Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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"Kimi ni Todoke", o "Arrivare a te", l'avevo nel mirino da tempo, e con mia somma sorpresa una nota piattaforma streaming ha reso disponibile da poco sia la prima sia la seconda serie di questo anime shōjo... e così ho approfittato dell'occasione.
Premetto che non sono un "cultore" del genere: apprezzo le opere rom-com scolastiche, possibilmente un po' realistiche e non troppo sdolcinate e mielose. "Arrivare a te" rientra proprio in questo filone/tipologia, dove la trama e lo sviluppo sono, per così dire, un po' artefatti, molto romantici, positivi sempre secondo la filosofia del "guardare sempre il bicchiere mezzo pieno", e dove i "drammi" e le "tragedie" molto spesso sono le incomprensioni e gli equivoci più puerili, piuttosto che le vere difficoltà da affrontare nella vita.

Si parte, è vero, da una "storia" di "emarginazione" (non lo definirei di "bullismo") della protagonista, Sawako Kuronuma, ma viene trattata in modo tanto edulcorato, da diventare solo il pretesto per Shōta Kazehaya per dare "il la" alla storia di amicizia e amore alla base di "Kimi ni Todoke".
E fin qui tutto apprezzabile... poi sulla storia di amore tra Sawako e Shota francamente stenderei un velo proprio, per l'eccessivo temporeggiare non tanto di Sawako quanto di Shota, che in questa prima serie non sembra tanto più brillante di lei in quanto a capacità decisionale. Mi è piaciuta la parte in cui Shota cerca di convincere lei e i compagni di classe e della scuola che le dicerie sulla povera Sawako erano solo delle insulse stupidità che non meritavano alcun valore: nei venticinque episodi della prima serie si toccano alcuni aspetti anche profondi della "cattiveria" e della "superficialità" umana nelle relazioni interpersonali. E Shota da questo punto di vista sblocca la situazione, convincendo prima le due compagne Ayane Yano e Chizuru Yoshida, che poi diventeranno le più care amiche di Sawako, e poi pian piano tutti i compagni di classe. Bella e significativa la scena in cui Shota, Ayane e Chizuru si siedono in classe all'inizio dell'anno scolastico vicino a Sawako, per smentire davanti a tutti gli altri la paura che lei portasse sfortuna.

La povera Sawako Kuronuma ha il torto di essere sia tanto introversa, insicura, imbranata, infantile, senza malizia sia tanto dolce, sensibile, incapace di mentire, altruista e dotata di una resilienza senza pari, tanto da aver maturato, as usual, non solo la convinzione di non poter aver amici a causa della sua incapacità ad esprimersi in modo appropriato con gli altri, ma anche di doversi scusare sempre, per farsi accettare per qualsiasi cosa, anche la più insignificante.
E così Sawako appare un personaggio un po' troppo surreale, tanto da apparire alla lunga poco credibile: il suo infantilismo è così marcato ed eccessivo, che più che una ragazza di quindici-sedici anni sembra una bambina di quattro-cinque anni, tanto è ingenua e credulona... e con tale atteggiamento è in grado di "disinnescare" qualunque malintenzionato voglia arrecarle danno o offesa. Tanto è spiazzante, che si ha l'impressione, come si suol dire, di "sparare sulla Croce Rossa".
E anche Shota in un certo senso non brilla molto per coerenza: tanto è brillante nei rapporti interpersonali, quanto imbranato con Sawako, quando inizia a capire che le piace e di piacere a lei... e si ricasca nel solito cliché degli anime tutto imbarazzi, rossori di guance e orecchie, sguardi bassi, balbettamenti e altre amenità del genere, che francamente sono un po' stucchevoli e alla lunga noiosi. Shota sembra la versione maschile di Sawako: la differenza tra i due è che il primo indossa una maschera di persona gentile, affabile, easy going, accomodante, compiacente, sempre sorridente, sensibile e accorto ai bisogni e problemi altrui, e quindi capace di superare la altrettanto innata timidezza che invece lo contraddistingue una volta che ci sono in gioco la sua persona e i suoi sentimenti. Va letteralmente in crisi nella gestione di Sawako, e ciò determina l'allungamento oltremodo fastidioso della trama con dei fraintendimenti ed equivoci anche puerili, che va a scapito della piacevolezza della visione dell'anime.
Di questo suo limite sembra essere consapevole l'unica vera rivale di Sawako: Ume. Non a caso, pur dichiarandosi interessata a lui fin dalle scuole medie, non ha mai affondato il colpo, perché temeva di ricevere il rifiuto, che poi sotto la "pressione" della presenza di Sawako subirà nel momento della sua dichiarazione a Shota. Da questo punto di vista Ume è un personaggio che sotto l'apparente maschera della "gatta morta" un po' machiavellica si dimostra essere molto più sveglia e, in un certo senso, più matura tra i personaggi femminili dell'anime o, perlomeno, tra i più realistici, al pari di Ayane e Chizuru. Purtroppo, dopo il confronto con Sawako a metà dell'anime, sparisce letteralmente dalla trama, lasciando spazio all'arco narrativo dedicato a Chizuru/Ryu e poi alle festività natalizie tra Shota e Sawako. Chissà se nella seconda serie riapparirà e sarà in grado di mantenere la trama e i due personaggi principali sul filo del rasoio...

Nonostante le forzature/sfumature anche un po' melodrammatiche e da soap opera, nell'anime ci sono altri aspetti positivi degni di nota: la crescita e l'evoluzione, lenta ma inesorabile, dell'atteggiamento di Sawako verso gli altri che non siano i suoi familiari, un percorso lungo tutto l'arco dei venticinque episodi che si comincia ad apprezzare verso gli ultimi episodi, quando inizia ad aprirsi verso il mondo esterno, sentendo la necessità di frequentare i suoi coetanei; l'amicizia di Sawako con Ayane e Chizuru, che si dimostrano veramente amiche di Sawako e cercano con tatto e attenzione di aiutarla nel suo percorso di crescita, senza forzarla; l'arco narrativo dedicato a Chizuru e la sua cotta "infantile" nei confronti di un adulto che conosce fin dall'infanzia. Il contrasto tra la disillusione dell'amore non corrisposto di Chizuru con quello potenziale e un po' troppo romantico di Sawako rappresenta un gran bel contrasto nell'anime e una metafora della storie d'amore.
È proprio quest'ultimo aspetto (assieme all'accenno sul passato e il carattere di Ume) che rende l'anime ancor più interessante: non si focalizza solo sulla protagonista e su colui che aspira a conquistarne il cuore, ma riesce a trattare anche i personaggi secondari, dedicando loro anche delle puntate, in modo da rendere la trama più articolata e stimolante in un intreccio di interessi, amicizie, illusioni che in qualche modo alleggeriscono (e di molto) la particolarità della narrazione sul personaggio di Sawako.

“Arrivare a te” (“Kimi ni Todoke”), mai titolo è stato più azzeccato per la storia narrata: non solo una storia d'amore (ancora potenziale nella prima serie dell'anime), ma un percorso di evoluzione di un gruppo di ragazzi che a vario titolo affrontano le piccole e grandi difficoltà della loro giovane esistenza, formandosi e affermandosi nel loro percorso di crescita.
In attesa di vedere la seconda serie, per poter constatare se alcune situazioni arrivano alla loro "naturale" e auspicata conclusione positiva...

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Opera seconda di Miyazaki junior, “La collina dei papaveri” è uno slice of life ambientato a ridosso delle olimpiadi di Tokyo del 1964, in una città portuale del Giappone.

Il comparto tecnico, avendo il “bollino” Studio Ghibli, è inevitabilmente di tutto rispetto: i fondali sono magnifici, il chara design morbido e affusolato, bellissimi i colori, i movimenti in generale sono fluidi, anche se le camminate dei personaggi sono un po’ strane (hanno un non so che di militaresco).

Non conosco le motivazioni che hanno spinto lo staff a scegliere questa epoca, se è un periodo di tempo che ha un qualche valore affettivo per lo sceneggiatore, se si voleva promuovere la nuova candidatura di Tokyo alle olimpiadi o per un semplice vezzo, fatto sta che, per quanto mi riguarda, tale scelta si è dimostrata azzeccata: difficilmente si vedono in giro opere cinematografiche recenti riconducibili a quel periodo e, riguardo agli anime, penso sia un unicum. È molto bello vedere un mondo in pieno boom industriale, ma senza tecnologie informatiche, e dove quindi si usano i volantini invece che i post sui social; le bandiere piuttosto che i messaggini; i tram in sostituzione della metro; dove le stampanti sono rigorosamente “umane” e, per immortalare le proprie gesta, non ci sono né YouTube né TikTok, ma bisogna accontentarsi di una semplice foto.

La storia in sé, per una serie di motivi, la definirei “tiepida”. La parte più vivace ruota intorno a un vecchio caseggiato scolastico che deve essere abbattuto, e un gruppo di studenti “ribelli” che cerca di impedire tale accadimento. Gli eventi associati a questa “battaglia” con le autorità avranno il compito di alleggerire la narrazione, regalandoci qualche simpatico sketch, e saranno l’espediente utilizzato dagli autori per far conoscere i due ragazzi. Se l’intreccio che collega la coppia è anche interessante, non si può non notare che proprio il rapporto tra i due sia il punto debole di questo film.

Nessuno conosce bene la formula che permette di creare quella giusta empatia tra lo spettatore e i protagonisti di una storia, dato che opere apparentemente simili possono ricevere giudizi diametralmente opposti da parte della critica e/o del pubblico. Di sicuro, in caso di vicende sentimentali, c’è bisogno di una qualche sorta di ostacolo che si oppone all’agognato “Happy End“ (di solito è un villan, ma non necessariamente), e qua l’ostacolo c’è, è ben congegnato, e va a scavare nella nascita stessa dei ragazzi; serve poi un ottimo comparto tecnico, che ovviamente qui è eccelso, compresa l’ottima OST a cura di Satoshi Takebe, che riesce a dare un grande supporto alle resa emotiva della visione; non deve poi mancare il tempo, cioè pagine e pagine (per i libri e manga) o minuti su minuti (per film, anime e serie) che contribuiscono a creare quel legame affettivo e di empatia tra chi assiste alla storia e gli eroi di turno. Ma il primo problema de “La collina dei papaveri” è proprio questo, il tempo, dato che dura appena ottantasette minuti, cioè troppo poco. Quello che però assolutamente non può mancare in un’avventura con una componente romantica è quel clima di tensione continua tra i protagonisti fatto di piccoli conflitti, timidi tentativi di approccio, repentini allontanamenti, grandi litigate, tanti tentennamenti... e tutto ciò lo si ottiene rendendo i due molto diversi tra di loro o addirittura opposti: uno estroverso, l’altro timido; uno popolare, l’altro emarginato; uno ricco, l’altro povero; uno smidollato, l’altro inquadrato; uno solare, l’altro tenebroso; uno innamorato perso, l’altro “freddino”, insomma come il giorno e la notte o come il sole e la luna. A quel punto i due personaggi principali, “caricati” a dovere delle loro caratteristiche salienti, saranno come i poli opposti di una batteria e, una volta entrati in contatto, faranno scorrere la corrente necessaria a tenere forte la presa sul pubblico. Il problema di questo anime sono proprio i protagonisti Umi e Shun, perché sono troppo simili, troppo inquadrati, troppo bravi ragazzi: se nei primi istanti del loro incontro Shun sembrerà destinato a recitare il ruolo dello scapestrato, mentre lei avrà riservato quello della ragazza più timida e introversa, ben presto il giovane sarà messo a sedere su una polverosa scrivania, diventerà tremendamente razionale, lucido e distaccato, quindi diverrà quasi un clone “caratteriale” di lei. Ciò renderà la loro interazione piatta, monocorde... per farla breve, “moscia”. Saranno come una batteria scarica o addirittura una batteria con tutti e due i poli “positivi”, e non riusciranno a trasmettere quella verve, quel brio, quelle scintille necessari per rendere questo spaccato di vita spumeggiante e godibile, e le poche scene di “disimpegno” saranno affidate a personaggi secondari loro compagni di scuola.

Ovviamente non c’è modo di sapere le ragioni che hanno portato alla realizzazione di questa trama (tratta comunque da un manga degli anni ‘80), ma mi viene da pensare che, essendo un lungometraggio che ha come target “per tutti”, molto probabilmente si è deciso di livellare i picchi emotivi ed edulcorare i comportamenti “scellerati” tipici della gioventù, ottenendo però, come effetto collaterale, il non felice risultato di aver creato un racconto che narra di drammi, ma che li colloca lontani nel tempo; che mostra la ribellione giovanile, ma la imbriglia in un contesto istituzionale; che cerca di far suscitare le emozioni, evitando però rigorosamente gli eccessi, e soprattutto che crea e disfa, in pochi passaggi, il personaggio del ribelle, perché magari poteva essere diseducativo per i più giovani. Sembra in sostanza una storia che “sorge” libera come un ruscello di montagna, ma che viene poi incanalata all’interno di argini molto alti e stringenti lungo tutto il suo (breve) percorso, e che giunge placidamente verso la meta, senza affrontare particolari curve, pericolose rapide o vigorose cascate.

Se dietro ad esso non ci fosse stata “l’impalcatura” Ghibli, molto probabilmente non avrebbe raggiunto la sufficienza. Voto: 7.

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"L'essenziale non è udibile alle orecchie, ci comprendiamo con il cuore"

Futsuu na Bokura no - tradotto in un'altra lingua "Come gli altri" - è una serie shoujo scolastica che tratta il tema della sordità. La sua autrice, Nojin Yuki, non è stata pubblicata in Italia, ma forse potrebbe valere la pena recuperare questa storia in un'altra lingua. L'edizione che ho acquistato è composta da sette volumi ed è maneggevole nonostante io non sia un'appassionata delle sovraccoperte.

Le vicende di "Futsuu na Bokura no" si svolgono tra le aule della scuola e di un club di fotografia. La protagonista è Tsubaki, una ragazza cardiopatica che si è trasferita da poco in una nuova città dopo avere subito un intervento al cuore. Questa esperienza di vita ridefinisce le sue priorità e ciò che desidera è solo vivere con leggerezza una semplice storia d'amore. Il suo motto sarà sempre agire seguendo il proprio cuore.

La scena d'apertura del volume mostra Tsubaki rincorrere uno studente al quale è caduto un effetto personale. Apparentemente disinteressato al suo richiamo di spalle, lo stesso ragazzo sembra rispondere alle sue attenzioni solo in un secondo momento. Tsubaki è colpita dal suo aspetto fisico e subirà un vero colpo di fulmine quando lo incontrerà una seconda volta in treno. Il ragazzo, ponendosi di fronte a lei, le lascia sulle ginocchia un bigliettino dove la ringrazia di avere recuperato il suo abbonamento dei mezzi e la "protegge" con la schiena da un passeggero molesto che tenta di fotografarla. Tsubaki è impressionata dal ragazzo, di cui scoprirà il nome Ibuki e l'appartenenza al suo stesso liceo. E se fosse lui quello con il quale può aspirare a vivere una "semplice" storia d'amore?

Travolta dalle emozioni Tsubaki scrive una lettera a Ibuki e qui le confessa a cuore aperto il suo trasporto per lui. Dichiara di essere innamorata e di volerlo conoscere meglio per creare qualcosa insieme e vivere una storia d'amore ordinaria... proprio perché in base alla sua esperienza di vita la felicità si nasconde nelle cose semplici. Ibuki legge la lettera ma non risponde nella maniera attesa. Nonostante gli scambi avuti con lui per iscritto, tramite bigliettini, Tsubaki non si era resa conto che Ibuki è affetto da sordità. E la cosa peggiore è che non lo scoprirà da sola, ma le sarà rivelato da un loro compagno di scuola (che avrà un ruolo di rilievo nello sviluppo della trama). In maniera non intenzionale, la lettera d'amore di Tsubaki diventa un manifesto della "bellezza dell'ordinario" che entra in collisione con la patologia di Ibuki. Questo avrà l'effetto di respingerlo e di rimettere in discussione la loro neonata amicizia. Riuscirà Tsubaki ad affrontare questo nuovo capitolo della sua vita con altrettanta positività?

"Futsuu na Bokura no" è una storia d'amore molto dolce in cui vengono toccati argomenti importanti. I dialoghi e gli spazi dedicati all'introspezione esprimono maturità, accurata e doverosa per intersecare il tema delle patologie con il filtro shoujo ricercato. La storia d'amore tra Tsubaki e Ibuki offre degli spunti di riflessione importanti e persino nei momenti più dolorosi chiede al lettore di entrare nel loro dramma. Ibuki è travolto dalla positività di Tsubaki, non crede nella sincerità dei suoi sentimenti, e diffida delle attenzioni che gli sono rivolte. Le considera le parole di una liceale innamorata dell'amore e con un occhio eccessivamente gioioso e generoso verso la vita. Anche Ibuki però imparerà a conoscere Tsubaki e il suo tortuoso percorso per raggiungere la "straordinaria ordinarietà".

"Futsuu na Bokura no" non è la classica serie scolastica dove i protagonisti si rincorrono per tutta la serie. Qui la protagonista dichiara da dubito l'intenzione di ridurre le distanze dall'oggetto del suo amore. Ciononostante, l'impeto produce l'effetto opposto imponendole di fare qualche passo indietro e ridimensionando le sue aspettative avvicinandosi gradualmente. Nel corso della serie si assiste ad un progressivo avvicinamento, marcato da pensieri talvolta violenti e autodistruttivi. Nonostante Tsubaki abbia una bella energia e i personaggi secondari accompagnino le loro vicende, occorre predisporsi ad una lettura più malinconica che gioiosa.

Per questo motivo suggerisco questa serie solo a chi è preparato a shoujo profondi e introspettivi, come quelli editi di Yūki Obata. Se non mi sbaglio oggi in Italia il tema della sordità è già affrontato in altre opere destinate a lettori più adulti/universitari. Potrebbe essere altrettanto interessante proporre questo con protagonisti del liceo. Il tema della sordità e delle patologie in generale, infatti, si intreccia con le insicurezze di un'età in cui il carattere non è ancora forgiato. Potrebbe fare bene anche a chi è già adulto entrare nei pensieri di Tsubaki e Ibuki, non si smette mai di imparare.