrice di cui è innamorato e che lo ama a sua volta: i due non potranno frequentarsi fino a quando lei non avrà ottenuto il ruolo dell'eroina in un anime tratto da un manga disegnato da lui. In questo modo la memoria di Nobuhiro, che non ha mai avuto il coraggio di esternare i propri sentimenti a Miyuki, madre di Miho, verrebbe ulteriormente onorata dal nipote, che si fa punto d'onore di diventare un mangaka di successo grazie a una combinazione di "superbia, sudore e fortuna".
(Trivia: il concept de "La leggenda dei supereroi" è molto simile a quello di "Tottemo! Luckyman", manga del 1993 ad opera di tale Hiroshi Gamō. Qualcuno sostiene che vi sia proprio lui dietro allo pseudonimo di Tsugumi Ohba, il che certamente non stonerebbe con la sua proverbiale tendenza all'autoreferenzialità.)
All'inizio Mashiro e socio sembrano sapere molto bene che cosa li attende, ma una volta esauriti i dati da snocciolare su quanti autori emergenti riescono a sfondare (altro che "Uno su mille che la fa"...) e su cosa va di moda al momento si inizia a vedere queste statistiche per quello che sono, vale a dire informazioni di servizio che Ohba mette loro in bocca per farli apparire più maturi e autorevoli di quanto siano in realtà. Prova ne sia che, compatibilmente con la loro età e con la loro recentissima presa di coscienza su quale sia il loro sogno, i due non hanno la più pallida nozione dei più comuni ferri del mestiere. Del resto non è forse a questo che servono i redattori? Teoricamente la risposta è sì, ma quelli di "Bakuman◦" sono così convinti di avere davanti dei geni che le loro raccomandazioni si limitano, all'atto pratico, a ben poca cosa, soprattutto per quanto riguarda Takagi, così privo di riferimenti da trasformare la casuale scoperta del più banale espediente narrativo in un avvenimento epocale. Alla faccia del pluripremiato scrittore! Non si parla mai di mostrato e di raccontato, né di analessi, prolessi, ellissi, inserti o sequenze mute; nessuno, in altre parole, si prende la briga di dare un senso al suo istinto, mancanza che reputo gravissima dato che uno dei tratti distintivi di Ashirogi Muto - pseudonimo dei due ragazzi - è, per l'appunto, l'unicità delle sue storie in relazione al latente conservazionismo di "Weekly Shōnen Jump". Come quelle di Ohba, insomma, almeno secondo quello che si direbbe sia il suo modo di vedere, nonché, verosimilmente, la ragione per cui, stando a Mashiro, "le serviva in fretta un altro lavoro o in cinque anni sarebbe morta di fame".
Tutte le aziende hanno diritto ai propri segreti, e Shueisha non fa eccezione. Il fatto è che "Bakuman◦" non aggiunge alcunché a quanto si sapeva sul funzionamento di "Jump", in particolar modo per quanto concerne i sondaggi di popolarità delle varie serie, tasto su cui Ohba insiste con una sollecitudine che i più maliziosi potrebbero trovare un filino sospetta; non si parla, invece, del gradimento dei singoli personaggi, che pure di misfatti, soprattutto in passato, ne ha compiuti parecchi. Con la scusa che questo è sostanzialmente un battle shōnen imbevuto di slice of life Ashirogi e colleghi, tutti ridicolmente troppo "duri e puri" per un sistema che vorrebbero sovvertire senza alzare un dito, risultano più o meno immuni a delle regole che, nei quarantacinque anni di storia della rivista, hanno mietuto vittime anche illustri come Buronson e Toriyama; il loro modo di metterle in discussione è superficiale e tendente al vittimismo, e l'umiltà con cui accettano - ma non sempre - di arrendersi all'evidenza è così fulminea da sembrare di facciata.
Naturalmente mi rendo conto che si tratta di un'opera di finzione e che come tale le sue dinamiche intestine possono discostarsi da quelle reali. Non è questo ad urtarmi, bensì la supponenza di questi ragazzi, così dotati eppure così ciechi e recalcitranti di fronte all'opportunità di diventare pienamente consapevoli del loro potenziale.
Che dire poi del presunto ideale di virilità a cui Mashiro, il cui manga preferito è "Ashita no Joe", sostiene di ispirarsi? "I manga. Miho Azuki. A costo della vita". Sa il cielo se il "Jump" di oggi non abbia troppi protagonisti e troppi pochi eroi rispetto al passato, ma si può maturare soltanto attraverso il confronto, altro leitmotiv della testata, e quasi tutti i personaggi di "Bakuman◦" vivono molto male quello con gli altri, dando spesso prova di grande infantilismo. Vorrei poter dire che con il tempo la situazione migliora, ma in alcuni casi è chiaro che non è così, mentre in altri mi pare che la questione si limiti a decadere. Da un manga che pretende di rifarsi a un titolo così importante mi aspetto un character development degno di questo nome, di cui, al contrario, l'opera è assai deficitaria: nulla di inusuale per un battle shōnen, genere che purtroppo tende a riservare poche soddisfazioni sul piano emozionale in favore del risvolto più adrenalinico delle sue storie, ma non per questo da considerare una mancanza di poco conto, soprattutto se non c'è nient'altro con cui un autore possa riscattarsi. E in "Bakuman◦", almeno a mio modo di vedere, non c'è.
Se gli uomini si comportano da bambini le donne fanno, nel complesso, una figura parimenti miserevole. In "Death Note" abbiamo visto come Light rappresentasse per Misa Amane e Kiyomi Takada la perfezione assoluta: entrambe erano convinte che stare con lui le avrebbe rese migliori, la prima perché pensava di poter così supplire alle proprie mancanze, la seconda per aggiungere i suoi meriti ai propri in modo da diventare, se possibile, ancora meglio di lui. Lo stesso ideale distorto di realizzazione personale trova ivi uno sbocco - quantunque, com'è ovvio, in scala minore - nel triangolo che viene a crearsi fra Takagi, Kaya Miyoshi e Aiko Iwase.
Kaya, grande amica di Miho e priva di qualsivoglia talento, si aggrappa spasmodicamente al sogno che lega quest'ultima ad Ashirogi Muto per paura di venire lasciata indietro. Dato il suo risibile contributo alla causa sospetto che il suo personaggio sia stato creato al solo scopo di fugare eventuali dubbi sulla sessualità di Takagi, le cui esternazioni riguardo al suo sodalizio con Mashiro possono risultare come minimo ambigue. Ma quando mai le fujoshi si sono fatte intimidire da così poco? E soprattutto, che male ci sarebbe stato? Come se in passato Ohba non avesse ampiamente cavalcato la tigre dello yaoi conferendo deliberatamente determinate connotazioni al rapporto fra Light e Elle, tra l'altro.
Iwase, al contrario, ha molta fiducia sulle sue capacità, che però non le consentono di battere Takagi sul terreno a lui più congeniale: romanziera prestata ai manga al solo scopo di ribadire la sua superiorità su di lui, reo di averla battuta una volta in ambito scolastico, anela al suo amore soltanto per accrescere il proprio ego. Da donna il suo comportamento ha suscitato in me il più sincero ribrezzo, e la sua apparente redenzione, in gran parte dovuta ad un diradarsi delle sue apparizioni, non mi ha per niente convinta.
Vi è infine una seconda contrapposizione di intenti che ha per protagoniste due ragazze che, curiosamente, non interagiscono tra loro, vale a dire Azuki e un'altra mangaka, Kō Aoki. Anche loro mirano ad affermarsi dal punto di vista professionale, ma non per interposta persona: Mashiro non c'entra nulla con il desiderio della sua amata di diventare una doppiatrice, mentre la seconda, che non si abituerà mai del tutto al trasferimento da "Margaret" a "Jump" (che dev'essere un'esperienza paragonabile al passaggio dal pop svedese al death metal, tipo "Detroit Metal City"), è forse uno dei pochi personaggi a fare sfoggio di una propria - quantunque primitiva e non sempre opportuna - etica professionale. Peccato che costei diventi tosto il pretesto per del romanticismo da quattro soldi tra lei e il geniale ma sfaticato Kazuya Hiramaru, che praticamente si dà da fare soltanto perché spera che lei, prima o poi, corrisponda i suoi sentimenti, mentre Azuki risulta, per la maggior parte del tempo, fisicamente non pervenuta, legittimando il lettore a dare per scontato che, da brava bambina, onorerà la sua parte del patto - che è stata un'idea sua - senza creare problemi. Tra l'altro i primissimi scambi di vedute tra Mashiro e socio sull'argomento sembrano lasciare intendere che, almeno all'inizio, nessuno dei due si aspetta realmente che la ragazza riesca nel suo intento, e che abbia scelto di intraprendere una simile carriera in quanto si tratta di un sogno con cui è lecito che una giovane donna benestante come lei si balocchi in attesa di metter su famiglia. Come scrive Amélie Nothomb in "Stupore e tremori" (ambientato nel mondo dei salarymen, categoria lavorativa invisa a Mashiro) pare proprio che solo al maschio nipponico sia consentito sognare in grande, mentre per una donna è considerato disdicevole persino sudare. Lo stesso padre di Moritaka, che come tanti genitori di "Jump" non appare mai, è molto chiaro al riguardo: "Un uomo deve avere un sogno. Tu [sua moglie, n.d.r.] sei una donna, non puoi capire."
Chi ha letto "Death Note" sa che Ohba ha un grosso problema: la verbosità che però, in quel determinato contesto, poteva anche avere un suo perché. In "Bakuman◦", invece, la gente parla - o scrive - a lungo e di niente, ripetendo sempre le stesse cose e tralasciandone altre ugualmente importanti. Sinceramente ho trovato molto triste il pragmatismo che caratterizza la maggior parte dei personaggi, il cui approccio alla professione mi è sembrato troppo cinico per dei ragazzi così giovani; "Jump", si sa, è tutt'altro che una mamma chioccia, ma d'amore vero e indefesso per il mestiere ne ho visto poco e quasi tutto concentrato in una persona sola, vale a dire Eiji Niizuma - l'unico che non annoi né disgusti mai, l'unico che mantenga una mentalità aperta su tutto e tutti. Come può un autore che non sogna con tutto se stesso far sognare chi legge? E come può far sognare un amore come quello che lega Mashiro e Azuki - come insistono per chiamarsi reciprocamente - così anacronistico e raccontato da risultare del tutto campato per aria?
In generale direi che, da lettrice, non mi sono sentita affatto stimolata a venire incontro alle mancanze di Ohba, troppo impegnato ad autocelebrarsi per prestare attenzione ai sentimenti dei propri personaggi: l'avrei fatto volentieri, come sempre quando ritengo che valga la pena andare così incontro ad un autore, ma non è questo il caso.
(Naturalmente non è contemplato che i due piccioncini possano sentirsi attratti da qualcun altro o rendersi conto dell'assurdità del loro rapporto. Davvero, non c'è motivo per cui si debbano comportare così: non si tratta di avere dei valori, bensì di un vano - e vanitoso - puntiglio non giustificato da alcun impedimento serio. È una vera tortura per il lettore sapere fin dall'inizio come andrà a finire e ciononostante doversi sorbire venti volumi di recriminazioni, analisi di mercato e vaniloqui assortiti prima che ciò finalmente accada.)
Nonostante in passato abbia definito il suo tratto "da primo della classe", ovvero gradevole ma troppo impostato, in linea di massima lo stile di Obata mi piace molto, ma in questo caso mi è parso caratterizzato da un'abulia quantomeno allarmante dato l'argomento trattato nonostante i suoi sforzi di conformarsi agli stili dei vari "manga nei manga". Se in "Death Note" il suo essere completamente a servizio della storia poteva andar bene in "Bakuman◦" mi sarei aspettata, da parte sua, un grado di coinvolgimento maggiore.
In conclusione: dapprincipio ero perplessa, poi alla perplessità è subentrata la delusione, soppiantata infine da un'irritazione crescente per come un'idea così intrigante come quella di un battle shōnen incentrato sui manga - perché no, anche con un po' di sentimento - non sia stata perseguita con la verve che, secondo me, la situazione richiedeva. 5, e che non se ne parli più: queste duemila e passa parole di recensione, frutto di anni di riflessioni maturate in attesa che "Jump" si degnasse di far terminare questo dimenticabilissimo titolo (presumo un po' prima del previsto, dato che alla luce dell'ultimo tankōbon molte delle sottotrame ivi presenti rimangono insolute o vengono frettolosamente portate a compimento), mi hanno lasciata completamente prostrata.
Moritaka Mashiro è un quattordicenne cupo, sfiduciato, senza prospettive per il futuro che vadano oltre a quelle impostegli dalla società. Suo zio Nobuhiro era l'autore de "La leggenda dei supereroi", un gag hero manga di discreto successo; la sua morte tragica e prematura, diretta conseguenza dei suoi sforzi per risalire la china dopo una serie di fallimenti, ha portato il ragazzo, che ambiva a seguirne le orme, a reprimere il suo talento artistico. Talento che però non è sfuggito al suo compagno di classe Akito Takagi, "pluripremiato scrittore" (cito), che gli propone di diventare mangaka assieme a lui.
L'affinità intellettuale tra i due è forte, ma a far capitolare definitivamente Moritaka, che ha le idee molto chiare su quali possano essere le insidie del mestiere, è la promessa fatta a Miho Azuki, aspirante doppiatrice di cui è innamorato e che lo ama a sua volta: i due non potranno frequentarsi fino a quando lei non avrà ottenuto il ruolo dell'eroina in un anime tratto da un manga disegnato da lui. In questo modo la memoria di Nobuhiro, che non ha mai avuto il coraggio di esternare i propri sentimenti a Miyuki, madre di Miho, verrebbe ulteriormente onorata dal nipote, che si fa punto d'onore di diventare un mangaka di successo grazie a una combinazione di "superbia, sudore e fortuna".
(Trivia: il concept de "La leggenda dei supereroi" è molto simile a quello di "Tottemo! Luckyman", manga del 1993 ad opera di tale Hiroshi Gamō. Qualcuno sostiene che vi sia proprio lui dietro allo pseudonimo di Tsugumi Ohba, il che certamente non stonerebbe con la sua proverbiale tendenza all'autoreferenzialità.)
All'inizio Mashiro e socio sembrano sapere molto bene che cosa li attende, ma una volta esauriti i dati da snocciolare su quanti autori emergenti riescono a sfondare (altro che "Uno su mille che la fa"...) e su cosa va di moda al momento si inizia a vedere queste statistiche per quello che sono, vale a dire informazioni di servizio che Ohba mette loro in bocca per farli apparire più maturi e autorevoli di quanto siano in realtà. Prova ne sia che, compatibilmente con la loro età e con la loro recentissima presa di coscienza su quale sia il loro sogno, i due non hanno la più pallida nozione dei più comuni ferri del mestiere. Del resto non è forse a questo che servono i redattori? Teoricamente la risposta è sì, ma quelli di "Bakuman◦" sono così convinti di avere davanti dei geni che le loro raccomandazioni si limitano, all'atto pratico, a ben poca cosa, soprattutto per quanto riguarda Takagi, così privo di riferimenti da trasformare la casuale scoperta del più banale espediente narrativo in un avvenimento epocale. Alla faccia del pluripremiato scrittore! Non si parla mai di mostrato e di raccontato, né di analessi, prolessi, ellissi, inserti o sequenze mute; nessuno, in altre parole, si prende la briga di dare un senso al suo istinto, mancanza che reputo gravissima dato che uno dei tratti distintivi di Ashirogi Muto - pseudonimo dei due ragazzi - è, per l'appunto, l'unicità delle sue storie in relazione al latente conservazionismo di "Weekly Shōnen Jump". Come quelle di Ohba, insomma, almeno secondo quello che si direbbe sia il suo modo di vedere, nonché, verosimilmente, la ragione per cui, stando a Mashiro, "le serviva in fretta un altro lavoro o in cinque anni sarebbe morta di fame".
Tutte le aziende hanno diritto ai propri segreti, e Shueisha non fa eccezione. Il fatto è che "Bakuman◦" non aggiunge alcunché a quanto si sapeva sul funzionamento di "Jump", in particolar modo per quanto concerne i sondaggi di popolarità delle varie serie, tasto su cui Ohba insiste con una sollecitudine che i più maliziosi potrebbero trovare un filino sospetta; non si parla, invece, del gradimento dei singoli personaggi, che pure di misfatti, soprattutto in passato, ne ha compiuti parecchi. Con la scusa che questo è sostanzialmente un battle shōnen imbevuto di slice of life Ashirogi e colleghi, tutti ridicolmente troppo "duri e puri" per un sistema che vorrebbero sovvertire senza alzare un dito, risultano più o meno immuni a delle regole che, nei quarantacinque anni di storia della rivista, hanno mietuto vittime anche illustri come Buronson e Toriyama; il loro modo di metterle in discussione è superficiale e tendente al vittimismo, e l'umiltà con cui accettano - ma non sempre - di arrendersi all'evidenza è così fulminea da sembrare di facciata.
Naturalmente mi rendo conto che si tratta di un'opera di finzione e che come tale le sue dinamiche intestine possono discostarsi da quelle reali. Non è questo ad urtarmi, bensì la supponenza di questi ragazzi, così dotati eppure così ciechi e recalcitranti di fronte all'opportunità di diventare pienamente consapevoli del loro potenziale.
Che dire poi del presunto ideale di virilità a cui Mashiro, il cui manga preferito è "Ashita no Joe", sostiene di ispirarsi? "I manga. Miho Azuki. A costo della vita". Sa il cielo se il "Jump" di oggi non abbia troppi protagonisti e troppi pochi eroi rispetto al passato, ma si può maturare soltanto attraverso il confronto, altro leitmotiv della testata, e quasi tutti i personaggi di "Bakuman◦" vivono molto male quello con gli altri, dando spesso prova di grande infantilismo. Vorrei poter dire che con il tempo la situazione migliora, ma in alcuni casi è chiaro che non è così, mentre in altri mi pare che la questione si limiti a decadere. Da un manga che pretende di rifarsi a un titolo così importante mi aspetto un character development degno di questo nome, di cui, al contrario, l'opera è assai deficitaria: nulla di inusuale per un battle shōnen, genere che purtroppo tende a riservare poche soddisfazioni sul piano emozionale in favore del risvolto più adrenalinico delle sue storie, ma non per questo da considerare una mancanza di poco conto, soprattutto se non c'è nient'altro con cui un autore possa riscattarsi. E in "Bakuman◦", almeno a mio modo di vedere, non c'è.
Se gli uomini si comportano da bambini le donne fanno, nel complesso, una figura parimenti miserevole. In "Death Note" abbiamo visto come Light rappresentasse per Misa Amane e Kiyomi Takada la perfezione assoluta: entrambe erano convinte che stare con lui le avrebbe rese migliori, la prima perché pensava di poter così supplire alle proprie mancanze, la seconda per aggiungere i suoi meriti ai propri in modo da diventare, se possibile, ancora meglio di lui. Lo stesso ideale distorto di realizzazione personale trova ivi uno sbocco - quantunque, com'è ovvio, in scala minore - nel triangolo che viene a crearsi fra Takagi, Kaya Miyoshi e Aiko Iwase.
Kaya, grande amica di Miho e priva di qualsivoglia talento, si aggrappa spasmodicamente al sogno che lega quest'ultima ad Ashirogi Muto per paura di venire lasciata indietro. Dato il suo risibile contributo alla causa sospetto che il suo personaggio sia stato creato al solo scopo di fugare eventuali dubbi sulla sessualità di Takagi, le cui esternazioni riguardo al suo sodalizio con Mashiro possono risultare come minimo ambigue. Ma quando mai le fujoshi si sono fatte intimidire da così poco? E soprattutto, che male ci sarebbe stato? Come se in passato Ohba non avesse ampiamente cavalcato la tigre dello yaoi conferendo deliberatamente determinate connotazioni al rapporto fra Light e Elle, tra l'altro.
Iwase, al contrario, ha molta fiducia sulle sue capacità, che però non le consentono di battere Takagi sul terreno a lui più congeniale: romanziera prestata ai manga al solo scopo di ribadire la sua superiorità su di lui, reo di averla battuta una volta in ambito scolastico, anela al suo amore soltanto per accrescere il proprio ego. Da donna il suo comportamento ha suscitato in me il più sincero ribrezzo, e la sua apparente redenzione, in gran parte dovuta ad un diradarsi delle sue apparizioni, non mi ha per niente convinta.
Vi è infine una seconda contrapposizione di intenti che ha per protagoniste due ragazze che, curiosamente, non interagiscono tra loro, vale a dire Azuki e un'altra mangaka, Kō Aoki. Anche loro mirano ad affermarsi dal punto di vista professionale, ma non per interposta persona: Mashiro non c'entra nulla con il desiderio della sua amata di diventare una doppiatrice, mentre la seconda, che non si abituerà mai del tutto al trasferimento da "Margaret" a "Jump" (che dev'essere un'esperienza paragonabile al passaggio dal pop svedese al death metal, tipo "Detroit Metal City"), è forse uno dei pochi personaggi a fare sfoggio di una propria - quantunque primitiva e non sempre opportuna - etica professionale. Peccato che costei diventi tosto il pretesto per del romanticismo da quattro soldi tra lei e il geniale ma sfaticato Kazuya Hiramaru, che praticamente si dà da fare soltanto perché spera che lei, prima o poi, corrisponda i suoi sentimenti, mentre Azuki risulta, per la maggior parte del tempo, fisicamente non pervenuta, legittimando il lettore a dare per scontato che, da brava bambina, onorerà la sua parte del patto - che è stata un'idea sua - senza creare problemi. Tra l'altro i primissimi scambi di vedute tra Mashiro e socio sull'argomento sembrano lasciare intendere che, almeno all'inizio, nessuno dei due si aspetta realmente che la ragazza riesca nel suo intento, e che abbia scelto di intraprendere una simile carriera in quanto si tratta di un sogno con cui è lecito che una giovane donna benestante come lei si balocchi in attesa di metter su famiglia. Come scrive Amélie Nothomb in "Stupore e tremori" (ambientato nel mondo dei salarymen, categoria lavorativa invisa a Mashiro) pare proprio che solo al maschio nipponico sia consentito sognare in grande, mentre per una donna è considerato disdicevole persino sudare. Lo stesso padre di Moritaka, che come tanti genitori di "Jump" non appare mai, è molto chiaro al riguardo: "Un uomo deve avere un sogno. Tu [sua moglie, n.d.r.] sei una donna, non puoi capire."
Chi ha letto "Death Note" sa che Ohba ha un grosso problema: la verbosità che però, in quel determinato contesto, poteva anche avere un suo perché. In "Bakuman◦", invece, la gente parla - o scrive - a lungo e di niente, ripetendo sempre le stesse cose e tralasciandone altre ugualmente importanti. Sinceramente ho trovato molto triste il pragmatismo che caratterizza la maggior parte dei personaggi, il cui approccio alla professione mi è sembrato troppo cinico per dei ragazzi così giovani; "Jump", si sa, è tutt'altro che una mamma chioccia, ma d'amore vero e indefesso per il mestiere ne ho visto poco e quasi tutto concentrato in una persona sola, vale a dire Eiji Niizuma - l'unico che non annoi né disgusti mai, l'unico che mantenga una mentalità aperta su tutto e tutti. Come può un autore che non sogna con tutto se stesso far sognare chi legge? E come può far sognare un amore come quello che lega Mashiro e Azuki - come insistono per chiamarsi reciprocamente - così anacronistico e raccontato da risultare del tutto campato per aria?
In generale direi che, da lettrice, non mi sono sentita affatto stimolata a venire incontro alle mancanze di Ohba, troppo impegnato ad autocelebrarsi per prestare attenzione ai sentimenti dei propri personaggi: l'avrei fatto volentieri, come sempre quando ritengo che valga la pena andare così incontro ad un autore, ma non è questo il caso.
(Naturalmente non è contemplato che i due piccioncini possano sentirsi attratti da qualcun altro o rendersi conto dell'assurdità del loro rapporto. Davvero, non c'è motivo per cui si debbano comportare così: non si tratta di avere dei valori, bensì di un vano - e vanitoso - puntiglio non giustificato da alcun impedimento serio. È una vera tortura per il lettore sapere fin dall'inizio come andrà a finire e ciononostante doversi sorbire venti volumi di recriminazioni, analisi di mercato e vaniloqui assortiti prima che ciò finalmente accada.)
Nonostante in passato abbia definito il suo tratto "da primo della classe", ovvero gradevole ma troppo impostato, in linea di massima lo stile di Obata mi piace molto, ma in questo caso mi è parso caratterizzato da un'abulia quantomeno allarmante dato l'argomento trattato nonostante i suoi sforzi di conformarsi agli stili dei vari "manga nei manga". Se in "Death Note" il suo essere completamente a servizio della storia poteva andar bene in "Bakuman◦" mi sarei aspettata, da parte sua, un grado di coinvolgimento maggiore.
In conclusione: dapprincipio ero perplessa, poi alla perplessità è subentrata la delusione, soppiantata infine da un'irritazione crescente per come un'idea così intrigante come quella di un battle shōnen incentrato sui manga - perché no, anche con un po' di sentimento - non sia stata perseguita con la verve che, secondo me, la situazione richiedeva. 5, e che non se ne parli più: queste duemila e passa parole di recensione, frutto di anni di riflessioni maturate in attesa che "Jump" si degnasse di far terminare questo dimenticabilissimo titolo (presumo un po' prima del previsto, dato che alla luce dell'ultimo tankōbon molte delle sottotrame ivi presenti rimangono insolute o vengono frettolosamente portate a compimento), mi hanno lasciata completamente prostrata.
Potete far sentire la vostra voce, oltre che nei commenti, anche con un mini sondaggio che durerà tre giorni!
Bakuman. parla del mondo dell'editoria giapponese, in particolar modo della rivista Shonen Jump con un stile narrativo proprio di uno shounen di combattimento / sportivo: combattimenti, vittorie e sconfitte, allenamenti e "power up", l'arrivo di nuovi alleati e il ritorno di vecchi rivali, il tutto in un contesto a prima vista decisamente inusuale ma che, quasi incredibilmente, funziona più che bene. Degne di nota, poi, le parti in cui Bakuman. finisce per spiegare se stesso tramite l'analisi dei manga realizzati all'interno della sua storia. D'altro canto, a bilanciare verso il basso la qualità complessiva dell'opera, vi sono numerose scelte, specialmente in ambito sentimentale o più in generale nelle relazioni interpersonali, che definire al limite del ridicolo sarebbe un eufemismo. Ma l'insieme convince e avvince e, nonostante ogni volume duri almeno un'ora (tanti e lunghi sono i dialoghi che costellano quasi ogni pagina), risulta insopportabile l'idea di dover aspettare mesi per il volume successivo.
E poi, un 5 contro un 7? Non è che sia granché, in tutti e due i casi.
Mi spiego: se dovessero dirmi ora di recuperarmi tutti e venti e passa i volumi, gli direi "no grazie". Ci sono altre opere che hanno la precedenza e Bakuman non è una cosa così imperdibile da richiedere tutto questo "sforzo".
Ma Bakuman era un manga che usciva con una cadenza settimanale, un capitolo a settimana. E con quella formula - per me - vinceva. Ogni capitolo scorreva veloce e ti lasciava abbastanza interessato da leggere il successivo quando sarebbe uscito. Non tanto da andare ad aprire topic di discussione sui forum su dove la storia sarebbe andata a parare, ma abbastanza da non dimenticarti che il giorno x usciva Bakuman.
Per me è stato quello che ora è Fairy Tail; una cosa che non recupererei mai, o visto l'andazzo della storia non starei li a perdere tempo a leggermi volumi su volumi, ma un manga piacevole e leggero che ti occupa quei cinque minuti la settimana senza gravarti sulla mente perché non è un'opera pesante o che si prende troppo sul serio.
Ricordo che a questo manga mi ero appassionato non poco, quindi non mi sento di definirlo una delusione; certo è che dopo PCP (quanto vorrei leggerlo, possibilmente insieme a Crow e Lontra n°11) la magia sembra svanire. Quanto ai disegni, mi pare che lo stile si faccia progressivamente meno preciso e brillante, se paragonati alle tavole di DN la differenza dovrebbe essere visibile.
In conclusione credo di appoggiare Dawnraptor, con una valutazione che si attesta tra il 7 e l'8.
Perchè dovrebbero spararti? E' universalmente riconosciuto quanto Death Note sia terribile.
In quale universo? Quello degli stoici che non mandano mai giù la morte del loro personaggio preferito?
Nel mondo reale. Se il tuo messaggio voleva accusare il sottoscritto di essere un fan di L (Se non intendevi questo, mi scuso) sappi che odio lui così come tutti gli altri personaggi della serie e pure quest'ultima fin da quando ho letto la prima pagina.
Si, intendevo proprio quello, perché di solito la maggior parte delle critiche mosse a DN sono da attribuire alla morte di L e la conseguente "discesa" della seconda parte.
È che mi fa sempre storcere il naso quando un'opinione viene fatta passare per fatto oggettivo, dal tuo post mi è arrivata quella sensazione.. In caso contrario, errore mio.
Francamente come voto gli darei giusto la sufficienza grazie ai disegni, che per venire da una serie settimanale sono molto curati, ma la storia è stata una delusione, mi aspettavo di più.
Peccato perché alcuni mi hanno anche divertito, su tutti Hiramaru.
In ogni caso complimenti sia ad Ais che a dawnraptor per le loro ottime recensioni.
La verità è che è istruttivo, è ben disegnato e ha un suo perché (che in questo caso è la è pubblicità a Jump, ma anche quella è una raison d'etre), il che è molto più di quanto possano dire tante serie.
Onestamente non saprei che voto dargli: è decisamente mediocre sotto certi aspetti, ma non posso negare certi suoi meriti ... facciamo un 6 politico, portato a 7 per il disegno?
e dunque? si può osservare di difetti e pregi delle due opere singolarmente, ma non certo metterli in comune
Personalmente avevo già letto la recensione di Ais Quin, piacevolissimacome al solito, su cuii sono d'accordo in molti punti, soprattutto la trattazione delle figure femminili che è un tasto dolente. Ciò nonostante il mio pensiero è molto più vicino a quello di dawnraptor, perché nonostante alcuni problemi che il manga ha sempre avuto (partendo di già dalla base assurda dei due che si devono sposare) all'inizio era molto piacevole entrare nel mondo dei mangaka. SE fosse durato di meno evitando storylines che non interessavano a nessuno, non sarebbe comunque stato un capolavoro, ma un manga meno noioso e più piacevole sì.
Come dice il titolo stesso Bakuman è stato letto, soprattutto, perché ormai successore del conosciutissimo Death Note. E questo può aver deluso, come invece può essere piaciuto, anche se si sta parlando di due opere completamente diverse.
Attenzione non voglio dire che sia un manga Meraviglioso, ma neanche posso dire che sia stata una ciofeca. Bakuman è stato un manga piacevole da leggere, con alti e bassi che mi ha saputo intrattenere e coinvolgere nella maggior parte dei momenti che lo richiedevano.
A me non è dispiaciuto ed è per questo che ho votato "Sono d'accordo con dawnraptor, non sarà un capolavoro ma è un titolo piacevole".
Tempo fa volevo recensirlo pure io e gli avrei dato volentieri un 7, non che sia un votone, ma come ho detto poco fa questo è il voto che secondo me più lo rappresenta.
Per quella che era inizialmente la trama di partenza, questa non è una bella serie ma una serie geniale. Ohba/Obata sono riusciti a creare un manga divertente ed adrenalinico in un mondo dove regna la noia ed il tutto senza spargimenti di sangue o power up più o meno motivati, ma a suon di ToC e di pagina di carta. Inoltre, credo che dei disegni neanche ci sia bisogno di parlarne.
Poi, per carità, ha le sue pecche e qualche arco narrativo può risultare leggermente noioso ma le sue qualità sono innegabili.
Per me il valore oggettivo della serie si assesta tra 8 e 8,5...poi, in base ai propri gusti potrà salire.
"Per me il valore oggettivo della serie...."
Pfffahaha, ma leggi quel che scrivi? Con quali criteri dai un valore oggettivo a una serie di intrattenimento?
Dovrai aver letto minimo un miglaio di manga/libri/novel se vuoi che la tua opinione abbia leggermente più peso rispetto a tutti quanti noi, e anche li' puoi dare solo una parvenza di oggettività.
Sinceramente avevo iniziato a leggere questo titolo solo per la fama e non perchè nascessero dalla creatività dello stesso autore.
Sono due generi differenti e distanti, come si fa metterli a confronto?
Questo è lo sbaglio di molti. Se è piacuto o meno death note non è detto che un'altra opera completamente diversa posso avere lo stesso rsultato.
Questo punto di vista proprio non lo condivido.
Se piace o meno qualcosa è sempre soggettivo, i grandi critici che vogliono darmi una visione oggettiva non li seguo e non li seguirei mai.
L'arte non è MAI oggettiva, la parte tecnica invece diviene indiscutibile.
Poi che la storia annoi, che sia praticamente più un libro che un fumetto per quanto riguarda la mole di fumetti extra-giganti e che intrattiene poco e niente senza avere un briciolo di storia originale si nota molto facilmente.
Non ho letto Death Note sinceramente e non ho intenzione di provarci visto questo titolo...
Concordo pienamente con Ais Quin: titolo da dimenticare, carta straccia, suvvia, cerchiamo dei titoli che abbiano un po' di carattere prima di adorare le prime commercialate che ti sbattono sotto il naso!
"L'arte non è MAI oggettiva, la parte tecnica invece diviene indiscutibile"
E' anche lì è estremamente difficile trovare qualcuno che riesca a dare un dato oggettivo, secondo il mio modesto parere per raggiungere un livello quanto più oggettivo possibile bisogna conoscere e aver studiato opere di vari periodi storici, quindi non solo parliamo di un individuo con una spiccata intelligenza e capacità di saper dividere ciò che piace dal contenuto in se', ma anche di qualcuno che consce l'origine e lo sviluppo nel tempo di quel dato argomento, iniziando dalle prime forme di letteratura fino ad arrivare alle produzioni odierne, e questo studiando uno per uno ogni genere e sottogenere uscito finora.
Un dato oggettivo si può permettere di darlo solo un vecchio novantenne che ha votato tutta la sua vita allo studio o un Dio, non di certo qualcuno preso a caso su internet.
"Dovrai aver letto minimo un miglaio di manga/libri/novel..."
Hai messo delle microspie nella mia casa, perchè a quanto pare sei assolutamente certo che io non abbia letto niente in vita mia. Certi commenti tienitili per te visto che non hai la minima idea di chi o cosa parli.
"se vuoi che la tua opinione abbia leggermente più peso rispetto a tutti quanti noi"
citando le tue parole, con quali criteri la tua opinione o quella degli altri ha più valore rispetto la mia??? io ho semplicemente detto quello che penso nel rispetto di tutti, forse a qualcuno servirebbero 2-3 bagni di umiltà visto che si ritiene superiore alle altre persone basandosi su chissà quali sue convinzioni.
ritornando alla discussione, ripeto che per me il valore oggettivo della serie è sicuramente più alto di un misero 7. Potete essere d'accordo o no, è il bello di una opinione e siamo qui proprio per discuterne (possibilmente evitando di credersi migliori degli altri).
Se volete rispondere sono lieto di approfondire la discussione ma, visto che criticate questa serie, almeno fatemi altri esempi di manga con dei protagonisti statici e con un lavoro noioso e principalmente ambietato in una stanza della loro casa che raggiungono il livello di intrattenimento di questa serie...tanto, visto che non leggo abbastanza XD, sarà un piacere ampliare le mie conoscenze con titoli di qualità.
E' uscito in Giappone anni prima di Bakuman e lo trovo decisamente superiore a quest'ultimo.
Comunque quando dici che una serie è oggettivamente da 8, stai in pratica "universalizzando" il tuo giudizio, lasciando intendere che il tuo sia il pensiero di tutti. Non sono in pratica sicuro che per "valore oggettivo" di un'opera intendiamo la stessa cosa
Vedi che non hai capito nulla?
Quando metti oggettivo non diventa più la tua opinione, quella si chiama soggettiva.
Bisogna dunque vedere in questo manga/anime uno "shonen classico in salsa realistica": così si riesce ad apprezzarlo.
Se non hai trovato inutilmente prolissi oppure pesanti i dialoghi di Bakuman penso che tu sia un miracolato, tipo.
@Edgeworth89:
Non ha risvegliato, ha illuso i bambocci di poter diventare Mangaka, quando è una cosa totalmente impossibile per chi abita fuori dal Giappone.
@Depth of darkness:
Ma non puoi, perchè Bakuman non è realistico. Manco per idea.
Posso ipotizzare che non sia niente di speciale, ma neanche così malvagio... Sicuramente se non fosse stato fatto dagli stessi di DN non avrebbe avuto così tanto successo da farci pure 3 serie tv...
Se stiamo parlando di un dato oggettivo un profano non può elevarsi a conoscitore della materia. Questo è ovvio.
Io non posso permettermi di idre che la parte tecnica di un anime non va bene, non ne ho le competenze.
Ma da li a dire che solo un Dio può mi pare un'affermazione priva di senso logico, in quanto una conoscenza approfondita di una materia, che non necessariamente debba essere seguita da una scuola particolare (non sempre le scuole'professionali' son oall'altezza di dare una conoscenza approfondita su qualcosa), basta essere un appassionato che si pone delle domande a cui non sa rispondere e cerca con tutte le sue capacità di imparare cose sull'argomento.
In sicilia si dice '' nuddu nasci imparatu''
solo perchè tu la pensi così non vuol dire che hai ragione
Poi si vede che la Oba navigava un pò a vista con sottotrame messe lì e poi dimenticate ( tipo il vecchiaccio che faceva entrare Mio nel mondo dello spettacolo per farsela ) e via così.
Alla fine lo si leggeva per Hiramaru e Ioshida, personaggi divertentissimi che meritavano una serie tutta loro.
Ho invece sentito parecchi pareri positivi su Manga Bomber...
Inoltre adoro le storie dentro le storie xD mi piacerebbe davvero tanto se facessero uscire dei volumi con le storie che hanno fatto vedere in Bakuman *-* le comprerei al volo *-*
Manga per grillini? Elabora per favore.
Io parlavo di avvicinarsi quanto più possibile all'oggettività, ci ho ficcato dentro un Dio perchè imo solo una persona che conosce tutto non solo di un genere ma di un panorama più ampio può permettersi di parlare di oggettività, un semplice appassionato può accorgersi di qualche particolare e può reputarlo un errore ma da quì a dire che è oggettivamente un errore ce n'è passa.
Ma chi ti ha imposto niente °___°
Beh, che dire. Bakuman è uno dei primi manga che ho letto, spinta dal fatto che promettesse uno sguardo nel mondo dei fumetti, che fosse lungo, generalmente non troppo vilipeso e, perché no, che provenisse dal duo di DN. Non dimentichiamo che DN è il primo anime che ho visto dopo 30 anni e fischia di astinenza. Non poteva non avere un impatto, dato che, pur con tutti i suoi difetti, non si può certo dire che sia da buttare. Almeno, io non lo posso certo dire, visto che mi ha fulminata.
Del resto, troppo spesso ci si scorda che il più delle volte chi si approccia ad anime e manga lo fa per divertimento. Che ci sia un succo non guasta, ma le profondità abissali, almeno in questo tipo di opere, ritengo siano riservate a titoli di nicchia, nel senso che saranno pochi e dichiarati. IMHO, neh?
Quindi, abbiamo un titolo che serve a divertire. Il problema, come ho detto nella recensione, è che allunga tanto il brodo da cessare di divertire. Non è il fatto che la storia d'amore sia un stereotipo inverosimile, chissene? E' fiction, puoi dire quello che vuoi, in fondo, nell'economia della storia, non è neppure fondamentale. Non è che magari le descrizioni del mondo dei fumetti e di una casa editrice siano un po' troppo romanzate, è ovvio che lo siano, sennò saremmo nel campo della saggistica. Quello che dà il colpo di grazia a questo titolo, che altrimenti sarebbe stato veramente un gioiello, è l'estrema ripetitività di alcune situazioni, il fatto che pretestuosamente si allontani il traguardo per vendere ancora uno, due, tre, cinque volumi.
E, come ho detto, lo capisco: se hai una gallina dalle uova d'oro, prima di tirarle il collo e farci il brodo, la spremi fino all'ultima piuma, e poi magari il brodo lo vendi pure in fialette numerate… Certo, corri il rischio che qualche lettore ti molli per strada, ma non so, fatti i debiti bilanci di costi e benefici, se agli autori ne sia venuto un guadagno o un danno.
Certo, a titolo personale, quello che ne posso dire è che un titolo, che sarebbe stato altrimenti da 8 e forse anche da 9, non si innalza oltre l'ampia sufficienza per via di questo artificio puramente commerciale. E, al contrario di altre opere che ho già riletto e/o desidero rileggere, questa difficilmente mi rivedrà. Non perché non mi sia piaciuta, perché nel complesso non posso dire che sia sgradevole, ma perché, letta una volta, non ha più niente da dire.
P.S.: ovviamente, non ho votato
Bakuman è ben diverso, ma per me è sicuramente sopra la media.
Il problema è confrontare due manga completamente diversi.
Sono gradevoli entrambi.
Già stiamo parlando di Bakuman, che l'unica cosa che ha a che vedere con Death Note sono gli autori. Poiché tratta di un argomento completamente diverso, paragonarli per dire quale sia il migliore mi sembra poco concludente. Potrei capire paragonare fra loro varie serie di Gundam, ma questi due proprio no. E'come voler stabilire se sono migliori le pesche o le albicocche: frutta tutte e due, ma...
Che un'opera abbia un grande successo perché è valida, o perché è fin troppo furba, o perché si è riusciti a montarci intorno un caso da manuale, mi sembra abbastanza indifferente, nel senso che se chi la legge ne trae piacere non si sentirà buggerato.
Chi ha da lamentarsi sarà sempre chi non sarà soddisfatto dell'opera in sé, perché non l'ha trovata rispondente alle sue esigenze. Ma ci sarà sempre chi non sarà d'accordo con 99 recensioni entusiastiche, come ci sarà sempre il centesimo lettore entusiasta che si domanderà perché ci sono 99 recensioni schifate. Siamo mica tutti uguali. Io sono rimasta indignata da alcuni manga osannatissimi, ma comprendo che altri li apprezzino, e probabilmente si tratta di mia miopia. O di gusti, che sempre lì si cade. Del resto, la mia opinione di Bakuman non è che sia poi così entusiastica, non sono cieca a molti dei suoi difetti, anche se probabilmente non li ho riconosciuti tutti per ignoranza (e schietto menefreghismo, diciamolo) di tutti i retroscena, e non lo mando a dire.
A volte, per apprezzare o schifare adeguatamente un'opera, ci vorrebbe una conoscenza di un sacco di retroscena, e di molte altre opere, che non tutti - se non pochi - i lettori hanno. Io so di non sapere. Mi è capitato addirittura di definire giapponese una cosa che era cinese, perché non so nulla, ma proprio nulla, di storia e tradizioni orientali. Ciò non toglie che quella particolare opera non mi piaccia lo stesso! Ma se avessi saputo che l'origine della storia era cinese magari l'avrei scartata con cognizione di causa e senza scrivere corbellerie.
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