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esseci

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
“Harmony” (2008) è il secondo romanzo della trilogia di Project Itoh (vero nome: Satoshi Ito, deceduto nel 2009) dopo “l’Organo Genocida” (2007) e prima del postumo “L’impero dei cadaveri” (2012), ma a livello di trasposizione animata è stato il primo ad essere proiettato (2015), seguito dal “L’impero dei cadaveri” (2015) e “L’organo genocida” (2017). Il trittico degli anime è stato importato in Italia nel 2020.

L’anime, che a quanto letto sembra essere la trasposizione piuttosto fedele della novel, a mio avviso conferma la spiccata attitudine dello scrittore nella realizzazione di romanzi ambientati in scenari futuristici affrontando temi e argomenti non banali e di grande attualità, vista l’evoluzione scientifica nel campo delle tecnologie applicate alla vita umana e in generale alla società... con i suoi “lati oscuri”. Come ne “L’organo genocida”, i protagonisti sembrano essere quel misterioso organo del corpo umano che è il nostro cervello e tutte le forme che l’essere umano scopre o escogita per trovare una forma di controllo per reprimere o scatenare reazioni anche su larga scala “a comando”. Su questo aspetto sembra che l’autore abbia una vera e propria ossessione per i possibili scenari futuribili sulle forme di controllo che l’uomo potrebbe adottare e le conseguenze e distorsioni che si potrebbero determinare. In fondo in fondo sembra che il messaggio che Project Itoh voglia trasmettere al lettore/spettatore sembra lo stesso di “L’organo genocida”: “L’inferno si trova qui, dentro la testa” (citazione di un dialogo tra Clavis Sheperd e un compagno militare nel film).

Il pericolo per la stabilità e la felicità umana è dentro l’indole stessa del genere umano e a nulla servono eventuali spiegazioni della realtà tramite concezioni di natura “fideistica”: le risposte alle cause delle sofferenze del genere umano si trovano proprio in noi e più il genere umano avanza nel progresso tecnologico, più rende simile l’uomo ad un’entità astratta che si avvicina ad una realtà “divina” mantenendo, tuttavia tutti i difetti e i limiti della limitata natura umana. Il libro della Genesi, nella descrizione del peccato originale, credo che riassuma in modo magistrale il concetto della disgrazia in cui verserebbe l’uomo quando tende ad avvicinarsi al delirio di onnipotenza. e “Harmony” in un certo senso sembra trasmetterci lo stesso monito.
Tuttavia, se nel primo romanzo, tra l’altro ambientato in un quasi presente molto realistico e con molti riferimenti storici alla nostra epoca, si prendeva in considerazione solo un particolare aspetto del cervello umano per poi passare ad una riflessione a tutto campo sulla nostra società e sui contrasti e contraddizioni che la permeano, “Harmony” a mio avviso sposta “l’asticella più in alto” sia dal punto di vista sia tecnologico, sia soprattutto “ontologico", inserendo anche la potenziale relazione d’amore tra le protagoniste per rendere la trama non troppo astratto/filosofica attesa l’ambientazione in un futuro che almeno ad oggi sembra essere ancora abbastanza lontano.

L’utopia del totale benessere sociale e il sacrificio del libero arbitrio

Il contesto di partenza è un mondo post apocalisse nucleare (definita qui "Maelstrom") in cui le nazioni più avanzate hanno aderito a un programma che esercita un controllo capillare di ogni individuo attraverso un dispositivo che viene impiantato sottopelle in ogni componente della società: il Watchme. Tale tecnologia non è di tutta l’umanità, ma solo delle nazioni più avanzate e ha il beneficio di esercitare un controllo continuo della esistenza delle persone con il vantaggio di prevenire, debellare malattie e problemi perché rilevati o previsti in anticipo, con il beneficio sociale che anche le guerre e i litigi tra le persone si riducono a zero perché tutti vivono in una sorta di ambiente confortevole e senza imprevisti che non li costringe a fare del male al prossimo.
Insomma: una sorta di mondo idilliaco nato per salvaguardare il genere umano da eventuali negatività future che si risolvono in una sorta di “dittatura sanitaria”. E non è un caso che la protagonista Tuan Kirie sia un alto ispettore della W.H.O. (ritengo acronimo di World Health Organization) che nel film è dotata di un proprio esercito dislocato per eseguire quei compiti di polizia nelle aree non sottoposte al Watchme.

Il parallelismo con un altro anime del genere (alludo a "Psyco-Pass") è abbastanza facile: in quel caso si potrebbe definire il sistema come una “dittatura di polizia” e contro quel sistema si pone l’antagonista Shōgo Makishima che vuole dimostrare l’assurdità e la fallacia del sistema messo in piedi dall’uomo con la conseguente negazione del libero arbitrio umano, da intendersi come capacità di libera determinazione dell’uomo nelle sue azioni e pensieri secondo la propria individuale coscienza, che con lo "Psyco-pass" era rimessa ad una sorta di macchina. In “Harmony” il meccanismo è più sottile e infido: il sistema non reprime in modo anche violento come in "Psyco-pass" ma fa in modo che l’uomo non sia messo nelle condizioni di scegliere prevenendo ogni sua necessità e compiendo la scelta per lui. Pertanto, l’unico modo per manifestare il proprio ego consiste nel non accettare di essere “coccolati” dal sistema arrivando come extrema ratio anche alla morte tramite suicidio.

Le “prota-(anta)-goniste” del film e il programma “Harmony”

In “Harmony” le due reali protagoniste del film di animazione sono da un lato Tuan Kirie e dall’altro Miach Mihie, compagne di scuola alle superiori e legate da un rapporto che, almeno per Tuan è di amore. In una serie di flashback risalenti al periodo delle scuole superiori lo spettatore intuisce il perché dell’avversione di Tuan al “mondo perfetto”. Scopriamo che Miach, ai tempi delle scuole superiori, come una specie di “santona” fa proselitismo della teoria della ribellione al sistema istillando in modo sempre meno ambiguo in Tuan e Cian Reikado (altra compagna delle superiori che passa come una meteora nel film, giusto per portare a termine il “programma” di Miach) l’idea che l’unico modo per non vivere la dittatura sanitaria sia quello di interrompere la loro esistenza tramite il suicidio.
Miach risulta un personaggio molto ambiguo, persuasivo, manipolatore e sfuggente. I dialoghi, o meglio monologhi, in cui spiega la sua “weltanschauung” alle due amiche sono subdoli e, perlomeno con Tuan, fanno anche leva sulla sua avvenenza e sui sentimenti che Tuan prova per lei. Il destino si compie per le tre ragazze, ma mentre Tuan e Cian (soprav)vivono, di Miach si perdono le tracce...
Tuan nel presente è scappata dal paradiso del Giappone e opera in Africa in territori in cui il Watchme non esiste: non essendo riuscita ad accettare il compromesso di vivere nel mondo perfetto, opera in ambienti in cui dovrebbe far valere la legge della WHO ma contravvenendo alle prescrizioni contrabbandando cibi e liquori che sarebbero vietati. Scoperta dalla superiore è costretta a ritornare in Giappone per punizione, ma si ritrova subito invischiata nella pletora di suicidi che colpisce la popolazione delle nazioni che vivono sotto la “cappa” del Watchme, tra cui quello dell’amica Cian che in modo molto scenografico lo esegue proprio in sua presenza appena tornata dalla missione.
Da questo evento Tuan, infastidita nell’essersi di nuovi ritrovata nuovamente nell’eden da cui era in perenne fuga, coglie l’occasione sia per fare i conti con il suo passato (tra cui recuperare notizie del padre che era fuggito anni or sono e aveva fatto perdere le sue tracce) sia per comprendere l’essenza del programma Watchme e la sua lucida e folle “estetica del benessere”.

Per non creare spoiler della parte rilevante della storia, posso solo anticipare che Tuan scoprirà il programma “Harmony”. Tale programma sarebbe l’extrema ratio per evitare l’escalation dei suicidi innestata anche da un sedicente gruppo terroristico mondiale, che opererebbe attraverso l’inibizione della coscienza del male delle persone in modo che queste non possano realizzare i loro istinti autolesionistici. Ma " sembra avere degli effetti secondari non controllabili: una nuova volontà verrebbe implementata negli esseri umani, portando ad uno scavalcamento di coscienza verso un controllo non solo del corpo, ma anche della psiche umana. L’amara scoperta di Tuan è anche quella che nella WHO ad alti livelli c’è un gruppo di funzionari che a loro volta erano i depositari della verità a riguardo avendo il potere di attivare o meno tale programma. E di Miach, che si credeva morta suicidata, si apprende che sia viva e rientrata nella sua terra natia, la Cecenia. Tuan decide di andare fino in fondo alla “radice del male” e al “redde rationem” finale con lei... anche se poi nella miglior tradizione nipponica il finale “non conclude” nel senso pirandelliano di “Uno, nessuno e centomila”...

Il vizio della presunzione di "Harmony"

Il film è di certo un’allegoria della nostra società, ma più in generale dell'eterna lotta dell'uomo tra il "bene" e il “male” nell’esistenza umana. Ma a differenza di un film di culto come "Blade Runner" dove l’allegoria sta nel parallelismo replicanti=uomo e uomo=Dio/Creatore e nella ricerca dell’immortalità da parte dell’uomo fino alla extrema ratio di distruggere/rinnegare il proprio creatore per affermare il proprio bisogno di “vivere di più o per sempre”, in "Harmony" resta tutto un po’ nel vago nel solito stile metaforico degli scrittori giapponesi. Il finale in cui Miach spiega le “ragioni” delle sue scelte riguardo la sua avversione al sistema conferma ancor di più che l’illusione che l’uomo possa essere “faber fortunae suae” tentando di avvicinarsi al Creatore per rendere la propria esistenza il c.d. “mondo perfetto”, sia una chimera proprio a causa dei limiti intrinseci della natura umana.
La reazione di Tuan, al pari delle motivazioni di Miach all’istigazione al suicidio come forma di affermazione della coscienza, è quanto di più umano ci possa essere: l’amarezza di una persona delusa dall’amore non corrisposto della sua vita e dall’altro l’atroce sofferenza patita da Miach.

Se il messaggio che Project Itoh voleva trasferirci è quello del libro della Genesi ossia l’uomo, nonostante tutti i progressi tecnologici, non potrà mai essere il suo creatore a causa dei suoi “limiti”, lo fa a mio avviso con un epilogo ad effetto un po’ troppo “scontato” e molto, troppo, “umano” legandolo alla passione e al dolore, due emozioni umane che hanno ben poco di “protesta” verso la “società perfetta” e la negazione della coscienza umana.

Il film inoltre presenta anche dialoghi in apparenza poco significativi ed eccessivamente “verbosi” o “prolissi” che richiedono una certa attenzione per coglierne le sfumature. Per noi “occidentali” non fanno che rendere la trama e il suo ritmo oltremodo dilatati e troppo “meditativi”.

Apprezzabili l’immagine generale e gli sfondi del “mondo perfetto” a tinte prevalenti sul bianco e rosa (colori tenui che dovrebbero trasmettere il senso di pace e tranquillità) che, assieme alle espressioni “ebeti” degli abitanti della società del benessere trasmettono allo spettatore quel senso di disagio e inquietudine che un tipo di esistenza del genere a lungo andare potrebbe generare in coloro che la vivono. Ho apprezzato meno il chara desing: i volti, le espressioni e i dettagli sono troppo semplici e ben lontani dalle produzioni contemporanee all’uscita del film tipo "Your Name" o "Violet Evergarden".

A conti fatti il film merita la visione, ma siamo un po’ lontani dai capolavori del genere e soprattutto da un film che almeno 40 anni prima aveva “sfiorato” il tema del “mondo perfetto” attraverso l’estetica della violenza e il suo potenziale rimedio: “Arancia Meccanica” di Stanley Kubrick, il cui messaggio è mirabilmente riassunto in una frase rilasciata proprio dal grande regista.

“L'uomo deve poter scegliere tra bene e male, anche se sceglie il male. Se gli viene tolta questa scelta egli non è più un uomo, ma un'arancia meccanica”.

Utente132343

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Utente132343

Episodi visti: 1/1 --- Voto 5,5
Secondo capitolo della trilogia di film anime del Project Itoh, che si pone, in ordine di pubblicazione, tra "L'impero dei cadaveri" e "L'organo genocida".
"Harmony", vuole trattare tematiche molto ideologiche e profonde sulla società moderna e le relative implicazioni etiche; ambientato in un futuro distopico dove il social network è diventato un vero e proprio software vigilante, nonché ente di controllo della popolazione.

Un sistema autoritario in grado di garantire lunga vita serena e priva di malattie, in una società dove tutti sono felici e trattati equamente. Una premessa interessante, anche se poco originale, che purtroppo decade nella regia e struttura narrativa piatta, monologhi lunghi, tempi morti, e filosofia in pillole sui contesti. Ciò che è chiaro, è che tutto è stato gestito male nei tempi, rendendo il film lento e a tratti tedioso per quanto difficile da seguire con attenzione.

Peccato, perché la cosa più interessante e rappresentata meglio, cioè il rapporto sentimentale della protagonista con la sua pericolosa ricercata, viene oscurata dalla pesantezza di questi approfondimenti filosofici fini a loro stessi. In conclusione, un film sovraccarico sui temi salvabile giusto perché parte di una trilogia. Character design molto gradevole dell'artista Redjuice, e realizzazione tecnica in linea con le altre produzioni del progetto.


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Focasaggia

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
«Harmony» è un film animato, tratto dal romanzo del 2008 di Project Ito (pseudonimo di Satoshi Itō), lento ma pieno di spunti interessanti.

Tre ragazze pensano di uccidersi, preoccupate del dover crescere, del dover diventare adulte, in un mondo completamente controllato, soffocante. Al momento del suicidio collettivo una solo di loro muore realmente, trascorrono anni da quell'evento ma una delle tre ragazze sopravvissute, Tuan Kirie, ancora si interroga sulla scelta fatta, piena di rimorso per la perdita della cara amica.

La storia è completamente incentrata su Tuan, tutti gli altri personaggi del film ruoteranno intorno a lei, ma non seguiremo i pensieri e le azioni degli altri, con la sola eccezione, grazie all'uso sapiente dei flashback, di Miach Mihie, la ragazza morta, avremo modo di conoscerla e verrà approfondita psicologicamente durante la visione del film. Gli altri personaggi per quanto affascinanti saranno solo secondari.

Cosa è la libertà? Cosa è realmente diventare adulti? Il film pone delle domande senza affrontare i temi proposti, senza offrire risposte a dilemmi anche se sono ben posti allo spettatore, in questo il racconto segue coerentemente la protagonista che essendo poco interessata al tutto, non si esprimerà in tal senso lasciando libero lo spettatore senza condizionarlo.

Il doppiaggio italiano è da elogiare, i dialoghi i tanti monologhi sono resi alla perfezione, incantano. Da segnalare l'ottimo lavoro di Chiara Gioncardi (Annie Leonhart in L'Attacco dei Giganti) e Agnese Marteddu che anni addietro prestò la propria voce a Hikari Horaki (Neon Genesis Evangelion del 1995).

I disegni sono di alto livello, molto curati i visi nei minimi dettagli, buone le animazioni a cura dello Studio 4°C (The Animatrix) che fa uso della CGI, che può infastidire in alcune scene. L'opera da cui è tratto il film vinse il premio Seiun (conferito ogni anno alle migliori opere fantasy e fantascientifiche) del 2009. Il film fa parte di una progetto di trasposizione animata dei lavori di Ito, le altre due opere sono "L'impero dei cadaveri" e "L'organo genocida".

Vi sono scene di alto impatto, crude, anche se alcuni dialoghi sono più disturbanti di tante immagini. Le atmosfere che si respirano ricordano molto serie come "Ergo Proxy" e "Lain". Lento, ma incessante nella narrazione, è una storia che fa riflettere. Finale in linea con le premesse, potrà non soddisfare lo spettatore.

Consigliato a chi cerca un prodotto serio, introspettivo, ricco di fantascienza. A chi apprezzerà tale opera si consiglia la visione delle altre due di Ito.


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alessiox1

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
"Harmony" è un film prodotto da “Studio 4°C”, uscito nel 2015 e tratto da una Novel del 2008 di Project Itoh (pseudonimo di Satoshi Itō 14 ottobre 1974 - Tokyo, 20 marzo 2009), di cui c’è un manga in corso con due volumi usciti portati in Italia dalla Star Comics.

Attenzione: presenza di spoiler
"Harmony" ci porta in un mondo futuristico dove nel passato ci sono state guerre e malattie che hanno decimato il genere umano: tale periodo viene chiamato “Maelstrom”. L’umanità allora decise di impedire in ogni modo che una situazione del genere si potesse ripresentare, da allora a ogni essere umano viene impiantato un dispositivo chiamato WatchMe che si attiva al compimento del 18° anno. Esso è uno strumento principalmente passivo ma può anche diventare uno strumento attivo (nel film alcune cose non sono ben chiare a mio avviso): questo dispositivo segnala tutti i problemi di salute e problemi comportamentali alle admedistrazioni (distretti sanitari per cosi dire) che attraverso nano-macchine e potenti medicinali fanno una specie di indottrinamento leggero che porta tutti gli esseri umani a essere solidali e gentili con tutti.
Questo ci porta alla nostra protagonista, ovvero Tuan Kirie, e alle sue due amiche Cian Reikado e Miach Mihie, quest’ ultima estremamente intelligente e con un carattere molto persuasivo che ha sempre denunciato e criticato questo sistema parlando alle altre ragazze di come una società del genere fosse sbagliata e di come semplicemente premendo un pulsante qualcuno delle admedistrazioni potrebbe causare suicidi di massa o altre catastrofi.
Allora Miach volle convincere le sue due amiche (quindi anche la nostra protagonista Tuan) a suicidarsi con lei come forma di estrema protesta contro questa società (come i tibetani che si danno fuoco per paragone); per attuare questo piano utilizzò dei farmaci che aveva creato lei. Chiariamo una cosa, i cittadini nel mondo di "Harmonyc hanno dispositivi a casa che possono sintetizzare qualsiasi medicinale che serve; anche se questo potenzialmente permetterebbe di creare droghe o veleni di qualsiasi tipo questo viene permesso perché con il controllo del WatchMe questo non dovrebbe succedere.
La nostra protagonista viene salvata e anche la sua amica Cian ma invece la fautrice del piano, ovvero Miach, morirà e il suo ricordo rimarrà impresso nella nostra protagonista nonostante gli anni.
La protagonista Tuan decide allora di abbandonare il Giappone e di entrare nel organizzazione mondiale della sanità, in particolare diventa un ispettore Helix che viaggia nei paesi in guerra e che controlla l’uso delle nano-macchine e dei watchme in quei paesi, anche se la nostra protagonista non sembra molto attenta alle regole dato che a inizio film (quello che ho raccontato viene descritto dopo e grazie a dei flashback ma volevo chiarire la situazione in modo che fosse tutto più comprensibile) la vediamo trattare con dei nomadi Tuareg per vendergli delle nano-macchine che curano le malattie (anche se i Tuareg sono contrari al WatchMe capiscano che le nano-macchine sono utili per evitare le malattie).
In cambio essi gli daranno delle casse di vino, nel frattempo vediamo un UAV (veicolo senza pilota come il predator o il reaper) di una nazione vicina che ha visto lo scambio e allora la nostra protagonista fugge a bordo del suo veicolo con il suo team di soldati di scorta, UAV non è armato ma ha ripreso lo scambio e per il momento il video non è stato trasferito in quanto siamo in una zona non coperta dal segnale ma appena l’aereo cambierà zona manderà il video e dato che la nostra protagonista e il suo team non vuole che questo accade decide di distruggere UAV con un lanciamissili a ricerca di calore (Tipo Stinger per intenderci).
Quando torna alla base e festeggia con i soldati contenti per il vino che hanno avuto ha una brutta sorpresa, ovvero trova un ispettrice della sede centrale sua superiore nella sua stanza che l’attende e che oltre a farmi la ramanzina si chiede di come abbia eluso il WatchMe, la nostra protagonista Tuan riesce a non farsi degradare o sospendere dicendo che avrebbe parlato con la stampa del fatto e che questo sarebbe stato uno scandalo che avrebbe ridotto la credibilità degli ispettori dato queste circostanze; allora l’ispettrice decide di non sospenderla ma ritiene che deve fare obbligatoriamente ritorno al suo paese, cosa che non succedeva da oltre 13 anni e stiamo ovviamente parlando del Giappone.
La nostra protagonista non era affatto contenta di ciò in quanto odiava profondamente quella nazione dato che riteneva tutta quella generosità, gentilezza e solidarietà di quella società tutta una finzione dovuta al WatchMe e ai farmaci. All'aeroporto viene accolta( suo malgrado) dalla sua amica Cian sopravvissuta al tentativo di suicidio 13 anni fa, essa le propone di stare con lei e di incontrare varie persone ma la nostra protagonista Tuan rimane scettica e infastidita sia dalla sua amica che dalle altre persone ma alla fine decide di andare a pranzo con lei.
Durante il pranzo si parla di Miach, la loro amica morta e del suicidio che tentarono loro tre, la nostra protagonista Tuan chiede alla sua amica Cian di cambiare discorso ma lei continua imperterrita e mentre alla protagonista viene servita l’acqua ed è distratta Cian si suicida in quellistante con un coltello facendo schizzare tutto il sangue sulla protagonista che rimane completamente traumatizzata dall'evento come tutti i presenti nel ristorante ovviamente, ma quel suicidio non è stato un caso isolato bensì uno dei tantissimi suicidi che ci sono stati contemporaneamente in tutto il mondo per non parlare dei tentativi di suicidi. Questo porterà la nostra protagonista Tuan (che lavora per l’organizzazione mondiale della sanità ricordo) a indagare su quello che sta succedendo. Ovviamente se volete sapere come continua dovete vedervi l’opera.
Fine spoiler

In quest’opera uno dei personaggi più importanti e interessanti è ovviamente l’amica “rivoluzionaria” Miach, per cosi dire, che possiamo quasi considerare una Shōgo Makishima al contrario, in effetti questo film fa pensare molto a "Psycho-Pass", ma al suo inverso. Cioè se "Psycho-Pass" è il bastone con le sue dominator che uccidono qui abbiamo la carota con i WatchMe, come dicevo in precedenza di tale dispositivo non viene spiegato molto bene il suo funzionamento ma alla fin fine esso è solo un espediente e nell'opera non viene mostrato spesso (per paragone a differenza delle Dominator in "Psycho-Pass"). Penso che quest’opera abbia un forte lato filosofico soprattutto per quanto riguarda lo scontro singoli contro società, per cosi dire, e se rinunciare alla propria individualità possa essere un prezzo adeguato per vivere in una società pacifica quasi utopica e quanto della propria individualità sia giusto sacrificare. Non posso dirvi altro perché sennó sarebbe spoiler. Alla fine stiamo parlando di un film di 120 minuti.
Prima di passare alla valutazione finale dico che avevo visto un altro film basato su un romanzo dello stesso autore prematuramente scomparso, di tale opera ho pure il manga. Sto parlando di" Genocidal Organ" ma ho scoperto solo dopo la visione del opera che sto recensendo che l’autore è lo stesso ma torniamo a parlare di "Harmony" .
"Harmony" è un ottimo film (penso che prenderò pure il manga), ha un lato tecnico molto ben fatto, ci sono molte scene d'azione, ma non è solo quello ovviamente. Ha un lato filosofico come dicevo in precedenza, ma senza essere troppo pesante, diciamo che deve essere lo spettatore a riflettere su queste cose quindi se volete un'opera di fantascienza molto diversa dal mainstream ma senza essere troppo di nicchia (a mio avviso) questa è l’opera che fa per voi.


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Shiho Miyano

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
Il mondo post-apocalittico mostrato in “Harmony”, film del 2015 tratto da un’omonima novel firmata da Project Itoh, ha un’apparenza gentile: le tecnologie mediche sono avanzatissime e il benessere è decisamente elevato; in ogni essere umano è impiantato un dispositivo, il “Watch Me”, che si attiva con il raggiungimento dell’età adulta e consente un monitoraggio continuo dell’individuo, controllando i parametri vitali, dando informazioni nutrizionali in tempo reale, esortando a comportamenti positivi per la propria salute e per il benessere collettivo. Vedere morire o invecchiare una persona è qualcosa che gli abitanti di quest’utopica società non si aspettano, il loro mondo è accogliente, abitato da persone gentili e rispettose, molto tranquillo, molto rosa (letteralmente).

Neppure in questo mondo, però, la felicità è per tutti.
Come atto di ribellione a questo "totalitarismo dai colori dell’aurora" tre adolescenti - Tuan Kirie, la protagonista, Miach Mihie, la personalità forte del trio, e la loro amica, Cian Reikado - decidono di suicidarsi. Il piano è questo: assumeranno un farmaco ideato e realizzato da Miach e si uccideranno per protesta contro il sistema.
Tuan prende il farmaco datole da Miach, ma non morirà: al suo risveglio la madre le spiegherà che è stata salvata perché Cian ha esistato e ha dato l'allarme, ma i soccorsi per Miach sono stati tardivi.

La narrazione prende il via, tredici anni dopo questi fatti, quando Tuan, a causa di un “incidente” nel suo lavoro all'estero (è ispettore in una sorta di organizzazione mondiale per la sanità), sarà costretta a fare rientro in quel Giappone che aveva lasciato. Rincontrerà Cian, parleranno di Miach e in quel momento inizierà il suo confronto con i problemi di questa società e una serie di eventi la porteranno a compiere un lavoro investigativo e a confrontarsi anche con il proprio il passato.

L’impressione è che i 120 minuti del film siano troppo pochi per consentire una narrazione adeguata della storia; la vicenda non è quindi chiarita nei dettagli creando dei buchi narrativi che costituiscono uno dei punti deboli del film.

Il secondo punto debole è la scarsa caratterizzazione dei personaggi: questa è, infatti, limitata a Tuan, presentata per lo più attraverso i suoi monologhi, e Miach, la cui personalità è illustrata con numerosi flashback. I personaggi al contorno sono appena accennati e nessuno di loro rimane impresso alla fine della visione.

Il character design, di Redjuice, è estremamente accattivante e il gioco di colori (la città rosa e bianca, i suoi abitanti dai colori tenui, Tuan rossa e Miach blu) è ben giostrato: induce efficacemente un generico senso di nausea per la società; evidenzia la particolarità di Miach, insofferente a tutto questo; attrae lo sguardo dello spettatore su Miach riproducendo l’attrazione che questa esercita su Tuan.

La regia, di Michael Arias e Takashi Nakamura, propone belle carrellate che consentono allo spettatore di osservare le scene da differenti punti di vista e sono molto suggestive (peccato però che questo gioco sia ripetuto troppe volte e alla fine stufi un po’).

Il terzo problema è quello dell’inserimento della vicenda di un discorso sulla coscienza, troppo complesso per un film che già non è gestito bene a livello di sequenzialità degli avvenimenti: il risultato è una poco riuscita “patina di profondità”.

Al di là di questi difetti "Harmony" è però un film che intrattiene bene: molto gradevole alla vista, un poco (simpaticamente) ruffiano per via del fanservice, ma che lascia una buona impressione, grazie al fatto di saper porre domande senza suggerire risposte preconfezionate, di saper evitare una distinzione netta fra “buoni e cattivi” e per il finale, sottilmente disturbante.


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AkiraSakura

Episodi visti: 1/1 --- Voto 4
Oggi, come ieri, è sempre difficile trattare temi complessi e sofisticati in animazione. Se non si calibrano e pesano con molte precauzioni i modi in cui vengono sviscerati determinati argomenti, magari delle idee socio-politiche geniali, volendo animate dalle migliori intenzioni, si rischia, tra fanservice, stucchevolezza e surrealismo digitalizzato, di sfociare palesemente nel ridicolo. Perché <i>Harmony</i>, nonostante tutte le sue buone premesse e il suo – diciamo stridente? – atteggiarsi a capolavoro, a parer mio è quantomeno imbarazzante. Si sa che il regista – assieme al <i>gaijin</i> Michael Arias - è Takashi Nakamura, che i più esperti sanno ricollegare all'epocale <i>Akira</i> di Katsuhiro Otomo (direttore dell'animazione) e alla bella serie televisiva <i>Fantastic Children</i> (regista e creatore originale); si sa che le protagoniste sono avvenenti, che c'è un po' di <i]>yuri</i> e che quindi lo spettatore maschile (e non solo) può sentirsi appagato già soltanto per questo motivo. E il <i>mood</i> serioso, i toni filosofici, l'inadeguatezza del sociale... la società utopistica à la <i>Psycho Pass</i>, con i potenti conformisti che controllano tutto, un po' di <i>splatter</i>, di nanotecnologia e numerosi altri <i>topoi</i> ormai triti e ritriti buttati lì a caso soltanto per far figo. La ragazzetta irritante sodomizzata da piccola, la rossa tutta scazzata che le sbava dietro perché in passato, quando portava l'uniforme scolastica con la minigonna e le autoreggenti, era tanto bella, misteriosa e intelligente, con quel sorrisetto malizioso e quell'aria da so tutto io. Ma no. E' il <i>modo</i> ad essere sbagliato. E' la finzione che non riesce a diventare un buon catalizzatore di tematiche appartenenti alla realtà, diventando, con tutti i suoi fronzoli, assolutamente fine a sé stessa. Una roba <i>otaku</i>, insomma. Proprio come la società che l'ha concepita.

Le ambientazioni sono post-apocalittiche, gli edifici sono per la maggior parte rosa. Rosa e bianco, in un alternarsi pulito e asettico che quasi dà la nausea (effetto forse voluto, ma il rosa che ci sta a fare lì dentro?). Il <i>cell shading</i>, la protagonista (la rossa) imbronciata che va a fare le sue missioni in giro all'estero, tipo contrabbandare vino con arabi seduti su futuristici cammelli (non sto scherzando). I ricordi della giovinezza, il primo amore per la fanciulla di cui sopra. E la salute delle persone viene regolata da chi comanda, non scordiamocelo, e la crescita viene bloccata, chiara metafora che rimanda ai discorsi di Takashi Murakami sullo stato di congelamento nell'adolescenza in cui si trovano i giapponesi, con i loro cervelli bruciati dall'abuso di tecnologia e dal modello consumistico d'importazione yankee (cosa che riguarda pure noi, non pensate di salvarvi voi che leggete dal vostro smartphone). E poi ci sono i suicidi, in particolare i bambini che si suicidano, i suicidi volontari perché la società è troppo finta e i suicidi controllati dalla tizia X che si fonde nel sistema Y per fare la terrorista, cosa prevedibile sin dalle prime fasi della sceneggiatura, sonnolenta e confusionaria come poche. Ma in sostanza la rossa viaggia, si strugge in pesantissimi monologhi che pure loro - almeno in teoria – fanno molto figo, dopodiché ritorna in Giappone e incontra tanti personaggi piatti e noiosi come lei che la sommergono d'informazioni. Ma i dialoghi sono mediocri e gli eventi procedono lentamente, sino alla rivelazione di ovvietà senza che vi sia alcun pathos nel veder realizzate le proprie previsioni. Il finale è concettualmente interessante, ma reso malissimo da regia e sceneggiatura.

Il Grande Fratello ti vede, e controlla pure il tuo metabolismo. Perbacco. Ma c'è veramente poco di orwelliano in <i>Harmony</i>, per non parlare di quel suo alone <i>intellettualoide</i> che cerca a malapena di imitare i veri anime <i>intellettualoidi</i> – ma con stile - della seconda metà degli anni novanta e dei primi anni duemila. Insomma, tutte le cose che <i>Harmony</i> cerca di dire con molta presunzione e autocompiacimento, con i suoi personaggi-sogliola vestiti in modo ridicolo, i temi pesanti affrontati nel peggiore dei modi, lo splatter irritante e il fanservice plastico-siliconico-digitalizzato ancor più irritante del suddetto, erano già state dette prima. Per fare della filosofia sulla natura umana in salsa rosa-yuri bastava Ikuhara, bastava <i>Utena</i>. Non c'è bisogno di scomodare la grande fantascienza mistico-apocalittica-cyberpunk-distopica o un trattato psico-sociologico di Erich Fromm o Ivan Illich svuotandoli della loro profondità e grandezza, compiendo il crimine di renderli simulacri e di infarcire tale residuo senz'anima con ammorbanti pseudo-pipponi adolescenziali la cui vera sostanza è l'egoismo e la confusione di un'età che invero non è più possibile riprodurre da adulti, perché biologicamente tutto scorre, tutto passa e pure il sistema, con tutti i suoi lati negativi e le sue trappole mediatiche dannose per l'individuo, non si può cambiare né con l'amore né con l'odio, ma soltanto con la consapevolezza della sua malattia. L'autoreferenzialità dell'adolescenza è anche l'autoreferenzialità dalla quale non si smarca questo <i>Harmony</i>, sebbene sulla carta sia una roba di nicchia, una roba per pochi eletti che magari hanno voglia di “filosofeggiare” mentre guardano una coscia in primo piano ben coadiuvata da una calza autoreggente o una schizzata vestita da fatina che vuole decidere per tutti cosa è meglio fare della propria vita, perché lei – poverina - ha avuto un'infanzia difficile. Per chi scrive, meno cliché e più realtà (e anche meno rosa) avrebbero fatto bene a questo <i>Harmony</i>, che, così come si presenta, lascia dietro di sé soltanto il nulla.