Nel panorama odierno dell’animazione giapponese, ormai invaso da isekai fotocopia, è finalmente comparso un anime dark fantasy molto interessante: Clevatess. Quest’opera è tratta dall’omonimo manga di Yuji Iwahara (autore noto per King of Thorn e Dimension W), serializzato a partire dal 2020 e tuttora in corso. La prima stagione (12 episodi prodotti dallo studio Lay-duce) è andata in onda nell’estate 2025 ed è disponibile su Crunchyroll, con una seconda stagione già confermata.

L'incipit non è il classico che ci si aspetterebbe da un fantasy: si parte in senso inverso. L’umanità è circondata su tutti i fronti, stretta d’assedio dalle nazioni delle Bestie Oscure e, nel tentativo di espandere il proprio orizzonte, vengono inviati tredici eroi per sfidare Clevatess, uno dei quattro signori supremi. Dopo aver sconfitto nettamente gli eroi, Clevatess intraprende la propria vendetta distruggendo la capitale imperiale del regno che lo aveva sfidato; tuttavia, tra le rovine fumanti della città, si ferma per esaudire l’ultima preghiera di un ragazzo morente: prendere con sé un neonato umano sopravvissuto per determinare, attraverso la crescita del bambino, se l’umanità meriti o meno l’estinzione.
 
Clevatess
 
Clevatess incarna pienamente il cliché dell’antieroe onnipotente: virtualmente invincibile, antico e potentissimo. Libero dalle convenzioni umane, osserva con indifferenza clinica le ipocrisie delle vite mortali, di cui ha un disprezzo quasi assoluto. Allo stesso tempo è molto curioso e un giudice imparziale sugli aspetti della società umana e dei comportamenti individuali che incontra. È questo suo sguardo “antropologico” a dare alla serie un’intensità peculiare, ovvero uno studio dell’intenzione umana visto attraverso gli occhi di qualcosa che sta al di fuori di essa.

Anche nei confronti di Luna, l’infante salvato tra le macerie, si comporta in maniera fredda ma a tratti anche affettuosa: se ne prende cura e lo protegge come farebbe con il cucciolo di un’altra specie qualsiasi. Questo è un gesto carico di ambiguità, un misto di tenerezza e curiosità quasi scientifica. La genitorialità per Clevatess è al tempo stesso atto di potere e di cura.
 
 
 
Alicia, l’eroe spezzato

A contrapporsi alla distaccata onnipotenza di Clevatess c’è Alicia Glenfall, una dei tredici eroi sconfitti. Uccisa in battaglia e poi resuscitata dallo stesso Clevatess (che la vincola a sé con la magia oscura), Alicia viene degradata a schiava del nemico che avrebbe dovuto annientare. Incarna così un altro archetipo capovolto: quello dell’eroina prescelta e salvifica, spezzato e ricomposto in forma di non-morta.

L’eroismo della ragazza è logorato dai fallimenti e tradimenti, nonché dalla presa di coscienza della corruzione nel sistema che l’aveva cresciuta e poi sacrificata senza tante cerimonie. Da paladina luminosa, Alicia si ritrova testimone disillusa di un’umanità meno pura di quanto le leggende suggerissero. Eppure, proprio da questa condizione di totale sconfitta nasce una nuova forza: non la forza esplosiva della gloria, ma quella silenziosa della resilienza individuale, della scelta morale personale anche di fronte alla disperazione.

L’eroismo come ideologia esaurita è forse il nodo più interessante sollevato dalla serie. Clevatess non costruisce una nuova epica fantasy consolatoria; al contrario, scava un vuoto sotto i piedi dell’epica tradizionale, lasciando emergere una narrazione più introspettiva che spettacolare, più dialettica che catartica.
 

La relazione che si intreccia tra Clevatess e Alicia è uno dei punti di maggior interesse dell'anime. I loro scambi taglienti sono spesso intrisi di esasperazione e, con pochi reali momenti di confronto, Alicia quasi sempre è obbligata a seguire quello che dice la controparte, non potendo opporsi totalmente al suo volere. Il loro è un confronto ideologico, segnato da ferite politiche, traumi personali e lunghi silenzi carichi di significato.

Nel ruolo di schiava-vivente, Alicia porta una sorta di luce nella serie, ma non la luce epica dell’eroe trionfante, bensì una luce fievole e persistente, quella della consapevolezza raggiunta e della coscienza critica. È la rappresentazione ostinata di chi, pur infranto, comprende finalmente le menzogne dell’ideale eroico e continua ad avanzare a modo suo nell’oscurità.

La vera forza di Clevatess sta nella sua volontà di sovvertire la narrazione fantasy dell'eroe epico, e non solo. Le etichette, eroe, demone, re, prescelto, sono ridotte a gusci vuoti, strumenti del potere e dell’autoinganno più che veri ruoli narrativi.
 
 
 
Regia, suono e atmosfera: un minimalismo carico di tensione

 
Visivamente, Clevatess è un’opera di contrasti. La regia, affidata a Kiyotaka Taguchi (al debutto alla regia anime), alterna momenti statici a improvvise esplosioni di energia visiva. L’azione, quando arriva, è feroce e simbolica. Gli scontri sono sovente brevi ma carichi di significato, più esistenziali che spettacolari. La brutalità del campo di battaglia non viene mai edulcorata, e ogni vittoria è sempre macchiata dal prezzo che comporta.

Le scene di combattimento, come il duello tra Alicia e il Generale Drel, sono messe in scena con vigore dinamico, in netto contrasto con altre sequenze di livello inferiore dal punto di vista delle animazioni. In alcuni casi il comparto visivo si fa più essenziale, persino anonimo e a tratti statico. Le scene in cui è protagonista la magia sono ben realizzate, anche se viene rappresentata in modo diverso rispetto ad altri prodotti fantasy, è presente ma trattata come qualcosa di nuovo, oscuro, non del tutto compreso nemmeno dai personaggi stessi.

L’animazione dello studio Lay-duce è funzionale e generalmente chiara nella messa in scena dei combattimenti, ma raramente veramente memorabile o audace. Anche nelle scene più concitate, la tensione emotiva che il contesto narrativo richiederebbe non sempre riesce a sprigionarsi appieno dalle immagini.
 

Di contro, la scrittura compensa con un world-building che si sviluppa lentamente ma in modo efficace: passo dopo passo veniamo a conoscere crepe nel tessuto sociale, regole implicite del mondo e misteriosi poteri, senza cedere a facili colpi di scena o a spiegazioni macchinose.

Per quanto concerne la musica, la colonna sonora composta da Nobuaki Nobusawa accompagna le vicende senza però emergere mai come protagonista. Negli ultimi anni la colonna sonora è diventata uno dei principali problemi negli anime: sono poche le serie che le attribuiscono davvero importanza. In questo caso troviamo un commento musicale adeguato ma poco incisivo: nei momenti di maggiore tensione emotiva le note non riescono a colmare del tutto i silenzi e i vuoti lasciati dalla narrazione, contribuendo a una sottile sensazione di incompiutezza emotiva.

Sono buone invece le sigle, che vedono la partecipazione di artisti di rilievo: l’opening “Ruler” è affidata alla voce potente di Mayu Maeshima, mentre l’ending “Destiny” è cantata dalla popstar britannica Ellie Goulding. Questa inusuale collaborazione internazionale ha fatto notizia fra i fan, ma nel contesto della serie il brano di Goulding rimane più che altro una chicca curiosa, senza un impatto narrativo particolare.

In generale, il comparto audiovisivo di Clevatess rinuncia spesso allo sfarzo o al melodramma banale, scegliendo invece una strada di sobrietà espressiva: una scelta stilistica coerente con l’atmosfera cupa e riflessiva dell’opera, anche se talvolta sacrifica l’impatto spettacolare in favore della coerenza narrativa.
 
 
 
Clevatess è un’opera che rifiuta scorciatoie e cliché rassicuranti. È un dark fantasy atipico che non cerca l’epica, ma la frattura; non costruisce mondi perfetti, ma relazioni imperfette. Sovverte l’eroismo inteso come virtù innata, la magia come salvezza garantita, la violenza come soluzione definitiva. Il risultato è una serie cupa, stratificata, che sfida o contraddice le aspettative dello spettatore, ma proprio per questo stimolante e originale.

Certo, non tutto funziona a meraviglia: il ritmo è diseguale, la qualità delle animazioni intermittente e la coralità della narrazione ancora un po’ acerba. Tuttavia, l’intento è chiaro e audace: smantellare l’eroismo come mito consolatorio e sostituirlo con qualcosa di più instabile, ambiguo e, forse, più vero. In un genere spesso schiavo di certezze prefabbricate, Clevatess osa l’inquietudine: getta lo spettatore in un terreno sconnesso, privo di eroi immacolati a cui aggrapparsi, e lo invita a considerare prospettive scomode sulla luce e l’oscurità insite nell’animo umano.

Non siamo di fronte a un capolavoro assoluto, ma senz’altro a un’opera coraggiosa e ricca di spunti critici. In un panorama saturo di fantasy convenzionali e rassicuranti, è proprio questa sua dissonanza a meritare attenzione. Con una seconda stagione all’orizzonte, Clevatess avrà l’opportunità di approfondire ancora di più la sua visione anticonformista, e noi non possiamo che sperare che continui a destabilizzare e far riflettere. Per gli appassionati di fantasy non convenzionale e di narrazioni adulte, è una visione da non perdere.