La grande avventura di Dai, manga di Riku Sanjo e Koji Inada ispirato ai videogiochi di Dragon Quest, ha goduto di un buon successo tra la fine degli anni ottanta e tutti gli anni novanta, garantendosi una pubblicazione durata otto anni, una serie animata, film d’animazione, una buona quantità di gadget e una certa fama anche in Italia, tra la pubblicazione del manga per Star Comics e la trasmissione della serie animata fra JTV e Italia 1.
C’era una sola, imperdonabile macchia in tutto questo: la cancellazione della serie animata dopo il primo anno di programmazione, in seguito a una riorganizzazione del canale televisivo che ha cancellato lo spazio dedicato ai cartoni animati. Così facendo, chi ha seguito soltanto l’anime del 1991 ha potuto godere soltanto di un antipasto, che per quanto succoso lasciava poi l’amaro in bocca, non permettendo allo spettatore di assistere nella sua interezza alla storia articolata e all’evoluzione dei personaggi del fumetto.

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La notizia di un nuovo adattamento animato, rifatto ex novo, che prevede di narrare tutta la storia del manga, è stata accolta come un miracolo: chi avrebbe mai pensato di vedere un remake di una serie così vecchia e legata ad un franchise che ha già diverse altre incarnazioni che è possibile sfruttare?
Eppure, eccolo qui, preceduto da mesi di continue live su Youtube, dove il nuovo progetto è stato presentato nei minimi dettagli, potendo toccare con mano l’entusiasmo dello staff, dei doppiatori, dell’autore originale, di quanto Toei Animation, Shueisha e Takara/Tomy ci stiano puntando, con iniziative collaterali, merchandise di ogni tipo, nuovi manga, videogiochi e quant’altro.
A tre settimane dal debutto, com’è il nuovo anime di La grande avventura di Dai? Andiamo con ordine, analizzando per bene i tre episodi sinora usciti.

Episodio 1 – Dai, l’eroe piccolino

La serie colpisce sin dai primi istanti, in quanto ciò che ci aspetta nel primo minuto e mezzo, appena finito lo stacchetto col logo della Toei Animation, è qualcosa che non lascia indifferenti i fan storici: un clip show di ciò che porta all’incipit della serie, un mix di scene che nel manga vengono mostrate piuttosto avanti nella storia e animazioni inedite relative sempre a cose che nel manga si vengono a scoprire più tardi. Per un minuto e mezzo il regista Kazuya Karasawa mostra il suo talento e il suo grande amore per la serie, che continua a studiare scrupolosamente tramite la lettura del manga (come ben sa chi ha seguito le sue live su Youtube e segue i suoi tweet settimanali all’uscita di ogni puntata). Tre scene, apparentemente scollegate tra loro, che però sono connesse e assumono un significato ben preciso, rivelandoci a posteriori il senso ultimo della serie stessa, grazie alla voce pronunciata dalla voce fuori campo: “Gli esseri umani sono capaci di fare cose impensabili…”. Un “Dai in a nutshell” in un minuto e mezzo che continua a giocare coi sentimenti dei fan di vecchia data e con i meccanismi della regia, mostrandoci piccoli ma bellissimi tocchi di classe come i riflessi nell’occhio del drago che diventano lacrime e poi tornano ad essere riflessi nell’occhio del drago… lo stesso drago che apriva la sequenza della opening della serie anni novanta!
I fan che hanno seguito la storia di Dai nelle sue varie versioni nel corso degli anni non possono che andare in sollucchero nel vedere questa breve ma importantissima sequenza, che altro non è che una promessa da parte del regista: “Io sono uno di voi, vedrete che non vi deluderò”. E, del resto, non possiamo che dare la nostra massima fiducia a uno che alle live si mette il cappellino di Gome e va in giro a fare “Pipipiii!!!” e che, nonostante ci stia lavorando e quindi sappia benissimo come va a finire la storia, ogni settimana è lì a scrivere su Twitter “Non riesco ad aspettare la prossima settimana, voglio sapere come va avanti La grande avventura di Dai! Nell’attesa, calmiamoci un po’ e leggiamo il manga…”.


Tra i tre sinora usciti, il primo episodio è quello che ha le maggiori differenze rispetto al manga. Ovviamente, come già nella vecchia versione, adatta i primi due capitoli del manga (il primo episodio pilota “Delpa! Iru Iru!”), ma se nella versione anni novanta il manga era seguito pedissequamente, qui la storia di base è la stessa ma cambia l’ambientazione. Dai, infatti, non insegue il gruppo di Derolin fino al regno di Romos, ma lo scontro avviene su una nave al largo dell’isola Dermulin, perciò le dinamiche della battaglia, pur rispettando i punti fermi dell’originale, sono completamente riscritte. Mancano sia una serie (comunque trascurabile) di gag a sfondo piccantello e un paio di sequenze un po’ più splatter dell’originale, sia un paio di elementi come i mostri misteriosi usciti dai tubi dorati (la cui identità Dai scoprirà solo molto più avanti nel fumetto), qui sostituiti da un drago e da un King Slime. Inoltre, dato che Dai non giunge a Romos ma incontra il re in un altro contesto, un paio di cosette della saga di Crocodyne saranno inevitabilmente modificate in futuro.
Poco male, perché la storia di base è quella e il cambiamento dell’ambientazione ci permette di avere una battaglia molto più dinamica, a cui prende parte persino nonno Brass, dove gli animatori si sono scatenati a giocare con la grafica 3D per creare scene di combattimento fluide e spettacolari.
Non mancano in ogni caso tanti piccoli tocchi di classe (la nave dove si svolge la battaglia, che porta il re di Romos a Papunica, è la stessa che poi porterà lo stesso Dai da Romos a Papunica dopo la saga di Crocodyne) e tantissimi atti d’amore nei confronti della più che trentennale saga di Dragon Quest: i mostri amici di Dai che abitano l’isola Dermulin infatti sono stati modificati, inserendo anche creature come il Koguar o il MagicLips che all’epoca del manga non erano ancora state create, comparendo solo a partire da giochi successivi all’uscita del primo capitolo.

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Il character design di Emiko Miyamoto (Mahoutsukai Precure) è molto gradevole, di stampo classico ma interessante nel suo reinventare e dare un aspetto più definito a personaggi che nel corso della serializzazione del fumetto hanno cambiato look e stile più volte. La serie è coloratissima e l’uso combinato di animazioni tradizionali e computer grafica rende i combattimenti spettacolari e molto piacevoli da vedere. Un po’ meno piacevole la computer grafica usata per i mostri dell’isola Dermulin, ma è uno stile che ci ricorda molto da vicino i titoli in 3D della saga di Dragon Quest, ed essendo di fatto la stessa avventura di Dai un tassello della grande storia di Dragon Quest, accettiamo la cosa di buon grado e con una certa voglia di tornare a riprendere i nostri videogiochi.

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La nuova versione perde gli iconici score di Koichi Sugiyama, direttamente usciti dai videogiochi, che erano presenti nella vecchia, ma in cambio guadagna alle musiche Yuki Hayashi, uno dei compositori più talentuosi e di grido del periodo, che ormai da 10 anni non sbaglia un colpo e che anche qui ci regala diversi brani decisamente epici, che avevamo già conosciuto nei vari trailer e nelle live, ad impreziosire le scene clou e a farci venire subito voglia di comprare il cd con la colonna sonora. Qualche fan è scontento della perdita, data l’indubbia qualità dei brani simil epici-cavallereschi di Sugiyama, che continuano a far bella mostra di sé nei videogiochi ma che forse, a lungo andare, si rivelano poco adatti a La grande avventura di Dai, che parte come un fantasy cavalleresco ma è anche uno shounen di Jump e che quindi ha bisogno di musiche più epiche e moderne per esaltare le sue battaglie.
Tanti i doppiatori vecchi e nuovi coinvolti nel progetto: non si può non notare il sempre professionale e apprezzabilissimo Takahiro Sakurai nelle vesti di voce narrante, in attesa di sentirlo in tutto il suo splendore nella parte di Avan, ma il plauso maggiore va alla giovane Atsumi Tanezaki, la doppiatrice di Dai. Il suo è un compito non facile, dato che deve sostituire l’amatissima Toshiko Fujita, voce storica del personaggio scomparsa un paio d’anni fa, ma chi ha seguito le live su Youtube può testimoniare il grandissimo amore ed entusiasmo che la Tanezaki sta mostrando nell’interpretare il suo personaggio, con vigore ma anche una certa tenerezza.

Episodio 2 – Dai e la principessa Leona

I tre capitoli del secondo pilot “Dai bakuhatsu!”, che nella vecchia versione erano diventati gli episodi 2 e 3, qui vengono miracolosamente riassunti in uno solo. Il ritmo è naturalmente un po’ rapido, ma a parte un paio di dialoghi di poco conto e qualche ininfluente modifica il tutto è esattamente come nel manga.
Dai fa la conoscenza di Leona, principessa senza peli sulla lingua che diventerà un personaggio fondamentale del racconto, nonché uno dei motori che spingerà il piccolo Dai a partire all’avventura. E’ uno dei personaggi che, nel corso del manga, cambiano maggiormente, sia a livello caratteriale sia a livello grafico, e perciò è particolarmente interessante vedere come è stata resa in questa nuova versione: qui Leona riacquista i capelli castano chiaro che aveva nel manga, a differenza del vecchio anime dove era bionda (allo stesso modo, Brass è azzurro invece che rosso), e risulta disegnata in maniera un po’ differente dal manga, dove tuttavia il personaggio viene rielaborato graficamente più e più volte nel corso della storia, perciò siamo molto curiosi di vedere se e come cambierà anche qui.
Saori Hayami, la nuova doppiatrice del personaggio, è qui chiamata a confrontarsi con il mostro sacro Aya Hisakawa, la sua precedente doppiatrice, che le aveva dato un tono maturo ma sbarazzino, simile alla sua Arimi di Marmalade Boy. La Leona di Saori Hayami ha una voce un po’ languida e antipatica, ma va bene per come viene presentato il personaggio in questo episodio, bisognerà valutare il suo lavoro in base alla crescita del personaggio e ai diversi contesti in cui apparirà in futuro.

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Fiore all’occhiello di questo episodio sono le scene di battaglia. Rispetto al primo, ci sono più magie, i cui effetti sono molto spettacolari, e decisamente ben reso è il mix di animazione tradizionale e grafica 3D con cui è reso il combattimento contro la Killer Machine, talmente coinvolgente da farci quasi dimenticare la grafica 3D con cui è animato.
Poche spiegazioni vengono date riguardo al misterioso emblema apparso sulla fronte di Dai e sui poteri di cui è improvvisamente entrato in possesso, ma è così anche nel fumetto: Dai non ne è conscio, dimentica tutto alla fine del combattimento, e il mistero dell’emblema gli verrà svelato a poco a poco lungo la sua avventura. In origine, questo episodio era un pilot, e gli autori chiaramente non si sono voluti giocare subito tutte le carte, mostrando quanto basta per incuriosire lo spettatore.
Non so in base a quale miracolo si sia riusciti a condensare tutta questa parte della storia in un solo episodio senza perdersi nulla. Forse stanno correndo un po’ troppo, ma fintanto che non ci si perde nulla, togliersi subito il sassolino della parte “introduttiva” per arrivare subito all’inizio vero e propria dell’avventura non è un’idea così malvagia.

Episodio 3 – Il mentore dell’eroe

Terzo episodio che unisce due capitoli e mezzo del fumetto e gli episodi 4 e 5 della vecchia serie. Anche qui è strabiliante come siano riusciti a condensarli in maniera efficace senza davvero perdersi nulla, a parte qualche piccolo dialogo di poco conto.
Il nostro piccolo eroe comincia il suo addestramento con il suo maestro tanto bizzarro quanto figo, e fa la conoscenza del suo “senpai”, il mago fanfarone Pop, il personaggio che maggiormente siamo contenti di rivedere. “Ma chi è questo sfigato? I lettori lo odieranno, fatelo immediatamente uscire di scena” disse l’editor di Shueisha a Inada e Sanjo alla prima apparizione di Pop. “Non dica così, vedrà che Pop ce la metterà tutta, d’ora in poi…” risposero gli autori.
E sì, Pop ce l’ha messa davvero tutta, elevandosi al rango di coprotagonista (spesso e volentieri anche più interessante di Dai) e risultando all’unanimità il personaggio più amato dai lettori, perciò siamo felicissimi di poterlo vedere nuovamente in azione, divisi tra l’impazienza di vedere la sua straordinaria evoluzione da comprimario sfigato a degno coprotagonista e il desiderio che gli autori del nuovo anime ce la facciano godere con calma, senza tralasciarne neppure un elemento.
Teniamolo d’occhio, il mago fanfarone vestito di verde, perché se tutto va come deve andare (e per il momento non abbiamo motivo di dubitarne) lo ameremo più di ogni altro personaggio della serie.

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Tra gli elementi più iconici della vecchia serie non si possono non nominare le sigle, “Yuusha yo, isoge!” e “Kono michi, waga tabi” di Jiro Dan. Essendo la seconda la versione cantata della melodia dei titoli di coda di Dragon Quest II, si può facilmente supporre come lo stile delle vecchie sigle sia esattamente quello epico-cavalleresco di stampo medievale degli score di Koichi Sugiyama.
Uno stile senza dubbio peculiare, ma forse poco adatto a un anime nato dal sodalizio di Shueisha e Toei Animation, andato in onda nello stesso periodo in cui Dragon Ball Z “spaccava” con le rockeggianti e potentissime sigle di Hironobu Kageyama.
Le nuove sigle personalmente le trovo un po’ insipide a livello musicale: non sono brani particolari come le vecchie, né sono particolarmente accattivanti. "Avrei preferito una opening sullo stile della sigla di Rayearth", ho commentato guardando l'episodio. "Avrei preferito una opening come la sigla di Dragon Ball GT", ha commentato un mio caro amico giapponese. E non gli posso dar torto. Eppure, i Macaroni Enpitsu, la band che le interpreta, godono di un buon successo nell’ultimo periodo e persino il regista Karasawa è un loro grandissimo fan.
La ending è di fatto un “remake” della vecchia, con i tre personaggi principali Dai, Pop e Maam che viaggiano qua e là, guidati dal maestro Avan, mentre già più interessante è la opening, che oltre a mostrare per bene ciò che ci aspetta nella prima parte della serie, facendoci vedere la struttura delle fila nemiche e anche qualche combattimento clou, ci mette anche diverse pulci nell’orecchio su cose future, impercettibili per chi non conosce l’intero manga, che non ha senso mostrare adesso ma che ancora una volta ci suonano come una garanzia del fatto che andremo oltre il vecchio anime, adattando l’intero manga, che è quello che i fan vogliono e aspettano da una ventina d’anni a questa parte, e se finalmente lo avremo non possiamo che esserne contenti.

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Tre episodi che non hanno adattato il manga sempre in maniera fedelissima, qua e là c’è stato qualche cambiamento di poco conto, ma l’amore dell’intero staff nei confronti di questo progetto è insindacabile. Ci stanno puntando tantissimo, con tanto amore e impegno, lasciandoci intendere che non ce ne pentiremo. E per il momento non abbiamo motivo di farlo, possiamo solo sintonizzarci su Crunchyroll ogni sabato mattina e tornare a emozionarci con la grande avventura dei nostri sogni.