Nella stagione autunnale anime appena terminata ha conquistato il cuore di molti di noi: parlo della serie Zombieland Saga in cui un gruppo di ragazze zombie ce la mette tutta per sfondare come idol. Fra le componenti delle FranChouChou c'è lei, Saki Nikaidō, nominata leader del gruppo anche per i suoi modi decisamente spicci e autoritari.
Il suo abbigliamento particolare e il suo passato (raccontato in un episodio dedicato) ci svelano la sua appartenza alle sukeban, gang di teppiste tutte al femminile. Forse non tutti però sanno che le sukeban sono realmente esistite e hanno terrorizzato l'arcipelago durante gli anni '70. Scopriamo allora qualcosa di più sulla loro storia!
 

Il termine sukeban deriva dall'unione delle parole suke (女 ragazza) e banchō (番長 capo) e se all'inizio si riferiva solamente alle leader delle gang, ha poi iniziato a rappresentarle in senso globale, soprattutto presso i mass media. Iniziarono ad apparire per la prima volta in Giappone negli anni '60, come equivalente femminile alle gang maschili dette banchō.
Se all'inizio si limitavano a rubare sigarette e a fumarle nei bagni della scuola, col tempo crebbero nei numeri e nel livello di criminalità in cui erano coinvolti, raggiungendo negli anni '70 il loro picco, sia in termini di popolarità che di numero di affiliati. Al culmine della loro storia, la Kanto Women Delinquent Alliance, la più grande gang del periodo contava oltre 20.000 membri, organizzati in stile yakuza.
 

Le sukeban furono una vera e propria anomalia nella cultura criminale sessista e maschilista giapponese: nella yakuza infatti la componente femminile è praticamente inesistente e quelle poche presenti non hanno alcuna autorità. Ma gli anni '70 furono la culla di femminismo e di idee liberali, quindi anche le donne si sentirono libere di essere promiscue, ardimentose e violente come gli uomini. Le ragazze volevano dimostrare che la femminilità e la forza non si escludevano a vicenda e per questo portavano con orgoglio l'uniforme scolastica alla marinaretta, la classica "fuku" però modificata.
 

La gonna divenne insolitamente lunga, in segno di protesta contro il ritratto sessualizzato delle adolescenti che andava all'epoca per la maggiore; era uno strumento di protezione con cui le ragazze dichiaravano che la loro esistenza non era legata ai desideri degli uomini. I mocassini furono sostituiti dalle sneakers Converse; la camicia a volte era tagliata per esporre l'ombelico, un fazzoletto da marinaio era annodato sotto il collo e i calzini erano colorati e moribidi.
Il trucco poteva esserci ma le sopracciglia dovevano essere sottilissime e i capelli erano vistosi, colorati oppure con la permanente. E sotto a tutto questo, le sukeban nascondevano rasoi e catene. E anche dopo aver finito il liceo, continuavano a proclamare l'appartenenza al loro stato di sukeban ricamando rose e messaggi anarchici sulla stoffa, prendendo ispirazione dal movimento punk britannico.
 

Se all'esterno dimostravano la loro rabbia verso il mondo attraverso piccoli crimini, risse con gang rivali e sniffando colle e diluenti, all'interno i membri della sukeban avevano un codice etico e morale e lo rispettavano rigidamente. La lealtà l'una verso l'altra era indiscutibile così come la gerarchia di ogni clan. Se si rubava il fidanzato ad una delle affiliate o le si mancava di rispetto, si era punite (le bruciature di sigaretta andavano per la maggiore).
 

Con un look così iconico e un codice così simile a quello di yakuza e samurai, era inevitabile che le sukeban colpissero l'immaginario collettivo e ispirassero anime, manga e film.
Nei manga troviamo questa figura soprattutto nei seinen, come Oira Sukeban, scritto e disegnato da Gō Nagai nel 1974, (da cui nel 2006 Noboru Iguchi trasse la commedia erotica Sukeban Boy) ma anche in YajiKita Gakuen Douchuuki e Hana no Asuka-gumi dove le protagoniste sono appunto sukeban.
 

Al cinema invece nacque grazie a loro un genere violento ed erotico definito Pinky Violence, in cui si rappresentavano donne criminali, spesso appunto sukeban. La casa di produzione giapponese Toei Company mandò nelle sale molte pellicole come Lynch Law Classroom, School of the Holy Beast, Girl Boss Guerrilla (il cui titolo originale è Sukeban gerira) e Girl Boss Revenge: Sukeban, entrambi diretti da Norifumi Suzuki. Le protagoniste spesso non erano attrici professioniste, ma vere sukeban che indossavano i loro vestiti e si facevano trucco e parrucco da sole, dando così un'autenticità molto profonda.
 

E non si può dimenticare il personaggio di Gogo Yubari, in "Kill Bill Vol 1" di Quentin Tarantino. Interpretata da Chiaki Kuriyama, è una delle due guardie fidate di O-Ren, la regina del crimine di Tokyo; pur avendo solo 17 anni, quello che le manca in età è compensato dalla sua crudeltà, divenuta leggendaria anche grazie ad episodi come quello narrato nel film, che così recita nella sceneggiatura:
"あたしとやりたいんだ? (Gogo: Vuoi scoparmi?)
[Ragazzo: Ride]
笑うな、やりたいのかやりたくないのか、どっち? (Gogo: Non ridere, vuoi scoparmi o no?)
やりたい(Ragazzo: Sì)
(infilza l'uomo con una spada, all'altezza dell'addome, sventrandolo]
どうなのさ、これでもまだあたしを刺したい?でも逆に刺されちゃったみたいんだ (Gogo: E adesso, grand'uomo? Vuoi ancora penetrarmi, o sono io che ho penetrato te?)"
 

Perfettamente in sintonia con lo spirito ribelle e di superiorità nei confronti del sesso maschile proprio delle sukeban!

E oggi? Le sukeban hanno delle eredi? Sì, sono le bosozoku, bande di motociclisti all-girl, facilmente riconoscibili grazie alle loro tute ricamate, ai tatuaggi floreali, alle unghie lunghe e curate e alle moto dipinte di un rosa brillante. Anche loro rifiutano di piegarsi ai ragazzi e enfatizzano la personalizzazione dei loro look come uno strumento contro la normalità e i diktat della società contemporanea.
 


Fonti consultate:
Wikipedia
Vice
DazedDigital
Lomography
Vintag