Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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“Tutti conoscono la frase alla fine del sogno, per sempre felici e contenti. Cercare di rendere tutto un lieto fine con solo tre parole. Una dopo l’altra, felici e contenti per sempre.”

Dopo tre stagioni si conclude quella che, senza alcun dubbio, posso definire una delle migliori romantic-comedy mai sfornate dall’enorme industria dell’animazione giapponese e, in assoluto, la mia preferita. Per quanto mi riguarda, “Oregairu” è stato tante cose, ma, sopra ogni altra, un percorso di crescita lento ma costante, in grado di catturare la mia attenzione e farmi appassionare totalmente alla vicenda, in cui mi sono più volte immedesimato.

La storia riprende, precisamente, da dove ci eravamo lasciati con la seconda stagione e, se non doveste ricordarvelo bene, vi rinfresco io la memoria. Il triangolo amoroso tra Hikki, Yukino e Yui sembrava una matassa ingarbugliata, in cui i tre protagonisti avrebbero dovuto cercare di districarsi. D’altronde, le questioni di cuore non sono mai semplici e, spesso e volentieri, mettono a repentaglio anche le amicizie più solide. Il nostro caro Hachiman Hikigaya si ritroverà, dunque, tra un ballo di fine anno e l’altro, a dover prendere una decisione, forse la più complicata e importante della sua, fino a quel momento, triste e monotona vita adolescenziale: stabilire chi, tra Yukinoshita e Yuigahama, merita tutto il suo amore incondizionato. In queste ultime dodici puntate vengono, quindi, al pettine tutti i nodi, si chiariscono le questioni lasciate irrisolte e giunge a conclusione il cammino stupendo iniziato nella prima stagione. Un cammino di crescita che, come detto in precedenza, è stato lento e costante e ha necessitato del giusto tempo, ma che, alla fine, ha visto i tre protagonisti cambiare radicalmente. Insieme hanno compreso il vero valore dell’amicizia, l’importanza di avere qualcuno accanto nel momento del bisogno e, seppur in modo contorto, hanno imparato ad aprirsi con gli altri e ad esprimere i propri sentimenti. Sopra ogni altra cosa, però, hanno sperimentato, per la prima volta nella loro vita, gli effetti di una storia d’amore adolescenziale che, dal mio punto di vista, ha avuto solo vincitori e nessun vinto. È innegabile, però, che, tra tutti, colui il quale ha incarnato perfettamente e in modo totale questa crescita sia stato Hachiman Hikigaya.

“Un po’ per scelta personale, un po’ perché il fato ha voluto così, Hachiman si è ritrovato solo e senza uno straccio di amicizia, ma invece che piangere della propria situazione, se ne vanta. Nella sua testa, non avere amici equivale a non avere problemi di nessun tipo. Hikki è un vero e proprio luminare, che ama la sua condizione di eterno solitario.” Con queste parole, non molto tempo fa, descrivevo Hachiman, il protagonista dell’anime, nella recensione della prima stagione.
“Dopo un lungo cammino, pieno di insidie e volto alla ricerca di qualcosa di reale, Hachiman è riuscito a farsi degli amici che lo amano e lo rispettano e ha afferrato che non c’è nulla di dignitoso nella solitudine. Ancor più importante, però, ha compreso il significato della parola amore, questo sentimento, fino ad allora, sconosciuto. Ha imparato ad amare ed essere amato e, da eterno solitario, è passato ad essere un ragazzo socievole, capace di godersi la propria gioventù.” Con queste parole, mi sento di descrivere Hachiman a storia conclusa.
Un cambiamento oltremodo incredibile e che solo una serie profonda come “Oregairu” poteva regalarci. E questo è, a mio modesto avviso, il vero punto di forza dell’anime. Nonostante ciò, a molti, invece, è stato proprio questo cambiamento a far storcere il naso. Come se, cominciando ad assomigliare di più ad un ragazzo della sua età, senza però snaturarsi completamente, la serie e il personaggio avessero tradito i loro propositi originali, mentre ciò che si cerca di insegnare è che il cambiamento è possibile sempre, ma solo se lo si vuole con tutto sé stessi. E questa lezione non bisognerebbe mai dimenticarla.

Insomma, se non si fosse capito, ho amato incondizionatamente questa terza stagione e, in generale, tutta la saga di “Oregairu”, di cui ho apprezzato ogni sua sfumatura. Dai giri di parole infiniti e, talvolta, incomprensibili, alla rappresentazione dell’amore che esenta dai suoi soliti cliché. Tutto, a mio avviso, in perfetto stile “Oregairu”. Uno stile unico, spesso criticato perché manchevole di velocità e chiarezza, ma che, arrivati alla terza stagione, si sarebbe dovuto imparare ad apprezzare. Le musiche non tradiscono e, ancora una volta, viene proposta un’opening lenta e dolce, che non ha nulla da invidiare alle due precedenti.

Onestamente parlando, potremmo stare qui a discutere ancora per molto, perché la mia non è altro che una semplificazione di un anime che, di semplice, non ha proprio nulla. Per ore ed ore, potremmo parlare della dolcezza di Yui e Yukinoshita, del ruolo fondamentale svolto dalla sensei Hiratsuka o del rapporto fratello-sorella tra Hachiman e Komachi, ma sarebbe tutto inutile. Per apprezzare dovete solamente guardare, cercando di assimilare tutto quello che “Oregairu” ha da darvi. Solo allora comprenderete che: “Il felice e contenti per sempre non è solo una congettura delle fiabe.”

8.5/10
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"Voglio connettermi, ma..."

E' inevitabile, nella vita, intrecciare relazioni. L'uomo è un animale sociale, che ha bisogno di aggregarsi in gruppi per sopravvivere; l'esistenza di ciascun individuo viene comprovata dalle iterazioni con il prossimo. La società non sa che farsene di chi non ha più "inizio, fine e connessioni".

Ma questo "obbligo a relazionarsi" sull'individuo ha una valenza positiva o negativa? L'uomo è il peggior nemico dell' "altro-da sè", si muove per semplice cinismo e convenienza, o è una creatura benevola e altruista che viene deviata da nefaste circostanze? Per secoli filosofi si sono interrogati sull'ambivalenza della natura umana: dopo Aristotele, Hobbes, Rousseau, Sartre, nel 2019 Kunihiko Ikuhara, regista noto in Italia per "Mawaru Penguindrum" e "Utena la ragazza rivoluzionaria", prova a dire la sua sulla questione.

"Sarazanmai" ha un soggetto, come consuetudine dell'autore giapponese, a dir poco bizzarro. Tre bambini giapponesi di nome Kazuki, Enta e Toi sono obbligati da una serie di sfortunati eventi a stringere un patto con il principe dei kappa Keppi. In cambio del loro "shirikodama" (un organo che, secondo il folklore nipponico, viene rubato attraverso l'ano) e del loro contributo nella sconfitta dei kappa-zombie, i tre bambini potranno collezionare cinque "piatti della speranza", e per mezzo di questi realizzare un desiderio. La missione verrà ostacolata a più riprese da due misteriosi poliziotti di nome Mabu e Reo, dall'organizzazione delle lontre nemica dei kappa e, soprattutto... dai bambini stessi, disposti a sacrificare la loro amicizia pur di non vedere rivelati i propri segreti .

Cosa è il "sarazanmai" che i nostri protagonisti invocano durante ogni battaglia? Secondo le mie ricerche "sara" in giapponese significa "piatto", sia in senso di pasto che di oggetto. "San" è tre e "mai" può intendersi sia come piano, che come banco. La prima traduzione di "sarazanmai" è dunque "tre piatti piani", come quelli indossati dai protagonisti in forma kappa. "Sanmai" scritto 三昧 è un termine, di origine buddista, che rappresenta uno stato di intensa meditazione, rappresentato nell'anime dalle sequenze dei "leak". Se usato come suffisso, il termine "-zanmai" può essere anche tradotto "immerso/intento in". I kappa-zombie dicono di essere ossessionati da qualcosa-zanmai, di solito un oggetto fisico che è stato loro sottratto e che simboleggia un legame.

Un bel macello, vero? Eppure l'anime scorre che è una meraviglia, come poche altre serie firmate Ikuhara. Il messaggio al termine degli undici episodi arriva forte e chiaro, ed è una volta tanto carico di speranza. Per quante volte un legame (il miçanga, in questo caso) possa spezzarsi o essere messo da parte causa torpore quotidiano, gretto materialismo, ragioni opportunistiche, se le parti in causa ci credono, può essere ricucito. E un legame può salvare una persona in un mondo dove "solo i malvagi sopravvivono", se è motivato da oneste intenzioni. Se in "Neon Genesis Evangelion" bisognava imparare a "volersi bene" per "volere bene a", qui è l'esatto contrario.

Lo scarso numero di episodi a disposizione ha obbligato la storia a non deviare mai dai tre protagonisti, Kazuki, Enta e Toi, che sono ben delineati in come si esprimono e interagiscono tra loro, senza risultare mai scontati o strumentali alla narrazione. Tre protagonisti a cui è difficile non affezionarsi, insieme a Keppi, che regge mezza serie da solo con i suoi istrionici siparietti, e a Mabu e Reo, perfetti interpreti di quella "adultità" che si è persa dietro un desiderio narcisistico. I simboli sono limitati agli onnipresenti "piatti" e al dualismo kappa-lontre, a mio avviso traducibili nell'eterno conflitto tra ('spoilerino') altruismo e egoismo insito nella natura umana. Grazie alle eccellenti animazioni di studio Mappa, alle adorabili canzoncine e alle due splendide sigle, tra le migliori dell'annata, "Sarazanmai" è una continua festa per occhi e orecchie.

"Sarazanmai" è dunque l'opera più facilmente fruibile e leggera di Ikuhara, nonché un ottimo punto di accesso per la comprensione di "Mawaru Penguindrum" e "Utena". Se vi ha divertito "Sarazanmai", il consiglio spassionato è di recuperare le altre due, per poi passare a "Yuri Kuma Arashi", il quale, pur essendo il lavoro meno riuscito, ha una spiccata personalità. Per quanto mi riguarda, sono felice di aver "restaurato una connessione" con uno dei miei registi giapponesi preferiti.

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Diciamolo chiaramente: "Anata ga Shite Kurenakute mo", traducibile in italiano con "Anche se non lo fai", è un buon manga che fa molto riflettere. È buono per tanti motivi, che discuterò nel proseguo di questa di recensione, ma soprattutto per la scelta dell'argomento trattato, originale e difficile.

"Anata ga Shite Kurenakute mo" parla di intimità sessuale mancante, di matrimoni in crisi, di tradimenti, di divorzi, di cosa fare quando ci si trova dentro a un vicolo cieco. È rivolto chiaramente a un pubblico con una certa esperienza di vita, con età anche superiore a quella dei protagonisti, che sono trentenni.

Pubblicato sulla rivista seinen Manga Action (attiva dal 1967, che - a suo tempo - ha pubblicato opere come "Lupin III" e "Lone Wolf and Cub", più di recente opere come "Dentro Mari" oppure "In questo angolo di mondo" e "Il cane che guarda le stelle") graficamente è realizzato in puro stile shojo - alla Wataru Yoshizumi - e quindi potrebbe sembrare rivolto a un pubblico esclusivamente femminile, ma così non è.

L'autrice è Haru Haruno; andando a controllare su Baka-Updates a suo nome risulta soltanto un breve shonen del 2016. Tuttavia non sembra affatto un'autrice esordiente, immagino che abbia fatto per molti anni l'assistente prima di pubblicare a suo nome, o forse "Haru Haruno" è solo uno pseudonimo recente: sta di fatto che a me pare un'autrice di grande esperienza ed enorme competenza sia grafica (i disegni sono eccellenti) che di regia delle tavole (la si vede per esempio nei bellissimi finali di capitolo). Non è da meno neppure per quanto riguarda la cura della storia e l'abilità di mantenere il lettore incollato alle pagine per sapere come succederà nei prossimi volumi. Sono apprezzabili i sapienti cliffhanger e le scene a alto contenuto di melodramma che faranno contenti le lettrici e i lettori. Non mancano neppure i primissimi piani di volti in lacrime della vecchia scuola dello shojo, sempre resi alla perfezione e supportati da un'ottima scrittura e un grande senso della narrazione.

Tutto perfetto quindi? Sicuramente sì a livello grafico e, onestamente, non potrei desiderare di meglio. Da lettore maschio segnalo anche la presenza di personaggi femminili davvero sensuali, specialmente le rivali della protagonista, ma anche lei stessa in certe circostanze, nonché la qualità delle scene erotiche, pochissime, ma rese magistralmente, essendo tutte incentrate su quello che non avviene (ricordate il titolo?).

Come spesso accade con i manga al femminile, ho qualche riserva sui personaggi maschili, che a volte sono poco credibili (dove si è mai visto un marito che si premura, di sua sponte, di portare delle scarpe di ricambio per la moglie? questa non è neanche fantascienza, è fantasy!) ma ci si può passare sopra. I personaggi maschili sono essenzialmente due: You, il marito della protagonista e Makoto, l'altro. I due hanno rispettivamente 35 e 36 anni e una vita sessuale non esistente, You per sua scelta e Makoto per colpa della moglie in carriera, che lo trascura. Dei due You è senz'altro il personaggio più realistico nel suo cumulo di difetti e cattive qualità. Dall'età di 33 anni ha, come si dice, "attaccato l'uccello al chiodo" e passa le sue giornate tra il lavoro e i videogiochi, ignorando bellamente la moglie e non facendo assolutamente nulla in casa.

Il manga inizia con Michi, la protagonista, che si lamenta dell'assenza di intimità tra loro, che si protrae da due anni, e You che tira fuori scuse per procrastinare e rimandare l'atto facendo promesse che non ha intenzioni di mantenere. 35 anni sono un po' pochi per ridursi in queste condizioni, fossero stati 55 la cosa sarebbe stata più credibile, ma il manga sarebbe stato meno interessante con protagonisti di mezz'età. D'altra parte è essenziale che i protagonisti siano giovani perché Michi vuole anche avere dei figli. Si pone quindi un grosso problema di fondo, che di sicuro tocca molte coppie sposate (vogliamo avere dei figli? Quando li vogliamo avere? Siamo sicuri di essere sulla stessa linea di pensiero?) e rende il manga interessante per chi è passato per questa fase della vita. Ma va detto che la questione dei figli è importante ma tutto sommato secondaria: il vero problema di Michi è quello di capire se il marito la ama oppure no, se il loro matrimonio è fondato su una menzogna oppure no.

Attenzione: questa parte contiene spoiler

Bisogna capire che fin dall'inizio è stata Michi a dichiararsi e, apparentemente, You l'ha sposata per inerzia: dato che Michi non gli rompe le scatole e gli fa fare tutto quello che vuole, a lui va bene così. Sembra essere un uomo di scarsi appetiti sessuali, che scarica nella pornografia piuttosto che con la moglie. Qui si trova un punto debole del manga, visto che non si capisce perché You sia diventato così, sarebbe stato interessante approfondire la cosa (non gli è mai piaciuto fare sesso con Michi? E se all'inizio sì e poi no, perché? Cosa è cambiato?). L'altro punto debole è che a un certo punto You tradisce la moglie con una collega d'ufficio.

Il difetto non è tanto il tradimento (l'occasione fa l'uomo ladro e la collega Mishima è una bomba sexy) quanto il fatto che, dopo l'avvenimento, You fa come se non fosse successo niente. Ma come: sei un uomo che da due anni non ha rapporti sessuali, sei quasi impotente con la moglie e quando, finalmente, trovi una donna con cui riesci a farlo la ignori completamente e non ci pensi più? Questo punto è per me poco credibile, mi sarei aspettato ben altri sviluppi tra You e Mishima, ma lui dopo una singola botta torna allo stato di calma piatta che lo contraddistingue. La sensazione quindi è che il tradimento sia avvenuto soltanto per far pendere la bilancia morale in favore di Michi, visto che lei con Makoto ha solo scambiato un bacio appassionato e nulla di più.

Non l'ho detto finora, ma è chiaro che date le sue prospettive con You, Michi ha cominciato a guardarsi intorno, naturalmente a livello inconscio perché lei è troppo beneducata per pensare consciamente di tradire il marito. Nel primo capitolo, dopo aver bevuto molto, confessa al fascinoso collega d'ufficio Makoto che da due anni non ha rapporti con il marito. Siccome Makoto si trova nella stessa situazione, è chiaro fin da subito che tra i due nascerà qualcosa...

A questo punto, mi sento di fare qualche osservazione sulla società giapponese. Siccome sono un bel po' di anni che leggo manga e siccome sono un grande fan di manga datati, mi piace rilevare come sono cambiati nei decenni gli atteggiamenti dei giapponesi su certi argomenti. Per esempio il divorzio una volta era tabù, era ben difficile/impossibile trovare manga che ne parlassero dal punto di vista chi divorzia. Qui invece il divorzio esiste, se ne parla, una collega di Michi le confessa addirittura di sentirsi molto sollevata dopo il divorzio, insomma il divorzio è una cosa accettabile e addirittura la cosa giusta da fare in certe situazioni. Questo è un passo avanti, d'altra parte i giapponesi non sono ancora al divorzio facile e spesso anche eccessivo della società occidentale, è ancora un grosso problema e quindi costituisce un buon materiale drammatico.

L'altra osservazione che sorge spontanea è quella sul mondo del lavoro: su questo fronte sembra che non sia cambiato nulla e che i giapponesi rimangano ancora completamente schiacchiati dal troppo lavoro che prende la precedenza sulla vita privata. Questo probabilmente ha molto a che fare con il problema della scarsa libido dei giapponesi. Dalla lettura di "Anata ga Shite Kurenakute mo" sembra che mogli e mariti si incontrino solo sporadicamente nei ritagli di tempo dal lavoro che si mette in mezzo nei momenti più inopportuni, rovinando ogni atmosfera sentimentale. Su questo punto spero che il manga esageri la realtà, perché è davvero difficile stare insieme e anche solo avere voglia di fare dei figli in situazioni del genere.

In "Anata ga Shite Kurenakute mo" rimangono tutte le caratteristiche tipiche della mentalità giapponese che noi amanti dei manga apprezziamo, come l'eccessiva (almeno per i nostri standard) considerazione verso gli altri, motivo per cui Michi si sente esageratamente in colpa verso il marito e cerca sempre di mettersi nei panni di lui che francamente non lo merita. Stessa cosa per Makoto, che ormai non ama più la moglie ma che si fa in quattro per lei comunque. Lo stesso You, che è il meno altruista dei personaggi, di fatto non è fondamentalmente cattivo, se si comporta male è perché non se ne rende conto e se capisce di aver sbagliato cerca di rimediare, a modo suo. Ho anche molto apprezzato il personaggio della moglie di Makoto, Kaede, che originariamente sembra seguire lo stereotipo della donna in carriera (necessariamente "la cattiva" della situazione) ma che invece ha un suo perché ed è molto credibile nelle sue reazioni, forse il personaggio più credibile fra tutti. Ed è anche bellissima graficamente, cosa che non guasta!

Il manga è attualmente in corso e io ho letto solo 7 volumi, quindi non so come andrà a finire. Recentemente ho scoperto che è stato edito in Italia dalla Goen con il titolo di "Corpi Solitari". Il titolo fa venire in mente un manga erotico, cosa che assolutamente non è. Il sesso certamente è la cosa che manca nella vita dei personaggi, ma questo è solo un sintomo, il tema vero del manga è la vita di coppia, e cosa fare quando ci si rende conto di vivere su binari paralleli, in vicinanza solo fisica ma non spirituale. Consigliato alle lettrici (e ai lettori) sposati o in una relazione di lunga durata.