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Philip

Episodi visti: 12/12 --- Voto 5,5
Da amante del genere non ho esitato a iniziare questa serie, e la ventina di storielle auto-conclusive a tema horror spalmate in soli 12 episodi, hanno contribuito a rendere la visione leggera e scorrevole.
Ogni episodio è ben caratterizzato da un clima tetro ed inquietante, senza dover quasi mai ricorrere ad inutili jump scare troppo spesso utilizzati a solo scopo riempitivo. Le ambientazioni utilizzate rendono bene l’idea di angoscia e stranezza su cui la serie vuole basarsi; boschi spettrali, metropoli cupe e “case degli orrori” sono tra le più gettonate, che risultano dunque ben realizzate.
I personaggi “scelti” dell’autore variano tra psicopatici, maniaci, assassini o individui solo all'apparenza normali, tutti capaci a modo loro di rendere le vicende inquietanti grazie all'inspiegabile alone di stranezza in cui risiede la vera e propria anima horror dell’opera.
Gli elementi fin qui citati non bastano però a farmi apprezzare poco più di una manciata degli episodi presenti nella serie, e i finali così aperti non sono affatto d’aiuto; se alle volte possono risultare un’idea intelligente, capaci di lasciare allo spettatore lo spazio per una personale interpretazione, altre volte qualche spiegazione più approfondita sarebbe stata più che gradita, o addirittura quasi d’obbligo. La così breve durata di alcune vicende è troppo spesso insufficiente anche solo a far entrare lo spettatore nel vivo, lasciandolo il più delle volte con l’amaro in bocca.

Ho apprezzato abbastanza lo stile grafico dell’opera; i disegni così minimal e un po’ in stile rétro hanno contribuito a mettere in risalto gli elementi mostruosi presenti nei vari episodi, facendo focalizzare lo spettatore sui componenti chiave in modo da non perdersi in dettagli inutili.
Belle sia opening che ending, fortemente caratteristiche e che ho trovato molto in stile “American Horror Stories”.
A fare ottimamente da contorno alle ambientazioni cupe poco fa citate, ci sono delle colonne sonore ben appropriate, che soprattutto nei momenti chiave che precedono i “colpi di scena”, riescono ad aumentare la tensione nello spettatore.

Nonostante il giudizio globale sia un po’ basso, data appunto la così bassa percentuale di vicende di mio gradimento, non me la sento di sconsigliate a priori la visione di quest’opera, perché in questa playlist di episodi in pieno stile “Piccoli brividi”, ne troverete sicuramente qualcuno nelle vostre corde, in oltre, come ho lasciato intendere ad inizio recensione, la visione è tutt’altro che lunga o impegnativa.
Voto finale: 5,5.


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Atenaide

Episodi visti: 12/12 --- Voto 5
Ito Junji ha un nome noto nel campo dell’horror nipponico e da più parti leggo che è un ottimo mangaka. Purtroppo io ho visto solo questa parte animata e quindi posso recensire solo quest’opera.
È un anime di 12 episodi che raccoglie, contenitore di 25 minuti per episodio, racconti più o meno lunghi; alcuni prendono un intero episodio, altri solo la metà.

Il livello dei racconti è abbastanza inquietante. In questo immaginifico nipponico ma non solo, emerge il solito protagonista fastidioso, Soichi, che a Ito Junji piace di sicuro ma le cui vicende tra l’orrido e il tragicomico hanno finito solo con il farmi tedio; un personaggio così spostato in una famiglia apparentemente normale che normale non è a tollerarne le stranezze ben evidenti, per me è troppo.

Per il resto si succedono racconti ambientati in case marce, vicoli stretti, paesini inquietanti di montagna, gallerie oscure, labirinti macabri, scuole cadenti. E se molte volte le ambientazioni aiutano di molto a creare quest’atmosfera giusta, sono i personaggi o la conduzione stessa della narrazione, a far scadere il tutto.

Parto dal secondo elemento: molte storie non hanno un finale degno e per quanto funzionino benino fino ad un certo punto, muoiono la senza dare un esito o una spiegazione. Pare che lo scopo sia l’urlo di terrore liberatorio del poveretto di turno e null’altro, ma la resa, in un racconto brevissimo, non è mai potente.
I racconti che prendono un episodio di solito tendono ad essere più efficaci, ma la percezione è che, a volte, menino il cane per l’aia.
Eventi più che surreali non permettono di attivare la credulità da spettatore, spingendo chi guarda ad un distacco emotivo e generando tedio, fastidio o rifiuto di un tal racconto rispetto che un altro.

Per quanto riguarda la nutrita galleria di personaggi, troviamo uomini angoscianti perché mentalmente instabili, che diventano o vittime di demoni strani o carnefici di altri. Da lucidi criminali a deboli vittime, a volte si salvano quelli che ad inizio episodio hanno capacità raziocinante e che alla fine (forse) non mantengono nemmeno una testa o un corpo.
Le donne non si salvano: da vittime (quasi) consenzienti, passano a lucide carnefici, oppure cercano verità che si rivelano orribili, rischiando scalpo, cranio, vita e salute mentale.
Tutti questi personaggi passano e scompaiono, senza lasciare una traccia molto efficace nel racconto.

La grafica non aiuta affatto tutto l’insieme: se a volte va più che bene scarna, altre non rende abbastanza e in un’epoca in cui anche l’occhio vuole la sua parte, genera un rifiuto preconcetto che mina la credibilità dell’opera stessa. Superata questa ritrosia, accade ciò che ho denunciato sopra: ci si disaffeziona o si guarda quest’anime con quel senso di fatalità del tipo “speriamo che questo racconto sia migliore”.

Opening dai disegni inquietanti, orecchiabile e potente, ending dedicata a Soichi, più lenta a livello musicale.

È un’opera tappabuco tra un anime e l’altro, ma questo non toglie che rende proprio poco. Rispetto a "Yami Shibai", a volte non riesce ad andarci oltre e questo è tutto dire.
Voto 5, perché si percepisce che alle spalle c’è qualcosa, ma nella parte animata non emerge davvero.


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menelito

Episodi visti: 12/12 --- Voto 6,5
Ogni episodio di questa serie presenta una o due storie distinte, e il concetto di base è quasi sempre affascinante. Tuttavia, devo ammettere che il modo in cui quasi tutte queste storie si concludono bruscamente mi ha lasciato l'amaro in bocca.
I personaggi in questa serie tendono a rientrare in tre categorie principali: 1) codardi/ingenui, 2) insensibili/cinici e 3) psicopatici. La brevità delle storie finisce fisiologicamente per limitare le sfaccettature delle persone al loro interno e rende difficile lo sviluppo di empatia nei loro confronti durante i momenti di difficoltà. In effetti, a volte mi sono ritrovato a "tifare" per l'abominio mostruoso di turno, piuttosto che per i protagonisti umani.
Graficamente, è evidente che lo studio di produzione ha cercato di richiamare lo stile grezzo e “classico” degli anime risalenti agli anni '80 e '90, e in un certo contesto, questa scelta potrebbe funzionare. Tuttavia, prendersi questa "licenza poetica" rischia di cancellare buona parte dell'originale stile grafico grottesco e unico dell'autore, che è a mio parere uno dei suoi più grandi punti di forza.
Un applauso va sicuramente all'opening e alla ending: due video musicali che catturano l'attenzione, uno per la sua energia e l'altro per la sua stravaganza. Una nota di merito va anche al "poema" che conclude ogni episodio: sebbene non abbia sempre compreso appieno il suo filo logico, ho apprezzato l'idea curiosa e originale.

Ha sicuramente spazio per miglioramenti, è innegabile. Tuttavia, non credo che meriti l'odio che ha scatenato in molti. La serie nonostante tutto mi ha intrattenuto quasi sempre e scorre con relativa velocità.
A mio parere, è una serie ideale per "staccare il cervello" alla fine della giornata, in quanto mi ha regalato più risate che brividi.


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filidema

Episodi visti: 12/12 --- Voto 3
“Junji Itō Maniac: Japanese Tales of the Macabre”: una spaventosa delusione.

Maniac è una raccolta antologica di racconti autoconclusivi provenienti dalla penna del celebre autore dell’orrido Junji Itō.
Se dovessi scegliere una parola per descrivere la serie nel suo complesso, direi “altalenante”. Durante la visione dell’opera, passiamo da storie che, tutto sommato, sono buone e hanno davvero il potere di mettere inquietudine nello spettatore, ad altre che sono una vera e propria perdita di tempo.
Giudico così aspramente alcuni episodi della serie poiché questi non sono stati in grado di lasciarmi alcuna emozione dopo averli conclusi. Il massimo che mi suscitavano era noia e tedio. Questi racconti hanno come unico pregio quello di far risaltare gli episodi meno mediocri rendendoli, almeno, accettabili.
Per carità, non voglio criticare così duramente tutte le puntate. Ci sono quei “pochi, ma buoni”, che vorrei salvare e giudicare positivamente. Il problema è che, appunto, sono pochi. Ad ora, dopo una settimana dalla conclusione della mia visione della serie, ricordo piacevolmente solo due o tre racconti su una ventina totale. La proporzione è gravemente insufficiente. Ovviamente, mi faccio scudo dietro la giustificazione che tutto questo è un mio parere personale, ma, anche vedendoli in modo oggettivo, presentano dei problemi non trascurabili.

Dopo aver criticato finora questa serie, vorrei spezzare una lancia a suo favore. Credo sia davvero difficile portare un adattamento di opere a tema horror. Ci sono pochi esempi, che io abbia visto, che siano riusciti a fare un lavoro ineccepibile. Detto questo, anche non essendo un fan del genere, il minimo che mi aspettavo da una serie tratta dagli scritti di Itō era qualcosa di spaventoso. Ma il massimo che mi ha fatto provare è stata una forte inquietudine, non per la storia in sé, quanto per le movenze e l’aspetto grottesco di modelli in computer grafica raccapriccianti. Mi hanno fatto gelare il sangue sì, ma perché fatti così male da fare il giro diventando spaventosi.

Proseguendo, parlando sempre del comparto tecnico: le animazioni e la grafica sono un pugno nell’occhio. I primi episodi faticavo proprio a guardarli. Ho già criticato i pessimi modelli in CGI, ma anche le animazioni in due dimensioni non sono salvabili, legnose e trite, minano il, già fragile, andamento dell’opera. Superato lo scoglio iniziale diciamo che è sopportabile, di sicuro non ho portato avanti la visione della serie per il comparto visivo, ma per la narrazione magnetica di alcune storie.

Quindi, spostandoci sulla parte delle trame dei diversi racconti, ammetto che spesso mi sono fatto rapire dall’aria di mistero e dal setting ansiogeno, e straniante, che ti catapultano nel sinistro universo narrativo dell’autore.
Tuttavia, sono costretto a portare alla luce uno dei problemi più sentiti -per me- durante la visione. Ovvero, il grandissimo potenziale inespresso di alcune storie. In pratica, non appena il racconto era ben strutturato e pensavo si entrasse nel clou della narrazione, al contrario, questo si concludeva. Lasciandomi una sensazione come di aver mollato a metà l’episodio. Un impressione di interruzione più che di vero finale. Come se tutti i pezzi di un puzzle iniziassero a combaciare, per poi buttare via tutto prima di vedere l’immagine nel suo insieme. Fastidioso. Per fortuna non tutte le storie hanno questo problema, ma è un aspetto che non ho sopportato della serie e sul quale non riesco a transigere da spettatore. Non so se sia una scelta stilistica dell’autore ma, se è così, non la condivido.

Tirando le somme, questa serie non è stata in grado di soddisfare le mie, forse troppo alte, aspettative per la maggior parte dell’antologia. Sì, alcuni episodi sono riusciti a sorprendermi e intrattenermi, ma, sfortunatamente, questi sono ben pochi rispetto a quelli che mi hanno fatto storcere il naso.
Seppur conoscendo per fama la nomea dell’autore dell’orrido Junji Itō, non ho mai avuto occasione di leggere un suo lavoro. Ahimè, questo primo approccio al suo universo narrativo, mi ha lasciato un sapore amaro.
Credo che, la prossima volta che vorrò provare ad avvicinarmi ai suoi lavori, opterò per una versione scritta. Così da capire se questa serie sia o meno un caso di adattamento mal riuscito di opere che danno il loro meglio in originale.

In conclusione, non mi sento di consigliare la visione di quest’opera.