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La menzogna è estranea all’infanzia. O ha comunque le gambe corte dei bambini che vogliono nascondere qualche innocua marachella a un genitore, a chi gli è più prossimo, a chi se ne prende cura e a chi li educa. La menzogna è estranea all’infanzia perché a questa età l’emozione si libera sempre senza l’ingombro della ragione, raggiungendo in un lampo l’apogeo del sentimento. Le bugie nell’adolescenza hanno le gambe in crescita, intrappolate nel limbo del dovrei essere e del cosa sarò, consce che il sentimento pronto a esplodere può ferire, toccare l’altro irrimediabilmente ma anche inondarlo di una luce potentissima che in nessun’altra età ha così tanti colori. I colori di “Bugie d’aprile” - il cui titolo originale, decisamente più calzante pur se apparentemente simile, è “La tua menzogna nel mese d’aprile” - originano dalle vibranti note del piano e di un anarchico violino che i due protagonisti della vicenda regalano per l’intensa e canonica durata delle ventidue puntate di cui si compone questo toccante anime. Toccante e scopertamente malinconico, ancorché non manchino intermezzi divertenti classici ad ogni shonen che si rispetti. Tutto muove dalla bugia che il titolo originale ci suggerisce senza timore di fraintendimenti, nonostante ce la sveli solo nell’ultimo episodio. Forse intuibile, ancorché celata fino all’epilogo, la menzogna da cui origina questa storia di quattordicenni alle prese con le emozioni e i sentimenti tipici dell’età, amplificati dal potere della musica, dell’arte di restituire empatia attraverso le note, è talmente priva di sovrastrutture e secondi fini da trasformarla nella semplice e pura verità che noi tutti conosciamo o abbiamo conosciuto, in particolar modo quando eravamo ragazzi: l’amore smuove le montagne, ci invita a cambiare, a vincere la solitudine, il dolore, a rinascere, a scoprire chi veramente siamo e vorremmo essere. E soprattutto, ci svela che questo sentimento è tale solo nella gioia del volerlo - a tutti i costi - restituire.

Kousei Arima è un quattordicenne che, da bambino, è stato un vero e proprio prodigio del pianoforte. In conseguenza della morte della madre, un’ex pianista oramai malata terminale che aveva riposto nel successo del figlio, sovente con modi duri e dispotici, ogni sua ragione di vita, all’età di undici anni diventa improvvisamente incapace di suonare. Non sente più le note, nonostante non abbia alcun problema d’udito, e la sua paura e la conseguente solitudine che ne derivano, amplificate dall’evidenza di un padre assente, lo portano a chiudersi sempre più in un mondo di grigiore, incertezza e diffusa incomunicabilità. Da questa sua triste condizione fanno in parte eccezione i due amici d’infanzia, Tsubaki e Watari. Tsubaki, che si distingue per la sua abilità nel softball, si è sempre presa cura di lui e dice di considerarlo una sorta di fratellino. Watari, capitano della squadra di calcio della scuola e molto popolare tra le ragazze, nonostante l’apparenza frivola e spensierata cerca di essergli sempre e comunque di supporto. Un giorno d’aprile, però, la stanca monotonia di Kousei è improvvisamente spezzata da un incontro inaspettato. Tsubaki lo ha convinto ad accompagnarla, per non essere la terza incomodo, al primo appuntamento tra Kaori, una sua compagna di classe, e Watari, sempre disponibile a conoscere nuove ragazze. Kaori è una violinista dallo spirito libero e dai modi travolgenti, che sembra donare colore ad ogni nota. Colore che restituisce d’impatto al mondo di Kousei, li quale se ne innamora quasi all’istante, cancellando progressivamente i grigiori della sua esistenza e ritrovando, inaspettatamente, quelle note che credeva di aver perduto per sempre.

Oltre non vado nel raccontarvi una storia che, come immaginerete, avrà i suoi naturali sviluppi sentimentali e che, inevitabilmente, metterà Kousei davanti alle dure prove della riappropriazione di sé e della sua musica. Quello che posso dirvi, e che non è improbabile abbiate già individuato dalla breve introduzione, è che “Bugie d’aprile” va oltre le classiche dinamiche dello slice of life, lasciando intuire da alcuni dettagli già presenti dopo sei-sette episodi, che l’epilogo sarà malinconico, doloroso, inevitabilmente commovente. Al di là della storia e dei suoi snodi, della scelta - non universalmente apprezzata, come palesato da parte degli spettatori - di non concludere con un ecumenico happy end, ciò che è veramente coinvolgente in questa serie animata è come i sentimenti in ballo si legano alla musica, e come la stessa musica sia assoluta protagonista nel dar voce e sfogo completo alle emozioni restituite dai personaggi. “Bugie d’aprile” è in effetti un incessante gioco di restituzioni a cui la musica di Mozart, Chopin e Beethoven regala un caleidoscopio di colori vivi e vibranti filtrati dallo sguardo, dai pensieri e dai sentimenti dei suoi giovani protagonisti. È un anime basato su pochi dialoghi e moltissime riflessioni sulle note. I pensieri di tutti coloro che in questa storia si trovano ad avere in mano uno strumento - non solo Kousei e Kaori, ma anche gli antagonisti del ragazzo nei concorsi musicali, i giovanissimi suoi emuli, chiunque avesse tratto ispirazione dalla sua musica - volano alti in un cielo stellato che è spesso rappresentazione dell’anima e dell’interiorità profonda di personaggi che vivono la musica principalmente come un prezioso inestimabile da donare a chi li ascolta. “Sono un musicista, e questo ciò che so (devo) fare”, si trovano spesso a confidare a sé stessi i protagonisti di questa storia. Kyohei Ishiguro, ispirato fedelmente dal manga di riferimento di Naoshi Arakawa, ha la possibilità di usufruire di ciò che il pur bravo mangaka non poteva evidentemente utilizzare, e lo fa con estrema sensibilità e delicatezza. Le arie di Mozart, Beethoven e Chopin intervengono a fortificare quell’emozione che il fumetto ci poteva solo far percepire, lasciando dunque alle note del piano (e del violino) il compito di raccontare, attraverso il talento dei suoi protagonisti animati, la vasta gamma di sentimenti che la vicenda mette in gioco. Il tutto senza tralasciare la cura per le animazioni, gradevoli e complessivamente ben riuscite; senza perdere di vista i suoi personaggi, ben caratterizzati, credibili, a loro modo e in misura al ruolo profondi e sognanti come ogni adolescente dovrebbe essere, nonostante le difficoltà e il dolore che ad ogni momento della vita, ahi noi, possono sopraggiungere. È un’adolescenza che fugge, che si lancia nel vuoto e che cade senza mai precipitare, nonostante le incertezze e le incomprensioni, i buchi neri e le voragini, le difficoltà del crescere, la fragilità dei corpi, ma con la consapevolezza della potenza dello spirito, dell’esempio, del ricordo, della memoria di ciò che significano anche i gesti apparentemente banali.

Ed ecco Aprile, tempo d’attesa dell’estate, laddove l’infanzia idealmente raggiunge l’adolescenza, periodo in cui il confine tra verità e menzogna è così sottile e indeterminabile da allontanare ogni possibile retro pensiero. Il doloroso epilogo, che svela in una lettera la bugia da cui si sviluppa il racconto, è un concentrato di emozioni e sentimenti che sovrappongono i pensieri, le riflessioni, le confessioni e le prese d’atto e di coscienza rivolte a un futuro che, per sua stessa natura, non può aver niente di certo e definitivo, alla musica del piano di Kousei che interpreta le note di Chopin. E mentre il futuro si apre alle aspettative e ai dubbi che la storia lascia sul campo, si ritorna improvvisamente ad essere bambini. Ad una foto che ritrae un ragazzino con gli occhiali e una ragazzina che lo segue a breve distanza. C’è una bimba bionda che li guarda, e sorride. Come dicevo all’inizio, la menzogna è estranea all’infanzia. E nella luce degli occhi della ragazzina bionda ci sono infiniti colori, una nuova consapevolezza, una meravigliosa epifania.