AnimeRing Head


Tante volte ci è stato chiesto di fare una rubrica dove inserire il bianco e il nero, Capuleti e Montecchi, Livorno e Pisa, giorno e notte...insomma due punti di vista diametralmente opposti su cui poter discutere e magari anche schierarsi.

Dobbiamo ammetterlo, il timore che tutto finisca in un inutile flame ci ha sempre frenato ma, visto che ultimamente voi utenti vi siete dimostrati meno "scalmanati" e che i nostri detrattori scarseggiano a fantasia, ci siamo detti in Redazione "Why not"?

AnimeRing!

Un titolo, anime o manga, due recensioni a confronto. Due recensioni di voi utenti, il vostro diverso punto di vista sul "palco" di AnimeClick.it.
Come nel miglior incontro di Wrestling, come nella più epica delle Battle rap, saranno le vostre opinioni a sfidarsi fino all'ultimo colpo anzi...spoiler!

Andiamo a scoprire il titolo, questa volta anime, che questo mese sarà argomento della disputa!

Il successo di pubblico dei due eventi cinematografici "Le Notti dei Superobot", l'ultimo dei quali si è concluso martedi, hanno riportato prepotentemente alla ribalta non solo i mecha storici creati da Go Nagai ma tutta un'intera generazione che si è ritrovata, pop corn in mano, a entusiasmarsi per i suoi eroi di bambino anni 70/80.
Posto che i film mandati al cinema non hanno il valore delle serie originali, cercando però di contestualizzare questi eroi eliminando l'effetto nostalgia, possiamo davvero parlare di personaggi fondamentali per l'animazione?
A questo scopo oggi trattiamo il robottone dell'epoca forse tra i più famosi, anche se in Italia forse non al pari di Goldrake per vari motivi che saranno sviscerati nelle recensioni. Stiamo parlando di Mazinga Z ovviamente, il capostipite del genere Super Robot di naganiana memoria!
La serie anime è del 1972 ma fu trasmesso per la prima volta solo a partire dal 21 gennaio 1980 da Rai 1 (all'epoca Rete 1), epoca in cui molti di voi di sicuro non erano nati.
A confrontarsi su questo storico titolo infatti chiamiamo due pesi massimi dell'argomento che però, data l'età, non potevano esserci durante quelle prime storiche trasmissioni tv. Può bastare per avere un giudizio imparziale e non nostalgico?

Scendano in campo quindi God87 e AkiraSakura!

La domanda è una sola: voi da che parte state?



5.0/10
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Il Giappone è in grande pericolo da quando il malvagio dott. Hell rinviene, nell'isola di Bardos, numerosi, giganteschi automi da guerra appartenuti alla scomparsa civiltà di Mikene, e decide di potenziarli e utilizzarli per conquistare il mondo. Lui e il suo braccio destro, l'inquietante barone Ashura, non immaginano però che un altro illustre scienziato, il professore Kabuto, ha ideato una potente contromisura: il devastante robottone Mazinger Z, realizzato con la straordinaria, indistruttibile Lega Z. Mortalmente ferito dagli uomini di Ashura, con le sue ultime forze Kabuto riesce tuttavia ad affidare la sua invenzione al nipote Koji, che, assistito dal suo collega, prof. Yumi, e dallo staff di quest'ultimo risiedente nell'Istituto per la ricerca dell'energia fotoatomica, diventa il pilota di Mazinger Z e, conseguentemente, l'ultimo baluardo della Terra.

L'occasione di visionare un classico del livello di "Mazinger Z" permette non solo di riscoprire, con meraviglia, i motivi che hanno portato questa lunga serie animata a raggiungere indici di ascolto tra i più alti della storia nella televisione nipponica (uno share medio del 30%), ma anche di constatare, con grande amarezza, come grandissimi meriti e importanza storica di oggettive pietre miliari non necessariamente si coniugano con una qualità tale da resistere allo scorrere del tempo.

A "Mazinger Z", è giusto dirlo chiaramente, l'animazione robotica deve tutto: anche se esistono dei predecessori (il preistorico manga/anime "Tetsujin 28" di Mitsuteru Yokoyama del '56, il fumetto "Giant Robot" sempre dello stesso autore e la serie animata "Astroganga", che debutta giusto due mesi prima, nell'ottobre 1972), è lui, solo lui, a creare dal nulla uno dei generi narrativi più famosi, rappresentativi e influenti del Paese del Sol Levante, ipotizzando gli scontri di un robottone gigante che, rispetto ai precedenti, è dotato di armi portentose, azionabili da un pilota che lo guida dall'interno. L'idea viene in mente, come si sa, all'autore di fumetti Go Nagai, che un giorno, assistendo a un imbottigliamento stradale, immagina quanto sarebbe bello se un guidatore potesse far spuntare delle gambe alla propria vettura per farle scavalcare tutte le altre. Il controverso ideatore di "Scuola senza pudore", "Mao Dante" e del "Devilman" televisivo e cartaceo trova quindi nuova complicità con lo studio Toei Animation, ben interessato all'idea di una serie d'azione avente come protagonista un colosso di metallo pilotabile e dotato di micidiali armi da battaglia che vengono, di volta in volta, scelte, urlate e usate dal protagonista per distruggere i suoi avversari. Questi ultimi non possono che essere altri robottoni, carne da macello puntualmente inviata, episodio dopo episodio, da un essere abietto che intende, sfruttando i loro poteri, conquistare il mondo. L'eroe risiederà stabilmente, quindi, in un'avanzata fortezza scientifica, ultimo baluardo dell'umanità, dove è anche custodito il robottone: suo compito sarà quello di scacciare il nemico ogni volta che tenterà un nuovo attacco. Queste caratteristiche principali, oltre alla concezione nippocentrica che condisce il tutto (conquistare il Giappone è come essersi impossessati del mondo!) e all'idea di infondere nell'automa di metallo protagonista l'epica dei samurai, renderanno la serie uno straordinario successo commerciale: trasmesso ogni domenica alle 19 su Fuji TV, "Mazinger Z" diventa una delle produzioni più seguite in assoluto della televisione in quegli anni, entusiasmando sia bambini (target principale) che adulti, tutti galvanizzati dall'idea di un nuovo, enorme idolo guerriero che in ogni puntata, con, di sottofondo, la scoppiettante sigla iniziale (cantata in inglese nelle versioni internazionali), annienta eroicamente mostri meccanici che intendono distruggere Tokyo.

In quegli anni, purtroppo per le nuove generazioni, lo schema narrativo tipico è ereditato dai telefilm tokusatsu: ogni episodio è uguale all'altro, autoconclusivo e inizia e finisce allo stesso modo seguendo canovacci collaudati, che mostrano Koji e compagni vivere una piccola mini-avventura (un semplice pretesto) e poi affrontare, nel finale, l'immancabile nemico della settimana ("monster of the week") inviato dal dott. Hell, distruggendolo; l'epilogo è dato dall'inquadratura conclusiva che guarda al tramonto, con le risate liberatorie di sottofondo degli eroi dopo una gag finale. La quasi totale assenza di continuity a legare le puntate per l'epoca è la norma: nessun giapponese stava a lamentarsi della cosa, ci era abituato, e questo proprio perché gli anime godevano di pochissima considerazione, rivolti com'erano unicamente ai bambini, nessuno si sognava di renderli o richiederli più avvincenti o articolati. "Mazinger Z" è proprio questo: un'opera estremamente infantile, ripetitiva al massimo, dalla trama basicissima che non evolve pressoché mai, basata interamente su interminabili combattimenti tra robot che occupano il 70% del tempo, che alla sua epoca creava un sense of wonder indimenticabile con i suoi pugni a razzo, i raggi termici e l'idea di pilotare colossi di metallo altissimi (idee che apriranno la strada a un'enormità di seguiti e cloni che imperverseranno per tutti i Settanta, arrivando quasi tutti, tra l'altro, in Italia), ma che oggi, onestamente, è inguardabile, pur con tutti i buoni propositi di contestualizzazione.

In contemporanea con l'anime, Go Nagai disegnava, come nel caso di "DevilMan", anche una controparte cartacea, immancabilmente più tenebrosa, violenta e sensuale. Da quel fumetto (pubblicato in Italia da d/visual e J-Pop), "Mazinger Z" verrà conosciuto dalle masse per la sua tematica di ambiguità bene/male, data dalla possibilità che l'automa possa diventare, a seconda degli usi che se ne fanno, il salvatore dell'umanità o il suo peggior nemico (Mazinger in giapponese si pronuncia "Majinga", "Ma" per demone e "Jin" per divinità). È una dicotomia che verrà esplorata da Nagai sia in quel caso che in successive riletture, sempre a fumetti; peccato questo tema proprio non esista nella serie animata di Toei Animation, che si limita ad appiattire il tutto riducendolo alla stregua di un robottone eroico e buono che combatte all'infinito contro avversari e strategie nemiche. Tolto questo, e tolto pure il minimo approfondimento a qualsiasi personaggio (legati a una nettissima dicotomia Bene/Male, senza sfumature), tutti addirittura privi del minimo background e ingabbiati in atmosfere quasi sempre leggere, scanzonate e supereroistiche, l'anime si risolve in una serie-fiume che ripete a tempo indeterminato le stesse cose, senza nessuna diversificazione (mini-avventura e lunghissimo combattimento, mini-avventura e lunghissimo combattimento, acrobazie di Koji contro gli uomini di Hell, gli scagnozzi di quest'ultimo eternamente sconfitti e rimproverati dal loro padrone, etc), per novantadue episodi stressanti, che simboleggiano, per il pubblico odierno, l'ovvietà che per conoscere nell'interezza l'intera "storia" basta guardare presumibilmente il primo e ultimo episodio. Non basta qualche timida variazione (un power up, un nuovo elemento che entra nel cast di buoni o cattivi, un nuovo robot alleato ad affiancare quello protagonista) ogni venticinque/trenta episodi per salvare la serie da una noia che è pressoché implacabile, fin dall'inizio. Chara e mecha design sono senz'altro iconici, ben rappresentativi della mano di Go Nagai (il luciferino e demoniaco Hell, il sessualmente ambiguo Ashura, il rozzo teppista Boss, i robottoni dal design camaleontico, a volte buffo o stravagante, a volte figo, a volte a metà tra l'uno e l'altro), così come sigla e le musiche di Michiaki Watanabe... Ma c'è ben poco oltre a questo: si può capire all'epoca perché la serie fu un trionfo (mai si era visto un concept simile), ma anche perché oggi, con i mille successori che hanno perfezionato le sue caratteristiche narrative, ormai è terribilmente vetusto, inguardabile, al punto che solo chi vuole farsi una cultura personale potrebbe stare a visionarlo.

Neppure tecnicamente l'opera è in grado di farsi ricordare o recuperare dignità, non reggendo minimamente la competizione con anime contemporanei ben più stellari dal punto di vista di budget, animazioni e fotografia ("Gatchaman" e "Heidi" gli esempi più illustri). Questo anche dal punto di vista del comparto visivo, martoriato da un budget mai davvero importante che, seppur globalmente sufficiente, si esprime in disegni spesso rozzi e mal curati, che talvolta fanno assumere ai giovani personaggi (Koji Kabuto in particolare) delle fattezze involontariamente grottesche (talvolta sembrano vecchi, talvolta sotto effetto di stupefacenti). A tale proposito, "Mazinger Z" sfigura nettamente addirittura a confronto con il "Devilman" televisivo trasmesso quasi in contemporanea (l'Uomo Diavolo appare in TV cinque mesi prima) e sempre a opera di Nagai, che seppur più breve e di minor successo almeno era disegnato e curato con tutti i crismi.

Questo, in sintesi, è "Mazinger Z", il capostipite di tutti i giganti d'acciaio: visione irrinunciabile nel 1972 e titolo fondamentale nella codificazione del genere, ma superato già nel suo decennio da molti dei suoi "figli". Molto, molto meglio recuperare, a questo punto, i due manga serializzati in contemporanea in quegli anni: quello, già accennato, di Go Nagai, o specialmente l'adattamento del suo collaboratore Gosaku Ota (sempre disponibile in Italia per d/visual e J-Pop), considerato dallo stesso Nagai la versione "definitiva" della storia. Pur al prezzo di ignobili disegni infantilissimi e del seguire inizialmente le atmosfere animate, l'opera di Ota ha quantomeno il merito di discostarsene successivamente, approfondendo notevolmente i personaggi e rendendo più matura e meno ripetitiva la trama.

Nota: in Italia "Mazinger Z" viene trasmesso sulle reti Rai dopo il successo di "Ufo Robot Grendizer", il suo secondo seguito (ma trasmesso per primo). Visti i disegni, i colori e le animazioni superati rispetto al successore, è probabilmente per questo che è stato doppiato per poco più di metà, giusto 52 episodi su 92, prima di venire interrotto per (probabile) flop di trasmissione. L'adattamento è tutt'altro che ben fatto, distinguendosi per i numerosissimi tagli interni per ridurre la durata delle puntate, il cambio del nome dell'eroe da Koji Kabuto a Ryo Kabuto, e dialoghi infedeli che spesso non ci azzeccano proprio nulla con quanto si vede su schermo. L'unico modo di "godersi" "Mazinger Z" consiste nell'attendere l'annunciata edizione in DVD a cura di Yamato Video, che sottotitolerà tutto in modo fedele, comprese le quasi quaranta puntate mai doppiate (che il recensore, con onestà, ha guardato in lingua originale).


8.0/10
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Al giorno d'oggi, esattamente nel momento in cui il genere robotico è stato sviscerato in tutti i modi possibili, e si è evoluto o involuto a seconda del contesto, del target di riferimento e del periodo storico di maggiore o minore fertilità artistica degli autori, affrontare la visione di "Mazinger Z" significa tornare indietro nel tempo a osservare, con interesse storico e culturale, com'era il robotico ai suoi primordi; "Mazinger Z" è infatti il grande capostipite del genere, uno degli anime più influenti della storia e il primo paradigma che detterà legge fino all'avvento degli altrettanto epocali "Gundam" e "Macross".

Il predecessore di "Mazinger Z" è il "Tetsujin 28" di Yokoyama, la prima serie televisiva della storia ad essere incentrata sulla figura del robot pilotato da un essere umano; tuttavia, l'opera era molto diversa da "Mazinger Z", giacché quest'ultimo poteva essere pilotato dall'interno, mentre invece "Tetsujin 28" solo dall'esterno, per mezzo di un telecomando; in "Tetsujin 28" mancavano scene di agganciamento tra le componenti del robot; robot ben lungi dall'essere un colosso meccanico in grado di rappresentare concettualmente la fusione uomo/macchina simboleggiante la modernizzazione e l'industrializzazione del Giappone postbellico. Tutti i robotici antecedenti a "Mazinger Z" erano sulla falsariga di "Tetsujin 28" ("Giant Robo", il contemporaneo "Astroganga"), e non avevano quegli elementi innovativi - anche a livello di marketing - dell'opera di Go Nagai.

"Mazinger Z", nonostante la sua carica estremamente innovatrice, è palesemente ispirato al tokusatsu televisivo tout court. Intorno al 1971, show come "Spectreman", "Ultraman Returns" e "Kamen Rider" andavano regolarmente in onda riscuotendo un grande successo, sopratutto "Kamen Rider", l'opera che consacrava il suo creatore Shotaro Ishinomori (tra l'altro maestro di Go Nagai) a vero e proprio "Dio del tokusatsu". In questo show era presente un'organizzazione malvagia detta "Shocker", la quale mandava ogni settimana un suo lacchè ad essere matematicamente sconfitto dall'eroico protagonista. Questa formula vincente del "mostro della settimana" veniva utilizzata per la prima volta in animazione dal nagaiano "Devilman", andato in onda cinque mesi prima di "Mazinger Z", e dal seminale "Gatchaman", show nel quale cinque ragazzi si trasformavano in supereroi al fine di combattere contro i mostri robotici inviati dalla banda criminale Galactor. E' proprio in questo clima di grande attrazione del pubblico verso il tokusatsu in tutte le sue forme e manifestazioni che nasceva "Mazinger Z", il quale era anch'esso caratterizzato dall'idea di base presente nel contemporaneo "Kamen Rider": un'organizzazione malvagia intenta a conquistare il mondo (in questo caso formata dagli scagnozzi del Dottor Hell e dalle loro truppe) invia ogni settimana un mostro ad attaccare il Giappone, il quale verrà puntualmente sconfitto dagli eroici protagonisti. E' inoltre da notare che la scena dell'agganciamento tra il veicolo volante del pilota (il cosiddetto Pilder) e il robot gigante Mazinger segue chiaramente lo stile introdotto dallo show fantascientifico "Thunderbirds" del lontano 1966, opera la quale introdusse per la prima volta nella storia le famose scene di agganciamento tra veicoli. La presenza delle scene di agganciamento in "Mazinger Z" (si pensi anche a qualla del Jet Scrandler) sarà fondamentale nel rendere più appetibili i robot giocattolo ai bambini, il target primario dell'opera. Ergo "Mazinger Z" è stato un'innovatore anche nelle strategie di marketing, allo stesso modo di "Gundam", "Macross" ed "Evangelion", i quali introdurranno a loro volta nuove modalità di consumo legate indissolubilmente al contesto storico e al loro rispettivo target di riferimento.

E' molto interessante studiare ed analizzare "Mazinger Z" nella sua totalità, giacché la serie è in continua evoluzione e presenta in molte puntate determinati elementi che verranno riutilizzati ed omaggiati nei robotici successivi. La prima particolarità, chiave di volta dell'intera opera, è l'ambivalenza nei confronti della scienza: il nome stesso del robot, Mazinga (Ma-Jin-Ga), significa sia Dio (Jin) che Demonio (Ma); all'Istituto di Ricerca per l'energia Fotoatomica, nel quale sono presenti gli scienziati e gli eroi che difendono la terra, si contrappone l'organizzazione del malvagio Dottor Hell, anch'egli uno scienziato costruttore di robot giganti. L'energia fotoatomica, inoltre, non è altro che un nome fantasioso per indicare l'energia nucleare: "Mazinger Z" nasce nel dopoguerra giapponese, ed è caratterizzato, allo stesso modo delle produzioni fantascientifiche ad esso contemporanee, da un timore reverenziale nei confronti della scienza occidentale misto ad un desiderio viscerale di superarla. A tal proposito, si pensi alla costruzione del robot Mazinger da parte degli scienziati giapponesi, un colosso meccanico tecnologicamente all'avanguardia e in grado di affrontare mostruosità create da una scienza estranea le quali puntualmente attaccano esclusivamente il Giappone, provenendo da una località oscura e remota la quale, inconsciamente, simboleggia l'occidente. L'impero di Mikene nascosto nel sottosuolo è un evidente rimando fantasioso all'Antica Grecia, la culla primigenia in cui ebbe origine la scienza occidentale. Non mancano inoltre riferimenti diretti al secondo conflitto mondiale, come ad esempio una puntata in cui il tirapiedi ermafrodita del Dottor Hell, tale Barone Ashura, trova dentro ad una montagna un potentissimo cannone utilizzato dai giapponesi durante la guerra e lo impiega per cercare di distruggere l'Istituto di Ricerca per l'energia Fotoatomica.

L'addestramento del pilota, il quale deve faticare e sudare sangue per imparare a pilotare il robot; la storia d'amore tragica (si pensi alla splendida puntata in cui compare Minerva X, robot omaggiato moltissimo dai posteri, oppure alla triste e malinconica vicenda nella quale Koji s'innamora di una spia nemica); la presenza di un personaggio che alleggerisce la serie con le sue gag (l'esilarante teppistello Boss ed il suo ridicolo robot costruito con dei rottami); la bambina, simbolo della bellezza e dell'innocenza, immolata in modo crudo e atroce (la triste ed indelebile vicenda di Lorelei); la bambina/ragazza in carrozzella che impara a camminare; la morte tragica di uno degli antagonisti principali con tanto di funerale in grande stile, lacrime dei cattivi e discorso commemorativo grondante sete di vendetta; la compagna femminile del pilota che deve a tutti i costi dimostrare di essere superiore all'uomo, e che quando perde un combattimento somatizza (Sayaka, il prototipo di Asuka e di tutte le "tsundere" del robotico successive); l'antagonista militare sadico, cattivo, calcolatore, che utilizza le sue forze armate per assalire la base dei buoni attraverso innumerevoli scontri all'arma bianca (il luciferino Conte Blocken); gli attacchi strampalati e devestanti dei mostri nemici - attacchi anche psichici, si pensi all'episodio in cui i protagonisti vengono ipnotizzati mediante uno strano gioco di specchi illusori -; la colonna sonora specifica per l'agganciamento; il nome dell'attacco gridato ad alta voce; le torture, i rapimenti e i sotterfugi operati dagli antagonisti (la tragica puntata in cui il fratello del protagonista, piccolo e quantomai bisognoso di una figura materna, viene ingannato dai cattivi mediante una finta mamma robot); la massa ruspante che si ribella ai suoi protettori venendo istigata dai cattivi; la solitudine dei piloti dei robot, ragazzi che si ritrovano ad essere isolati dal resto del mondo ed indissolubilmente legati al loro veicolo (Sayaka che piange in riva al lago dopo la distruzione di Afrodite A)... questi sono alcuni degli innumerevoli elementi introdotti da "Mazinger Z" che verranno successivamente riutilizzati e/o aggiornati nelle opere robotiche successive. L'opera è una vera e propria enciclopedia del robotico anni '70, che verrà ulteriormente aggiornata da "Raideen", il quale introdusse il colpo finale; da "Getter Robot", che introdusse le trasformazioni (in "Mazinger Z" sono presenti soltanto agganciamenti); e da "Combattler V", che inaugurerà il "robotico alla Nagahama" o "robotico di transizione" di fine anni '70, nel quale i personaggi avranno più spazio rispetto agli standard nagaiani.

Suparata la prima metà della serie (tra l'altro mai uscita in Italia), il primo vero robotico della storia diventa molto più cupo e drammatico rispetto alla parte iniziale. Se in precedenza erano presenti molte gag comiche ed una certa tendenza all'autoparodia (si pensi a Mazinger che si aggancia ai missili usciti dal seno di Afrodite A per volare), la seconda parte incomincia a manifestare le atmosfere tragiche e cupe tipiche del celebre sequel della serie, il formidabile "Great Mazinger". In parecchie puntate l'Istituto di Ricerca per l'energia Fotoatomica viene quasi distrutto; i piloti sanguinano, piangono e compiono sforzi sovrumani per difendere la terra; il tutto è estremamente coinvolgente nella sua sincera genuinità. I simpaticissimi litigi tra la collerica ed irascibile Sayaka e Koji, che da teppistello delle strade diventerà un ragazzo dotato di un grande senso del sacrificio e del dovere, saranno comunque esilaranti, nonostante la tensione e la drammaticità dei continui, spesso disperati, attacchi nemici. Il finale della serie, che verrà altresì trasposto cinematograficamente nel celebre film "Mazinga Z contro il Generale Nero", è molto drammatico, e chiude la vicenda introducendo in modo epico il Grande Mazinga, Tetsuya, la Fortezza delle Scienze ed il demoniaco Generale Nero. I nuovi personaggi di "Great Mazinger" nella loro prima comparsa bucano immediatamente lo schermo, e fanno intendere che gli sviluppi della vicenda contenuti nel sequel di "Mazinger Z", il sommo "Great Mazinger", saranno quantomai epici e memorabili.

A livello registico, "Mazinger Z" è molto più vicino al fumetto che alla cinematografia (il termine "anime" è stato coniato dagli otaku: non a caso i cartoni giapponesi all'epoca venivano chiamati "Manga TV"); nell'opera abbondano primi piani intensi, scene ripetute, immagini statiche rese mobili grazie allo spostamento della telecamera. Essendo un prodotto destinato prevalentemente ai bambini, "Mazinger Z" non aveva grandi pretese tecniche e registiche: i registi di serie A come Osamu Dezaki all'epoca lavoravano in opere decisamente più mature, ossia i Meisaku e gli Spokon. Il design dei personaggi e dei mostri è comunque molto fantasioso e creativo, così come i vari combattimenti, i quali sono il fulcro di ciascuna puntata e devono essere risolti con varie strategie, versando lacrime e sangue; il robot, inoltre, viene spesso gravemente danneggiato, contrariamente ai robotici di fine anni '70, nei quali esso era praticamente invincibile e vinceva subito, senza alcun problema, negli ultimi minuti di ciascun episodio.

In conclusione, "Mazinger Z" è una visione irrinunciabile per tutti i veri appassionati del robotico, che sicuramente lo apprezzeranno e lo sapranno contestualizzare nella sua epoca, analizzandolo e comprendendo la sua fondamentale importanza nella definizione di uno dei generi più fecondi ed autorevoli dell'animazione giapponese di tutti i tempi.



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