"Io dico che queste mura sono strane: prima le odi, poi ci fai l'abitudine...
e se passa abbastanza tempo non riesci più a farne a meno [...]
È la tua vita che vogliono ed è la tua vita che si prendono.
La parte che conta almeno."
(Red - Le ali della libertà)

 
Nanbaka - The Numbers (ナンバカ THE NUMBERS), serie animata di 13 episodi andata in onda sulle reti televisive nipponiche durante la stagione autunnale 2016, poi continuata con 12 ONA fruibili in digitale nella stagione invernale 2017, ricalca la moda recente di scegliere come scenografia per una storia la keimusho (刑務所), ossia il penitenziario. Dopo Orange is the New Black e Prison Break, arriva una gattabuia tutta alla giapponese, dove la genuinità dei valori del Sol Levante si intreccia alla infima realtà degli istituti di pena e dei loro abitanti. Per l'Italia i diritti sono stati acquisiti da Crunchyroll, che ha caricato sul suo canale prima e seconda serie, proseguendo col numero di episodi dal 14 in poi. Prodotto dallo studio Satelight, Nanbaka conta anche un adattamento web manga partito nel 2013, scritto e disegnato dall'autrice Shō Futamata.

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"Non posso rivelare la sua posizione precisa. Questa è un'informazione classificata al massimo livello di segretezza nazionale. La prigione di Nanba... Una prigione inespugnabile che si trova su un'isola remota in mezzo al mare. Le tecnologie più recenti e guardie d'élite, reclutate da ogni parte del mondo, le forniscono la rete di sicurezza maggiore del Giappone e una delle migliori al mondo. Anche la famosa isola di Alcatraz era piena di punti deboli e opportunità di fuga, se paragonata a questa. La vera storia di questo posto non verrà mai rivelata al mondo. Perché questa è la prigione di Nanba. Nessuno è mai riuscito a evadere da qui."
(N.B. si ringrazia Crunchyroll per la traduzione.)
 
Nanbaka segue le vicende di quattro galeotti rinchiusi fra le fredde mura di questo imponente carcere: il N°11, Uno, grande amante delle femmine e del gioco d'azzardo; il N°25, Nico, fedele ingoiatore di pillole e compresse; il N°69, Rock, accanito fan delle risse; e infine il N°15, Jyugo, il più grande evasore che il mondo abbia mai conosciuto. Sono tutti criminali recidivi, evasi dalle prigioni più importanti del mondo, e a guardia dei quali c'è un felino dalla pelata rilucente, il bello e tenebroso Hajime Sugoroku, che assieme ai suoi colleghi cercherà di rimettere in riga i topolini danzanti della cella N°13 dell'Edificio 13...

Nanbaka. Nan baka. Nanba ka. Il titolo può essere scomposto in più parole e ogni volta assumere un significato differente. Innanzitutto, nanbā (ナンバー) è la trascrizione della parola inglese "number", che fa anche da sottotitolo alla serie, dove i numeri rappresentano i prigionieri. Ma con Nanba (南波, "onda del sud") si richiama anche il nome del penitenziario nel quale sono rinchiusi, abitato da numerosi "baka" (馬鹿), ossia stupidi. La storia parte proprio con quattro stupidi galeotti in fuga, che si divertono a far suonare allarmi, disattivare trappole, indovinare password, aprire porte, celle, cancelli per raggiungere l'uscita. I quattro protagonisti di Nanbaka sono una fonte di vitalità. Nonostante il loro spasso sia far incavolare le guardie, Jyugo, Uno, Nico e Rock si trovano bene a dividere lo spazio loro assegnato coi compagni di cella, ad avere un tempo scandito dai pasti e dall'ora d'aria. Loro, che non hanno una famiglia e hanno conosciuto solo il peggio della società, ritrovano l'uno nell'altro la persona per cui vivere, la persona da aspettare e quella per la quale varrebbe la pena redimersi. Jyugo, soprattutto, è sempre alla continua ricerca di qualcuno che riesca ad accettarlo per quello che è, che non lo consideri più un mostro. Vittima di esperimenti sugli esseri umani, è il protagonista per eccellenza di Nanbaka, opera corale che vede più personaggi dividersi la scena.

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Quando si suol dire "l'apparenza inganna". Nanbaka si presenta con una grafica glitterata, tanti bei ragazzi chiusi insieme in una prigione, e con una comicità demenziale. Sembrerebbe il classico anime pieno di fanservice ma povero di contenuti... eppure questo non è altro che uno specchietto per le allodole! La vera trama, che si dirama fra gli episodi alternandosi bene ai momenti di vita carceraria, è un'esplosione di violenza, azione e tensione. Perciò, se da un lato può dare l'impressione di essere un anime indirizzato a un pubblico prettamente femminile, soprattutto a causa dell'estetica molto accurata del character design, alla lunga si rivela essere un prodotto adatto anche ai maschietti, che potranno apprezzare le dinamiche tipiche degli shōnen manga. Quando inizi a guardare Nanbaka, dalla sua presentazione tutto puoi immaginarti fuorché sangue e combattimenti; oppure personaggi con drammoni apocalittici alle spalle, che non possono non toccare; e ancora una virilità che da dei bishōnen non ti aspetteresti. Mi ha ricordato a tratti l'inizio e lo sviluppo di Tutor Hitman Reborn, il cui manga era partito con sette volumi leggeri e finito in una guerra atroce fra mafiosi bellissimi.

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È pur sempre vero, però, che Nanbaka non porta nulla di nuovo sotto il sole, nel senso che la caratterizzazione dei protagonisti è spesso ricalcata su degli stereotipi già collaudati; e a volte gli autori sembrano voler caricare troppo di drammaticità la storia dei vari personaggi. Riprende, poi, dei comuni denominatori del genere, riportando in auge la sperimentazione sugli esseri umani, il traffico di organi, l'omicidio d'onore, la fabbricazione di droghe, le spedizioni punitive, la vendetta, ecc... Ciononostante, si tratta di argomenti che inaspettatamente non vanno ad appesantire la serie, bensì le danno un po' di spessore. In effetti Nanbaka parte in sordina, per poi catturare dalla metà della prima tranche di episodi. L'effetto sorpresa, accompagnato da una buona dose di mistero e da una positiva gestione della suspance, suscita interesse e ti spinge ad andare avanti. Ma a maggior ragione perché la parte seria della storia incuriosisce di più, sarebbe stato positivo puntarvi fin dall'inizio o lasciarla intravedere meglio dal principio, sia perché così sarebbero restati più spettatori, altrimenti spaventati dalla sovrabbondanza di glitter, sia perché a quelli rimasti non avrebbe provocato un attimo di crepacuore e smarrimento, catapultandoli dalla tranquillità di una cella chiassosa al silenzio assordante di tragedie non narrate.

Eppure, uno dei punti forti di Nanbaka resta proprio lo slice of life carcerario, quindi la parte di spassionata comicità e con personaggi macchietta. Infatti la prigione di Nanba mostra una realtà abbastanza estranea al nostro immaginario, che si avvicina piuttosto a quella di - non so se ve lo ricordate! - "Belli Dentro", sitcom abbastanza popolare di Canale 5. Una realtà che è ben lontana dall'asfissia di una cella quattro mura per quattro, stretta, fredda, senza anima, tipo quella di Sirius Black in "Harry Potter e il prigioniero di Azkaban"! Nonostante si parli di prigione, infatti, nella cella dell'Edificio 13 che ospita Jyugo, Uno, Nigo e Rock, si crea un'atmosfera come di casa, che fa quasi venir voglia di unirsi alla combriccola di spostati! E non è solo la cella numero 13 a trasmettere questo calore familiare, ma in generale è tutta la prigione a rassomigliare a un'affettuosa dimora per orfanelli in cerca di riscatto.

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Fondamentalmente i prigionieri di Nanbaka sono prigionieri buoni. Stessa cosa dicasi delle guardie. Hanno tutti una storia triste alle spalle e tutti sono persone respinte dalla società, che non ha saputo capirli, o li ha tenuti rinchiusi, o li ha sfruttati, li ha venduti, minacciati di vivere lontano, altrimenti ci sarebbe stata la morte ad attenderli. Tuttavia, anche all'interno delle mura fredde di una galera la vita è spesso sottovalutata. Non è poca la filmografia o la narrativa che mostra la scarsa considerazione di quelli che restano fuori rispetto a quelli che vivono rinchiusi in gabbia. Una volta che hai passato i cancelli dell'inferno, pare che il resto del mondo si dimentichi chi sei. E infatti in Nanbaka si parla di identità negata. Jyugo, per esempio, è alla continua ricerca di un posto nel mondo, e quel posto speciale lo individua nella cella condivisa con Uno, Nico e Rock.

Invero, per un reietto, la condivisione della propria diversità è la vera libertà a cui aspirare. Dunque, trovare degli amici con i quali essere se stessi fino in fondo, con i propri peccati, vizi e difetti, senza paura di essere giudicati male perché si ha un precedente... Nanbaka prova a ricreare una famiglia dietro le sbarre, dove il proprio compagno di cella è come un fratello. Di sicuro stiamo parlando di una visione buonista della realtà carceraria, perché non sia mai che in galera ce la si spassi veramente come in Nanbaka, dove i prigionieri escono ed entrano dalle celle, hanno una sala ricreativa con tanto di tavolo da biliardo, mangiano la pizza, parlano amichevolmente con le guardie, si allenano per farsi i muscoli... Premesso questo, è importante sottolineare come il bisogno dei giapponesi di trasmettere un valore, attraverso il media anime/manga, riesca a passare anche tramite un anime ambientato in una prigione.

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Graficamente Nanbaka presenta una peculiarità abbastanza anomala: è un anime in cui tutto brilla, brillano le porte, le celle, le scrivanie, gli ascensori, le scale, le armi, le divise, la prigione, gli edifici, i capelli, brilla la pelata di Hajime... Tutto risplende in un "blink" continuo! La prigione di Nanba sembra essere uscita dal livello quinto e mezzo del carcere di Impel Down in One Piece! Infatti è così splendente, colorata, pacchiana, in una parola kitsch, che il suo costruttore dev'essere stato per forza un Trans-formato di Newkama Land! L'(ab)uso di glitter si trova in linea con la demenzialità della prima parte della serie, pur se tutt'oggi mi continuo a chiedere il perché di questa scelta, a cui non sono riuscita a dare una spiegazione sensata, se non che si cerca di rendere più accogliente un ambiente, quello carcerario, che altrimenti sarebbe soffocante e tetro. A un certo punto fa ridere il fatto che i personaggi cerchino di mantenere una certa serietà, ma gli viene sparata addosso polvere di stelle in quantità industriali! A onor del vero, anche il manga presenta la stessa caratteristica.

Come ho già accennato, il bello e accattivante character design è uno dei punti forti dell'anime, che riesce ad attirare anche un pubblico femminile, altrimenti potenzialmente spaventato dalla violenza che mostra la trama. Perché guardando che la "guerra" si svolge fra bei ragazzi, ci si sente un po' più al sicuro, giusto? Il fanservice è però minimo. Per quanto si voglia parlare di bishōnen, l'unico barlume di romanticismo che si può intravedere è legato alla presunta coppia costituita da Hajime e dalla Direttrice della prigione Nanba, Momoko Hyakushiki. Personaggio molto simpatico, che passa dall'avere il volto impassibile di una direttrice spietata a quello mutevole di una pazza innamorata, è un po' il simbolo delle fangirl di Hajime sparse per il mondo, che per quella pelata traslucida venderebbero l'anima al diavolo! Con lei si creano un sacco di gag divertentissime nella prima metà della serie. Avrei voluto avesse più spazio anche successivamente, ma purtroppo il filone drammatico intrapreso dalla storia non lasciava posto a questo tipo di ironia.

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Il doppiaggio riesce a essere variegato come lo è il cast dei personaggi. Al fianco di veterani come Tetsuya Kakihara nei panni di Uno o Tomokazu Seki in quelli del bel pelato Hajime, abbiamo dei rookie come il dolce Daiki Kobayashi, che presta la voce a Nico, e Yūto Uemura, che invece interpreta il protagonista Jyugo. Nota di merito va, però, ai doppiatori di quelle due checce isteriche (passatemi il francesismo perché tali sono) di Ruka e Kiji, interpretati rispettivamente da Naozumi Takahashi e Kimeru, che hanno dovuto dare il meglio di loro per non far trapelare nemmeno un minimo di virilità dalla voce!

La colonna sonora si fa vanto di un'opening rockeggiante che chiama al microfono il duo dei The Super Ball, già interpreti dell'opening di Mononokean l'imbronciato, e il musicista Hashiguchi Kanaderiya, i quali firmano il singolo "Rin! Rin! Hi! Hi!". L'ending, invece, intitolata "Nanbaka Datsugoku Riron♪!" (ナンバカ脱獄理論♪!, ossia "La teoria dell'evasione di Nanbaka"), è frutto della collaborazione dei doppiatori protagonisti (Uemura, Kakihara, Kobayashi, Seki e Airu Shiozaki, la voce di Rock), che si lanciano in un misto di recitato, cantato, urlato e "stonato", da spanciarsi dalle risate!

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In conclusione, Nanbaka non si mostra come un anime imperdibile, vive di molti cliché e stereotipi del suo genere d'appartenenza, ma nella sua umiltà di "serie qualunque" riesce a scorrere via liscio come l'olio, a intrattenere con i suoi misteri e personaggi che si svelano pian piano. Soprattutto riesce a divertire... Non so se nei progetti iniziali ci fosse solo pubblicizzare il manga o fare un esperimento per testare il pubblico su un certo tipo di storia, ma alla fine dei 25 episodi resta un grosso punto interrogativo, poiché le vicende si interrompono nel bel mezzo di una saga. Auspico la programmazione di una terza stagione, per dare un finale (vero) alla storia. La mia valutazione sarebbe da 7, ma gli ho tolto qualcosa perché il finale così incerto trasmette ansia, dato che non si sa se mai proseguirà... Dal canto mio, spero di tornare presto in galera, assieme ai miei numerosi baka!