Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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Se chiedessi a un qualsiasi appassionato quale filone abbia caratterizzato maggiormente l’animazione giapponese negli anni del nuovo millennio probabilmente questi mi risponderebbe gli isekai, e a occhio potrebbe anche avere ragione; ma un altro gruppo che non stanca mai e che ancora oggi trova una fiorente produzione è quello degli anime che puntano su un cast completamente femminile, soprattutto se composto da ragazze giovani, dolci, carine ed estremamente moe. Le “cute girls doing cute things” non hanno (ancora) conquistato il mondo, ma hanno dimostrato negli anni di poter essere non solo lo specchietto per le allodole per otaku del genere, ma anche un canovaccio su cui poter costruire serie valide e in grado di approfondire una determinata tematica tanto da far appassionare pure chi a quell’argomento non era minimamente interessato. Ed è proprio questo il caso di “Hōkago Teibō Nisshi”, un anime tanto semplice quanto accattivante, incentrato sulla pesca in ambito scolastico.

Protagonista di “Hōkago Teibō Nisshi” (lett. “Diario doposcuola dei frangiflutti”, da qui in poi contratto in “Teibo”) è Hina Tsurugi, quindicenne trasferitasi da Tokyo alla città marittima di Ashikita, situata nel Kyushu, la più meridionale tra le isole principali dell’arcipelago giapponese. Hina è una ragazza felice ma abbastanza timida, appassionata principalmente di piccoli lavori sartoriali nei quali è molto abile e che spera di coltivare come hobby anche nella sua nuova scuola nel club del fai da te. Sulla strada del suo desiderio però si opporrà Yuki Kuroiwa, studentessa della sua stessa scuola al terzo anno che, attraverso piccoli sotterfugi volti a sfruttare l’ingenuità della ragazza, la convincerà ad iscriversi al ‘Club Frangiflutti’, di cui lei è presidentessa, incentrato sulla pesca e sul trattamento di quanto pescato, dalla pulizia fino alla cottura e relativa consumazione. Inizialmente Hina è contraria all’idea, data anche la sua fobia per insetti e animali apparentemente sgradevoli come possono essere i pesci appena pescati, ma dopo vari e buffi tentativi armata di canna e lenza finisce per appassionarsi alle sensazioni che le regala la pesca e decide quindi di entrare a far parte del club insieme alla già citata presidentessa Yuki, l’amica d’infanzia Natsume e la senpai del secondo anno Ono.

Tecnicamente l’anime potrebbe anche finire qui come contenuti, “Teibo” infatti è un piacevolissimo slice of life dove le giornate si susseguono tranquille e spensierate dedicandosi alla pesca del momento con relativi dubbi, problemi, soluzioni e benefici finali. Gran parte del suo fascino risiedono principalmente in due motivi: la forza e la simpatia del cast di protagoniste e la cura dedicata alla pesca nei suoi dettagli e differenze a seconda dei pesci da catturare.
Parlando dei personaggi, riconducibili praticamente ai quattro membri del club più la loro responsabile, la brilla e fervente bevitrice infermiera della scuola Sayaka Kotani, si può dire che la loro forza sono sicuramente le essenziali ma efficaci caratterizzazioni; la timida ma volenterosa Hina, la melliflua Yuki pronta a tutto per privilegiare i suoi interessi ma in fondo più buona di quanto sembri, l’allegra amica disposta a tutto Natsumi Hodaka, già conoscitrice della materia pesca, e la tanto capace quanto silenziosa ma sempre presente senpai Makoto Ono, formano un gruppo eterogeneo e bilanciato in grado di rendere vivaci e divertenti le dinamiche che si sviluppano durante le, teoricamente lunghe e tediose, sessioni di pesca, e sono capaci di ritagliarsi tutte non solo momenti particolari in cui vengono esplorate maggiormente nella loro personalità ma anche il sincero interesse di chi le guarda che finisce, inevitabilmente, per affezionarsi ad ognuna di loro grazie ai loro pregi e difetti. E a testimonianza del loro ottimo ‘lavoro’ c’è il modo in cui sono riuscite a rendere accattivante un’attività come la pesca; personalmente sono un grandissimo appassionato di pesce se si parla di consumarlo ma già pulirlo rappresenta un ostacolo non indifferente, figuriamoci quanto sarebbe pescarlo! Eppure, grazie al clima spensierato e amichevole che si respira in ogni episodio, persino io avrei voluto provare l’ebbrezza di lanciarmi in spericolati tentativi a colpi di canne e retini, destinati probabilmente a concludersi in ingloriosi buchi nell’acqua. Cosa che, fortunatamente, non capita al “Club Frangiflutti” visto che è in grado di sfruttare sia le tecniche di pesca più adatte a seconda della situazione sia la fauna ittica a disposizione: che siano surellini o polpi, gamberi o scorfani, vongole o merlani, nulla sfugge alla ‘furia predatoria’ del club ma allo stesso tempo nulla viene lasciato al caso in fase di preparazione e attività vera e propria; ogni pesce ha le sue caratteristiche e necessita dei dovuti mezzi e accorgimenti per essere pescato e l’anime non si risparmia in dettagli esplicativi in ogni circostanza, partendo dalla canna e alla lenza fino all’esca migliore da utilizzare e pure i movimenti da fare affinché il pesce abbocchi all’amo. Questi particolari arricchiscono ulteriormente la visione riuscendo ad attirare sia l’attenzione degli appassionati sia la curiosità dei più ignari.
E il merito della buona riuscita di queste elementari sessioni di pesca condite da un gruppo di ragazze solari e simpatiche si può ascrivere certamente anche al buon lavoro dello staff che ha curato questa trasposizione; “Hōkago Teibō Nisshi” nasce infatti come manga dal pennino di Yasuyuki Kosaka e diventa anime, purtroppo ufficialmente inedito nel nostro Paese, nel martoriato anno 2020 grazie allo studio Doga Kobo, già avvezzo alla produzione di anime con caratteristiche simili, a cui va fatto un ulteriore plauso visto le difficoltà avute nella realizzazione della serie a causa della pandemia di covid19 che hanno portato a un’interruzione dell’anime andato in onda nella prevista stagione primaverile e ripreso con successo, e medesima qualità, nella seconda parte della stagione estiva, nonostante lo studio avesse altri importanti progetti in lavorazione nello stesso periodo. Complimenti più che meritati quindi possono essere fatti a Takaharu Okuma e Fumihiko Shima che hanno curato regia e composizione della serie così come a Katsuhiro Kumagai che si è occupato del character design della serie rifacendosi all’originale del manga rendendolo sicuramente più banale ma altrettanto gradevole. Gli splendidi fondali marittimi, i colori sempre chiari e brillanti e la animazioni pulite e scorrevoli nella loro relativa semplicità completano una rappresentazione grafica che trasmette egregiamente le sensazioni di tepore, calma e leggerezza che ti aspetteresti da un placido pomeriggio al mare in compagnia di amici pronti a condividere la stessa passione. Discorso questo accostabile anche alle musiche di Miki Sakurai che accompagnano questi pomeriggi assolati, così come è assolutamente apprezzabile il doppiaggio giapponese affidato, nell’ordine, a Kanon Takao (Hina), Natsumi Kawaida (Natsumi), Satomi Akesaka (Makoto) e Yu Sasahara (Yuki) che, come capita spesso in questo genere di anime, sono anche le cantanti delle due simpaticissime sigle, delle quali personalmente ho apprezzato molto l’ending visto che univa l’allegria della musica al fondamentale fattore kawaii rappresentato dalle protagoniste in adorabili versioni super deformed.

Credo di non avere nient’altro da dire su questa serie e probabilmente sono stato anche troppo prolisso perché cinque minuti di un episodio potrebbero riassumere anche meglio i pregi e i motivi che mi hanno fatto volere così bene a quest’anime; ovviamente ha anche aspetti negativi, non è certo la serie che consiglierei a chi non ama gli slice of life, i ritmi blandi o le storie che non portano avanti una trama vibrante e coinvolgente, ma per chi cerca una pausa rilassante tra gli anime che hanno quelle caratteristiche è sicuramente la scelta ideale: non troppo moe e kawaii da risultare stucchevole, non troppo specificatamente incentrato sulla pesca da risultare noioso per i non appassionati e non troppo frivolo sull’argomento da risultare quindi superficiale. In due parole, semplice ma validissima. E dal mio punto di vista, genuinamente adorabile.

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E’ una serie tratta da un webmanga dell'esordiente Rimukoro e trasposta dalla Doga Kobo, casa nota per la produzione di "Himouto Umaru-chan", "Plastic Memories" e "Gekkan Shoujo Nozaki-kun".

"Sewayaki Kitsune no Senko-san", traducibile in "Senko, la volpe indispensabile", appartiene al genere slice-of-life, ovvero è uno spaccato di vita arricchito (in questo caso) di elementi magici mai troppo invadenti. La storia di partenza non è delle più originali, in pratica Nakano Kuroto, un classico impiegatuccio aziendale, sta accumulando una imprecisata energia negativa dentro di sé, e dopo essere stato tenuto d'occhio da alcune divinità, verrà presto affiancato alla piccola Senko, una semidea del raccolto dalla fattezze parzialmente volpine. Sì, è la classica kemonomini con orecchie, coda e gracile corpo da lolita. Al primo sguardo il suo aspetto farebbe pensare all'energica e pestifera di turno, tuttavia il suo carattere è in realtà più simile a quello pacato impiegato per le casalinghe e più in generale per le donne mature, che di norma hanno poca rilevanza nelle storie. La cosa è giustificata dal fatto che, nonostante le apparenze, Senko ha 800 anni, un'età che viene più volte ribadita, anche per cambiare il punto di vista di certi comportamenti "assistenziali". Tra i due comunque si instaurerà subito una buona intesa, e come si può facilmente immaginare, Senko non è l'incaricata per puro caso.

Ma quale sarà dunque il piano per salvare questo giovane scapolo dall'oscurità che si porta appresso? Presto detto... coccolarlo, viziarlo e ancora coccolarlo. In pratica Senko non farà altro che assumere le veci della mogliettina premurosa e al contempo dell'animaletto domestico, occupandosi di fornirgli un pasto caldo, una casa in ordine e dandogli un minimo di contatto umano, permettendo a Nakano di accarezzargli la vaporosa coda dorata che si porta appresso, una parte del corpo verso cui il giovane pare avere, per la sua morbidezza, un'adorazione feticista. Non mancano poi casi più intimi come: pulitura delle orecchie, massaggi ashiatsu e lavaggio schiena, ma sono casi isolati. In parole povere, il compito della semidea sarà quello di alleviargli ogni sera il logorio della vita moderna.

I personaggi mostrati saranno veramente pochi e quelli che meritano di essere menzionati si possono tranquillamente restringere a due: la disordinata vicina-mangaka Kuonji, la cui sagacia è seconda solo al disneyano Pippo negli episodi contro la povera strega Nocciola, e poi la candida Shiro, un'altra semidea volpina dal carattere dolce, ma molto più vanitosa e immatura rispetto a Senko, che verso di lei ha infatti un atteggiamento da sorella maggiore. Per quanto riguarda gli episodi, non vi saranno avvenimenti particolari, nemmeno alla fine, ci verrà concesso giusto qualche breve retrospezione, e dal settimo episodio in poi qualche commento più ambiguo. Di conseguenza, la già scarsa apprensione mostrata per l'energia oscura, non potrà che assumere l'aspetto (già inteso) di una semplice scusante per mettere in atto degli episodi profondamente vuoti.

Tuttavia la serie ha una costante anima malinconica, si sarebbe potuta facilmente prestare ad affrontare la spinosa questione del realizzarsi, dei diritti negati o della gratificazione lavorativa, eppure il depresso Nakano non mostrerà mai momenti o pareri positivi verso il suo lavoro né si arrabbierà un minimo alla prospettiva di una domenica bruciata o di rimproveri immeritati, e nemmeno metterà mai in discussione il suo dovere, la sua scelta passata o il suo vivere in quel posto, anzi si considererà quasi un parassita nonostante gli sforzi. Non verranno nemmeno mai mostrati piccoli sogni accantonati; l'unica cosa che preoccuperà l'emaciato salaryman sarà il non deludere le aspettative generali. In pratica è un grido di dolore totalmente soffocato, fatto passare come normale e migliorabile sposandosi o con piccoli accorgimenti, che sicuramente fanno sentire il loro peso, ma non possono ribaltare uno stile di vita insoddisfacente, anche tenendo conto delle differenze culturali.

La verità è che ci troviamo davanti all'ennesimo sogno dell'otaku medio frustrato, che non vuole e non si vuole far reagire, ma solo invogliare a mettere su famiglia. Un prodotto consolatorio, avente tra l'altro un soggetto femminile con cui bisogna mantenersi entro certi limiti. Ecco, volendo, una nota positiva è che tali limiti vengono rispettati qui più che in altri prodotti. Il rapporto tra i due protagonisti infatti è dolce e platonico, Nakano nonostante i suoi disturbanti gusti pelosi è assolutamente innocente nei confronti di Senko, paragonabile in certi momenti a un padrone con un animaletto domestico, e lei di rimando, vista l'età, è molto posata, non solo mogliettina, ma anche un po' mamma, come le piace definirsi. Non si mostrerà mai in modo licenzioso il suo corpo acerbo, tranne in una scena in bagno dove si stempererà l'imbarazzo in modo abbastanza rapido e spontaneo. Questa semplicità si può applicare pure a chi graviterà intorno a loro due, dato che non vi saranno battute particolarmente insistenti sul loro rapporto e nemmeno si mostreranno granché le fissazioni della vicina Koenji, la cui utilità nella storia rasenta obbiettivamente lo zero assoluto.

Diciamo insomma che in questa produzione non hanno giocato troppo con queste fantasticherie, nonostante potessero fornire un po' più di "vivacità" agli spettatori di riferimento. Sono gli elementi in campo a destare malizia, e non tanto la loro messa in atto. Per quanto riguarda le scenette presenti dopo la sigla finale, la loro impostazione muta e in prima persona, stile visual-novel, aggiungerà allo già scarso interesse anche un po' di perplessità.

Alla fine non considero "Sewayaki Kitsune no Senko-san" come un prodotto orrido nel senso più stretto del termine, ma non mi sento proprio di consigliarvelo. Non mi va di demolirlo più di quanto non meriti, ma la storia è inconcludente, l'idea di base è oltre il banale, la visione dopo metà diventerà pure pallosa e, che lo si voglia o meno, alcune cose potrebbero infastidire nonostante tutto. Sinceramente, potete occupare meglio il vostro tempo... anche rovistando in altri slice-of-life.

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“A Channel” è un anime di dodici episodi (più undici special) realizzato nel 2011 dallo studio Gokumi e basato sull'omonimo manga scritto e disegnato da bb Kuroda.

La serie segue la vita scolastica di quattro amiche: Run, Yuuko, Nagi e Tooru, quest’ultima appena entrata nello stesso liceo frequentato dalla prima, una sua cara amica d’infanzia.

Come si può ben desumere dal fatto che abbia speso solo due righe per delineare la trama, l’anime in questione è la classica commedia/slice of life che si pone come unico obiettivo quello di divertire lo spettatore, con l’ausilio del solito gruppetto formato da sole ragazze e con episodi in cui si susseguono diversi sketch comici più o meno autoconclusivi. L’opera, dunque, ha la stessa impostazione di prodotti quali “K-On!”, “Lucky Star” o i successivi “Acchi Kocchi” e “Gochuumon wa Usagi desu ka?”, giusto per citare qualche esempio. Ma il nostro “A Channel” è davvero riuscito a prendere il consegna il testimone dalle musiciste moe e ad ottenere il medesimo successo? Non so quanto sia famoso in patria, ma, secondo me, l’anime non riesce a distinguersi nella marea di opere dello stesso genere. Prima di tutto, manca quella premessa originale e innovativa che avrebbe potuto farlo spiccare: “A Channel”, infatti, è il solito anime ad ambientazione scolastica, nulla di più, nulla di meno. Le nostre protagoniste non suonano in una band né lavorano in un delizioso caffé, ma vanno semplicemente a scuola, al mare o al festival estivo. Insomma, le solite cose già viste e riviste, condite da nessun altro elemento speciale che, altrimenti, avrebbe reso l’opera più interessante e fornito un valido motivo per spingere gli appassionati a cominciarne la visione. La questione sarebbe passata in secondo piano se solo “A Channel” avesse realizzato l’obiettivo sopracitato, ovvero quello di divertire. Purtroppo, anche le gag sono trite e ritrite e solo raramente strappano qualche sorriso. Fatta eccezione per le puntate ambientate in spiaggia, al matsuri o durante la festa di Halloween, l’episodio-base non segue un vero e proprio filo narrativo e, come già detto, è formato da spezzoni comici staccati fra loro. Tuttavia, ribadisco che poche di queste battute mi hanno davvero divertita e la maggior parte degli episodi è stata noiosa, lenta e difficile da seguire fino alla fine.

Rimediare a queste due occasioni mancate sarebbe stato facile inserendo un cast di personaggi unici e irripetibili. Ma anche qui, mio malgrado, non si è riusciti nel proprio intento. Molti di essi, infatti, sono abbastanza stereotipati, a partire da Yuuko che, come hanno già giustamente osservato, è la copia spiccicata di Mio. Nagi, poi, è la solita meganekko un po’ maliziosa e, come se non bastasse, è ossessionata dalla dieta, argomento che non ho mai potuto soffrire negli anime, dove tutte le ragazze sono disegnate sempre magrissime. Anche i personaggi secondari, come Yutaka o Miporin, non brillano per originalità. Tuttavia, c’è da dire che Run e Tooru sono quelle meglio riuscite: la prima, pur essendo Yui Hirasawa copiata e incollata, fa certe facce e uscite che non lasciano indifferenti; nella seconda, invece, è da ammirare l’affetto che prova nei confronti della suddetta amica, da cui allontana gelosamente maschi e femmine ogni qualvolta ne ha l’occasione. Ma la vera rivelazione di quest’anime è, a mio avviso, Satou-sensei: un infermiere sui generis, che ha un insolita “cotta” per la fronte di Run. Già questo basta per far capire quanto sia bizzarro, tant'è che ho riso tutte le volte che è apparso. Insomma, il personaggio più originale a parer mio, che mi avrebbe fatto piacere vedere di più.

Per quanto riguarda il lato tecnico, le animazioni sono davvero ottime, così come i fondali, realizzati in modo impeccabile (piccola perla, anche se può sembrare una cosa banalissima, è la targhetta di vetro trasparente posta sopra la porta delle classi). Il character design è abbastanza semplice e strizza l’occhio a quello di "Lucky Star", ma è sempre ben curato (anche se, a volte, le gambe di Tooru mi sono sembrate degli stuzzicadenti). Le ost sono orecchiabili e chi adora le canzoncine un po’ moe (non io, purtroppo) avrà il piacere di sentire un insert song per ogni episodio. Davvero bella, però, è sicuramente l’opening, non solo per la canzone, ma soprattutto per la sequenza d’apertura molto creativa.
In conclusione, “A Channel” è un opera che non riesce a trovare una risposta alla domanda “Perché dovrei guardare questo e non altri anime dello stesso genere?”, a causa della premessa originale inesistente e degli sketch poco divertenti, sebbene abbia un buon comparto tecnico e qualche personaggio che riesce a conquistare. Voto: 5 e mezzo.