Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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Un po' per caso, un po' per pura fortuna, mi sono imbattuta nel secondo film di "Made in Abyss", continuazione diretta della prima serie del 2017; essendo io una fan della serie, in attesa di un seguito che non è mai arrivato, non ho potuto far a meno che vedermelo. Do un 7, ma temo per nostalgia, è un solido 6,5 a dire il vero, e saranno gli anni che sono passati, ma si sono dimenticati che, tecnicamente, i personaggi qualcosa dalla prima serie e dai primi cinque livelli dell'abisso dovevano aver imparato o comunque preso coscienza di enne cose.

Veniamo al perché del mio voto con qualche argomentazione in più. La trama di "Made in Abyss" ha un protagonista incredibile: l'abisso. Noi spettatori siamo lì per capire i suoi segreti e il suo funzionamento, molto più interessati a questo che alle sorti dei protagonisti, che sotto sotto sono solo il mezzo per visitare il benedetto luogo del mistero, e quindi sopportiamo le uscite fuori luogo, non coerenti con la situazione in scena, il buonismo ridicolo e le inconsistenze della sempliciotta protagonista (Riko). Tolleriamo il fanservice discutibile, dai risvolti anche più profondamente disturbanti, se si bada davvero ai dettagli (un abuso di minori senza confine), che i bimbetti dell'avventura tollerano e riescono a gestire con un pianto qua e là di tanto in tanto senza danni ulteriori.
Ebbene, l'abisso è ancora affascinante, le informazioni sono ancora inserite con il giusto intrigo, per cui, anche se ci siamo fermati ad ascoltare troppo bene qualche dialogo, qualche insinuazione disturbante, passiamo oltre in nome del "dobbiamo capire come funziona", "avanti il prossimo livello". Questo funziona assolutamente, ed è una nota di merito alla narrativa di trama.

A perdere purtroppo nella storia sono i personaggi, Riko è una protagonista debole, che non riesce ad agguantare l'animo dello spettatore. Troppo frescona, troppo piena d'amore per tutti gratuitamente, ma non abbastanza da mettere in discussione la sua missione. Amata da tutti, ma senza un reale motivo, capace di catturare ogni personalità, ma senza averne lei una, insomma il massimo del pressapochismo, una forzatura di narrazione che alla lunga stride, soprattutto se i famosi dialoghi li si legge davvero, facendo i due più due sottointesi del caso.
A seguire nella lista debolucci abbiamo Reg, il supporter, è lì per il fanservice e come utensile che permetta alla minorata protagonista di attraversare il mortale abisso. Ci permette di sentire l'eco della madre di Riko e intrigarci con i racconti dell'abisso, stralci di ricordi e memorie; a conti fatti, allo spettatore piace di più l'umano burattino dell'umana bambina in cerca del genitori, ma anche qui l'umanità di Reg viene 'angolizzata' a comando, cosa che non suona troppo bene.
Questo ci fa giungere al terzo elemento del trio, la non più umana Nanachi, che però ha un'umanità reale, spiccata, ipocrita e non ipocritica allo stesso tempo, ma soprattutto coerente con gli eventi. A lei viene lasciato l'unico ruolo di spessore, sia emotivo che mentale, finendo per guidare lo spettatore nelle scoperte e nelle scelte strategiche. Nanachi è un prigioniero che è stato carceriere, ha torturato e seviziato e ucciso mentre assisteva il Sovrano dell'Alba (Bondrewd), ma la storia ti spinge ad amare questa figura, a perdonarle tutto in nome della sua sofferenza: il fatto che abbracci le sue colpe e vi conviva, senza chiedere scusa per davvero, aiuta il processo di accettazione dello spettatore.

Tutto il film ruota intorno al fatto che il gruppo di eroi vuole proprio andare al sesto livello, per il loro last dive, consci che non si torna indietro, ma disposti a tutto per sapere chi li aspetta sul fondo dell'abisso. L'antagonista degli eventi è Bondrewd, malevolo fischietto bianco amante degli studi scientifici su minorenni rapiti, di cui abusa in modi molteplici e inenarrabili.
La sequenzialità con la fine della prima serie è impeccabile, il passato di Nanachi che torna in tutto il suo trauma con il re-incontro del Sovrano dell'Alba è incredibile, gli scambi tra vittima e carnefice sono raccapriccianti al punto giusto, molto ben congegnato l'effetto Sindrome di Stoccolma e l'intreccio di amore/odio verso questo soggetto spregevole che di fatto ha definito la personalità di Nanachi in tutto e per tutto e ne ha scolpito l'intelligenza. Insomma, la storia tiene ancora, l'abisso ci tiene ancora incollati al "Ma quindi?".
Il vero problema è la mancanza di evoluzione dei personaggi, lo zero nella crescita, lo zero mentale nell'affrontare tematiche drammatiche a livello esponenziale, la realizzazione di cosa è successo e succede ai bambini usati al quinto livello. Anche solo il problema di come si realizza un fischietto bianco viene gestito dai personaggi come una nota a margine e non un motivo di messa in discussione, uno scontro etico interiore su quanta umanità si vuole perdere dentro, prima ancora di perdere l'umanità esteriore nella discesa finale all'abisso. Niente, qui casca l'asino e non ce la si fa. Peccato.

Il profilo tecnico del film mantiene gli standard della serie; ovviamente, non affrontando una discesa multilivello, non vediamo più un susseguirsi di spettacolari fondali e paesaggi, ma il tratto rimane pulito e da favola. Anche i bambocceschi personaggi sono rimasti tali e non sono cambiati certo ora.
Le musiche non sono male, mi è mancato in questo film il motivo principe della prima serie, che accompagnava i momenti epici, lo si sente ma meno e solo di contorno, ma direi che va bene così, soprattutto perché qui ci sono più che altro pezzi di infanti infilati circa ovunque, ed epico non è la parola giusta.

Che dire? Do un 7 nostalgico, ma penso che la mancanza di un po' di realismo di impatto sulle personalità e la psiche dei personaggi abbia un peso notevole. Assolutamente fastidioso il fanservice inserito a pedate, come nella prima serie, e la naturalezza con cui le bambine di questa serie convivono con abusi di varia natura senza che si perturbino minimamente; abbastanza agghiacciante che sia il cyborg il più toccato.

Mi sento di consigliare l'anime solo agli amanti della prima serie, i fan dell'Abisso. "Lui" è ancora il personaggio più affascinante della narrazione.

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"Nadia - Il mistero della pietra azzurra" ("Fushigi no Umi no Nadia") è un anime del 1990 prodotto dallo studio Gainax e supervisionato/diretto da Hideaki Anno, alla sua seconda regia di una serie televisiva.
Proprio la direzione a cura del padre di "Neon Genesis Evangelion" è stato il motivo che mi ha spinto a recuperare questa serie di trentanove episodi.

Parto dicendo che ho trovato questa serie gradevole, e, nonostante l'età, ne ho apprezzato la visione. Il maggior fattore negativo riscontrato sta però nella instabilità generale del prodotto nel corso dei vari episodi, sia per quanto riguarda la scrittura e trama che per la qualità tecnica. Ma andiamo con ordine.

L'anime racconta la storia dei nostri due protagonisti, Nadia e Jean, che, dopo essersi incontrati all'Esposizione Universale di Parigi del 1889, intraprenderanno un viaggio alla scoperta del passato di Nadia e del mistero della pietra azzurra che porta al collo.

La serie parte leggermente in sordina, ma dopo qualche episodio arrivano dei buoni spunti (la serie è liberamente ispirata al romanzo "20.000 leghe sotto i mari") e si fa interessante. In seguito a questa parte però, l'anime cala, portandoci numerosi episodi in gran parte riempitivi (filler) che poco servono allo sviluppo della trama.
Questa poi si riprenderà, assumendo anche toni drammatici, nella parte centrale della serie, per poi calare a picco, in particolare nella parte subito precedente ai quattro episodi finali; questi rivedono di nuovo un'impennata della scrittura, anche per quanto riguarda la maturità dei temi trattati e la drammaticità dei fatti narrati.

L'approfondimento dei personaggi è anch'esso caratterizzato in modo non omogeneo: ne abbiamo infatti alcuni/e che sviluppano un carattere credibile e originale (in particolare Nadia), altri che sono principalmente un'accozzaglia di stereotipi. Punto focale della serie rimane sempre il rapporto tra il positivismo e l'entusiasmo per la scienza (impersonati principalmente da Jean) e dalla negazione e consapevolezza dei danni che quest'ultima può causare se usata in modo sbagliato.

Questo meccanismo di salite e discese si ripresenta anche per la qualità tecnica della serie: passiamo infatti da momenti tecnicamente ottimi, con animazioni pregevoli che risultano molto godibili anche viste in questi anni, a interi episodi animati davvero in modo approssimativo e legnoso, con i disegni dei visi dei personaggi che a momenti sembrano altre persone per quanto sono mal realizzati.
Da tutto ciò è chiaro come la produzione abbia deciso di allocare il budget, insufficiente a mantenere un'alta qualità per tutta la serie, su alcuni episodi chiave, lasciando gli spiccioli per gli altri.

Cenno a parer mio va fatto alla fotografia dell'anime (che, ricordo, nelle serie di animazione questa si riferisce alle fotografie che vengono fatte ai lucidi dei vari frame): in molti momenti infatti si nota una messa a fuoco non perfetta, e ciò risulta davvero molto fastidioso, visto con la qualità video attuale (probabilmente con i vecchi TV a tubo catodico la cosa non si notava).

Infine, breve rimando va fatto al comparto sonoro, che risulta buono e presenta una colonna sonora (nonché la opening e la ending) di gradevole fattura.

Tra i pro: storia interessante e con ottimi spunti; buona colonna sonora; alcuni episodi molto ben animati.

Tra i contro: qualità non costante nel corso della serie; eccessiva diluizione della storia e numerosi episodi filler; caratterizzazione dei personaggi non omogenea.

"Nadia - Il mistero della pietra azzurra " è perciò un anime che tutto sommato ho apprezzato, è ricco di ottimi presupposti e ha anche una trama interessante, ma che presenta innumerevoli difetti che ne inficiano la riuscita finale.
Per rendere questa serie un prodotto ben più pregiato, sarebbe bastato concentrare il numero di episodi, che sono troppi e ricchi di filler; a parer mio la serie sarebbe potuta durare benissimo una decina di episodi in meno (ma probabilmente si poteva condensare nei canonici venticinque/ventisei episodi) e sarebbe risultata più gradevole e con meno problemi di scarsa qualità tecnica.

Sono comunque stato contento di essermi recuperato quest’opera, che rimane comunque importante per la storia dell'animazione giapponese, e nella quale i fan di "Neon Genesis Evangelion" troveranno sicuramente molti fattori che Anno ha ripreso nella sua serie di qualche anno dopo.

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Parliamoci chiaro. C'erano sentori di una stagione rivisitata in funzione di un'accelerata generale degli eventi, anche se il risultato ha superato di gran lunga le attese. Perché che il finale del manga era piaciuto poco o niente era chiaro a tutti, altrettanto lo era quindi il fatto che, a investire troppo sforzo economico e produttivo per ottenere un livello di qualità tendenzialmente accettabile, c'era il rischio che non avrebbe ripagato. L'opera originale ha avuto sì successo, ma non il successo sperato, di conseguenza la paura di 'floppare' indipendentemente dalla qualità dell'adattamento animato era palese e concreta. Personalmente, quando a suo tempo lessi delle parti originali, ho ingenuamente sperato che volessero porre rimedio a quella parte del manga che meno era piaciuta al pubblico, però, sotto sotto, sapevo che era una speranza effimera. Certo è che non mi aspettavo un tale scempio a livello narrativo. Anzi, mi rendo voce portante dell'intero mondo degli appassionati di animazione, affermando con certezza che nessuno se lo aspettasse.

Veniamo ai fatti, cercando di mantenerci brevi e concisi, perché il tempo che ho speso dietro a questa seconda stagione è durato anche troppo, e non vale assolutamente quel che costa. Un manga da seguire, ma un'idea da salvare. Questo doveva essere "The Promised Neverland", perché, suo malgrado, l'opera originale, così come i bambini, dopo la fuga dalla maledetta fattoria, ha finito col perdersi anch'essa. Ma le premesse c'erano tutte, le carte in regola pure. Bastava giusto un ritocco qua e là, e le cose sarebbero andate diversamente, molto diversamente.

Come già detto, parliamo di un titolo che è stato apprezzato solo in parte, ecco quindi il motivo per cui si è deciso, purtroppo per noi, di andare per la via più facile, e soprattutto più economica. Ebbene sì, ha di nuovo vinto il portafogli. Ma non è comunque nemmeno questo che ha spedito "The Promised Neverland" nel dimenticatoio. Perché, se mi vuoi adattare una cosa come oltre cento capitoli in soli undici episodi - proprio così, sceneggiatore, sto parlando con te -, me lo puoi anche fare. Ma, per favore, fammi la cortesia di tagliare dei pezzi, non di modificarli o addirittura rimpiazzarli. Il problema di questa seconda stagione è unicamente questo, non il fatto che il manga non sia stato seguito, bensì il fatto che lo scempio che è stato creato, a scopo di prenderne il posto, è un risultato inaccettabile. Perché, indipendentemente dal confronto con la versione cartacea, questo arco di episodi non ha il minimo filo logico, e pensare che sarebbe bastato riallacciarsi a un punto (chi ha letto il manga sa anche quale), e vivere Goldy Pound e ciò che consegue, semplicemente attraverso il racconto di Emma a Norman, giusto per fare un esempio.

Uno spreco, ecco cos'è "The Promised Neverland", perché quanto c'era di migliorabile è stato definitivamente e irrevocabilmente distrutto, lasciando il peggior ricordo possibile di un titolo che invece, fino a qualche mese fa, tutti ricordavano con piacere.

Tengo a precisare, c'è anche del buono in questo prodotto, ovvero la ending, una delle più belle che abbia mai ascoltato. Basta, nient'altro, e non sto esagerando, il resto è tutto da buttare, e, a quanto si è visto, ci han già pensato gli sceneggiatori.

P.S. Gli episodi in realtà sono soltanto dieci. Mi rifiuto di accettare che una presentazione PowerPoint venga definita episodio, specialmente se dell'ultimo si tratta.