Ha fatto un gran parlare di sé in questo periodo Kung Fury, cortometraggio di 30 minuti divenuto già un cult virale per motivi tanto banali quanto difficili da spiegare a parole. Che le operazioni nostalgia debbano colpire determinate corde emotive di un determinato pubblico è indubbio, altrimenti il fallimento è dietro l’angolo: hai un target preciso e devi intrattenere quello, fregandotene di tutti gli altri, i quali non possono capire quel cumolo di cretinate senza logica, non sono degni, per la sola colpa di essere nati troppo tardi (o troppo presto). Con le dovute ed evidenti differenze, Hi-sCoool! SeHa Girls si pone sullo stesso piano, una serie citazionista senza dubbio, forse celebrativa, umoristica sicuramente; di certo vi è il rispetto nei confronti di ciò che esibisce, a differenza di altri, disastrosi prodotti (qualcuno starà pensando ad Aoi Sekai no Chuushin de). Certo qui è coinvolta la stessa Sega, ma vedendo il modo in cui tratta alcuni dei suoi storici franchise (leggi Sonic) non è poi un fattore di riuscita così scontato.
 

Tratto da una serie di light novel e passato comprensibilmente inosservato nella stagione autunnale del 2014, Hi-sCoool! SeHa Girl (dove "SeHa" sta per Sega Hardware) punta forte non solo sulla nostalgia, ma anche e soprattutto sulla divulgazione, o meglio ancora, alla preservazione della memoria Sega, tramite uno "show", termine nel nostro caso più adatto, rispetto ad "anime", di tredici piccoli episodi da una dozzina di minuti l'uno.

Alla bizzarra SeHaGaga Academy si iscrivono tre ragazze, Dreamcast, Saturn e Mega Drive, decisamente diverse tra loro ma che finiscono ben presto per fare amicizia, anche perché non ci sono molti altri studenti intorno. Per diplomarsi in questa scuola è necessario accumulare 100 coins, i quali dovranno essere accumulati tramite delle prove davvero particolari, che consistono nell'entrare in alcuni dei più storici videogame Sega e raggiungere determinati obiettivi.

Realizzato con una non certo impeccabile CG che già di suo allontana una bella fetta di utenza come un repellente, ben presto ci si accorge di quanto questa sia fondamentale nell'universo di Hi-sCoool! Seha Girl. Inizialmente raffigurate con uno stile super-deformed, una volta dentro al videogioco di turno le ragazze effettuano una trasformazione assumendo un aspetto decisamente più gradevole, grazie anche al riuscito character design di KEI (Hatsune Miku e affini). L'ausilio della CG permette alle protagoniste di amalgamarsi, in modo a volte sorprendente, ai mondi che andranno man mano a visitare, da quello di Virtua Fighter fino all'ultimo successo per smartphone, passando per l'immancabile porcospino blu. Siamo davanti ad un caso, raro nell'animazione giapponese, in cui la tridimensionalità dei personaggi si sposa con il contesto e permette ciò che sarebbe altrimenti impossibile con l'animazione tradizionale. I videogiochi vengono rappresentati con una fedeltà maniacale, utilizzando la medesima grafica, le stesse musiche e addirittura i medesimi modelli poligonali, raggiungendo un risultato "immersivo" davvero lodevole. L'apice a riguardo è sicuramente l'episodio 4, dieci minuti di puro delirio nel mondo di Space Channel 5, in cui convergono una versione allupata del nano Gilius di Golden Axe e un Jeffry di Virtua Fighter alto decine di metri.
 

I tredici episodi che compongono la serie, pur non raggiungendo tutti quel livello di epicità retroludica, risultano per buona parte abbastanza gradevoli, anche se la serie tende a soffrire di un ritmo molto frammentato.  Ai divertenti momenti “in-game” se ne alternano infatti altri ambientati all’interno dell’accademia in cui le ragazze chiacchierano del più e del meno, e ciò fa calare inevitabilmente il diletto dello spettatore, desideroso più che altro di vedere il prossimo gioco rappresentato.

Difficile comunque non affezionarsi alla vivacità di Dreamcast, alle strigliate di Saturn o alle osservazioni di Mega Drive, nonostante non dimostrino chissà quale cima inesplorata di caratterizzazione, ma che anzi, ad una prima occhiata ci appaiono semplicemente come la moe, la tsundere e la meganekko di turno. Con una analisi più approfondita può essere tuttavia interessante scovare nella raffigurazione delle suddette i riferimenti, più o meno ipotetici, alle rispettive console.
I numerosi sbalzi d'umore di Saturn, per esempio, rappresenterebbero la difficoltà di programmazione del 32-bit di Sega, il quale montava una CPU con non uno ma ben due processori grafici (uno atto all’elaborazione dei poligoni, l’altro per lo scrolling e la grafica 2D in generale) che funzionando in parallelo fecero letteralmente impazzire alcuni sviluppatori. Allo stesso modo i tipici lati “tsun” e “dere” nella Saturn antropomorfa sono in perenne conflitto, con il suo lato scontroso intento a strigliare ogni cosa che non la aggrada di questa assurda SehaGaga Academy ma che poi, gradualmente, imparerà ad apprezzare e a godersi i momenti con le sue due nuove compagne, con l'episodio dedicato a Jet Set Radio come punto chiave in tal senso.

Mega Drive ostenta invece fin da subito conoscenza e sicurezza, è la secchiona del gruppo e con il suo inseparabile manuale ha sempre pronta una descrizione per ogni cosa, appare timida e riservata ma è sua volontà integrarsi nel trio. Come noto, il Mega Drive è stata la console Sega di maggior successo e che l’ha vista contrapporsi per anni al Super Nintendo (SNES) guadagnandosi una discreta fetta di mercato, specie in Europa e in Nord America. Il personaggio di Mega Drive è però calmo e riflessivo, in contrapposizione al clima di “console war” e agli agguerriti slogan Sega ("Genesis does what Nintendon’t") che caratterizzarono quell’epoca, ma probabilmente questa serrata politica concorrenziale riguardava più che altro l’occidente (in particolare gli USA) mentre in Giappone fra i due contendenti regnava un certo fair play. Mega Drive palesa un lato goffo nel momento in cui deve svolgere una qualche attività fisica, e soprattutto, è del tutto incapace di ballare. Si osservi ad esempio la ending, nella quale Mega Drive passa da una posizione passiva per poi tentare, non senza un po’ di imbarazzo, di seguire il passo delle sue compagne; in pratica in un minuto di sigla ci viene mostrato tutto di lei.

Dreamcast ci dà l'impressione di essere la mascotte del gruppo, carinissima come una idol, colei che mantiene alto il morale con la sua incrollabile vivacità (tra le migliori la gag della connesione del suo vetusto modem); questa descrizione non è del tutto errata, fino a quando il personaggio non si manifesta nel finale, tutto per lei. Come noto il Dreamcast andrà incontro ad un triste e immeritato destino commerciale, ma allo stesso tempo è ancora oggi una console amatissima da chiunque l’abbia posseduta grazie ad un hardware tra i migliori mai concepiti e una qualità del software impressionante. Dreamcast è l’ultima console Sega, colei che quindi ne eredita i precedentii successi e di questa responsabilità ne sente il peso; nell’istante in cui si troverà sola si fa cogliere dal dubbio e dall’insicurezza chiedendosi se sia davvero un buon hardware, ma al momento opportuno l’ultima SeHa Girl riceverà il giusto incoraggiamento.
 

 
Center-sensei altri non è che il Professor Asobin, prima "mascotte" Sega presente nei manuali dell' SG-1000 (stiamo parlando del 1983) e del Sega Mark III, l'equivalente giapponese del Master System, per dispensare consigli. Rappresentando quindi in un certo senso la Sega del periodo primordiale, Center-sensei assume il ruolo di guida e formazione per gli hardware futuri al Master System. Dai crediti finali dell'ultimo episodio scopriamo inoltre che è doppiato niente meno che da Yuji Naka, creatore di Sonic e Nights Into Dreams nonché fondatore del Sonic Team.

Ma ad elencare tutto ciò che viene citato e omaggiato verrebbe fuori un polpettone ad alto tasso nerd di difficile digestione; come si può intuire, Hi-sCoool! Seha Girl è caldamente consigliato agli appassionati dei videogames che furono, rischiando di conseguenza di lasciare fuori tutti gli altri. Tuttavia come si diceva all'inizio, la serie assume anche un ruolo culturale (a metà episodio appaiono schede sui giochi), e la sua visione potrebbe essere un modo carino per imparare, partendo dalla teoria, un pezzo di storia Sega. Cresce quindi il rammarico per ciò che è mancato, un episodio dedicato a Shenmue o un livello aereo di Nights per esempio, avrebbero ispirato sicuramente ulteriori momenti di divertimento, al posto di un Chain Chronicles, che ben poco ha a che vedere con le console Sega. La serie sembra lasciare aperta la porta per un sequel (del resto di Sega Hard Girl ce ne sono molte altre) che comunque difficilmente vedremo, anche se, essendo una produzione low-budget, mai dire mai.

Tecnicamente come già accennato, Hi-sCoool! SeHa Girl non è impeccabile ma anzi, tolta la già citata interazione tra personaggi e mondi di gioco, è una serie abbastanza modesta in quasi ogni reparto, del tutto priva di effetti di luce dinamici e con animazioni tutt’altro che all’avanguardia. Si salva la colonna sonora, ovviamente in chiave retrogame e perfettamente integrata nello show, così come le due sigle, convenzionali e sceme ma in un certo senso masochisticamente gradevoli, con contagiosi “Hi” e "Sega!" intercalati in motivetti che ti trapano il cervello.
 
 
Per coloro che non appartengono alla categoria dei retrogamer, non hanno mai posseduto una console o hanno come massima aspirazione videoludica GTA V, Hi-sCoool! SeHa Girls risulterà addirittura deleterio, senza senso, indubbiamente noioso.  Intrattenimento per pochi, probabile bassa operazione fine a se stessa, ma nondimeno i giochi Sega erano prima di tutto evasione, lo schivare il mondo sotto un cielo rigorosamente "blu Sega", come la corsa contro nessuno di OutRun, lasciandosi alle spalle l’ordinario delle utilitarie e dei camion. E chissà che proprio questa scemata non possa essere uno stimolo verso la scoperta di quel mondo, per chi quelle fughe dall’ordinario non le ha mai vissute.