Fra i vari ospiti giapponesi intervenuti a Lucca Comics & Games 2017 non è passata inosservata per eleganza e simpatia la presenza di Eldo Yoshimizu. Già chitarrista punk e scultore minimalista, il poliedrico artista di Tokyo si sta facendo conoscere presso i seguaci italiani del fumetto d'autore grazie allo stile fresco e incisivo di Ryuko, opera prima edita in due volumi da Bao Publishing. All'ombra della Torre Guinigi il maestro ha incontrato i numerosi fan adoperandosi in intense sessioni di autografi, è stato protagonista del tradizionale showcase dedicato al disegno dal vivo ed ha rilasciato interviste, fra cui quella privata ad AnimeClick.it.
Di seguito vi presentiamo il resoconto completo di foto, video e testi degli incontri.

Intervista a Eldo Yoshimizu



AnimeClick.it: Il suo percorso come mangaka è abbastanza atipico in quanto ha iniziato a esprimersi attraverso il manga solo dopo una carriera come scultore di arte contemporanea. Come mai ha deciso di rivolgersi a questo popolare mezzo espressivo?

Eldo Yoshimizu: Il tipo di arte che facevo io, chiamato “Arte Minimalista”, è un tipo di arte molto difficile da capire ed è difficile comunicare con la gente attraverso questo tipo di arte. A me piacciono molto i film, o comunque un tipo di arte che abbia una storia da raccontare, in modo da rendere più facile per la gente parlarne. E’ difficile, invece, per la gente, parlare di arte, se non se ne hanno conoscenze specifiche.
Anch’io volevo narrare delle storie con la mia arte, perciò ho pensato che avrei potuto anch’io realizzare dei film. Ma realizzare un film da solo è difficile, quindi ho pensato che forse avrei potuto realizzare dei manga.


AC: Un altro aspetto che colpisce è lo spiccato gusto cinematografico che si tramuta in una costruzione molto disinvolta della griglia compositiva. In alcuni punti questa sembra dissolversi mischiandosi alle linee cinetiche, ai balloon e alle onomatopee in un convulso flusso grafico, con frequenti cambi di prospettiva che da un lato esaltano la velocità del racconto, dall’altro rendono la lettura della pagina molto difficile, come se fosse una visione “cubista”. Cosa può dirci a riguardo? È una visione che deriva dalla sua passata esperienza di artista contemporaneo?

E.Y.: Le tecniche che uso per i miei manga vengono sia dal cinema che dall’arte. Principalmente, l’influenza dei film è molto forte. Il fumetto è però diverso dai film perché è statico. Ho cercato di inserire qualche elemento dell’arte contemporanea nella composizione delle vignette.

AC: Nel suo manga si può riconoscere l’influenza del Pinky Violence, genere che andava molto di moda negli anni ‘70, grazie ai film della Toei e della Nikkatsu. C’è qualche regista o film che le piacerebbe citare come fonte di ispirazione?

E.Y.: Mi piacciono i film di questo tipo, come ad esempio Sasori. Sono stato influenzato dai film di Takeshi Kitano, dai film noir francesi e dai film italiani degli anni ’60 e ’70, mi piacciono molto. Questi film apparentemente sono molto violenti, ma nascondono temi più profondi. Ad esempio, i film coreani o Kill Bill trattano tutti il tema della vendetta. Il mio Ryuko non parla di vendetta, ma vuole esprimere il fatto che non esistono uomini solo buoni o solo cattivi, tutti gli uomini hanno un lato buono e un lato cattivo.

AC: Quali sono invece le sue figure di riferimento (se ce ne sono) nel mondo del manga?

E.Y.: Da bambino, leggevo i manga dei maestri Osamu Tezuka, Leiji Matsumoto e Go Nagai. Sono anche andato a vedere il posto di lavoro del maestro Go Nagai da bambino. Devilman mi ha influenzato molto.
In realtà, ho smesso di leggere manga dal tempo delle scuole medie. Non conosco nemmeno gli anime o i videogiochi. Non conosco
Gundam, non conosco Super Mario, Pokemon o Evangelion. A quel tempo, il mio hobby era la musica punk rock. Sono tornato a leggere manga all’incirca quando avevo 45 anni, ma i manga usciti prima di questo periodo non li conosco per niente. Ho ripreso a leggere manga e a guardare anime da quando ho cominciato a scrivere manga io stesso. Ho trovato interessante Ghost in the shell.

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AC: Esponendo le tavole di Ryuko in una galleria d’arte, lei ha introdotto una nuova e insolita modalità di fruizione del manga che avvicina l’arte contemporanea al fumetto. Ha utilizzato la galleria come una sorta canale alternativo alla pubblicazione su riviste per promuovere il suo lavoro. Ogni mostra è stata un'occasione per scoprire un nuovo capitolo della storia. Come mai questa scelta? Temeva forse che gli editor avrebbero limitato la sua libertà espressiva?

E.Y.: Io ero un artista prima di diventare fumettista, perciò ero abituato ad esporre in galleria. A differenza dei designer, gli artisti organizzano e decidono tutto da soli. Il mondo dei manga giapponesi funziona diversamente, perché i fumetti nascono da conversazioni e scambi di idee tra il fumettista e l’editor. A me non piace molto questo metodo. Non ci sono abituato. Inoltre, io ormai ho 45 anni e sarebbe seccante dover seguire le direttive di un editor più giovane di me.
Naturalmente, questo metodo di scambio di idee tra fumettista ed editor è sempre stato usato nella storia del manga giapponese e penso che sia fantastico. E’ solo che io non mi ci trovo.


AC: Un certo gusto per il realismo emerge in Ryuko, nei set architettonici, nei veicoli, nelle armi da fuoco, nei gioielli, fino ai provocanti capi indossati dalle protagoniste, che sembrano tutti presi da modelli realmente esistenti. Come procede nella scelta degli oggetti di scena?


E.Y.: Io ho tanti interessi, legati al mio lavoro, come la moda, l’interior design, l’arte o le automobili. Per scrivere Ryuko ho cercato di usare tutte queste conoscenze sviluppate in circa 45 anni di vita.

AC: Sappiamo che non è la prima volta che lei viene in Italia, in passato ha vissuto un periodo a Umbertide in Umbria per una residenza d’artista. Cosa ricorda di quell’esperienza e cosa le piace dell’Italia in generale?


E.Y.: Al castello di Umbertide si riunivano ogni sera tanti artisti e si chiacchierava mangiando e bevendo vino tutti insieme. Questa è una cosa che ho vissuto per la prima volta in Italia. Ad esempio ho parlato con un artista proveniente dal Sud Africa che realizzava opere sul tema dell’apartheid, ho sentito poesie appartenenti alla cultura Caribe della Giamaica. In Giappone è molto difficile fare questo tipo di esperienza, parlare e scambiarsi idee con tante persone mentre si beve tutti insieme.
Sono andato a vedere Firenze o Assisi e ho visto le chiese realizzate da Brunelleschi e tanti altri artisti. Io realizzavo arte contemporanea quindi è stato interessante vedere questo tipo di arte antica che per me era una cosa nuova. Mi ha molto colpito il fatto che i vari artisti fossero in competizione tra loro nel realizzare le chiese. Anch’io sono stato influenzato dall’arte italiana nel realizzare opere da mostrare in pubblico che fossero facili da capire.
Mi piace molto l’Italia!
Sono diventato molto amico di un artista italiano, che mi ha portato fino a Roma in macchina con la sua piccola Fiat prima che io ripartissi per il Giappone. Sono rimasto molto colpito dalla vivacità della gente a Roma e ho un ottimo ricordo del caffè espresso!

 




Showcase

Appuntamento dedicato al disegno dal vivo tenutosi presso la sala Tobino, Palazzo Ducale domenica 5 alle 12:00.




Michele Foschini: Io sono uno dei due editori di Bao Publishing ed è un piacere presentarvi il maestro Eldo Yoshimizu (segue applauso da parte del pubblico). Come forse sapete Bao non è un editore che pubblica molti manga, non per una questione di gusto personale, ma piuttosto per una scarsa esperienza con gli autori giapponesi. Siamo però una casa editrice che pubblica autori la cui personalità ci piace molto e noi abbiamo incontrato quella di Yoshimizu prima ancora di incontrare il suo lavoro, scoprendo online quello che stava facendo. Questi è un artista tutto tondo che non ha fatto solo manga nella vita e che a un certo punto ha deciso di autopubblicarsi. A noi l'idea che qualcuno facesse in Giappone quello che è risaputo facciano molti nostri autori in Italia avvinceva infinitamente. Abbiamo avuto la fortuna di incontrare il suo editore francese che lo rappresenta per l'Europa e abbiamo acquisito i diritti del suo primo manga, Ryuko, di cui ad agosto è uscito il primo volume. Il secondo è previsto per la prossima primavera.

Michele Foschini: La prima domanda che ora vorrei porre a Eldo è: qual è il percorso artistico che l'ha portata a un certo punto della sua vita al manga? Quali altre tappe ha avuto il suo percorso artistico prima che lei iniziasse a disegnare fumetti?

Eldo Yoshimizu: Ho frequentato un corso di arte all'Università a Tokyo, però il mio interesse per il manga nasce prima, durante la scuola elementare.

M. F.: E' stato però qualcosa che è rimasto in latenza nella sua vita per molto tempo prima che disegnasse manga, oppure è qualche cosa che ha fatto anche in gioventù e di cui magari non abbiamo un'espressione edita precedente?

E. Y.: In realtà prima di iniziare a fare manga in maniera professionale già alle scuole elementari mi piaceva molto disegnare fumetti. Eravamo tre compagni di classe che disegnavano in maniera molto semplice delle storie e delle illustrazioni e ci piaceva poi sistemarle come se fossero un vero manga. Cucivamo cioè le pagine insieme a libretto e le distribuivamo ai compagni. Abbiamo iniziato in tre durante il terzo anno di scuola elementare, al sesto anno eravamo in 10 a realizzare questi fumetti autoprodotti e a distribuirli agli altri.

M. F.: Quali sono stati gli autori di manga che l'hanno invogliata a leggerli da bambino e quali quelli che erano il suo punto di riferimento quando ha iniziato a sviluppare il suo stile attuale?

E. Y.: Un autore da cui sono partito come ispirazione è Leiji Matsumoto che mi piaceva veramente tanto. Un altro che apprezzavo moltissimo da bambino era Go Nagai. Mi piaceva soprattutto Devilman che mi ero fatto comprare da mia madre.

M. F.: Ecco un'importante differenza culturale con il nostro Paese. Una madre italiana probabilmente avrebbe nascosto Devilman a un bambino di quell'età.

E. Y.: In verità anche in Giappone è più o meno lo stesso. Da bambino avevo una lista con gli indirizzi di tutti i miei mangaka preferiti (una cosa che oggi non sarebbe possibile) e quindi chiesi a mia madre di andare a trovare Go Nagai per farmi fare un autografo, ma lei si rifiutò asserendo che questi disegna manga erotici. In quel periodo per la società giapponese questo tipo di opere erano considerate scioccanti e lei chiaramente non le vedeva assolutamente adatte per dei bambini. A me la cosa non interessava e insistevo per andare a trovare l'autore, ma lei si è sempre rifiutata.

In sala vengono quindi mostrate a schermo tavole originali dell'autore, mentre si procede con le domande.

M. F.: Vorrei mi descrivesse il suo processo grafico, non mentre sta necessariamente narrando una storia, ma proprio il processo tecnico, delle illustrazioni prima, e delle tavole di manga poi.

E. Y.: Il processo è molto semplice. Per prima cosa faccio una bozza a matita, poi, usando la light box, ripasso sopra con il pennino.

M. F.: Quindi tutta l'inchiostrazione avviene a pennino.

E. Y.: Esatto, il processo è proprio questo. Prima faccio una bozza a matita, che poi sistemo anche con la gomma per ripulire il tratto. Usando la light box, metto quindi sopra un altro foglio pulito e inizio il processo di inchiostrazione fatto tutto con la Tsuke-pen e con il pennello, che viene passato successivamente.

M. F.: E' palese nel suo segno che lei è un disegnatore viscerale, molto in contatto con le proprie emozioni, però quando si racconta una storia ci vuole molta disciplina. E' palese che quando sta lavorando a un volume ha tutta la trama risolta in precedenza, ma la sceneggia completamente o lascia che le emozioni di certe scene facciano fluire le scene in altro senza averlo pianificato?

E. Y.: In generale la storia è ben presente nella mia testa, ma il processo è rivolto principalmente alla prima parte. Per quanto riguarda Ryuko, dopo aver realizzato il primo volume l'ho presentato in una galleria d'arte. Le pagine erano realizzate come grosse stampe e attaccate alle pareti della galleria. Io in realtà avevo quindi pensato a questa rappresentazione del manga, ma poi le persone che son venute a vedere l'esposizione, leggendo l'opera da parete a parete, mi chiedevano come sarebbe continuata la storia, e quindi ho poi proseguito con il secondo volume.

M. F.: La protagonista Ryuko è nata prima come immagine o come personaggio con una personalità?

E. Y.: Io avevo una serie di personaggi in testa, ma come protagonista volevo fare questa donna con la frangia, un occhio solo e il tatuaggio. La mia idea iniziale era questa, ma il personaggio è stato poi modificato anche perché il mio senpai della scuola di manga (di cui non dirò il nome) mi ha detto di farlo con due occhi perché con uno solo non andava bene.
 
Eldo Yoshimizu Photo AnimeClick.it


Foschini chiede a Yoshimizu di far vedere come abbozzi il volto di Ryuko. Il mangaka inizia quindi a disegnare una bozza del volto della donna e nel frattempo racconta che di solito per fare le sue linee del corpo usa il pennello.

M. F.: Spesso l'utilizzo del pennello è un limite tecnico per molti disegnatori in tutto il mondo, mentre è palese che lei lo dominava prima di incominciare.

E. Y.: Accanto all'Università d'Arte dove studiavo c'era un negozio in cui vendevano questi pennelli e, in quel periodo, li usavo quindi molto. E' un negozio molto antico e rinomato in cui persino Picasso in persona è andato a comprare i pennelli.

M. F.: Ci sono molte scuole di pensiero sulle onomatopee nei manga. Ci sono editori che le traducono e le localizzano e altri che le lasciano intatte. Quanto sono importanti le forme dei suoni nelle scene di azione nella sua narrazione?

Yoshimizu, disegnando uno schizzo, mostra come le onomatopee vengano inserite all'interno della pagina, facendoci vedere come questa venga suddivisa in vignette e come le onomatopee sia una parte molto importante occupando spesso una buona parte della tavola.

E. Y.: Una differenza sostanziale, facendo l'esempio del suono della pistola, è che questo in occidente viene reso con *BANG*, mentre in Giappone esistono tanti suoni per rendere le diverse sfumature. Negli adattamenti francesi e inglesi tute queste diversità dei suoni che ci sono nella storia originale non vengono resi allo stesso modo. (L'autore disegna una vignetta con all'interno un'onomatopea). Questo modo di sviluppare un'onomatopea all'interno di una piccola vignetta è stato ideato per la prima volta da Katsuhiro Otomo. E' stato lui a creare questo tipo di sviluppo dell'onomatopea all'interno di un manga.

M. F.: Nei fumetti americani il mitragliatore pesante fa *BUDDA BUDDA BUDDA*, questa cosa è importante (segue risata del pubblico).

E. Y.: BUDDA BUDDA BUDDA (ride mentre giunge le mani in segno di preghiera).

M. F.: Nella lingua giapponese a volte ci sono delle parole usate come onomatopee ma che in realtà descrivono degli stati emotivi. E' quindi possibile che in qualche modo talvolta l'effetto sia così artisticamente studiato proprio perché non deve trasmettere un suono ma un'emozione?

E. Y.: Di questo ne sono consapevole, ma in realtà io non ne faccio uso.

M. F.: E' vero che ci sono dei piccoli elementi italiani nascosti nelle pagine di Ryuko?

E. Y.: Sì è vero, ci sono dei riferimenti come per esempio l'Alfa Romeo 4C, una macchina che apprezzo molto. Il vestito di Ryuko inoltre è basato su un modello del 2004-2005 di Gucci disegnato da Tom Ford.

Michele Foschini racconta che la prima cosa che Eldo Yoshimizu gli ha chiesto quando si sono scritti e se potessero pubblicare il suo manga visto che in una tavola c'è rappresentata una caffettiera Alessi e a questo punto parte una fragorosa risata da parte del pubblico presente.

M. F.: Da cosa deriva la sua passione per il design italiano?

E. Y.: Probabilmente dalle macchine. Marcello Gandini è un designer molto famoso di automobili degli anni 60 e 70, che è il periodo che mi piace di più. (L'autore ci mostra una pagina del manga di Ryuko). Questa tavola è ispirata al centro di Milano e qui accanto ci sarebbe il Pirellone disegnato da Gio Ponti.

M. F.: Nella sua opera c'è un sacco di Italia e le scarpe di Ryuko sono francesi: come ha fatto a vendere il fumetto in Germania? C'è una BMW che mi è sfuggita?

E. Y.: Non lo so, non me ne capacito (ride).

M. F.: In fondo nei film di James Bond funziona così. Gli attori secondari sono di tutti i Paesi d'Europa, così se ne parla in tutti quei Paesi.

E. Y.: All'interno di Ryuko si trovano tante cose italiane, ma io ho preso anche ispirazione da diversi aneddoti che mi sono capitati. Quando sono andato in Umbria mi ricordo di Maurizio, il cuoco del ristorante in cui ero stato, che mi versava il vino dentro la caraffa usando due bottiglie contemporaneamente e per me era una scena incredibile. Questi sono tutti piccoli particolari che magari non sono riprodotti perfettamente uguali nel manga, ma da cui ho tratto ispirazione.

M. F.: Giovedì abbiamo programmato un pomeriggio di shopping in Via Monte Napoleone e io farò il personal shopper di Eldo-san e sarà molto divertente.

E. Y.: La prima volta che ci siamo sentiti con Michele per messaggio gli ho detto che bevo l'espresso almeno 8 volte al giorno.

M. F.: Ci siamo fotografati le valigie prima di partire per poterci coordinare col vestire. Posso confessare il racconto del tuo cambio di look tra casa e festival?

E. Y.: .

M. F.: Mentre concordavamo il vestiario per i momenti ufficiali, lui mi ha detto che a casa ha una felpa di patagonia rosa, ma che quando va al festival sembra Takeshi Kitano (segue risata di tutti i presenti).

Pubblico: Per Ryuko si è per caso ispirato al manga Syura Yukihime (Lady Snowblood) di Kazuo Kamimura?

E. Y.: E' una cosa che mi viene detta spesso. In realtà più del manga in Giappone è famoso il film, però no, dopo che ho iniziato a disegnare e a creare il personaggio, la cosa si è sviluppata un po' da sola, senza aver preso particolare spunto da qualcosa. In realtà le persone da cui prendo più ispirazione per manga e personaggi sono Leiji Matsumoto, Go Nagai e Osamu Tezuka. Quando ero bambino ho preso molta ispirazione soprattutto dall'umanismo di Osamu Tezuka. Non so se siano stati tradotti all'estero, ma ci sono dei manga di Leiji Matsumoto ambientati nel periodo della guerra dove ci sono delle scene con dei soldati che combattono tra loro ed è da questo tipo di scene in particolare che ho preso ispirazione. Conoscete tutti Devilman, vero? Devilman è una delle storie a cui mi sono ispirato maggiormente, soprattutto per il fatto che il protagonista sia un demone. Prima nei film di Hollywood il demone era la rappresentazione del male, quindi il film si risolveva sempre con i buoni che uccidevano il demone e poi c'era sempre il bacio con la protagonista. Quello che io ho visto in Devilman è proprio questo fatto che il protagonista sia un demone, ma giustizia e malvagità sono un po' due facce della stessa medaglia. E' ciò che io ho cercato di rifare in Ryuko, in cui non c'è mai qualcuno completamente nel giusto e qualcuno completamente sbagliato. Ogni personaggio ha due facce, la luce e il buio.
 
Eldo Yoshimizu Photo AnimeClick.it


Pubblico: Oltre alla moda e ai manga noto in Ryuko una forte influenza cinematografica, soprattutto nei film giapponesi degli anni 70. C'è qualche regista o opera in particolare che l'ha ispirata?

E. Y.: Non ho particolari registi a cui mi sono ispirato, però pensando a qualche personaggio mi vengono in mente Keiichiro Akagi e Yuijiro Ishihara che hanno fatto dei film che per certi versi si possono paragonare a Casablanca di Micheal Curtiz, pellicola in cui c'era una componente romantica, ma anche scene di sparatoria. Come attrice mi piace pure Monica Vitti. Apprezzo inoltre Meiko Kaji, ma mi piaceva soprattutto la modella Sayoko Yamaguchi: aveva anche lei la frangia e il personaggio di Ryuko potrebbe essere ispirato proprio a lei.

Pubblico: Visto che si è autoprodotto in Giappone, sfuggendo alle logiche editoriali giapponesi, come ha vissuto il passaggio alla pubblicazione estera con editori in cartaceo? L'ha incuriosita ed è rimasto sorpreso dell'interesse degli editori esteri per il suo lavoro?

E. Y.: Fin dall'inizio è quello che volevo fare e cioè produrmi il volume da solo. Il processo iniziale è stato quello che fanno un po' tutti i mangaka in Giappone. In pratica disegnavo delle tavole che portavo a tante case editrici, presentando il mio lavoro a diversi editor e tutti lo guardavano in maniera molto fredda e quindi ho iniziato a rattristarmi. A quel punto, avendo anche questo background artistico, ho deciso di produrmi la storia da solo, realizzando il primo volume. Probabilmente questo è un sistema che piace più all'estero, dove attira di più questo tipo di produzione, al contrario di quella classica del manga che non è molto recepita. Il fatto che io abbia deciso di scrivere l'intero primo volume da solo, l'ha reso forse più facile da presentare alle case editrici.

M. F.: Noi avevamo dei lettori italiani che ci segnalavano la sua pagina per mostraci cosa sia in grado di fare. Per un editore che non lavora normalmente con i manga l'accesso a un editore giapponese è difficilissimo. Per spiegare la filosofia, quando un grosso editore giapponese vi mette in mano il suo catalogo, a pagina due c'è la foto dell'edificio e c'è scritto quante persone ci lavorano dentro, è la prima cosa. C'è un'etichetta solo per parlare con qualcuno che scoraggia i più. Il contatto diretto con una persona che ti può raccontare la sua visione, permette di valutarla molto più rapidamente e soprattutto permette di decidere di investire su quel progetto e non di dover contemplare l'idea di aprire una divisione manga per avere un autore. Se l'intenzione dell'editore è quella va benissimo, altrimenti è tutto molto problematico. Oltretutto avere avuto un contatto diretto con l'autore mi ha fatto capire molto rapidamente che era una persona che mi piaceva e quando Eldo mi ha proposto di venire a Lucca, io non ci ho pensato un attimo e gli ho detto di sì perché sapevo già che sarebbe piaciuto moltissimo al pubblico. La cartina di tornasole è che ero la sola persona che gli avesse parlato prima e ho potuto tranquillizzare il mio staff che era terrorizzato, perché pensavano che si sarebbe tratta di una persona particolarmente seria e impostata e invece abbiamo quasi cantato semiubriachi a casa e ci siamo ripromessi che un giorno lo faremo.

E. Y.: (Ride) Una cosa che mi è piaciuta molto qui in fiera e allo stand è stato ascoltare i commenti e i feedback di altri artisti e disegnatori, ma anche dei lettori stessi.

M. F.: Posso dire ufficialmente che sei invitato anche l'anno prossimo?

E. Y.: Va bene.

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Hanno collaborato: Kotaro (traduzione intervista), Slanzard (riprese intervista), Gordy (trascrizione showcase), Dany (foto showcase).