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“Il fantasma di Baker Street” è il sesto lungometraggio dedicato alla serie di “Detective Conan”, ideato dalla, sempre geniale, mente di Gosho Aoyama.
Che dire, ci troviamo -a mio parere- di fronte a una delle migliori pellicole dedicate alla serie, se non proprio la migliore;
Sono riusciti ad essere sorprendentemente originali rimanendo comunque fedeli a quello che è sempre stato il tema principale dell’anime, dato che lo svolgimento, anche se sviluppato con meccanismi e tematiche diverse, è rimasto quello, ma andiamo a vedere il come.
Conan e compagnia bella sono stati invitati al lancio di un nuovo videogioco: “Cocoon”, un passo avanti nel mondo videoludico, grazie al quale, mediante uno speciale macchinario, sarà permesso al giocatore di entrare in una realtà virtuale, mantenendo però intatti i cinque sensi, vivendo così un’esperienza di gioco in tutto e per tutto realistica (idea invecchiata direi benissimo, dato che più di una volta un concetto di tecnologia simile è stato adottato in altre opere ben più moderne). È proprio grazie a questa idea, che gli ideatori del film hanno giocato una carta vincente; così facendo, i nostri protagonisti potranno vivere momenti ancor più inverosimili e sopra le righe grazie proprio alla trovata della “realtà virtuale”, portando i vari personaggi a compiere azioni estreme che nella vita reale non avrebbero potuto compiere.
Conan deciderà di giocare per risolvere un caso di omicidio, avvenuto però nella vita reale; Nel gioco è consentito entrare in diverse epoche, una delle quali, è la Londra di fine ‘800, epoca famosa per la presenza di Jack lo squartatore e di Sherlock Holmes, inutile dire che i nostri amici sceglieranno proprio questo “livello”, dopo che Conan ha intuito che svelando l’identità del famoso serial killer, si potrà arrivare al vero colpevole.
È qui che l’ambientazione svolge un ruolo fondamentale; la Londra che vediamo all’interno della pellicola è stata resa alla perfezione, cupa, tetra, con una nebbia uscita direttamente da silent hill, e con delle OST ad hoc che permetteranno al fruitore di entrare direttamente nella pellicola e dunque di godersi a pieno il lungometraggio. I fan del genere non potranno che godere a pieno grazie ai continui riferimenti al famosissimo romanzo di Arthur Conan Doyle, impreziosito da comportamenti e commenti azzeccatissimi da parte dei nostri protagonisti.
I personaggi che compaiono all’interno di questo mondo sono svariati e caratterizzati alla perfezione, mostrandosi dunque estremamente intriganti. Faremo la conoscenza anche di altri personaggi, un gruppetto di ragazzini viziati (perché figli delle più alte cariche giapponesi) e del quale potremo apprezzarne la crescita con lo svolgersi del lungometraggio, creando anche una sorta di legame con lo spettatore.
Un punto importante della visione è sicuramente il drastico cambiamento di scenario, e non mi riferisco solamente al cambio di ambientazione, quanto più ad un capovolgimento emotivo, dato che una voce narrante all’interno del videogioco annuncerà che i cinquanta giocatori (la maggior parte dei quali bambini) perderanno veramente la vita se almeno uno dei giocatori non riuscirà a “vincere la partita”, inutile dire che sarà proprio Conan (non senza qualche prezioso aiuto) a salvare la situazione. Questo colpo di scena donerà alla pellicola un volto differente, facendo calare un clima cupo e teso.

Nulla da dire sul finale, avvincente e dallo svolgimento tutt’altro che scontato; impossibile poi non emozionarsi durante le ultimissime scene, dove si andranno a toccare argomenti e situazioni di un certo spessore emotivo; mi sto riferendo nello specifico al fatto che a dare la spiegazione di tutto al nostro Conan, non sarà altro che Hiroki, bambino prodigio nonché creatore del gioco, suicidatosi in tenera età per le pressioni esercitate su di lui; proprio da qui si può evincere che la visione di questo film farà provare emozioni, a volte anche forti, allo spettatore.

Qualche parola sul lato tecnico.
Charachter design ottimo, dal tratto pulito che si lascia guardare dall’inizio alla fine senza far mai storcere il naso. Da sottolineare il fatto che stiamo parlando di una pellicola del 2002, e a vederla così potrebbe essere facilmente scambiata per un prodotto decisamente più moderno. OST come sempre impeccabili, che come accennato anche in precedenza, svolgono un ruolo di fondamentale importanza, al fine di far immedesimare al massimo lo spettatore.

In conclusione, non fatico a dire che ci troviamo di fronte ad un vero e proprio piccolo capolavoro del maestro Aoyama; è riuscito a regalare ai fan un film sotto certi aspetti incredibile, da un lato si può dire quasi “coraggioso”, ma che per quanto riguarda la mia personale esperienza, ha funzionato a dir poco alla grande.
Il voto finale non potrà che essere alto, dato che ho elencato solo pregi; poi probabilmente qualche difettuccio di qua e di la potrebbe anche starci, ma niente di visibile, evidentemente, agli occhi di un fan che mettendosi davanti a questa pellicola, sarà riuscito davvero ad entrare in una “realtà virtuale”, questa volta però, donata proprio dal nostro Gosho Aoyama.