Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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C’è una tendenza che, nel vastissimo mondo del fumetto e dell’animazione giapponese, sta spopolando, soprattutto negli ultimi anni. La tendenza a “serializzare” anime, che si conformano perfettamente agli omonimi manga da cui sono tratti. Trame identiche e stesse ambientazioni, con la sola accortezza di qualche taglio, utile ad eliminare scene di poco rilievo. Questo è il motivo per cui, ed io sono il primo, le persone che si interessano ad un’opera, o leggono il manga, o si godono l’anime, non vigendo l’esigenza di fare entrambe le cose. Diventa, quindi, sempre più raro trovare qualcuno che si appassioni talmente tanto ad un titolo, da seguirne gli sviluppi del fumetto e della serie animata. Spesso e volentieri, se ciò accade, è per l’irrefrenabile desiderio di conoscere il finale di una storia, che si potrebbe altresì conoscere, ma aspettando uno o più anni per l’uscita dell’anime, lampante è il caso di "Attack on Titan". Eppure, come spesso accade, arriva quell’opera che ti colpisce nel cuore e chiede a gran voce di essere letta e visionata. Per me, questo è stato il caso di "The Quintessential Quintuplets", manga serializzato da JPOP, tra il 2017 e il 2020, di cui esiste la trasposizione animata che conta due stagioni e il film conclusivo in uscita il 20 maggio 2022 in Giappone.

Nulla di ciò che leggerete, sfogliando le pagine di questo manga, suonerà alle vostre orecchie come qualcosa di nuovo o innovativo, anzi, tutt'altro. La vera novità sta nel dare vita alla solita storia liceale di innamoramenti e turbamenti giovanili, in cui sono coinvolte cinque e ripeto cinque sorelle gemelle, che ancora mi chiedo come siano uscite dal grembo di una sola donna, ma su questo possiamo sorvolare. Andando con ordine, il protagonista della storia è Futaro Uesugi, il solito ragazzo con la soglia della popolarità sotto lo zero e una media voto alle stelle, tanto da essere lo studente migliore della scuola. Voti da primo della classe; vita sociale ai minimi storici, se non per i rapporti familiari che intrattiene con la sorella e il padre e una situazione economica non invidiabile; sono queste le sue “peculiarità”. Un giorno, però, gli si presenta una grande occasione, la possibilità di fare da insegnante privato a casa Nakano, lavoro trovatogli dal padre e che sembra pagare bene. Arrivato in questa casa scopre, però, con suo grande disappunto, che dovrà dare lezioni non ad una, bensì a cinque ragazze, tutte gemelle, svampite e incapaci nello studio allo stesso modo. Inizialmente, l’impopolarità scolastica, lo perseguita anche presso la dimora Nakano, eppure, come potete ben immaginare, un ragazzo a casa di cinque bellissime e dannatamente simili gemelle farà, ben presto, strage di cuori. Tant’è, e questo lo si scopre sin da subito, che qualche anno dopo aver fatto la loro conoscenza, Uesugi sposa una delle sorelle Nakano. Per scoprire chi è la fortunata, non vi resta che leggere i quattordici volumi del manga che, a parer mio, vanno giù che è una bellezza. Merito, questo, anche dei disegni di Negi Haruba, che col suo tratto pulito e ordinato, ci ha regalato delle tavole perfette e dato vita a character design minimal, ma di grande effetto.

La storia è di una semplicità unica e, farcita dei soliti cliché, potrebbe presentarci un manga anonimo e uguale a tutti gli altri dello stesso genere. A fare la differenza, però, è la vastità di sketch che l’autore ha avuto la possibilità di proporci, grazie alla presenza delle cinque gemelle, perno indiscusso e punto di forza del manga, che, con i loro caratteri e modi diversi di vivere la vita, aprono ad un ventaglio ampissimo di soluzioni.

Ichika, la primogenita. A renderla diversa da tutte le altre, almeno esteticamente, sono i suoi capelli corti, che la rendono inconfondibile. In quanto “sorella maggiore”, tende sempre la sua mano verso le altre, che vedono in lei un punto di riferimento ed è per questo che, almeno all’inizio, cerca di aiutare Miku nel suo rapporto con Futaro. È una ragazza indipendente e forte, anche se spesso, per il bene delle sorelle, si trova costretta a dover nascondere i propri sentimenti che, poco alla volta, vengono a galla. La strada da seguire per il futuro non sembra essere quella dello studio. Ichika, infatti, diventa ben presto una star del cinema conosciuta in tutto il mondo. Sono tante le azioni disoneste di cui si macchia e che, di conseguenza, rovinano la sua immagine. Soltanto alla fine e in minima parte, riesce a redimersi. Redenzione, è la parola chiave nel suo percorso.

Nino, la secondogenita. L’unica a cambiare look nel corso della storia, passando dai capelli lunghi a quelli corti, decorati sempre da un doppio nastro nero. In una serie del genere, non può mancare la tsundere, scontrosa inizialmente nei confronti di Futaro, fino a cambiare decisamente opinione sul suo conto. Nell’arco di quattordici volumi, passa dall’odio all’amore nei suoi confronti, tanto da dichiararsi a lui, senza il minimo pudore. A differenza delle altre, non nasconde mai i propri sentimenti e dice sempre quello che pensa, per questo motivo è anche la gemella maggiormente coinvolta negli scontri familiari. Per riassumerla in breve, tra le sorelle, Nino è quella brutalmente onesta. L’onestà è, senza ombra di dubbio, il suo tratto distintivo.

Miku, la terzogenita. Senza troppi giri di parole, la mia preferita in assoluto. Best waifu indiscussa. Pigra, impacciata e dolce sono i tre aggettivi che la descrivono meglio. Al collo, porta sempre le sue inseparabili cuffie blu, che sono un autentico marchio di fabbrica. Ha un’innata predisposizione per il travestimento e spesso, infatti, durante la storia, la ritroviamo a rivestire i panni di una delle sue gemelle. Senza ombra di dubbio, colei che intraprende il percorso di crescita più inteso e proficuo. Dall’indecisione dei primi capitoli, al polso fermo degli ultimi; dalla difficoltà nel dichiararsi a Futaro, alla semplicità con cui riesce finalmente ad esternare i propri sentimenti, mettendo da parte ogni preoccupazione o turbamento. La crescita di Miku, per tutto il corso del manga, è, a dir poco, esponenziale. Crescita, è assolutamente il termine che le si addice di più.

Yotsuba, la quartogenita. Alle medie le gemelle erano dannatamente simili e, per questo, indistinguibili. Fu lei che per prima propose un cambiamento di look, che le rendesse riconoscibili. Per questo motivo, indossa un fiocco fanciullesco che le dona molto. A detta di Futaro, è la più stupida tra le gemelle. Per colpa sua e dei suoi pessimi voti, le sorelle furono costrette a cambiare scuola quando già frequentavano il liceo. A questa incapacità nello studio, corrisponde, però, una certa abilità nello sport e tutte le mansioni che richiedono uno sforzo fisico ed atletico. La paura di essere stata un peso per le altre sorelle, la porta ad essere estremamente accondiscendente nei loro confronti, mettendo sempre da parte i suoi interessi. Tra le gemelle, è sicuramente quella più altruista. L’altruismo è sicuramente la importante delle sue qualità.

Itsuki, la quintogenita. Se il fiocco di Yotsuba l’ho definito fanciullesco, le due stelline che usa come fermacapelli, sono bambinesche. Non è un caso che sia lei, la sorella “minore”, ad indossarle. Come tutte le altre sorelle è una frana nello studio, nonostante il grande impegno che ci mette. Eppure, Itsuki non è una ragazza che si arrende facilmente. Il suo sogno è quello di diventare insegnante, seguendo così le orme della madre prematuramente scomparsa e a cui era profondamente legata. Conscia dei suoi limiti, si impegna al massimo pur di raggiungere il suo obiettivo. La grinta è il suo miglior pregio.

Così delineate nelle loro peculiarità, le cinque gemelle formano cinque parti diverse, ma allo stesso tempo uguali, di un unico insieme. Ciò che capita ad una, ricade anche sulle altre, che siano gioie o dolori. Si può dire, che il loro legame sia più forte del diamante. Insieme sono una vera forza della natura, ed è proprio questo legame a renderle speciali, così come è speciale il manga, di cui vi consiglio vivamente la lettura.

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“Jitsu wa Watashi wa”, noto in Italia come “In realtà io sono...”, è una di quelle serie che, se l’avessi visionata da neofita, avrei potuto apprezzare molto di più. Purtroppo, quando nel 2016 mi avvicinai a questa serie harem (tratta dal manga di Eiji Masuda), avevo già visionato un considerevole numero di anime, finendo per giudicarla peggio di quanto in realtà non fosse. Fatto passare del tempo e dopo un’attenta valutazione, ho infatti constatato come questa serie di tredici episodi, targata studio TMS Entertaiment, non è che alla fine sia tutto questo obbrobrio, anzi risulta essere discretamente valida, ma si ingegna davvero poco per differenziarsi dal genere d'appartenenza.

Protagonista è il solito beta degli harem, in questo caso tal Asahi Kuromine, uno studente liceale così ingenuo da non riuscire a mentire in nessuna circostanza, innamorato segretamente della bella ma misteriosa Yoko Shiragami. In un maldestro tentativo di dichiarazione, Asahi scopre che Yoko è in realtà una vampira, a cui è stato concesso dal padre il diritto di frequentare la scuola, purché non si faccia scoprire da qualcuno. Mantenere un così semplice segreto, tuttavia, risulta essere un’impresa assai ardua, in primis perché Yoko è un’idiota di proporzioni bibliche, Asahi, secondo in stupidità solo alla ragazza, è un libro aperto, e infine Mikan, amica d’infanzia del protagonista, non fa altro che perseguitarlo alla ricerca di un nuovo pettegolezzo. Con il procedere della storia il nostro beta, sfortunatamente per lui, viene a conoscenza dei segreti di altre ragazze della scuola: Nagisa, la capoclasse, si rivela essere una piccola aliena incapsulata in un futuristico esoscheletro robotico dalla forma umana, Shiho si scopre essere un uomo lupo in grado di cambiare sesso ogni volta che vede la luna, trasformandosi in una provocante donna, poi viene a conoscenza di Akane, una loli demone rompiscatole che gestisce la scuola... le quali metteranno tutte a dura prova il ragazzo, già impegnato a non rivelare a nessuno la vera natura di Yoko.

La trama procede lentamente, con episodi auto-conclusivi di matrice prettamente comica. L’aspetto commedia è forse l’unico vero pregio della serie, con battute fresche e diverse citazioni ad altre opere, mentre l’aspetto romantico viene ridotto all’osso, in un continuo (e a tratti fastidioso) fraintendimento tra i due protagonisti, basato soprattutto sulla stupidità di lei e sulla goffaggine di lui. L’ambientazione scolastica è vista e rivista, e solo la freschezza nei dialoghi impedisce che lo spettatore si annoi. Piccola nota di merito è l’impiego del fanservice, giustamente presente ma sempre sfruttato con intenzioni comiche, e mai come tappabuchi. I personaggi sono stereotipati: Asahi è il classico beta del genere harem, Yoko ha il QI di un asse da stiro, Nagisa è 100% tsundere, Shiho, in versione femminile, è una super allupata, Mikan è l’amica d’infanzia degli anime, gli amici di Asahi sono il trio tipico costituito dal pervertito, dal ragazzo sessualmente ambiguo e dall’amico dispensatore di improbabili consigli. Niente di nuovo su questo fronte.

Graficamente la serie è piacevole, oltre che discretamente curata. I fondali sono semplici, ma tutti ben realizzati. Le OST sono a tema e variegate, risultando uno dei punti di forza della serie, assieme all’opening e all’ending.

Concludendo, “Jitsu wa Watashi wa” è un’ottima serie per approcciarsi agli anime, specialmente se si è curiosi di testare il genere harem. È sicuramente un buon intrattenimento, ma niente più: cliché (ben gestiti) e commedia spicciola tengono in piedi l’intera baracca, mentre lo sviluppo di una trama e della psicologia dei personaggi risulta essere totalmente assente.
Consigliato? Sì, ma solo se volete tenere spento il cervello.

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È curioso che in altre parti del mondo questa serie sia arrivata insieme agli OAV e ad altri spin-off, mentre da noi sia rimasta inedita: avrebbe avuto senz'altro un discreto successo durante l'anime night di MTV. Invece, ad oggi, "Tenchi Universe" (anche noto come "Tenchi Muyo TV") rimane in Italia pressoché sconosciuto ai più, a parte i fan più incalliti e ai curiosi come il sottoscritto. Ed è un peccato, perché questa serie TV, che nasce come spin-off della serie OAV, con gli stessi personaggi, più alcuni nuovi e originali, ha una storia molto differente. È interessante altresì notare che questo spin-off diede poi origine a due film cinematografici (i due "Tenchi Muyo in Love" - c'è un altro film in mezzo, ma non è chiarissimo a quale delle due serie principali è collegato), ma poi questa linea temporale (chiamiamola pure così) si è "estinta" negli anni '90, mentre quella di "Tenchi Muyo" degli OAV è continuata anche nel ventunesimo secolo. Teoricamente, potevano continuare entrambe, ma evidentemente "Tenchi Universe" era un capitolo chiuso a quel punto.

La serie di "Tenchi Universe" si può suddividere in due parti, la prima durante la quale vengono introdotti i vari personaggi, la maggior parte dei quali sono già noti a chi ha visto i primi sei OAV. I personaggi sono praticamente gli stessi di "Tenchi Muyo Ryo-oki", ma la loro origine e la loro storia differisce alquanto tra le due serie. Ciò che rimane invece molto simile è il carattere dei personaggi: tutti si comportano in maniera simile a quella che abbiamo visto negli OAV, non ci sono grandi sorprese in tal senso. La prima parte dunque è "conoscitiva": serve per introdurre i personaggi chiave e per approfondirne la conoscenza. La maggior parte delle storie sono autoconclusive, cominciano e concludono nello stesso episodio, insomma. E si tratta di storie perlopiù comiche, ovviamente.
Nella seconda parte invece le cose si fanno più serie, perché i nostri eroi sono accusati di alto tradimento dal nuovo imperatore di Jurai (praticamente, l'imperatore dell'universo!), così Tenchi e gli altri decidono di andare su Jurai per capire cosa stia veramente succedendo. In questa parte non mancano gli episodi più comici (ad esempio, Tenchi e gli altri devono trovare il modo di recuperare denaro per riparare la propria astronave, facendo i lavori più umili, e perfino partecipando a un concorso di bellezza!), ma in generale c'è molta più azione e tensione in questi episodi, soprattutto verso la fine, dove si arriva a temere il peggio per alcuni di loro.

Se c'è un lato debole di "Tenchi Universe", io direi che è proprio nel finale, simile sì a quello della prima serie degli OAV, ma per certi versi molto meno convincente e avvincente. Tuttavia, non ci si può lamentare del resto: Tenchi guadagna una nuova ragazza nel suo "harem" (una collega dell'imbranata Mihoshi), e Ryoko guadagna una rivale temibile (una cacciatrice di taglie piuttosto forte e avvenente). In generale, gli spettatori hanno più tempo per apprezzare i vari personaggi rispetto ai primi OAV, e questo non è certo negativo. Alcuni personaggi però forse perdono un bel po' del loro fascino rispetto alle serie OAV (personaggi che si riveleranno molto più potenti di quello che sembrano in realtà), ma tutto sommato fa parte del gioco: "Tenchi Universe" infatti non è un remake degli OAV, ma un reboot quasi completo, con quasi gli stessi personaggi ma con una sceneggiatura quasi del tutto differente. Pare strano vedere questo tipo di adattamenti che quasi stravolgono la storia originale, e non sempre hanno successo (si veda ad esempio la serie TV di "El Hazard" o il film cinematografico de "I cieli di Escaflowne"), ma in questo caso diciamo che, contrariamente a quanto si possa pensare, la formula ha funzionato.