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«Woodpecker Detective’s Office» è una serie di dodici episodi, uscita nella primavera 2020, la cui storia è tratta da un romanzo.

L’epoca è quella Meiji e i protagonisti sono due personaggi realmente vissuti a Tokyo in quel periodo: Kyōsuke Kindaichi, linguista, e Takuboku Ishikawa, poeta. Il pretesto della narrazione è quello di una serie di investigazioni svolte da Ishikawa, che aprirà un'agenzia investigativa e indagherà su diversi “fattacci”, nei dintorni di un edificio simbolo della Tokyo dell’epoca, l’Asakusa Juunikai.

“Da quando lui, il mio migliore amico, è mancato sono passati dieci anni”
Così veniamo introdotti in questa storia: è Kindaichi a parlare fra sé e sé mentre si dirige, con un involto in mano, verso l’edificio dove abitava ai tempi dell’agenzia investigativa “Il Picchio”, e ci dà subito una descrizione dell’amico: ne ricorda l’aria fiera, l’essere bugiardo e piagnone, pieno di sé ma fedele nell’amicizia e, soprattutto, l’essere un geniale poeta di tanka.

E il soliloquio scelto come incipit è, secondo me, una delle cose riuscite della serie. In una manciata di secondi abbiamo tutte le informazioni fondamentali per ben predisporci alla visione: sappiamo dove andrà a finire la storia, e con questo intendo non tanto che sappiamo che Ishikawa morirà, quanto che sappiamo che Kindaichi ne conserverà serenamente un ricordo tanto affettuoso quanto impietoso. Come spettatori sappiamo già che non dobbiamo preoccuparci troppo per il nostro protagonista.

Già, perché la storia di questa amicizia non è di quelle facili e piane, Kindaichi è l’incarnazione del bravo ragazzo e Ishikawa è sicuramente una “cattiva compagnia”: attrae e respinge al contempo. È brillante e piacevole ma anche pigro, borioso e manipolatore. Se stargli vicino è difficile, stargli lontano lo è parimenti, perché questo ragazzo ha talento, questo ragazzo “brilla” decisamente. E allontanarsi da una persona così talentuosa non è facile per il timido e titubante Kyōsuke Kindaichi. Sono mal assortiti i due amici: al narcisismo indolente di Ishikawa si contrappongono la rigidità e le debolezze di Kyousuke e ognuno dei due è irritato dall’altro. Ne viene fuori il ritratto di un’amicizia tutt’altro che idealizzata, ma proprio per questo più interessante e toccante rispetto a tante altre.

Kindaichi vorrebbe guadagnare dandosi alla letteratura, ma sente di non avere il talento necessario e vede nell’amico, invece, una persona che ha una naturale dote per la letteratura. Così questa storia torna più e più volte sul concetto di talento: attorno ai due protagonisti altre figure di letterati compaiono, ad aiutare nelle investigazioni, ma soprattutto a fornire spunti per riflessioni sull'ingegno, la capacità, la predisposizione alla poesia e alla letteratura in senso più ampio. Purtroppo la serie non riesce a dare a ciascuno dei letterati il giusto spazio per riuscire a renderla corale, e le apparizioni sono sì piacevoli, ma spesso poco incisive; io ho particolarmente apprezzato un giovanissimo Taro Hirai, qui non ancora diventato “Ranpo Edogawa”.

Altro punto debole è la parte "gialla", che è debolina, ripropone tanti classici del genere senza commettere mai errori, ma anche senza riuscire mai a stupire; gli autori non sempre sono sinceri con il pubblico, ma ho apprezzato la presenza di casi presentati da punti di vista differenti (come in «Rashomon», per intendersi), diversi osservatori e episodi “circolari”.

La qualità grafica non è purtroppo costante e questo è un gran peccato, perché di buono si vede molto: per prima cosa il bel character design di Shūichi Hara e la scelta di utilizzare colori diversi dal nero per le linee di contorno (una prevalenza di blu, ma compaiono anche il verde o il viola). L’uso del colore è molto studiato: diverse palette, dalle più allegre alle più tetre a seguire le vicende. Anche le musiche accompagnano bene.

Una serie decisamente ambiziosa che, se non riesce a raggiungere l’eccellenza, penso possa regalare momenti piacevoli, se si amano i ritmi lenti, le ambientazioni storiche, la letteratura (comprendere i tanka non è semplice per uno spettatore italiano, ma, se si è curiosi, intrigano), i gialli e, su tutto, i personaggi per nulla esemplari.