Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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9.0/10
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Nel suo 50esimo compleanno, la Star Comics ripropone in un formato perfect edition Ashita no Joe (Joe del domani), la storia di un giovane pugile ribelle che fa della sua vita una lotta continua, allenandosi con l'intento di avere un domani migliore rispetto a quello presente. Ma quand'è che avremo quel domani? La risposta è difficoltosa, per cui lasciamoci guidare dalle scelte fatte dal nostro attaccabrighe.

Orfano fin dalla nascita, Joe Yabuki si ritrova a girovagare per le strade di un quartiere degradato seminando urla e risse. Da questa baraonda Danpei Tange, ex pugile e allenatore di boxe, si accorge del suo talento. Preso come un incontro dettato dal destino, Danpei crede che il ragazzo sia il riscatto di una vita piena di insuccessi e derisioni, e non mollerà fino a quando non lo avrà convinto a entrare nel mondo del pugilato.
Nonostante le adulazioni insistenti del vecchio, Joe non si sente in dovere di accettare e preferisce darsi allo sciacallaggio insieme a dei bambini conosciuti nella periferia. Le conseguenze dei suoi atti lo porteranno al riformatorio dove finalmente sembra trovare una luce in fondo al tunnel, incanalando il suo carattere focoso nella boxe.

La boxe è solo un pretesto per raccontare quella che è la vita ostinata di un povero ragazzo che non ha mai ottenuto niente, i pugni sono l'unica cosa che gli hanno permesso di lottare per una esistenza fatta su misura per lui, un percorso che coscientemente sapeva di dover percorrere. I match non sono imposti dai ricordi dei duri allenamenti, bensì da lezioni che la vita ha insegnato e consolidato nel profondo dell'animo di ognuno di loro. La personalità scontrosa di Joe si manifesta con arroganza e una lingua tagliente che rispecchia la sua natura, e Danpei lo sa bene. Malgrado si intendono poco, i due si assomigliano per la volontà di riscatto in una società che non li accetta. Dimostrano che se si combatte con tutto il proprio animo, a dispetto delle difficoltà e sacrifici, si ha la forza di andare avanti per ottenere un domani migliore, appunto. La spinta ulteriore deriva anche dalla passione ardente, quel fuoco che si accende quando Joe affronta nemici sempre più forti, ed è solo in quei momenti che sente di poter vivere pienamente rispetto agli altri che si accontentano di una vita superficiale.

Gli anni sulle spalle purtroppo si sentono. L'autore tende a mantenere un'impostazione piuttosto classica nel disegno, a parte qualche rara splash page, ma è bravo nel trasformare il suo tratto caricaturale in un tono serio e drammatico nei momenti che lo richiedono.
Chiaramente i contesti storici di adesso sono diversi da quelli che hanno spinto gli autori a creare Rocky Joe, eppure nulla toglie al lettore di relazionarsi con un protagonista approfondito in maniera eccelsa e che da del filo da togliere a opere attualmente in corso.
La strada che si appresta a calpestare a piccoli passi porteranno il lettore a domandarsi il motivo per cui Joe si torturi quasi inutilmente, poiché se avesse voluto avrebbe potuto prendere strade diverse, ma da certi obblighi morali non si è potuto tirare indietro.

Unico neo di questo classico è un match fuori contesto prima della fine del manga che snatura lo spirito creato fin dal primo volume e che serve soltanto ad allungare il numero delle pagine.

In conclusione, Rocky Joe non è un manga sulla boxe, bensì sulla vita di Joe Yabuki e la sua lotta per un domani per cui valeva la pena combattere.


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“Nisemonogatari” è un anime di undici episodi prodotto nel 2012 dallo studio Shaft e diretto da Akiyuki Shinbou. Sequel di “Bakemonogatari”, la serie traspone i volumi 4 e 5 della light novel “Monogatari” scritta da Nisio Isin e illustrata da Vofan. L’opera si divide questa volta in soli due archi: Karen Bee (sette episodi) e Tsukihi Phoenix (i restanti quattro). Essa si concentra dunque sulle sorelle minori di Koyomi, conosciute da tutti come le “Fire sisters”.

“Bakemonogatari” mi aveva piacevolmente stupita per la sua regia originale, i lunghi ma interessanti dialoghi, l’utilizzo del soprannaturale per esternare determinate condizioni psicologiche dei personaggi. Uno dei difetti che avevo individuato consisteva nella presenza di scene di fanservice ecchi, comunque propinate allo spettatore in modeste quantità e in maniera poco invasiva. Ebbene, “Nisemonogatari” prende questa piccola nota dolente, la ingrandisce a dismisura e ne fa la sua caratteristica principale. I sensuali corpi svestiti delle belle ragazze che ci avevano già ammaliato nella serie antecedente arrivano così ad occupare gran parte degli episodi, e spesso ne divengono il fulcro principale: molte puntate, infatti, sono prive di un qualsivoglia filo logico o trama a cui tali scene avrebbero fatto da mero ornamento. Al disturbo visivo, però, se ne aggiunge anche uno di tipo morale. Il nostro baldo protagonista trascorre le sue giornate molestando bambine delle elementari o fantasticando perversamente sulle sue amiche, sebbene abbia - ricordiamolo - un’attraente fidanzata. Ma l’aspetto che infastidisce maggiormente è che l’oggetto di molestie e allusioni sessuali sia costituito anche dalle sorelle di Koyomi: quello che viene sbandierato come un amore fraterno sfocia quasi in una sorta di incesto.
I dialoghi profondi lasciano poi spazio a discorsi nonsense, che non sempre riescono a tenere alto l’interesse dello spettatore. A ciò aggiungiamo, come detto prima, una certa povertà di contenuti: anche gli attacchi degli spiriti o delle divinità, un tempo carichi di significato, si riducono a due casi che poco o nulla hanno da dire. Non tutte le puntate sono però da cestinare: le ultime due, infatti, risollevano non poco la triste sorte di “Nisemonogatari”.

Allo stesso modo, anche tra i personaggi si annidano gioie e dolori della serie in questione. Tra la prime da annoverare sicuramente l’oscura figura di Kaiki Deishuu: un uomo dominato esclusivamente dalla logica dell’interesse e nemico per eccellenza del senso di giustizia di cui si fanno portatrici le ragazze di casa Araragi. Piacevole rivelazione la vampira Shinobu: da bambina silenziosa e timida quale appariva in “Bakemonogatari”, ella dimostrerà invece una personalità del tutto differente, che affascina e intriga assieme al peculiare rapporto che ha con il nostro Koyomi. Interessanti anche due new entry comparse negli ultimi episodi, che spero di conoscere meglio nelle stagioni a venire. Quelle che invece dovrebbero essere le protagoniste della serie non brillano affatto per originalità: dell’energica Karen, a cui sono state dedicate svariate scene, rimangono impresse soprattutto le disturbanti vicissitudini che l’hanno coinvolta nell’ottava puntata; a Tsukihi, invece, è stato riservato uno spazio davvero minimo, nonostante l’arco portasse il suo nome.

Passiamo al lato tecnico. Il character design, di gran lunga migliorato, è sempre molto piacevole per gli occhi, mentre le animazioni mantengono la loro fluidità. La pregevole regia colpisce lo spettatore ancora una volta, ma si spoglia di molti elementi che ne avevano accentuato lo sperimentalismo. Notevole trasformazione anche negli sfondi: se prima mi sembravano quasi anonimi e soltanto semplici contorni, a questo giro si incidono nella mente ambientazioni particolari quali il bagno di casa Araragi, la stanza di Karen e Tsukihi o lo studio di Kaiki. La colonna sonora si è arricchita di nuove singolari tracce, che svolgono appieno la loro funzione; orecchiabili le nuove sigle.

In conclusione, in “Nisemonogatari” l’ago della bilancia pende più sui difetti che sui pregi: tra i primi troviamo un uso massiccio e invasivo di ecchi e allusioni sessuali che quasi sfociano nell’incesto, dialoghi nonsense che sovrastano quelli più seri, la quasi totale assenza di trama in alcuni episodi; tra i secondi, invece, abbiamo alcuni ottimi personaggi, due puntate finali coi fiocchi e una realizzazione tecnica sempre d’eccellenza. Voto: 6,5.


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Questo buon volume pubblicato da Bao Publishing tratta un argomento importante e che prima o poi tutti andranno a toccare (purtroppo) con mano durante la propria vita, ossia il lutto dovuto alla perdita di un genitore. La protagonista è Yumiko, giovane giapponese in carriera che vive da anni a Londra e in cui appunto si sta costruendo una vita. Ad un tratto riceve la chiamata del fratello che le comunica la morte del padre durante una scalata in montagna. Yumiko deve tornare in Giappone ed affrontare i riti del caso, nel mentre una profonda riflessione su cosa è successo e come affrontarlo la assilla, argomenti mai presi in considerazione fino a quel momento entrano prepotentemente nella sua testa.

La storia parte da una lontana Londra moderna per approdare in un ambiente tipicamente giapponese come usi e costumi, ma modernizzato, per stare al passo coi tempi. Variegate sono le ambientazioni che sfruttano tutto il talento dell'autore nel disegno, specie nell'uso dei colori.

L'edizione Bao, neanche a dirlo, è ottima, formato grande con copertina rigida, tutto a colori, giustifica senza problemi il costo di copertina di 19,00 euro e che comunque può essere abbattuto dai vari sconti che si trovano sul web.

L'opera è di Fumio Obata, illustratore che vive in occidente da anni; ha avuto in passato una grossa collaborazione con i Duran Duran commissionando per conto loro un video animato. Il suo tratto è particolare, leggero, ma con tratti ben delineati. In un certo senso questa opera lo rispecchia, è semi-auto biografica (anche Obata vive a Londra da anni) per circostanze ed epoca in cui viene narrata.

"Si da il caso che" è un volume complesso, con pochi dialoghi, ma che sa evidenziare il nocciolo della questione chiaramente ossia l'elaborazione del lutto a livello personale (implacabile e fulmineo come in buona parte dei casi), ma anche a livello burocratico concentrando parte della descrizione su usi e costumi creatisi nei secoli, evolutisi forzatamente per via del ritmo sempre più incalzante della vita oggigiorno. Ottima lettura da affiancare ad un capolavoro di Taniguchi, "Al tempo di Papà", in cui vengono trattati i medesimi temi approcciati ad un'epoca differente.