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Divertentissima serie, non esattamente una parodia, quanto un esperimento narrativo a metà tra la parodia e la realtà, un piccolo gioiellino di rottura della quarta parete.
Il protagonista sa di essere in un boys love... o meglio, non esattamente. La storia non è ambientata in un BL in senso stretto, perché in ciascun BL abbiamo singolarmente una, massimo due o tre, storie d'amore tra personaggi principali. L'ambientazione di quest'opera è una sorta di "fonte magica" dalla quale nascono tutti gli stereotipi dei romanzo boys love, che possono essere estrapolati uno ad uno per poi andare a scrivere ciascuna opera, ognuna leggermente diversa dall'altra se prese singolarmente. Qui, invece, tutte queste storie avvengono... contemporaneamente.
Solo il protagonista (e un altro personaggio misterioso che verrà svelato nel corso della storia) è conscio di questo fatto, e non esita a parlarne con lo spettatore, deciso a evitare di diventare anch'egli il prototipo per un romanzo BL come accade a... beh, tutte le sue conoscenze.
L'opera si prende gioco dei cliché senza essere mai offensiva, perché è evidente per chi è lettore di boys love che certi cliché sono abusati... proprio per questo non è una questione di omofobia, perché si tratta semplicemente di prendersi gioco dell'abuso di determinate situazioni in un genere narrativo. Meravigliosamente degna di nota la figura dei genitori di lui: proprio come i genitori medi di un'opera stereotipata, beatamente all'oscuro di tutti i traumi riguardanti i propri figli che avvengono sotto i loro occhi senza che loro li notino. Una piccola perla.
Un lettore o appassionato di boys love, se si rende conto dei cliché e ne è almeno in parte stufo, riderà tantissimo. (Ma in fondo, diciamocelo, poi li accetterà, perché se usati con parsimonia sono sempre confortanti.)