Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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4.0/10
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“I kissed a girl, and I liked it”. Mi chiedo cosa penserebbe Katy Perry semmai dovesse guardare questo anime. Leggendo il testo della sua canzone si trovano molte somiglianze con la trama di “NTR - Netsuzou Trap”, anche se con una differenza fondamentale: nel suo celebre brano la cantante americana, infatti, confessava di averlo fatto solo per gioco e che sperava che il suo ragazzo non desse peso alla cosa. Ma, indipendentemente dalle sue motivazioni, la bellissima Katy non aveva di certo baciato una persona come Yuma e non aveva come ragazzo un tipo come Fujiwara, se no avrebbe avuto ben altro a cui pensare; con tutta probabilità, invece di “magnificare quel momento”, si sarebbe chiesta cosa stesse accadendo alla sua vita e come aveva fatto a cadere così in basso. E il testo della sua canzone avrebbe assunto i toni del dramma.

Dopo essermi scusato con la Perry per averla associata a un'opera del genere, passiamo alla recensione di questo anime e cerchiamo di non perderci troppo tempo; già essermi sorbito questi dodici episodi credo sia stata una punizione sufficiente per qualche grave crimine che ancora adesso non so di aver commesso.
Cominciamo dal titolo. In molti probabilmente già lo sapranno; ma, a beneficio di chi non ne è a conoscenza, credo sia utile spiegare che cosa significa quel “NTR” iniziale. NTR sta per “netorare”, ossia illudere qualcuno su un possibile futuro sentimentale quando invece si è già impegnati con qualcuno. Noi lo chiameremmo “qualcuno che si fa l'amante promettendogli che prima o poi divorzierà dalla moglie”.
La storia segue le vicende di Yuma e della sua amica d'infanzia nonché vicina di casa Hotaru. Entrambe, all'inizio, sono fidanzate con dei ragazzi, lo “sveglio” Takeda e “sembro annoiato ma in realtà sono incazzato” Fujiwara; nonostante questo, però, Hotaru, le cui qualità morali sono universalmente riconosciute, decide che è tempo di svezzare sessualmente l'amica della porta accanto. Yuma resta sorpresa dal suo atteggiamento, ma capisce che c'è qualcosa di strano con un ritardo davvero imbarazzante; per capirci, se Hotaru fosse stato un maschietto, probabilmente Yuma avrebbe capito che le sue intenzioni non sono esattamente quelle di un amico qualunque solo al raggiungimento del settimo mese di gravidanza.

“Netsuzou Trap” è un anime sicuramente “particolare”, perché appartiene a un genere “particolare”; ma la mia visione critica dell'opera non ha nulla a che fare con la sua provenienza. Credo che non esista nessun genere che imponga, a chi volesse cimentarsi nella scrittura, di creare delle sceneggiature tanto stupide. In questo anime, invece, si passa il tempo ad aspettare una spiegazione o una motivazione logica a certe situazioni o a certi comportamenti, ma queste o non arrivano proprio o sono talmente idiote, da spingere lo spettatore a mettersi le mani nei capelli. La filosofia del “cane randagio” che viene enunciata alla fine non è sufficiente a porre rimedio a questo disastro, anzi forse peggiora solo le cose.
Ma il vero punto debole di “Netsuzou Trap” sono i suoi personaggi, che si muovono e ragionano senza seguire nessun filo logico. In poche puntate si capisce che Yuma è proprio senza speranze, per cui le maggiori aspettative ricadono su Hotaru e sul suo misterioso rapporto con Fujiwara; ma anche in questo caso l'attesa è vana: i due hanno, sostanzialmente, davvero poco da raccontare.

L'unica cosa che salverei di questo anime è la grafica: obiettivamente i disegni sono belli e le due ragazze sono molto sensuali; purtroppo non sono anche intelligenti, ma questo non è certo colpa dell'apparato grafico.
Non sono d'accordo invece con chi dice: “Dai, non è un granché, ma si è lasciato vedere fino alla fine”. Magari è pure vero, ma non è una qualità questa. Se si è andati avanti, è perché si sperava in un'evoluzione della trama che rivalutasse anche lo scempio già visto; ma questi sviluppi non arriveranno mai, per cui l'anime è da bocciare nella sua totalità.

In definitiva, quindi, questo “Netsuzou Trap” si è rivelato essere un vero disastro, almeno secondo la mia personale opinione; a rendere meno amara la pillola è il pensiero che ogni episodio è durato solo dieci minuti circa invece dei canonici venti. Ma è davvero una magra consolazione; trovo invece irritante il fatto che si pensi di creare un prodotto vendibile solo perché ci sono ragazze attraenti che flirtano fra di loro e perché si pensa che usando certi argomenti si vada “controcorrente” (cosa che a molti piace). A me non importa un fico secco del tipo di anime che si vuole produrre, sia esso tradizionale, moderatamente trasgressivo o addirittura di controcultura; l'importante è proporre qualcosa di vagamente sensato, se no tanto vale produrre un hentai, che almeno il pubblico si diverte di più.


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Per me, cresciuto a pane e Cavalieri dello Zodiaco, con l’inizio della “Galaxian War” a fare da portale d’ingresso al mondo degli anime giapponesi, il brand “Saint Seiya” è una cosa seria. Nella mia visione del mondo i Gold Saint hanno su scritto la parola ‘fragile’ e sono da trattare con estrema cura. Reduce da due diverse esperienze spin-off dal sapore opposto - l’ottimo, sottovalutato, “Lost Canvas”, e il pessimo, sopravvalutato, Saint “PJ” Seiya “Mask” Omega - timori e speranze si affastellavano alla vigilia della visione di “Soul of Gold”. Avere solo tredici puntate ONA per esplorare il cosmo e i nuovi Cloth dei Cavalieri d’Oro ad Asgard non deponeva a favore delle più rosee aspettative, spingendo l’impressione preliminare verso il “commercialata/nuovi modellini da vendere”. Premesse non ottimali che, fortunatamente, sono state contraddette dalla visione del prodotto.

Sgombro immediatamente il campo da almeno due equivoci.
La qualità tecnica dell’opera non è granché (ho comunque notato dei netti miglioramenti dalla versione originale a quella Blu-ray). Si salvano le armature, il character design dei personaggi e qualche sfondo e animazione nelle puntate finali, nonché la buona colonna sonora.
In generale è ormai un dato di fatto che la nuova frontiera di buona parte dell’animazione di massa giapponese è in piena continuità con il profilo low cost. Si tratta di un elemento da tenere in considerazione, purtroppo, ma penso debba diventare secondario nell’approccio a opere di questo tipo, facendoci propendere per altre variabili - soggetti/trama, caratterizzazione, qualità e evoluzione dei personaggi ecc. - in sede di giudizio.
Inutile poi fossilizzarsi sulla profondità complessiva del prodotto. Caratterizzare al meglio i dodici protagonisti, i rispettivi antagonisti e lo scenario/contesto della nuova vicenda in tredici puntate sarebbe stato utopico; da qui i combattimenti stentati e qualche manchevolezza logica a livello di trama.

Vorrei quindi concentrarmi sugli aspetti positivi e in particolare sulla ventata di freschezza che attraversa i contenuti dell’opera. Dovendo acconciare le classiche ‘nozze coi fichi secchi’, gli autori hanno pescato bene, restituendoci una visione complessiva dei Cavalieri d’Oro più umana e evoluta. Riproporre la marzialità e il valore cavalleresco dei soliti ‘Saga’, ‘Shura’, ‘Camus’, ecc., la misticità di Shaka, l’irruenza di Milo e Aioria, ecc. sarebbe stato più facile, ma avremmo mangiato la solita zuppa d’oro dai condimenti triti e ritriti.
Si è cercato invece di dare una luce diversa che avrà scontentato qualche purista, ma ha permesso di esplorare aspetti differenti e umani di personaggi dal carisma strabordante. Mai avrei pensato ai Gold Saint che nelle lande di Asgard comprano fiori, s’innamorano, bevono, giocano a carte e brindano al bancone di un bar come ragazzi normali. Col senno di poi, un salto nel buio che avrebbe potuto condurre l’intera opera verso il baratro e che invece, a mio parere, l’ha salvata.

L’emblema di questo nuovo paradigma si è evinto in particolar modo negli episodi dedicati ai quattro Gold Saint più bistrattati nella serie classica: Aldebaran, Deathmask, Aphrodite e, in misura minore, Dokho, nella sua veste di cavaliere “young” della Bilancia.
Aldebaran mostra finalmente i tratti completi della sua personalità e quella risolutezza spesso annacquata dalle diverse sconfitte patite nella serie classica (lo schiaffone alla Bud Spencer è un’opera d’arte).
Deathmask mantiene i vecchi difetti, ma completa quel passaggio al lato luminoso della forza dopo che per anni lo si è dipinto come un meschino sbruffone privo di valori (un adorabile perdente per alcuni). Scopre l’amore e per questo torna a combattere. A ben vedere è ancora una scelta egoistica in linea con il personaggio, ma si tratta di egoismo ‘buono’, tanto da meritare nuovamente la fiducia dell’armatura del Cancro e arrivare finanche a inventare un nuovo colpo. Alla fine cade da eroe, e dalle mie parti questa si chiama evoluzione del personaggio.
Aphrodite, il Gold Saint meno approfondito della serie classica, dove è liquidato superficialmente come un mero narcisista un po’ infido, si scopre qui un fine stratega dotato di intelligenza e ottime capacità di previsione. Potrebbe essere il capo dei servizi segreti del Santuario, che punta sull’acutezza della mente oltre alla semplice forza del cosmo, rappresentando così un elemento mancante nel puzzle di personalità e caratterizzazioni dei Gold Saint. È proprio Aphrodite il saint che esce meglio da questa avventura, ricevendo un vero e proprio upgrade.
Infine Dokho, seppur esplorato di meno, mostra una personalità antitetica a quella del vecchio e saggio maestro. Giocoso e spiritoso, avrà fatto storcere il naso e scontentato non poco i puristi, ma a me è piaciuto.
Gli altri Gold Saint infine non sfigurano, seppur abbastanza in linea con le precedenti caratterizzazioni, con Aioria protagonista non invadente (come invece lo sono i cavalieri di Pegasus nelle altre serie), degno epitome dell’eroe.

Mi ha sorpreso questa ventata di aria fresca nel cosmo variegato de “I Cavalieri dello Zodiaco”. Potrebbe essere stato un colpo di fortuna non voluto, ma il risultato, date le premesse, è stato a mio parere ottimo. La testimonianza che, pur senza introdurre nuovi personaggi, protagonisti o temi particolari, il brand “Saint Seiya” può ancora riservare sorprese, e chissà se un domani, alla luce di questo esperimento, non si possa dedicare uno spin-off ad altri protagonisti offuscati delle note vicende cosmiche: Bronze Saints di serie B (Unicorno e company), sto pensando proprio a voi.


7.0/10
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Questo manga l'ho letto e riletto un paio di volte, perché ritengo che sia un piccolo gioiellino. Cercando di non fare gli spoiler del caso, bisogna comunque dire che la trama affronta, con un tono di colore pastello, il dramma dell'abuso su di una ragazza.

Tutta la storia ruota intorno a Suwa e allo sconcertante segreto che è venuto a sapere, ottima la trama, scelta con cura la location, ovvero il piccolo paese di provincia dove avvengono i fatti narrati, e buona la sceneggiatura degli eventi. I personaggi principali ruotano intorno al loro personale carosello di emozioni che non sanno gestire, alla voglia di rivalsa, di una vera e propria fuga dal proprio piccolo mondo, e vengono prepotentemente schiacciati dalla realtà della propria situazione, non in senso negativo ma in un crescendo di consapevolezza della propria maturità, affrontando con discernimento i drammi che la vita pone davanti, passo dopo passo.

A parte i protagonisti, il carrozzone dei comprimari va dall'amica d'infanzia dai sentimenti vacui, alla ragazza yandere con l'ossessione per il protagonista. Ruolo da non sottovalutare è anche quello della madre di Suwa, che pur rimanendo nell'ombra offre molti spunti di riflessione sulla famiglia. In questa vicenda, a parte i mostri nascosti nell'animo umano, non ci sono dei veri e propri personaggi cattivi o comunque non sono palesati nelle vicende narrate.

Il tratto del manga risulta morbido, ma volte quasi spigoloso, comunque le espressioni sono facilmente riconoscibili anche senza bisogno dei dialoghi. Chiaroscuri e sfondi potevano essere meglio dettagliati ma in fondo si sarebbero persi tra la profondità della trama. Concludendo, per chi come me spazia anche nelle opere più impegnate, questo manga seinen è di valore e si fa apprezzare.