Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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7.5/10
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Vi ricordate come eravate a diciassette anni? Le paure, le speranze, i primi amori, le giornate passate con gli amici, l’entusiasmo, la voglia di spaccare tutto e... i timori - spesso infantili - per il futuro. Se oggi di anni ne avete molti di più e la vostra quotidianità corrisponde alla vita “adulta”, quel periodo potrebbe apparirvi come un ricordo nemmeno tanto sbiadito, e voltandovi indietro potreste anche sorridere con nostalgia. È un po’ la situazione di Kaizaki Arata, ventisettenne licenziatosi dalla sede di lavoro dopo un episodio che lo ha definitivamente allontanato dall’azienda che lo aveva assunto poco tempo prima.
Questa è una storia ben più delicata di ciò che sembri: deluso dal comportamento arrivista e spietato di alcuni suoi colleghi, disoccupato e sfiduciato dal mondo stesso, Arata à sulla buona strada per isolarsi dal mondo come uno dei tanti falliti rientranti in quella categoria di persone che vien definita con l’appellativo di “NEET”. Le prospettive non sono rosee, ma ecco l’incredibile antefatto: una sera, di ritorno a casa, il nostro protagonista incontra un ragazzo, probabilmente coetaneo, che gli propone qualcosa di tanto assurdo quanto fantascientifico (!)...
...Se grazie a un medicinale segreto vi dicessero che fosse possibile rivivere un solo anno di scuola nei vostri “vecchi” panni di adolescente, in modo da far riemergere chi eravate, il carattere che possedevate, e rivivere la sensazione di quelle innocenti aspettative, accettereste? Ma sia chiaro, c’è un contratto a cui attenersi: si tratta di un esperimento, una sorta di esperienza di vita che sarà seguita passo passo da giovani “relatori” intenti a monitorare le vostre azioni e decisioni, con uno scopo ben preciso... migliorare la vostra attitudine col mondo.
Comincia così l’incredibile avventura di Arata nei panni del sé stesso di dieci anni fa, alle prese con una realtà completamente differente e coi sogni degli adolescenti di oggi, tramite un viaggio che gli riserverà sensazioni e sorprese inaspettate.

Sembrerebbe l’incipit di un racconto fantascientifico, ma il pendolo che oscilla fra un plot futuristico e un vago e imprecisato sovrannaturale è solamente un pretesto, un appiglio che inizialmente sembrerebbe puntare verso un quadro apparentemente distopico, per poi raccontare una storia d’introspezione adolescenziale che metterà in risalto i primi amori - uno in particolare, pronto a rivelarsi ben complesso e ricco di nodi da sciogliere.
L’anime parte con le migliori intenzioni e sfoggia una brillantezza davvero esaltante: si mette subito in risalto come non sia affatto semplice tornare diciassettenni solo nell’aspetto, cercando di “ingannare” i nuovi compagni di scuola; il disagio di non riuscire a inserirsi nella fascia d’età che ora Arata è costretto ad occupare è palpabile. L’istinto iniziale è quello di comportarsi come sempre, ovvero come un uomo di quasi trent’anni, svogliato, affatto spensierato, molto meno scattante ed energico, decisamente più pigro e mentalmente incline ad elargire consigli e giudizi più che ad agire impulsivamente. L’umorismo frizzante dei primi episodi verte proprio su questi elementi, sempre brillante, divertente e mai fuori luogo, accompagnato da una colonna sonora dalle note di un sapore “casual” jazz allegramente persuasivo, tanto da trasformare alcune battute in veri e propri sketch che ricordano un cabaret di provincia. Man mano che la vicenda si evolve, lo scoppiettante umorismo, efficace e valorizzante, basato su gag di vario genere (dove l’imbarazzo fa da padrone) lascia lentamente il posto a una parte centrale più introspettiva: ci si focalizza sulle varie personalità, caratteri e vicende dei compagni di classe del protagonista, mettendo in risalto lo stridente contrasto fra ingenuità del mondo adolescenziale e scaltrezza, egoismo e marciume navigato della realtà adulta, capace di acuirsi soprattutto in ambiente lavorativo e negli ancor più falsi e ipocriti rapporti interpersonali, dove presto o tardi - come talvolta accade nella realtà - finiranno per deteriorarsi così tanto, da allontanare il cuore delle persone per sempre.
Se ne evince un quadro malinconico ma al tempo stesso realistico, che può dare adito a profonde riflessioni: ogni età possiede le proprie difficoltà e, a conti fatti, non esistono problemi troppo grandi o troppo piccoli, ma semplicemente problemi proporzionati all’età in cui ci si trova e che si è costretti ad affrontare. Un problema rimane un problema e come tale andrebbe affrontato, non rifuggito, onde ritrovarselo più avanti di nuovo fra i piedi, più grande, spigoloso e ingestibile di prima.

È in questa fase che il “giovane” Arata, dall’alto dei suoi quasi trent’anni ma dal volto di uno spensierato sbarbatello, alla stregua di un fratello maggiore, riesce spontaneamente a dispensare giusti consigli e inaspettate perle di saggezza, facendo riaffiorare dentro sé quell’empatia e quella gentilezza che la squallida quotidianità in cui si era lentamente sedimentato aveva tentato di cancellare. Lo scontro di due generazioni distanti dieci anni fa scintille solo inizialmente e, man mano che il tempo passa, il nostro non-più-giovane eroe comincia ad amalgamarsi perfettamente ai suoi nuovi compagni, così tanto da cominciare ad apprezzare, forse troppo, questa “seconda chance”. Com’egli ben rimembra, tutto ciò un giorno per contratto finirà, ed egli dovrà tornare alla sua vita da adulto. Ma sarà davvero pronto?

Nella sua brevità, la serie ha un andamento altalenante; subisce una flessione d’attrattiva nella prima metà, perdendosi un po' troppo dietro particolari di scarso interesse, nonostante si focalizzi a fondo sulle vicende e sui problemi dei personaggi secondari. Verso la seconda parte, la storia finalmente decolla, mettendo abilmente in luce i reali motivi che hanno condotto Arata ad abbandonare il suo precedente lavoro, e a disprezzare l’attuale società in cui, probabilmente, si è sempre sentito un pesce fuor d’acqua.
Nonostante un’ottima gestione delle note drammatiche, lo spartito di “ReLIFE” pare in qualche tratto un po' superficiale e incompleto: se le basi risultano ottime, sembra che di tanto in tanto ci si concentri troppo su situazioni paradossali figlie di eccessi adolescenziali, ansie e incertezze di quell’età, esasperandole oltre il richiesto, tessere del banale puzzle che una volta completo, tuttavia, ci mostrerà una morale saggia e positiva. Concetti apprezzabili e importanti, ma quantomeno criticabili per via dei ragionamenti contorti e pretestuosi che gli autori scelgono di adottare per giungere a tali conclusioni; quando questo si verifica, l’esito assume un sapore artefatto, poco credibile: forzature che sarebbe stato saggio evitare, o quantomeno smorzare.
Altresì, taluni approfondimenti di grande intensità e di una certa drammaticità vengono svolti in modo più che soddisfacente: “ReLIFE” - e questo è il suo punto forte - non si tira indietro quando si decide a parlare di mobbing, discriminazione sessuale in ambito lavorativo e in altre simili, incresciose situazioni dove le donne tutt’oggi vengono sfruttate, vessate, schernite, sottovalutate in quanto “donne”, per non parlare delle conseguenti ed eventuali ripercussioni psicologiche a cui tutto questo può portare; in un Paese competitivo, fin troppo quadrato e dall’eccessivo orgoglio come il Giappone, bassezze simili possono rivelarsi ancor più dannose del preventivato, soprattutto se si naviga in acque lavorative infestate da squali insensibili e gente senza scrupoli.
La cura e i particolari d’insieme lo rendono un prodotto pregiato ma incompleto, sia per scelte narrative un po' dispersive sia a causa della decisione di non concludere la storia dopo i tredici episodi canonici, ma di lasciarla in sospeso, per definire il tutto coi quattro OAV finali d’egual durata (anche se questa recensione valuta l’opera finale nella sua interezza).

Per quanto riguarda il comparto audio, oltre all’intrigante colonna sonora in stile jazz improvvisato, sono da annotare le numerose ending, sempre differenti, con ritmi e stili completamente eterogenei fra loro, spazianti dagli anni novanta agli anni sessanta, mai noiose o fuori luogo, capaci di donare un colore ancor più originale e il giusto ritmo alla storia: senza dubbio, una delle cose più belle di “ReLIFE”. Nota positiva anche per l’opening, orecchiabile e capace di rimanere in testa sin da subito.

Per poter giudicare interamente “ReLIFE”, come fatto notare poc’anzi, ho deciso di considerare anche i quattro OAV addizionali: un surplus che chiude tutte (o quasi) le porte aperte, sistema le questioni di cuore e, purtroppo, ci prepara a un finale forse telefonato, forse fin troppo semplice, sicuramente gradevole, ma davvero troppo frettoloso. Negli ultimissimi minuti si ha l’impressione che debba accadere qualcosa di necessariamente complicato, probabilmente sofferto, ma il tutto viene risolto in pochi istanti, ricorrendo a una sbrigatività che a mio avviso svilisce il climax imbastito fino a quel punto: un autentico coito interrotto. Che delusione!
Nonostante questo amaro punto debole, gli OAV si mostrano ben più incisivi e intensi delle puntate precedenti, incentrati finalmente in modo concreto sulle vicende principali; ecco che finalmente possiamo apprezzare appieno le note di un romanticismo soave, giovane e frizzante, palpitante come sono gli amori adolescenziali, condito da reazioni umane realistiche, veraci, dirette e oneste, senza tanti giri di parole e inutili cliché.
Il livello artistico non muta, rimane discreto per tutta la serie, con animazioni gradevoli e un mosaico d’insieme sufficientemente piacevole.

Considerando l’opera nella sua totalità, possiamo dire di essere di fronte a un buon lavoro che tuttavia presenta buchi e pecche non di poco conto.
Scorrevole, con ottimi spunti di una certa profondità emotiva, un’introspettiva e un’etica di degno spessore, “ReLIFE”, delicatamente sensibilizza l’opinione pubblica verso la questione dei NEET, realtà giapponese da non prendere sottogamba, e si permette di farlo in un modo davvero attento e intelligente.
Il tutto va a concludersi in un finale dolcissimo, tenero da far scuotere il cuore, ma troppo, troppo sbrigativo, ed è questo il peccato più grande.

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L’influenza che i vari tipi di società umana hanno sul comportamento individuale è da sempre oggetto dell’interesse di diverse discipline umanistiche e scientifiche: l’io in cui ognuno di noi si riconosce non è solo il risultato delle sue attitudini, delle sue qualità e dei suoi difetti, ma è determinato anche dal tipo di società in cui vive, con il suo tipo di cultura, le sue abitudini e i suoi modelli consolidati di comportamento. Il fatto che si nasca a Tokyo, a Nairobi o a Pollena Trocchia non può essere considerato come una variabile di scarsa importanza nella formazione e nello sviluppo della mentalità di un individuo, ma, a parità di caratteristiche “corporee”, determinerà la nascita di tre tipi di personalità molto diversi l’una dall’altra.
Questo accade perché l’uomo tende ad adattarsi alla società in cui vive, imitando il comportamento di chi gli sta attorno e assorbendo il complesso delle regole che la dominano; ed è proprio questa sua attitudine all’adattamento a favorire la socializzazione o almeno la pacifica convivenza tra le persone. Questo non deve far pensare che quello fra uomo e società sia sempre un rapporto idilliaco; al contrario, invece, esso produce una lunghissima serie di fenomeni negativi che possono condizionare pesantemente la vita di una persona.
“Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai” è un anime che parla proprio di alcuni di questi fenomeni, amplificandone gli effetti sui vari individui coinvolti, fino a farli diventare la causa di fenomeni sovrannaturali.

In un giorno qualsiasi Sakuta Azusagawa, un normale studente delle superiori, incontra in biblioteca una bellissima ragazza vestita da coniglietta che cerca in tutti i modi di farsi notare dai presenti. I suoi tentativi, però, risultano inutili, in quanto il solo Sakuta riesce a vederla. Incuriosito dalla vicenda, il ragazzo decide di indagare, e scoprirà che il nome della ragazza è Mai Sakurajima, un’attrice molto famosa che frequenta la sua scuola. Dopo essersi presa un periodo di pausa dallo showbiz, Mai aveva cominciato ad andare a scuola solo a partire dal secondo trimestre, quando ormai tutte le amicizie fra gli studenti si erano consolidate; proprio per questo la ragazza appariva invisibile agli occhi degli altri, prima in senso figurato e poi, un po’ alla volta, anche in senso reale.

In molti hanno paragonato questo anime ai vari “Monogatari”, in quanto anche in queste opere si utilizzava lo strumento sovrannaturale per parlare del difficile rapporto degli adolescenti con la società. Che “Monogatari” possa essere stata una fonte di ispirazione per l’autore è molto probabile; la presenza di molti elementi in comune è un fatto incontestabile. Ma, se questo è vero, bisogna anche sottolineare che i due titoli hanno un’anima molto diversa, in quanto al nostro “Bunny Girl Senpai” manca quella che è la vera componente distintiva dei “Monogatari”, ossia la verbosità ossessiva. In più esistono anche altri titoli che, per struttura e caratteristiche dei personaggi, sono molto simili a questo anime, forse anche più di “Monogatari”. Giusto per citarne un paio, menzionerò “Kanon” e “Clannad”, i due capolavori della Key: stessa struttura ad archi, stesso tipo di situazioni e, soprattutto, stesso tipo di dialoghi.
Al pari dalle opere a cui forse si ispira, devo dire di aver trovato questo “Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai” assolutamente fantastico.
La sceneggiatura, a mio avviso, è tra le migliori nel suo genere. L’anime, infatti, vuole essere più di una semplice commedia, in quanto mette sotto i suoi riflettori alcune problematiche sociali (alcune poco considerate, altre ben conosciute) legate all’adolescenza e capaci di avere effetti permanenti sulla personalità di un individuo. Queste problematiche all’interno della storia vengono chiamate “sindrome dell’adolescenza”, quasi a voler paragonare certe brutture della società a una malattia; gli effetti, invece, sono rappresentati da fenomeni sovrannaturali come l’invisibilità, lo sdoppiamento o la capacità di tornare indietro nel tempo, e il motivo, secondo la mia personale interpretazione, è che l’anime vuole sottolineare come gli effetti della “malattia” possano essere del tutto sproporzionati rispetto alle sue cause.
Quindi, “Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai” va considerato come un anime di denuncia sociale? Rispondere a questa domanda è difficile, anche perché prima dovremmo chiarire bene cosa intendiamo per anime di denuncia. Personalmente liquiderò la questione definendolo semplicemente come una divertente commedia che propone diversi spunti di riflessione.

Un altro dei tanti punti di forza di questo anime sono i suoi personaggi. Sakuta incarna la tipologia di protagonista maschile che preferisco, quello dotato di un senso dell’umorismo “scorretto”, in cui abbondano ironia e sarcasmo, e che sa prodursi in allusioni sessuali senza mai essere volgare. Mai, da questo punto di vista, incarna la sua compagna ideale, in quanto è capace di dare del filo da torcere all’abilità oratoria del protagonista. I dialoghi fra i due sono un qualcosa da ascoltare e riascoltare, in quanto, se, come ho già detto, non sono dotati della verbosità degli attori di “Monogatari”, sono però dotati di una brillantezza eccezionale, fatta di stoccate, parate e contrattacchi fulminei.
Anche i personaggi secondari sono gradevolissimi e, così come per i due principali, è molto facile affezionarsi a loro e seguire le loro storie con grande partecipazione. Una menzione particolare la meritano Futaba e Kunimi, i due soli amici di Sakuta; il rapporto fra i tre, che poi sarà l’oggetto di uno dei vari archi, è davvero molto bello.

E veniamo al comparto tecnico: anche qui nulla da dire, il livello grafico è di altissima qualità. Bellissimi i disegni, bellissima la colorazione. Niente da ridire nemmeno per quanto riguarda la colonna sonora: se mai mi trovassi a correre a perdifiato, credo che nelle mie orecchie risuonerebbe “Kimi no Sei”, la bellissima sigla d’apertura.

In conclusione, l’anime della “coniglia” (come scherzosamente semplifichiamo il lunghissimo “Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai”) mi ha decisamente conquistato e, in tutta verità, non si trattava affatto di una missione impossibile, dati i miei gusti personali. L’unica cosa che gli rimprovero è l’essere stato troppo breve, il formato da dodici episodi limita troppo prodotti di questo tipo; va beh, speriamo che in futuro ci siano altre occasioni per rivedere all’opera Sakuta e compagni.

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Masakazu Katsura, dopo i successi ottenuti con Video Girl Ai, lascia temporaneamente i manga per dedicarsi insieme a Sukehiro Tomita - sceneggiatore conosciuto per aver curato, tra gli altri, anime come Kiss me Licia, Capricciosa Orange Road e Yu degli spettri - alla scrittura di un romanzo composto da tre racconti. L'inedita accoppiata di artisti ha dato vita a un libro che, anche se non passerà alla storia, è estremamente gradevole.
Premessa importante per chi non ha letto il manga: cosa sono le videogirl? In poche parole sono delle ragazze che si materializzano quando vengono riprodotte alcune particolari videocassette. Una videogirl ha il compito di assistere i ragazzi puri di cuore - gli unici che possono noleggiare le loro videocassette - che hanno subito una delusione d'amore e continuano a pensare al bene degli altri più che a se stessi; la sua vita è limitata alla durata del nastro (pochi giorni) e non può provare sentimenti per il suo assistito.
Dopo questa breve introduzione diamo un'occhiata ai racconti che compongono il romanzo:

Video Girl Ai Amano
Chi ha letto il manga conosce già la storia: in pratica si tratta del racconto dei primi dieci capitoli del fumetto. Yota Moteuchi, innamorato di Moemi, non riesce a dichiararsi perché sa che la ragazza è infatuata del suo migliore amico Takashi; un giorno Yota si imbatte in uno strano videonoleggio e ne esce tenendo in mano una videocassetta dal titolo "Io ti consolerò - Ai Amano". Quando Yota inserisce la cassetta nel videoregistratore, scopre che nella sua stanza si è materializzata una ragazza intenzionata a mettere in risalto i suoi lati migliori e a fare in modo che dichiari il suo amore a Moemi.
Video Girl Yu Kagetori
Shuji, innamorato di Miyuki, scopre di avere un temibile rivale in amore: il fratello Yuichi, che è molto più bello e bravo negli studi e nello sport di lui. In suo soccorso giunge la videogirl Yu, che non se la passa particolarmente bene: ha fallito la sua prima - e unica - missione non riuscendo a confortare il ragazzo che l'aveva noleggiata, e un nuovo fiasco vorrebbe dire per lei il ritiro definitivo dal noleggio e la cancellazione del suo nastro. Yu ha davanti a sé un'impresa epica, ma nonostante l'inesperienza si mette a disposizione di Shuji per infondergli sicurezza e migliorare la sua autostima.
Video Girl Yume Koyama
Yume è una veterana tra le videogirl e sta meditando di ritirarsi a vita privata. Per la sua ultima missione il gestore del Gokuraku - il videonoleggio riservato ai puri di cuore - ha preparato una sorpresa: dovrà assistere una ragazza. Yume si ritrova così in compagnia di Miho, una ragazza innamorata di Takeshi (suo amico da molto) che da quando sono iniziate le vacanze estive la tratta con freddezza e trascura lo studio per dedicarsi alle motociclette. Dopo aver assistito insieme a Miho a una spericolata gara motociclistica vinta da Takeshi, Yume trascorre una serata con il ragazzo durante la quale scopre il tormento che lo assilla e che lo ha portato ad allentare il suo impegno nello studio.

I racconti seguono lo stesso canovaccio, ma si fanno apprezzare perché non sono ripetitivi e affrontano diverse sfaccettature del variegato mondo delle videogirl.
Il primo, dedicato ad Ai, è un omaggio all'eroina che ha - di fatto - decretato la fortuna di Katsuura; visto che era impossibile sintetizzare il manga in circa 60 pagine gli autori si sono limitati a una rapida introduzione della storia che delineasse le caratteristiche di Ai e Yota. L'inizio del racconto è ricchissimo di dettagli, Tomita è riuscito a rendere alla perfezione con le parole quello che Katsura ha rappresentato con le sue tavole nella prima pagina del manga; in seguito, per esigenze di spazio, i due sono stati costretti a fare ampi tagli alla storia che altrimenti avrebbe occupato troppo spazio. Non male, ma va visto più che altro come un invito a proseguire la lettura o - se siamo maligni - come lo specchietto per invogliare ad acquistare il romanzo sfruttando il "brand" di Ai.
La storia dedicata a Yu l'ho trovata molto simpatica: quando mai la protagonista è una pasticciona insicura che rischia di essere licenziata in caso di fallimento? Forse è proprio il fatto di avere due persone per cui fare il tifo - Shuji con i suoi problemi di cuore e Yu per la difficoltà del proprio compito - a rendere coinvolgente il racconto. Il finale, a dire il vero, mi è sembrato un po' precipitoso e il modo in cui si risolvono le cose mi è parso più vicino a un miracolo divino che a un qualcosa riconducibile all'opera di Yu; ho apprezzato molto invece le parti in cui la videogirl si tormenta per la paura di fallire la sua missione che non ammette un risultato negativo.
Il racconto di Yume è quello più atipico e coinvolgente dei tre: mai era capitato di vedere una videogirl che volesse ritirarsi dal suo lavoro o intervenire in soccorso di una ragazza. La storia raccontata, dopo un prologo che narra dei sentimenti che Miho prova per Takeshi e dopo l'adrenalinica sequenza della gara motociclistica, tratta aspetti più profondi quando vengono affrontati i motivi che sono alla base del cambiamento del ragazzo. Il lungo dialogo tra Takeshi e Yume è un'interessante riflessione sui valori imposti dalla società nipponica, sulla voglia dei giovani di sovvertirli e di voler decidere da soli il proprio futuro, sui compromessi a cui si deve scendere per esprimere le proprie ambizioni senza rovinarsi la vita. Bello il finale, in cui le difficoltà tra Miho e Takeshi sembrano risolversi quando i ragazzi decidono di fare "un passo avanti" per comprendere le idee dell'altro: questo dovrebbe essere il modo giusto per risolvere i piccoli screzi quando capitano.

All'interno del volume compaiono diversi disegni di Katsura: oltre ai piccoli riquadri dedicati ai proagonisti dei racconti riportati all'inizio del volume sono presenti varie illustrazioni - anche a pagina intera - che spiegano nel dettaglio la scena narrata in quel momento. Oltre a queste immagini sono presenti anche alcune schede dedicate alle videogirl e a Moemi già viste in buona parte nel manga; belle, anche se danno l'impressione di essere un riempitivo.
Chiude il volume un micro manga (tre pagine) che vede le videogirl protagoniste di una giornata alle terme: divertimento nel sentire le chiacchiere in libertà di quattro ragazze che si rilassano, al quale si aggiunge un po' di pepe quando Ai - completamente nuda perché così si deve stare alle terme - cerca di convincere le altre ragazze a togliersi il costume.

Un romanzo che sfrutta il successo del manga al quale è ispirato, ma che propone anche elementi di novità e che non può essere definito come un tentativo di "spillare soldi" ai fan di Ai. Le due storie inedite sono coinvolgenti e saranno sicuramente gradite a chi ama le opere di Katsura e soprattutto Video Girl Ai. Il pubblico a cui è rivolto, però, non è limitato a chi ha apprezzato il manga: anche chi ama le commedie sentimentali potrà trovare interessanti i tre racconti proposti.