The wind of change
blows straight into the face of time,
like a stormwind that will ring the
freedom bell


Scorpions, "Wind of change" (1990)


Vento Aureo, quinta parte della bizzarra saga creata da Hirohiko Araki, originariamente pubblicata su Shounen Jump della Shueisha tra il 1995 e il 2000, è senza dubbio uno dei suoi elementi più iconici, assurdi, amati e controversi. Anche chi non sa niente di JoJo e lo conosce solo di sfuggita tramite i meme che girano in rete, le pubblicità o i riassunti dei volumi sugli albi della Star Comics o i vari videogiochi usciti nel corso degli anni, probabilmente ha notato in qualche modo Vento Aureo: vuoi per il videogioco dedicato interamente a questa serie, uscito nel 2002 su Playstation 2; vuoi perché il protagonista, Giorno Giovanna, col suo nome ridicolo, i suoi riccioli biondi a forma di cannoli dorati, la giacchetta (rosa) attillata con l'apertura a forma di cuore sul petto si fa decisamente ricordare; vuoi perché lo stile di disegno con personaggi effeminati che si vestono al buio accoppiando quanti più colori acidi che fanno a pugni tra loro e accessori più trash possibili, ti resta impresso; vuoi perché Vento Aureo è ambientata in Italia e quindi la tua attenzione viene catalizzata da questi personaggi che si chiamano Prosciutto, Melone, Abbacchio, Illuso e altri termini presi a caso da un dizionario o da un libro di cucina. Vento Aureo è sempre stata una delle parti più controverse di JoJo: i lettori italiani storici, negli anni novanta, spesso non hanno apprezzato il passaggio da uno stile alla Ken il guerriero a questi mafiosi secchi, efebici e usciti da una (pessima) rivista di moda, quindi è capitato che abbandonassero qui la lettura del fumetto. Invece in Giappone, dove hanno un'idea dell'Italia tutta loro ma amano alla follia il nostro paese, questa parte è amatissima.
Come verrà vista, Vento Aureo, due decenni più tardi? Ce lo racconta David Production, puntuale nel suo recupero di tutte le serie di JoJo attuato sin dal 2012, con la sua versione animata in 39 episodi, trasmessa tra il 2018 e il 2019 (visibile su Crunchyroll), che pare invece aver dato nuova linfa anche in Italia ad una parte della storia che era stata un po' bistrattata, portando vecchi e (soprattutto) nuovi fan a interessarsi ai mafiosi trash di Hirohiko Araki, oggi idoli del pubblico femminile che ne hanno apprezzato l'aspetto belloccio e le backstory tormentate e si sono buttate a pesce sulle decine di pupazzetti, figure, accessori a tema uscite negli ultimi anni.

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La storia è identica a quella del manga: l'ascesa del giovane gangster in erba Giorno Giovanna e dei suoi compagni, intenzionati a farsi un nome nella malavita per cambiarne dall'interno le regole e metter così fine a soprusi, ingiustizie e sofferenze della popolazione. Una storia interessante, che li porterà a viaggiare per (quasi, in una storia che parla di mafia l'assenza di una tappa siciliana è imperdonabile) tutto lo Stivale, da Napoli a Venezia, da Roma alla Sardegna, ma che, come nel manga originale, è stata costruita un po' sul momento, cambiando le carte in tavola, eliminando personaggi e storyline come se nulla fosse e aggiungendone altre, legate alla macrostoria dei Joestar, dell'arco e della freccia già visti nelle serie precedenti, con inaspettate e gradite guest star dal passato. È una grande prova d'autore da parte di Araki, che in un mondo anni novanta dove i suoi diretti colleghi sulla rivista sono samurai vagabondi, insegnanti infernali, giovani ninja e piccoli prodi guerrieri, prende e racconta una storia di assurdi mafiosi dal cuore d'oro, ambientata in un'Italia ricostruita sin nei minimi dettagli in paesaggi e architetture, ma dove la gente si veste al buio e si chiama con termini italiani a caso.

 

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Personaggi strambi, ognuno con le sue fisse, i vizi, le caratterizzazioni assurde: Abbiamo chi odia il numero 4 (fissa tutta giapponese, poiché porta sfortuna suonando come "morte"), chi "diventerà il re dei mafiosi", quello che lecca la gente per scoprire se mente o dice la verità, chi è un ragazzetto analfabeta, ignorante e maleducato a cui gli altri devono insegnare a vivere nel modo giusto. Come già visto nelle serie precedenti, il rapporto tra i personaggi passa attraverso gag cafone e "trashissime" che aiutano a renderli un gruppo, una famiglia che tra un durissimo scontro e l'altro si sostiene a vicenda e acquista anche un po' di spessore, complici anche diversi flashback sul loro passato che ci raccontano i loro problemi, i loro sogni, le loro speranze. È un gruppo bizzarro, a cui non è facilissimo affezionarsi, complici anche i poteri veramente strambi che possiedono, ben più complicati e meno scenici di quelli visti in passato (c'è quello che evoca dal nulla cerniere, quello che è un videoregistratore umano, quello che può evocare un virus letale...), e non tutti i personaggi saranno caratterizzati col giusto peso, alcuni risulteranno scialbi, altri usciranno di scena prima che possiamo affezionarci per bene a loro. Resta comunque ben visibile ciò che li accomuna, quel "vento aureo" della giustizia che li porta a ribellarsi ad un destino che sembrava per loro già scritto e a lottare per una rivoluzione in cui, guidati dal loro leader spirituale dai riccioli d'oro, credono fermamente.
Un bel messaggio, tra un'assurdità e l'altra, per una serie che comunque risulta appassionante, ricca di belle trovate, combattimenti avvincenti, personaggi iconici per un motivo o per l'altro (il mio cuore sarà sempre per Doppio e i suoi oggetti casuali usati come cornetta del telefono) e scene fantastiche, dove la violenza splatter, il trash e le emozioni si mescolano in maniera unica e indimenticabile.

 

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A livello pratico, Vento Aureo non si discosta molto dal modello già settato in Stardust Crusaders: un viaggio interminabile dove, ad ogni tappa, i nostri dovranno vedersela con agguerriti avversari fino a raggiungere il boss finale. Gli scontri sono di meno, ma più lunghi, rispetto al passato. La trasposizione animata, fortunatamente, fa chiarezza su molte sequenze che nel manga originale erano confusionarie e difficili da interpretare, e ci offre scontri sempre particolari, ricchi di trovate "trash", di cattivo gusto, ma anche di inventiva e di variabili. L'anime rende giustizia al fumetto: il character design di Takahito Katayama e Takahiro Kishida è fedele a quello di Araki, la regia di Yasuhiro Kimura e Hideya Takahashi è folle e concitata, le animazioni (tra i vari animatori legati alla serie ricordiamo Kohei Ashiya, talmente appassionato da postare di continuo disegni a tema su Twitter) sono di ottimo livello, i doppiatori coinvolti (Kensho Ono, Yuichi Nakamura, Junichi Suwabe, Daiki Yamashita, tra gli altri) sono tutti superstar amatissime dal pubblico e hanno catalizzato parecchio l'attenzione dei fan sulla serie.

 

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Ancora una volta, David Production si diverte un mondo a giocare con JoJo, coi suoi colori acidi, con le palette swap, con le sue scene folli che vengono impreziosite da urla, animazioni al fulmicotone, onomatopee svolazzanti su schermo. L'iconica scena della "Passione Dance", per dirne una, nel manga originale sono solo poche vignette e neanche ci si fa caso, qui invece, è diventata qualcosa di drogatissimo, assurdo e stupendo allo stesso tempo, giustamente diventato virale su Internet in poco tempo.
La serie ci ha messo del suo nell'impreziosire ed arricchire il manga, con diverse scene aggiuntive che hanno dato spessore ai personaggi (in particolar modo ai cattivi, inspiegabilmente amatissimi dal pubblico giapponese), ma David Production si è presa il suo tempo per realizzare con cura l'adattamento, prendendosi pause e inserendo episodi riassuntivi qua e là mentre tirava il fiato. Non mancano le chicche, soprattutto per quanto riguarda noi italiani: vari paesaggi come la stazione di Napoli, il Colosseo, Castel Sant'Angelo, il Vomero, Piazza San Marco sono stati riprodotti con dovizia di particolari, anche se sono stati asserviti alla storia e serve un po' di sospensione dell'incredulità nell'accettare che ci si possa menare a sangue davanti al Colosseo senza che ci sia nemmeno un'auto o un turista per strada, e che girando l'angolo si arrivi dritti dritti a Castel Sant'Angelo (nella realtà distano parecchio). Del resto, noi ben sappiamo che in Italia non ci vestiamo così male, non ci chiamiamo Narancia e Risotto, ma una volta entrati nel gioco di quest'Italia più assurda che mai sarà impossibile non divertirsi e non ridere, soprattutto vedendo che, almeno quello, le varie scritte in italiano che compaiono a schermo qua e là sono state controllate da madrelingua e non ci sono troppi errori di ortografia o grammatica come invece spesso accade.

 

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Come da tradizione, anche stavolta JoJo gioca tantissimo anche con il cinema e la musica, regalandoci ovvie citazioni a Il padrino, ma anche personaggi che si chiamano Clash, Metallica, Spice Girl, Black Sabbath, Aerosmith, Coco Jumbo, Sex Pistols e via dicendo. Ovviamente, la colonna sonora è curatissima, i nuovi brani orchestrati sono d'effetto, alcuni riprendono in una chiave del tutto nuova temi iconici delle serie passate, altri osano di più e inseriscono anche dei testi.
Ben due le sigle d'apertura, per le quali hanno richiamato alcuni degli artisti più amati delle serie precedenti, così come due sono anche le sigle di chiusura, anche stavolta brani di artisti occidentali famosi: "Freek 'n you", brano r'n'b del 1995 dei Jodeci (gruppo di cui uno dei membri si chiama... Jojo!), e l'austera "Modern crusaders" degli Enigma, che fa da ponte tra la terza e la quinta serie ricordandoci come Giorno e compagni siano qualcosa di diverso, seppur simile, rispetto al gruppo di Jotaro.
Ci aspettavamo una canzone in italiano e siamo rimasti delusi? Niente paura, come da tradizione della serie, anche Vento Aureo ci offre una sorpresa in questo senso, con la consueta versione speciale della opening dedicata al cattivo che fa la sua comparsa verso la fine...

 

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Vento Aureo forse non sarà la miglior serie di JoJo. È strana, è particolare, i personaggi sono talmente bizzarri che possono non piacere, la storia è un po' pasticciata, ma c'è tanto cuore dentro: sia da parte dell'autore originale, che vi ha riversato dentro tutte le sue passioni, il suo strano ma indubbio amore per l'Italia e ha creato una storia che comunque lascia qualcosa dentro, veicolando bei messaggi; sia da parte della casa d'animazione, che ha svolto un ottimo lavoro dal punto di vista tecnico per valorizzare l'opera originale, visibilmente divertendosi un mondo. Di certo non lascia indifferenti, e questo è un buon risultato. Magari non ci resterà nel cuore a vita, perché preferiamo Jotaro o Joseph a Giorno; magari invece sì, e ci avrà aiutato a entrare nell'assurdo ma emozionante universo di JoJo. Chissà. Quel che certo è che gli siamo grati di averci regalato questa bella versione animata della quinta serie, e siamo ancora più grati del fatto che a breve avremo, su Netflix, la sesta.