Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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8.0/10
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Si è conclusa in maniera positiva la serie di 16 volumi edita da J-Pop, "Horimiya", commedia romantico/sentimentale d'ambientazione scolastica, ottimamente disegnata e sceneggiata da Daisuke Hagiwara, sul soggetto originale di Hero.

Commedia scolastica atipica, si distingue nettamente dalla moltitudine di storie che si sviluppano attorno a questo tema, per il modo che ha di presentare e narrare personaggi e situazioni, puntando l'attenzione oltre ciò che appare dietro le maschere dei personaggi, che non sono fasulle, ma schermi veri che servono a nascondere lati più intimi e segreti dei personaggi.

I due protagonisti principali Hori e Miyamura, che nel privato sono diversi dall'immagine che rendono agli altri, imparano ad andare oltre queste maschere, si scoprono e si svelano, cambiando loro stessi e il loro approccio al mondo che li circonda, e questo vale in maniera singolare per il protagonista maschile, che a intervalli, ritroviamo messo a confronto col suo passato solitario, puntando una luce sul suo doppio, quasi fosse una sorta di alterego. L'espediente dei flashback è risultato perfetto allo scopo e svela qualcosa di più sulla psicologia di questo personaggio.

Ho apprezzato molto il fatto che nulla avviene in maniera brusca; lo sviluppo del rapporto da amicizia ad amore, avviene nel tempo e per gradi.
Le sfumature dei sentimenti, non sempre così netti, passano attraverso le sensazioni degli altri personaggi, una bella serie di comprimari tra famigliari - da parte di Hori, sopratutto - ed amici da ambo le parti, che portano visuali differenti e storie parallele che si intrecciano con quella principale, sopratutto nella seconda parte della serie.

Di fatto, la storia tra Hori e Miyamura si dipana e si esaurisce quasi completamente nell'arco della prima parte della serializzazione, (diciamo in una decina di volumi, più o meno) tra prese di coscienza, riflessioni, situazioni comiche e piccole tensioni che possono coinvolgere anche altri personaggi, che si risolvono naturalmente senza forzature di alcun genere, e l'ambientazione si divide in maniera equa tra scuola e casa.

I personaggi emergono in maniera chiara e definita; Hori è una ragazza certamente singolare, dal carattere forte, molto consapevole di sé e delle sue priorità in relazione ai suoi doveri verso la famiglia, con dei lati 'bizzarri' capaci di spiazzare il lettore, - oppure infastidirlo - ma sa regalare slanci e tenerezze; è sicuramente, una figura femminile insolita, non facilmente inquadrabile.
Miyamura sembra subirla un po' a volte, (diverse situazioni divertenti, nascono da qui) ma da lei si sente accettato e accolto, per lei trova la forza e la volontà di uscire da un isolamento quasi autoimposto e di aprirsi di più verso gli altri, fino a mostrare un carattere più solare e socievole di quanto non appaia ad un osservatore poco attento.

Gli altri personaggi, Sengoku e Remi, Sakura, Yuki e Toru, insieme ad altri compagni di liceo, sono amici e confidenti della coppia e prendono spazio in momenti diversi, delineando altre piccole storie piacevoli e divertenti, di amicizie, di amori segreti o negati, tra passato e presente. Non si impongono sulla storia principale, ma riescono a lasciare la loro impronta positiva nel complesso generale dell'opera.

Lo stile grafico è molto accattivante, lineare, pulito e chiaro, esteticamente bello e armonioso, curato nei dettagli che non sono mai ridondanti; le tavole impostano una sceneggiatura equilibrata tra pieni e vuoti, e lo schema lascia intuire certe situazioni in modo sottile ed efficace.

Una bella serie che mi sento di suggerire a chi ama le commedie e le storie d'amore con uno sviluppo coerente e graduale.

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Ma esattamente, che genere di città sarà Cremona?
Arduo quesito per un adolescente Giapponese di metà anni ’90, senza dubbio.
In realtà la risposta è ben più articolata e complessa; guardiamo quindi questo lungometraggio nella sua sottile interezza, e sorridiamo con genuina sincerità: Hiiragi e Miyazaki sensei affondano delicatamente le mani nel cilindro delle fiabe e ne estraggono una storia di dolce spessore, nostalgia adolescenziale e di inevitabili, turbolenti, romantici sospiri.

Fondali a tinte decise, luci confuse di metropoli che riempiono uno sfondo sempre in movimento e piacevolmente sconnesso, il tutto collegato a una colonna sonora ondeggiante, trascinante e ricca di emotività: la somma degli addendi accompagna lo spettatore all’interno di un lavoro prettamente “nineties”, un vero concentrato dal sapore retrò di pregiata qualità artistica, che all’occhio non sfigura - anche se confrontato alle creative dinamiche dei lungometraggi attuali.
Ne “I sospiri del mio cuore” si respira la perfetta, quadratissima magia di un’estate giapponese del (circa?) 1995, una freschezza ancora attuale, una naturalezza e una fluidità d’animazione che al tempo furono semplicemente portentose, ingredienti d’un amalgama accattivante e rapente. Come poc’anzi sottolineato, il mix di sonorità che accompagnano le scene, fra cui il cult country di “Country Road” di John Denver reinventato per l’occasione, le orchestrali e gli eleganti sottofondi di pianoforte ci comunicano una spontanea spensieratezza intrisa di quella magica estate, stagione leggiadra, scintillante e ricca di sogni, declinazioni respirate in altri prodotti divenuti poi iconici come “Kimagure Orange Road” e similari.
V’è una cura artistica dei dettagli eccezionale, dalle suppellettili negli angoli delle stanze alle prospettive tagliate, ai grandangoli o alle vetture che sfrecciano lungo le strade dei fondali.

Ed è proprio nella caotica periferia di Tokyo di metà anni novanta che inizia la nostra storia, protagonista una ragazzina di nome Shizuku, adoratrice - e divoratrice - di libri, amante della letteratura e sognatrice: il suo desiderio più grande, infatti, sarebbe divenire scrittrice ella stessa. Nella claustrofobica struttura alveare degli appartamentini fuori mano di una Tokyo che ormai appartiene a caotici ricordi urbani, Shizuku vive con la madre e il padre, oltre a una sorella sempre più indipendente e prossima a costruirsi una vita lontano da loro. Le calde giornate estive si susseguono monotone, ma la vita di un’adolescente è in continua scoperta ed evoluzione, e ogni opprimente sensazione di queste gravanti strutture viene mitigata dalla leggerezza di tali gesti quotidiani, gesti familiari come tanti, gesti banali, semplici eppure unici, animati e confezionati allo spettatore con grazia e realismo. Ogni particolare fa la differenza: le abitudini dei genitori, il telefono che squilla, i poster che colmano gli spazi in camera, il letto a castello, i cavi e i piloni dell’alta tensione, le fronde degli alberi attraversati dai caldi raggi del sole, il frinire delle immancabili cicale nipponiche, le strade piene di auto dal design squadrato e di fine millennio, le mattonelle all’ombra e le lunghe scalinate che s’inerpicano per i pendii accanto a interminabili marciapiedi. Le ombre della sera, i vestiti corti, le cosce scoperte, le fronti sudate e i sorrisi imbarazzati: il quadro iniziale è nostalgico, vivido, un affresco che Studio Ghibli ci propone con amore e naturalezza, dotato di un ritmo lento, forse (in certe fasi) troppo lento, ma che scandisce la vicenda in maniera più che discreta: l’epoca d’oro, potremmo dire, del favoloso e amatissimo studio d’animazione giapponese.

Sullo sfondo di una emancipazione femminile in ascesa seppur con evidenti impedimenti e difficoltà di sorta - ma con tantissima, fremente voglia di emergere e di far proprio il mondo -, veniamo abbracciati da una quotidianità scontata e piacevole. Nella biblioteca dove lavora il padre, Shizuku è solita noleggiare una gran quantità di libri, fin quando nota che nella tessera di ogni libro noleggiato - la cedolina che notifica i precedenti possessori del libro -, è costantemente presente il nome di una persona, qualcuno che praticamente ha noleggiato tutti quei libri prima di lei (!): un certo Seiji Amasawa.
Chi è? Esiste qualcun altro capace di leggere una mole di volumi simile? Sarà... una persona interessante?
La fantasia di una quattordicenne è fervida e galoppante, e lo è ancor di più la fantasia di una accanita lettrice, capace di immaginare mondi e avventure senza confini.

Diciamolo onestamente: “I sospiri del mio cuore” non racconta molto, ma quel poco che ci viene detto è narrato in maniera sublime, filtrato dalla poetica luce di sogni andati e fantasie adolescenziali di una preziosità insostituibile.
Ricco di scene divenute in seguito icone animate o cavalli di battaglia made-in-Ghibli, spicca il simpatico, grassissimo gatto dai molteplici nomi capace di prendere la metro e girare la metropoli in solitaria, seduto comodamente su di uno dei sedili del convoglio come se fosse un pendolare qualsiasi. Sarà proprio il bel gattone a condurre Shizuku in cima a una collina in periferia, presso un negozio d’antiquariato unico, un luogo quasi magico da dove la storia prenderà una piega ben più intensa (menzione inevitabile per l’orologio a pendolo che dedica un cameo al mitico “Porco Rosso”, divertente e nostalgica autocitazione).
Sorridiamo e ci emozioniamo, in questa dolce e sensibile avventura adolescenziale, ma senza mai esserne travolti, e in certi momenti ci si chiede se sia un bene o una mancanza.
L’intreccio dei primi amori, gli equivoci, gli imbarazzi e le incomprensioni, i batticuori raccontati con disarmante naturalezza, la dolcezza delle musiche d’atmosfera calibrate sulle inimitabili note degli Anni Novanta trascinano lo spettatore verso una sensazione di piacere anestetizzante, quasi rasserenante. La prima parte del film è quella più lenta, costellata di micro-eventi che ci preparano alla seconda metà, ben più gioiosa e coinvolgente, anche se, nella sua interezza, la vicenda non sfoggia mai picchi di tensione o colpi di scena inaspettati: in fondo, “I sospiri del mio cuore” non ne ha né bisogno né cerca di sorprenderci tramite tali espedienti.
A conti fatti si tratta di un racconto nel racconto, uno spaccato di vita quotidiana di un’estate di trent’anni fa, dove due ragazzi si confrontano a vari livelli, dai sentimenti ai sogni per il futuro prossimo e remoto, fra desideri, paure e insicurezze, imposizioni familiari e difficoltà sociali. Lo scoprire la durezza - e la bellezza - di un mondo cinico ma ricco di meraviglie, le difficoltà di farsi strada nel mondo degli adulti, il saper decidere che strada prendere contrapposto all’insicurezza di un futuro incerto: un affresco banale eppure intensissimo, dipinto coi colori della fantasia che solo una ragazzina con un amore smisurato per la letteratura può vedere e tentare di raccontarci.

“I sospiri del mio cuore” ha un epilogo dolce, ottimista, quasi sospeso fra presente e futuro, veicolo di positività per i buoni propositi in vista di impegni futuri: una visione forse troppo semplicistica ma potente a livello emotivo, capace di curarci il cuore e che ci ricorda come, da ragazzini, il mondo ci sembrava meno terribile, meno amaro e meno spietato; sicuramente spaventoso e misterioso, ma pieno di possibilità e di scoperte da fare. La paura non mancava, ma nemmeno il desiderio di percorrere la strada davanti a noi.
Due ore scarse d’intrattenimento che rasserenano l’anima. Forse non ci faranno rimanere a bocca aperta, ma lo spirito ne sarà lenito. Con gentilezza.

P.S. Ah, giusto, Cremona. Cremona, sì, potrebbe davvero essere una meta fondamentale per la carriera di un liutaio. Perché? Godetevi “I sospiri del mio cuore”, e capirete.

8.0/10
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"Primo Amore" è uno shoujo manga scolastico di Miyoshi Tōmori, proposto in 10 volumi dalla casa editrice Flashbook. È una storia che suggerisco ai lettori che non si stancano mai di leggere shoujo scolastico-sentimentali e che sono pronti a coglierne degli elementi di differenza. Nello specifico, io ne ho colti diversi che hanno contribuito a tenere alta la mia attenzione in corso di lettura.

"Primo Amore" è una storia d'amore nata nel binario di una stazione tra i due liceali Chiro e Hashimoto. A differenza di altri shoujo scolastici, i due protagonisti appartengono rispettivamente ad una scuola femminile e ad una scuola maschile e le loro interazioni si verificano tutte al di fuori dei banchi di scuola. I due protagonisti, essendo a digiuno di contaminazioni con l'altro sesso, imparano a conoscersi e lo fanno coinvolgendo anche dei loro amici, che rendono l'atmosfera più frizzante e meno imbarazzante. Ad eccezione della protagonista femminile, biancaneve sorridente ed ingenua, il personaggio maschile e i due co-protagonisti (loro amici) li ho trovati interessanti. In modo particolare, il personaggio principale maschile mi ha stupita come pochi: intimidito dalla sua stessa ombra, impacciato, capacità scenica prossima allo zero. Calibrato da un Ibushi, l'amico, brillante, gioioso ed estroverso. Come è possibile, mi sono chiesta, che la protagonista femminile non cada ai piedi dell'amico? Se all'inizio avevo scambiato Hashimoto per il protagonista di un fumetto yaoi, nel corso dei volumi evolve in modo inatteso e arrivata alla fine della storia mi sono fatta l'idea che il vero conoscitore del "Primo Amore" è lui.

Se si desidera leggere qualcosa di romantico e leggero allo stesso tempo, questa commedia è apprezzabile. Ho colto uno studio non indifferente legato alle ambientazioni in cui sono narrate le scene ed è un elemento non banale se consideriamo che buona parte degli shoujo avvengono tra i corridoi, i tetti e i cortili delle scuole. Ho anche apprezzato la proposta di un protagonista maschile non conforme, in un primo momento, all'immaginario di bello e irraggiungibile. Questo ha permesso di focalizzarsi sulla storia della coppia tralasciando i viaggi mentali eccessivi e demolitivi "non sono abbastanza per lui". Si racconta un genuino avvicinamento tra due ragazzi che si conoscono di vista e riducono le distanze grazie ad una reciproca-normale-conoscenza. Si parla qui di due livelli di conoscenza: quello dell'altro sesso in generale (provenendo entrambi da mondi solo maschili e solo femminili) e conoscenza dell'altro nello specifico come potenziale fidanzata/o. Vista la storia in questo modo, da lettrice non ho sofferto la mancanza di slanci affettivi perché è stato naturale empatizzare con due personaggi che conoscono poco l'uno dell'altro.

Un commento a parte lo meritano le vicende dei due co-protagonisti Ibushi e Chachan - rispettivamente compagni di scuola di Hashimoto e Chiro. L'autrice offre una storia nella storia, che consente di spostare il baricentro dell'attenzione sulle loro sfere sentimentali. In alcuni momenti della serie, ho seguito loro con più interesse rispetto ai protagonisti. Non voglio espormi con i dettagli, ma credo che sia bello avere avuto tra le mani uno shoujo che valorizza anche i personaggi secondari non riducendoli al ruolo di accessorio. Così come ho apprezzato le interazioni e i momenti che celebrano l'amicizia tra loro quattro. Ho avuto la sensazione di leggere una bella storia di amicizia e non soltanto due storie che viaggiano su due binari paralleli. Per i motivi citati, mi sento di suggerire la lettura di "Primo Amore" per la sua dolcezza e per i messaggi positivi che trasmette. La mia valutazione finale è 7,50 ed è arrotondata dalla scelta estetica: edizione con sovraccoperta bella e curata.