Fate/Stay Night: Unlimited Blade Works Cover 1A fine 2013 iniziavano a circolare le prime voci sulle serie animate in uscita durante l'annata seguente; si parlava di una seconda stagione per titoli del calibro Durarara!! e Psycho-Pass, di un nuovo anime per Shinichiro Watanabe e anche di un reboot del capitolo più famoso del franchise di Fate, Fate/Stay Night appunto. Se per certi versi le aspettative sono state deluse e per altri rimandate - dal momento che alcuni dei titoli elencati sono andati in onda nel 2015 -, un anime ha invece fatto parlare di sé, spiccando non solo tra i titoli stagionali, ma tra quelli dell'intero anno: Fate/Stay Night: Unlimited Blade Works.

Composto da due serie, ciascuna di 12 episodi, più un prologo iniziale e un epilogo, l'anime in questione si presenta come la trasposizione animata dell'arco narrativo Unlimited Blade Works, seconda parte dalla visual novel Fate/Stay Night di Type Moon, il quale era già stato proposto sotto forma di lungometraggio animato nel 2010 dal noto e discusso Studio DEEN. Le cose però questa volta vanno diversamente: sulla scia dell'enorme successo ottenuto dal prequel della serie, Fate/Zero, e dai film di Kara no kyoukai, lo studio d'animazione ufotable acquista anche i diritti relativi alla saga principale di Fate e ne propone due serie TV - quelle che mi appresto a recensire ora - e un film, relativo all'arco Heaven's Feel.
Gli amanti del franchise non potevano chiedere di meglio; che alla ufotable sia buona norma fare le cose in grande è cosa risaputa, ma devo ammettere che in questo caso sono riusciti a superare se stessi: la serie vanta infatti un prologo, un episodio introduttivo e un finale di stagione - il primo - della durata di cinquanta minuti; una scelta di questo tipo, in termini di budget, dovrebbe tradursi in un calo generale della qualità dei singoli episodi, tuttavia ciò non solo non avviene, ma anzi, il livello tecnico viaggia su standard ottimi per tutta la durata della serie. Le animazioni sono impeccabili, in pieno stile ufotable, gli scontri e i duelli tra Spiriti Eroici, così come quelli tra rispettivi Master, si stagliano su livelli grafici e tecnici molto buoni, elevando l'anime, sotto questo aspetto, al di sopra di ogni altra serie uscita durante le due annate coperte da Fate; gesti e movimenti incredibilmente fluidi, muscoli e arti visibilmente in tensione nello sferrare un colpo o nello schivare un attacco, effetti resi anche tramite una computer grafica assolutamente non disturbante, nonostante il suo vasto utilizzo - cosa rara di questi tempi. Il tutto viene esaltato dal lavoro del regista, Takahiro Miura, il quale già si era fatto notare alla ufotable per la direzione del sesto film di Kara no Kyoukai e nuovamente non delude la fiducia dello studio, garantendo inquadrature accattivanti e dinamiche. Quanto alle musiche, Hideyuki Fukasawa allestisce una colonna sonora degna della fama di Fate, capace talvolta di conferire alla scena delicatezza e intimità e altrove di esaltare le già di per sé epiche sequenze di combattimento mediante ritmi più incalzanti e veloci; le opening sono tra le migliori delle annate 2014 e 2015, con menzione particolare per la prima, nonostante sia interpretata da un'esordiente, Mashiro Ayano; allo stesso modo lodevoli entrambe le ending, affidate alle voci sublimi delle tre componenti di Kalafina, divenute una costante nelle opere d'animazione di ufotable.
 

Una modesta nota di disappunto è invece doverosa per quanto riguarda l'intreccio, in riferimento principalmente alla prima parte dell'anime. La ragione per cui Fate/Zero ha avuto un successo così eclatante, nonché importante motivo di distacco dalle mediocri serie prodotte dallo Studio DEEN, è stata la marcata serietà e maturità di tutti i personaggi dell'anime. La trama, in quel caso come in questo, è abbastanza semplice: sette Master si scontrano tra loro per ottenere il Santo Graal e avere così la possibilità di esaudire un desiderio, qualunque sia la sua portata; in questa lotta, essi sono aiutati ciascuno da un leale Servant, un Anima Eroica del passato evocata tramite il Graal stesso e controllata grazie a tre Incantesimi di Comando e un marchio raffigurante il simbolo della classe del Servant. L'assetto della trama, invece, era quello di una vera e propria guerra, fatta di strategie e contro strategie, tiri mancini e imboscate, una serie di scontri senza esclusione di colpi in cui a vincere non era detto che fosse il più forte, quanto il più furbo. Nella prima parte di Unlimited Blade Works, invece, bisogna notare - e da parte mia con notevole delusione - che la giovane età dei protagonisti influisce molto più che in Zero sull'andamento della trama, e quindi della guerra. Per prima cosa le vicende vedono soltanto due protagonisti, a fronte dei sette del prequel, ossia Rin Tohsaka, unica erede della famiglia Tohsaka e Master di Archer, e Shirou Emiya, figlio adottivo di Kiritsugu Emiya e Master di Saber - la stessa Saber della precedente guerra, per inciso -, entrambi frequentanti il medesimo liceo e di conseguenza appena adolescenti. Fate/Stay Night: Unlimited Blade Works Cover 2La guerra per il Graal, per essere volutamente esagerati, in certi momenti pare diventare un'attività pomeridiana per studenti, a sostituzione del club di tiro con l'arco, di pallacanestro o di musica. I ragazzi, perfettamente consci di poter perdere la vita da un momento all'altro, continuano la propria quotidiana routine come se nulla fosse, litigando tra loro in modo infantile, sottovalutando pericoli e trappole che potrebbero ucciderli, concedendosi appuntamenti e uscite di piacere, insomma, dedicandosi alla guerra in corso solo nel tempo libero. Non ci sono più i sotterfugi di Kiritsugu Emiya, non più le strategie man mano più elaborate di Waver Velvet o gli intrighi tra le casate Tohsaka e Matou, eppure anche in questo modo Fate/Stay Night: Unlimited Blade Works riesce a offrire un buon grado di coinvolgimento dello spettatore; gli scontri fisici si intensificano, aumentano i colpi di scena e nonostante l'intera opera acquisti caratteristiche marcatamente più shounen che seinen - prendendo in prestito la terminologia legata ai manga - la qualità generale ne risente assai poco. A partire dalla seconda metà, si può invece osservare una brusca virata per quanto riguarda le tematiche e l'impostazione della trama; la componente psicologica, inizialmente limitata, comincia a ritagliarsi spazi sempre maggiori, ad esempio nella diatriba tra Shirou e Archer, mentre le tematiche divengono più serie e alla netta divisione tra il bene, perseguito in diverso modo da Shirou e Rin, e il male, impersonato dalla cinica e sadica Caster, si va a instaurare una sorta di dicotomia tra la visione del mondo del protagonista e quella di Archer, uno scontro ideologico che assume maggiore rilevanza all'avanzare della trama e segna una lenta evoluzione del personaggio di Shirou.
 
Il compito di Unlimited Blade Works, in quanto seconda route della visual novel di Fate/Stay Night, è fondamentalmente quello di portare il giocatore, o in questo caso lo spettatore, a un livello più profondo della semplice contrapposizione tra bene e male, caratteristica invece della prima route, nonché di trasmettere in modo più diretto ed efficace gli orrori legati alla guerra e alla magia nell'universo ideato da Nasu. Step successivo e conclusivo di questo percorso, consiste nella terza e ultima parte della novel, Heaven's Feel, collegata direttamente a Fate/Zero e latrice del vero e ultimo messaggio di Stay Night, che lo spettatore potrà assaporare all'uscita del film conclusivo dal titolo omonimo. Ciò che voglio mettere in evidenza, è che per quanto questa trasposizione risulti eterogenea e non regga il confronto, per trama e sceneggiatura, col proprio predecessore, è una tappa fondamentale nell'approccio alla saga di Fate e rimarca l'evoluzione di un prodotto inizialmente per ragazzi, ma via via sempre più maturo e complesso, culminante nella crudezza e nella perversione di Heaven's Feel. E aggiungo inoltre che come adattamento risulta essere fedele all'originale sia nella selezione delle scene, sia nella tempistica, riuscendo quasi sempre a inserire, ma senza farli pesare allo spettatore, i momenti di riflessione e i monologhi interiori di Shirou, che nel videogioco rivestono un'importanza fondamentale.
 
 
Nel tirare le somme sono molteplici gli aspetti che necessitano di essere presi in considerazione; la struttura stessa della serie penalizza la resa finale e mina nelle parti iniziali l'interesse e il coinvolgimento dello spettatore, cercando di porvi rimedio nell'alternanza, alle immancabili spiegazioni e delucidazioni riguardo alla guerra e al Graal, di combattimenti serrati tra i vari partecipanti. Tutto sommato, queste due stagioni di Fate sanno intrattenere, e lo fanno anche bene, in particolar modo grazie alla maniera in cui il tutto viene confezionato da ufotable; può essere visto e apprezzato sia da chi sia neofita del franchise e del Nasuverse, sia da chi invece di Type Moon ha giocato e letto tutto. Sicuramente uno dei prodotti più piacevoli dell'ultimo paio d'anni, che fa ben sperare per i futuri lavori in programma presso lo studio d'animazione, nonché per future ulteriori trasposizioni delle opere di Type-Moon.