Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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Ovvero: gli odiosi protagonisti.

Facciamo una doverosa premessa. I personaggi sono il cuore di una serie di "Gundam". I protagonisti in primis, perché è attraverso i loro occhi che percepiamo il mood della storia.
Esistono due tipi di personaggio in "Gundam". Il primo tipo (Amuro, Kamille) evolve cambiando il proprio rapporto col conflitto in corso. Amuro prima non comprende gli orrori cui è partecipe, ricusa, poi non trova altro modo di essere. Il secondo tipo è tipicamente shonen (Domon). Combatte per il Bene, non cambierà mai.

Ecco, Mikazuki Augus, il protagonista di "Mobile Suit Gundam: Iron-Blooded Orphans" è l'unico esemplare esistente di protagonista totalmente piatto. Volontariamente anaffettivo, incapace di emozione, di motivazione, di qualunque spessore. Voce atona, perfezione quasi insostenibile, un foglio di carta bianco.
Se Heero Hyui vi era sembrato un character freddo, aspettate di vedere questo: non solo è freddo, è praticamente vuoto dentro, al punto che fa solo ciò che gli viene ordinato da un altro personaggio. Nulla più, nulla meno.
Suppongo gli autori volessero caratterizzarlo proprio così. Un bambino trasformato in un freddo assassino. Il che implica anche che, dovendo vedere la storia dai suoi occhi, vedo solo freddezza. Non riesco a trovarvi alcuna emozione.

Sì, vi sono tutti gli elementi necessari ad una buona saga "Gundam". Politica, guerra con svariati cambi di fronte, pochi eroi e tanti funzionari che fanno il loro lavoro, tradimenti per opportunità di carriera. Non posso dire che sia del tutto banale come lo fu "Wing" all'epoca, il costrutto c'è. Ma è il racconto di un racconto, una fredda esposizione di trope uno di seguito all'altro.

In questa saga seguiamo le (non proprio riuscite in senso logico) peripezie politiche di Marte e come la Terra, sfruttandone le colonie, abbia portato a molti disagi sociali, fra i quali il fenomeno dei "Rifiuti Umani", bambini orfani legalmente privi di diritti e quindi usati come schiavi o soldati. Seguiremo una compagine mercenaria composta da questi bambini soldato e come questa avrà un ruolo chiave nella trasformazione di tale società.
Non posso fare spoiler, accidenti, ma posso garantire che no, alla fine non quadra nulla, anche se "il bene trionfa"... perché poteva trionfare senza che nessuno facesse niente. Chi ha visto la serie provi a verificarlo.

Comunque, per la ragione che vediamo tutto in relazione alle battaglie del protagonista dal fare praticamente robotico, vediamo forse qualche momento di emozione? No.
Vediamo per caso dei cambi di opinione e così due facce di una medaglia? No.

Quello a cui assistiamo è un lento, talvolta noioso andare dal punto A al punto B. Nel mentre X tradisce Y perché almeno fa carriera, Z diventa inspiegabilmente buono verso tutti... "Sì, insomma, ho capito che era meglio così" - e tutto freddo, sterile, senza pathos. Una soap opera.

Peggio che mai, molti dei plot point sono ripresi pari pari da altre serie classiche. Così nemmeno puoi dire che si tratti di qualcosa di estremamente innovativo.

Il Gundam Barbatos, protagonista bellico della saga, è un oggetto violento abile unicamente nel corpo a corpo, cosa questa che può sembrare piacevole. Se non che il 99% degli scontri si risolvono così: X nemici che dovrebbero avere mecha trecento anni più evoluti sparano a casaccio, mancando il bersaglio come i peggiori nemici da film anni '80; il Barbatos sfreccia contro di loro a velocità immane; il Barbatos li disintegra come fossero di Lego.
Il tutto probabilmente sarà anche disegnato bene, ma non so dirlo. Sia la velocità che le pose dei mecha sono inintellegibili. E io amo le serie mecha. Tuttavia vorrei capire come l'hai colpito, dove, perché cavolo è stato fatto in due pezzi e dove ti trovi adesso. Troppo, troppo maledettamente ipercinetico.
Non è nemmeno epico, non riesce ad esserlo - perché non hai idea di come sia accaduta quella risultanza. Perché quel mecha è esploso? Chi cavolo sta colpendo chi?

Nel mentre, i nemici urlano la loro voglia di non crepare (ovvio) e devi sentire la voce atona del protagonista che è più forte di tutti, sa tutto di ogni cosa, elabora strategie ovviamente vincenti, non ha paura di nulla e con un pugno disintegra Chuck Norris con la motivazione alla base che "Me lo ha detto Orga, di combattere".
Meno male non ti ha detto di far detonare il Sole, o te lo avrebbero concesso!

Tecnicamente la serie è graziosa, il chara design è buono e consistente. Il mecha design in sé è ben realizzato, anche se, a dirla tutta, i mecha nemici sono tutti uguali e terribilmente banali.
I personaggi sono caratterizzati per essere stereotipi fino al midollo, ma ormai Sunrise non rischia più.
Il Gundam Barbatos dovrebbe reggere la scena da solo, peccato che, quando si muove, non si capisca un tubo di cosa accade.

Quindi, questa serie fa così tanto schifo?
Ni. Se è il vostro primo "Gundam", o se avete solo visto roba commerciale tipo "Wing", probabilmente potrebbe piacervi: si tratta pur sempre di una serie di guerra, non di eroi. Il "realismo" che è tipico delle serie classiche "Gundam" potrebbe davvero conquistarvi.
Ma, se non lo è, cioè se avete qualche genere di infarinatura nel Gundamverso, potete tralasciarlo e recuperarlo se mai ci bombardino i russi e ci dobbiamo nascondere in un bunker per qualche mese.

Sapete cosa faccio? Mi riguardo "Z Gundam". Quello sì che valeva qualcosa. Ottimo pretesto.

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Ci ho provato a farmi piacere questo anime, ci ho veramente provato. Ho cercato in esso qualunque possibile pregio, ma non vedo dove sia la sua attrattiva.

Non sono mai stato un amante del genere mecha in generale. So che in "Neon Genesis Evangelion" il mecha è solo un aspetto secondario, fatto sta che i robottoni di questa serie sono veramente brutti. Se quello è il senso estetico di Hideaki Anno, personalmente mi dissocio.

Per quanto riguarda l'aspetto psicologico e drammatico, che è preponderante in questa serie, mi sembra che sia gestito in maniera troppo letterale e spiccia. Non c'è una buona sinergia fra personaggi, trama e riferimenti culturali. È tutto frammentario, lacunoso, privo di organicità. Sono capace anch'io a scrivere una cosa del genere, basta documentarsi un po' e mettere insieme i pezzi a caso.

Se il lato mecha e azione è solo un pretesto, cosa me lo mostri a fare? Allora vuol dire che stai solo cercando di attirare quelli che apprezzano il genere, per poi coglierli di sorpresa. Ma per quelli che non sono legati in alcun modo a questo tipo di narrativa, non ha il minimo senso. Stai creando un prodotto di nicchia nel vero senso della parola: non perché si tratti di un gioiello nascosto che solo pochi eletti possono gustare e capire (anche se questo fraintendimento ha fatto il successo di "Neon Genesis Evangelion" - essere psicologici è pur sempre figo), ma proprio perché tu, Hideaki Anno, ti stai rivolgendo solo a una limitata categoria di persone. Possiamo osservare che i personaggi non sono degli eroi, ma in un certo senso sono dei falliti, in particolare il protagonista. Così facendo, Anno, parli un linguaggio con il quale può empatizzare solamente chi vive le stesse crisi interiori, gli stessi tormenti di Shinji o di Asuka.

Quand'anche guardassimo a questa serie animata come strumento di liberazione da una crisi esistenziale o dalla depressione, avrei avuto piacere che il regista ci mostrasse con una vera e propria storia cosa significa imboccare la via d'uscita dal cosiddetto "male di vivere". È troppo facile esporre i rimedi a parole. E del resto, Hideaki Anno ha sofferto la depressione anche dopo aver creato "Neon Genesis Evangelion", quindi forse l'anime non è stato una panacea nemmeno per lui stesso.

Ci sono poi, ovviamente, i riferimenti filosofici, letterari, religiosi e quelli propri della psicologia, e sono inseriti in maniera anche troppo evidente, in un grande minestrone. Quest'aspetto può essere apprezzato solo da chi ha il feticismo di vedere Pirandello o Schopenhauer citati all'interno di un cartone animato giapponese. Ma non c'è niente oltre a quest'aspetto, tutto ciò è per l'appunto fatto solamente per puro feticismo.

"È strano che Evangelion abbia avuto tanto successo, tutti i personaggi sono così malati!"

Non è poi così strano, anche molti spettatori a loro modo sono malati. E purtroppo, quando si è depressi, in un certo senso si ama soffrire interiormente.
Con il sempre più rapido progresso della società, le malattie mentali proliferano ancor più oggi che negli anni '90, non è un caso che quest'anime abbia più successo oggi che allora. Per cui, "Neon Genesis Evangelion" merita di essere ricordato nei secoli dei secoli come una grande celebrazione della malattia mentale.

Personalmente vi dico: se volete bene a voi stessi, lasciatelo perdere, è uno spreco di tempo. Ma se vi garba immergervi in un caotico calderone di pura psicosi, Babbo Hideaki vi dà il benvenuto.

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“Saikyō Robo Daiōja”, ovvero “Daioja il robot più forte”, è una serie del 1981 prodotta dalla Sunrise. Lo staff che ha dato vita all’anime è noto sotto lo pseudonimo di Hajime Yatate, lo stesso che ha creato tra gli altri anche “Daitarn 3”, “Gundam” e “Trider G7”. Il mecha designer è un altro pezzo da novanta, ovvero quel Kunio Okawara che ha creato i mezzi meccanici di “Daitarn 3”, “Gatchaman”, “Yattaman” e tanti altri. Nonostante la novità nata dopo “Gundam”, quella del real robot o del robot-macchina, gli anni ’80 vedono ancora anime il cui protagonista è un super robot o robot-dio, ed è proprio in questo filone che si inserisce “Saikyō Robo Daiōja”, in netta prosecuzione con i classici degli anni ’70.

Protagonista della storia è il giovane principe Mito, erede al trono di Edon, che all’età di quattordici anni, cioè due anni prima rispetto alla consuetudine, decide di visitare i cinquantuno pianeti del suo regno, il Sistema di Ipron. Il ragazzo viaggia in incognito insieme a due fedeli attendenti, Suke e Kaku, e ad una guardia del corpo della regina, Flora Shinobu, segretamente innamorata del protagonista.
L'anime prende spunto, anche se rileggendola in chiave fantascientifica, dalla figura storica di Mitsukuni Tokugawa, anche conosciuto come Mitokomon, che, secondo la tradizione, si vestiva da contadino per controllare il comportamento dei suoi vassalli e, di fronte alla presenza di prevaricazioni e frodi, si rivelava punendo l'infedele amministratore.

Lo schema degli episodi è piuttosto ripetitivo: il principe Mito arriva sul pianeta di turno in incognito insieme alla sua squadra e, dopo aver scoperto un’ingiustizia perpetrata dal governatore sulla popolazione, rivela la propria identità e combatte con il suo robot sconfiggendo l’avversario e riportando l’ordine e la giustizia. E così vediamo il principe andare su pianeti in cui convivono umani e dinosauri o altri in cui governano le donne, dove c’è una tecnologia avanzata o dove si è rimasti arretrati, dove si coltivano le arti oppure dove la vita è un film. Nelle puntate tanti sono i riferimenti presi dall’animazione o dal cinema di fantascienza, “Guerre Stellari” in primis.
Il super robot, il cui nome significa Grande Sovrano, nasce dalla combinazione, chiamata Cross Triangle, di tre mecha: Ace Redder (pilotato da Mito), Aoider (pilotato da Suke) e Cobalter (pilotato da Kaku). Ognuno dei robot ha sul petto un’immagine a forma di foglia e, dopo l’agganciamento dei tre, al centro del petto di Daioja si forma simbolo più grande che ricorda quello della famiglia dei Tokugawa. Per quanto riguarda l'aspetto, Daioja riprende il design da altri robot della Sunrise, in particolare è evidente la somiglianza con Daitarn 3, dalla cui serie prende anche il tono leggero e scanzonato.
Nel character design è evidente la somiglianza con i personaggi di “Daltanious”, a cui “Saikyō Robo Daiōja” si ispira anche in alcune tematiche politiche e sociali.

Nonostante manchi il tono drammatico di molte serie super robotiche degli anni ’70 e ’80, è un peccato che la serie non sia arrivata in Italia, perché è comunque divertente per le sue gag comiche e interessante da vedere per le tante citazioni e per l’intento pedagogico che sta alla base dell’anime.