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9.0/10
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"Perché sei tornato? Perché non sei morto per la patria?! Non sei il benvenuto! Non ho nessun campo per te, neanche un orticello… Non voglio vederti! Vattene!"

«Ayako» (奇子) è un seinen manga ideato, scritto e disegnato dal famosissimo Osamu Tezuka, autore che nella sua lunga carriera ha rivoluzionato il mondo del fumetto giapponese, realizzando inoltre opere come «Astro Boy», «Dororo» o «La Fenice» che hanno per sempre segnato la storia del manga.
L’opera in questione fu pubblicata in Giappone tra il gennaio del 1972 e il giugno 1973 sulla rivista Big Comic della casa editrice Shogakukan. Oggi, «Ayako» è un manga edito anche qui in Italia grazie alla casa editrice Hazard Edizioni, che ha raccolto l’opera in tre volumi pubblicati tra il giugno e il settembre del 2004, per poi godere di una nuova edizione in soli due volumi nel 2019 grazie a J-Pop.

La storia inizia il 13 gennaio 1949 al porto di Yokohama, giorno in cui Jiro Tenge fa il suo ritorno dalla guerra, il secondo conflitto mondiale che tanto aveva dilaniato il mondo intero e che aveva visto il Giappone sconfitto assieme all'Italia fascista e alla Germania nazista.
Jiro non ritorna solo e semplicemente in veste di soldato, ma in incognito continua a svolgere il ruolo di agente segreto al servizio degli Stati Uniti, risultando così una spia giapponese al soldo degli americani.
Oltre ad un Giappone visibilmente sconvolto e ridimensionato che vive una situazione politicamente instabile, ad attenderlo è anche l’infelice clima che regna nella sua famiglia, la famiglia Tenge, storica casata di latifondisti proprietaria di numerosi ettari di terra nello Yodoyama, una regione a nord di Tokyo.
Al suo ritorno, Jiro scopre inoltre che c’è un nuovo membro in famiglia: la sorellina Ayako. La bambina è però coperta da un segreto più o meno celato, ella è infatti il frutto dell’amore clandestino tra Sakuemon Tenge, padre di Jiro e patriarca della famiglia Tenge, e sua cognata Sue, la moglie di Ichiro Tenge, primogenito della famiglia nonché figlio di Sakuemon e quindi fratello di Jiro.
Un giorno però, alle prese con i suoi compiti da spia giapponese sotto gli ordini degli americani, Jiro viene coinvolto in un omicidio vagamente ispirato ad un fatto di cronaca realmente accaduto, l’incidente Shimoyama.
Al ritorno dai suoi loschi compiti la camicia di Jiro è però sporca di sangue. Intento quindi a lavarla nel cuore della notte la spia viene sorpresa dalla sorellina Ayako in compagnia della serva Oryo, una “sempliciotta” non tanto sana di mente al servizio della famiglia Tenge, nonché unica vera amica della piccola Ayako.
A questo punto però la casata decide di prendere precauzioni, l’onore del nome della nobile ed antica famiglia Tenge non può essere sporcato, per questo motivo Oryo viene uccisa e Ayako rinchiusa sul fondo di un granaio sigillato. Inizierà così un lungo calvario per la bambina che verrà rinchiusa in un luogo che la vedrà crescere, piangere e disperarsi, un luogo che la accolse da bambina e la vide crescere sino a diventare donna.

Una trama robusta, complicata e solida, con «Ayako», Osamu Tezuka ci dona un manga storico-politico nella quale vuole esprimere tutta l’agitazione accumulata e repressa negli ultimi anni, anni di rivolta e di cambiamenti che interesseranno sia la nostra Europa che il Giappone.
L’opera viene scritta nel ’72 in un Giappone agitato e ancora fortemente scosso dall’oramai lontana guerra, un periodo in cui i dibattiti politici e i moti di protesta femministi e antiamericani avevano ribaltato il comune pensiero giapponese e la mentalità del paese. In questo contesto storico anche il mondo del manga, proprio in quanto forma d’arte, prese la sua parte nelle proteste. Erano quindi gli anni ’60 quando nacque il genere “gekiga”, che da lì a poco avrebbe rivoluzionato, e non poco, il modo di fare fumetti nel Paese del Sol Levante. In questo frizzante ambiente artistico, dove il «Kamui» di Sanpei Shirato era il nuovo «Il Principe» di Machiavelli, Osamu Tezuka arrivò però con un leggero ritardo, considerando anche la sua posizione privilegiata all'interno della società giapponese che già lo vedeva come il padre putativo del manga vero e proprio, colui che seppe rivestire i panni di Giotto all’interno del fumetto giapponese.
Proprio in questo contesto e proprio con un piccolo ritardo, che può anche essere tipico dei geni, Tezuka realizzò «Ayako», opera che sarebbe poi passata alla storia divenendo il manga con cui l’autore decise di mettere a nudo l’animo umano, il marciume che si nasconde nelle profondità di una società vecchia, statica, lenta e bigotta, in contrasto con la nuova società che avanzava e che distruggeva e sconvolgeva un vecchio sistema oramai troppo radicato e dogmatizzato in cui l’onore di una famiglia veniva prima delle azioni, in cui “il fine giustifica i mezzi”, in cui una donna doveva e poteva essere schiavizzata e sottomessa ai comportamenti tirannici del marito che rivestiva un ruolo di padrone all’interno della famiglia e, soprattutto, una società in cui la vita di una bambina valeva meno dell’impatto sociale del nome di una famiglia, in un ambiente politico corrotto e senza scrupoli.
Come una carezza prima di un pugno nello stomaco, Tezuka inizia a raccontare le vicende della famiglia Tenge innanzitutto presentandone i personaggi. Proprio come se fossero carte in un gioco di società i personaggi vengono descritti e messi a nudo sin dalle prime pagine, vengono sezionati, scrutati e osservati come in un identikit.

I personaggi di questo manga non sono però degli eroi, non sono forti né fisicamente né caratterialmente, la maggior parte di loro sono infatti dei perdenti, sono figure piene di punti deboli, con valori e concetti deformati da una società che li vuole schiavi di una staticità storica oramai radicata all’interno della società.
Da questa sintesi dei valori e delle sembianze dei protagonisti parte dunque una narrazione altalenante, dove Tezuka cerca volontariamente di ridurre la teatralità e la finzione che un mangaka avrebbe potuto benissimo disegnare. «Ayako» invece non cattura il lettore per le sue vignette, non lo cattura nemmeno grazie ad effetti che avrebbero potuto invogliarlo a girare immediatamente pagina, no, infatti Tezuka decide (rischiando) di tentare di catturare il lettore attraverso l’uso sapiente delle tecniche neorealistiche che circa un ventennio prima erano state portate sul grande schermo dai registi italiani e che, anni primi, erano state l’emblema di un genere tutto nostro nato con autori come Rossellini.
La narrazione di Tezuka è quindi realista, non punta ad una falsa teatralità, non carica le sue vignette di pathos, il pathos nasce, si sviluppa e sfocia automaticamente dalle menti e dalle azioni dei personaggi, per lo più azioni corrotte, malvagie e tristi che vengono ancor più messe in risalto dalla dolcezza di Ayako, che da pura e innocente bambina rimane vittima del mondo marcio e crudele che le gira intorno, sporcandosi anche lei.
In svariate occasioni la narrazione viene spesso alleggerita danzando su concetti e similitudini che ricalcano le antiche sensazioni del teatro ateniese classico, dove segni, gesti e movimenti, spesso stereotipati, facevano intuire automaticamente allo spettatore sensazioni difficilmente descrivibili in poche parole. Tezuka in un certo senso, e in un certo limite, alleggerisce dal punto di vista emotivo i dialoghi, spesso è infatti la mimica facciale a far trapelare lo stato d’animo del personaggio all’interno dell’opera.

Proprio grazie a questo ben studiato cast di personaggi Tezuka riesce a creare connessioni che portano il lettore a spunti interessanti. Il padre e il primogenito: uomini violenti, testardi e irascibili che sottomettono le loro rispettive mogli, una specchio dell’altra, donne tristi, desolate, quasi sempre senza la forza di reagire, che sono vittime e sottomesse da due uomini anch’essi a loro volta sottomessi, il più anziano all’antico onore di essere un ricco proprietario terriero e il più giovane alla smania di voler accumulare l’eredità paterna.
Diametralmente opposti sono i ragazzi, coloro che hanno saputo farsi scivolare di dosso i valori oramai inapplicabili in una società sempre più occidentalizzata e sempre più schiava del mercato economico. Tra di essi spicca Naoko, femminista militante nel partito dei lavoratori che, una volta ripudiata dal padre, decide di prendersi sulle spalle la sua vita e di ricominciare da zero anche senza l’uomo che amava, distrutto da una società e da una famiglia troppo corrotta per seguire i suoi nuovi ideali.
In questo mondo negativo disegnato da Tezuka, vissuto da uomini malvagi, emergono quindi anche alcuni personaggi che quantomeno tentano di portare un po’ di luce all’interno del manga, creando così un effetto chiaroscurale degno del più importante mangaka di sempre.
Tezuka riesce così ad attaccare duramente una società messa a nudo, portando la stessa società a riflettere sui valori che da secoli l’avevano contraddistinta. Questa sua operazione si basa anche su fatti realmente accaduti che aumentano la vergogna delle azioni commesse ed il realismo, altro punto chiave dell’opera. Vengono infatti portati in scena eventi come la riforma agraria e i disagi relativi al duro taglio dei posti di lavoro alla Japanese National Railways.
Una delle parole chiave per l’opera è dunque “realismo”, un realismo vero, non si notano obbiettivi di teatralizzazione da parte dell’autore, non c’è nulla di barocco, quello che viene mostrato è il realistico disegno della cornice di una società che sta brutalmente mutando la sua secolare pelle.
Ma la vera e propria parola chiave dell’opera, la parola che ha distrutto una famiglia e i suoi componenti è senza dubbio “onore”, un onore che spinge un padre a non voler riabbracciare un figlio al ritorno dalla guerra, un onore che porta quello stesso padre a preferire la morte del figlio per evitare problemi legati all’eredità, un onore che ti porta a voler desiderare molto più una medaglia di guerra piuttosto che l’affetto di un figlio ancora vivo e non vittima del conflitto che tanta sciagura aveva portato nel mondo. Si tratta proprio dello stesso onore che ha spinto a rinchiude, per anni, in un granaio una bambina innocente in compagnia del freddo, delle sue paure e della sua voglia di cresce e vittima di un sistema che per non essere soffocato ha scelto di sacrificare e a sua volta soffocare una semplice bimba pura di cuore.