24 agosto 2010, un giorno drammatico per il mondo dell'animazione giapponese ed i suoi appassionati. Quel giorno, infatti, si spegneva a soli 46 anni uno dei registi d'animazione più apprezzati, talentuosi e premiati di sempre: Satoshi Kon.
Per celebrare il decennale della scomparsa del creatore di Perfect Blue, Millennium Actress, Tokyo Godfathers, Paranoia Agent e Paprika riproponiamo il nostro approfondimento e la commovente lettera d'addio scritta dal regista poco prima della morte.

Satoshi Kon: la vita, le opere, un modo altro di vedere


Satoshi Kon (Kushiro, 12 Ottobre 1963 - Tokyo, 24 agosto 2010) iniziò la sua preparazione artistica alla Musashino College of the Art dove seguì i corsi di Design della comunicazione visiva con l’intenzione d’intraprendere una carriera da pittore e illustratore. Finiti gli studi, nel 1990 creò il manga Kaikisen (La stirpe della sirena) che lo mise in luce e gli valse l’attenzione del mangaka e regista Katsuhiro Otomo (Highway Star, Fireball, Domu, Meikyou monogatari, Robot Carnival, Akira), il quale chiamò Kon a collaborare alla creazione di un suo manga, World Apartment Horror, nel 1991. Nello stesso anno Kon prese parte a un altro progetto scritto da Otomo, l’OVA (Original Video Animation: prodotti realizzati per il mercato home video) Roujin Z, diretto da Hiroyuki Kitakubo (Black Magic M-66, Robot Carnival, Gunbuster, Akira) e nel quale Kon svolse i ruoli di art director – ovvero la figura professionale che si occupa di colori, scenari e fondali e che supervisiona lo staff che realizza tali parti grafiche – e animatore.
 

Nel 1992 si occupò della creazione degli ambienti del film d’animazione Hashire Melos, e l’anno successivo ricoprì sempre lo stesso ruolo nel secondo film del progetto Patlabor, avendo così la possibilità di lavorare con un altro dei registi che poi assunsero un’importanza cardinale nell’animazione nipponica e nella diffusione della stessa sullo scenario cinematografico internazionale: Mamoru Oshii (Tenshi no Tamago, Lamù: Beutiful Dreamer e Lamù: Only You, Patlabor serie tv, OAV e movie).

Contemporaneamente Kon si dedicò anche alla creazione della sceneggiatura del quinto episodio della serie OAV JoJo no kimyo no boken (Le bizzarre avventure di JoJo). Poi nel 1995 ritornò a lavorare con Otomo prendendo parte sempre come sceneggiatore al progetto filmico in tre episodi Memories, del quale curò la stesura della storia del primo atto, Kanojo no omoide (Rosa magnetica), diretto da Koji Morimoto (Robot Carnival, Akira, Macross Plus). Gli altri due episodi sono Stink Bomb, diretto da Tensai Okamura (Ninja Scroll, Neon Geneis Evangelion), e Cannon Fodder, diretto dallo stesso Otomo.

Due anni dopo, nel 1997, Kon realizzò il suo primo lungometraggio da regista, oltre che da sceneggiatore e creatore del character design.

Perfect Blue


Inizialmente pensato come film live action, a seguito dei danni arrecati dal terremoto di Kobe del ’95 agli studi di produzione, l’adattamento del romanzo Perfect Blue di Yoshikazu Takeuchi fu realizzato dalla Madhouse – che produsse anche tutti i successivi lavori di Kon – come lungometraggio animato a basso budget destinato al mercato home video. Tuttavia, considerato il livello del risultato finale la pellicola fu invece lanciata anche in sala con un riscontro notevole di pubblico e soprattutto critica.
 

Kon e Sadayuki Murai (sceneggiatore) durante la produzione chiesero e ottennero di modificare alcuni contenuti del romanzo originale, non ritenendo ottimale per la realizzazione di un buon prodotto cinematografico una trasposizione fedele. Basandosi quindi sulle tre parole chiave idol, horror e fan, e muovendosi liberamente attorno a queste, Kon decise di mostrare la crescita di una ragazza, da teen ager a donna adulta, attraverso le tappe traumatiche e le turbe psicologiche che tale passaggio può implicare, specialmente se il soggetto in questione, Mima, è una idol che affronta di pari passo un periodo di transizione professionale, da icona pop ad attrice. L’ossessività perversa di un fan, l’idea disturbante di cosa possono comportare la fama e l’ascesa per raggiungerla, e le derive cui può sfociare il fenomeno internet chiudono il cerchio e compongono il quadro complessivo di Perfect Blue.

Il film è un thriller psicologico che muove dalle basi classiche tracciate per il genere e le rimodella visivamente e strutturalmente con la sovrapposizione del piano del reale, di quello dell’allucinazione e di quello del sogno in un flusso narrativo unico che procede via via sempre più paradossale e accelerato. Per sviluppare quest’aspetto, e in generale parlando del suo modo di fare cinema, Satoshi Kon indicò Mattatoio N. 5, il film diretto da George Roy Hill e basato sul romanzo originale di Kurt Vonnegut, letto da Kon a seguito della visione della pellicola, come una delle sue maggiori influenze in campo stilistico. Il regista rivelò di essere stato notevolmente influenzato dal modo in cui nel film i diversi luoghi e livelli temporali venivano inseriti insieme ed espressi come se si seguissero la visioni del protagonista, Bill Pilgrim, e ciò ebbe un’enorme ascendente su tutta la produzione di Kon.

Circostanza simile alla precedente è quella del rapporto del regista con P.K. Dick, al quale si accostò dopo la visione del Blade Runner di Ridley Scott, che lo affascinò soprattutto per l’oscurità dell’immagine, a cui si ispirò per alcune delle atmosfere di maggior tensione di Perfect Blue. Inoltre, come si vedrà nel proseguo, determinanti furono pure gli influssi dei testi di un altro scrittore, Yasutaka Tsutsui.
 

La visualizzazione dei sintomi del disturbo dissociativo della personalità e degli stati onirici; la messa in scena che mescola in un’unica percezione verità e illusione; l’evidenziare in modo pervasivo l’immagine riflessa, il doppio e lo specchio; l’attenzione al lato morboso dei fenomeni socio-mediatici della civiltà contemporanea, nonché la presenza di una forte funzione metalinguistica e autoriflessiva: l’opera prima offre già appieno gran parte dello spettro tematico e del linguaggio visivo propri di Kon e che valsero al regista la ribalta mondiale.

Perfect Blue ha vinto il B-Movie Award nella categoria Best Animated Feature al B-Movie Film Festival 2000, è stato giudicato Best Asian Film al Fant-Asia Film Festival 1997, ha vinto il Critics' Award, il Fantasia Section Award ed è stato nominato all’International Fantasy Film Award – rispettivamente nelle categorie Premio della Critica, Miglior Film d’Animazione e Miglior Filmal 18th Festival Internazionale del Cinema di Oporto - Fantasporto 1998.

Millennium Actress


Godendo ormai di una grande fama, conseguente al successo del primo lungometraggio, e di budget più sostanziosi, Kon poté dedicarsi alla propria ricerca artistica con più libertà e nel 2001 uscì il suo secondo lungometraggio, sceneggiato sempre a quattro mani con Sadayuki Murai. Questo film rappresentò anche la prima collaborazione tra Kon e il compositore Susumu Hirasawa (Detonator Orgun, Berserk), che a partire da Millennium Actress arrangiò le colonne sonore di tutte le successive produzioni del regista di Kushiro, diventando figura imprescindibile per la realizzazione delle stesse.
 

Il soggetto, questa volta originale, sviluppa l’idea di un film nel film e soprattutto della fusione fra realtà e tempo soggettivi e oggettivi attraverso i ricordi. Il lungometraggio ripercorre la vita e la carriera dell’attrice Chiyoko Fujiwara, che viene videointervistata dal regista Genya Tachibana e dal suo cameraman. I due entrano come personaggi “partecipi”, e contemporaneamente come spettatori, nel racconto dell’esistenza della vecchia stella, la cui narrazione filtrata dalla memoria fonde insieme le esperienze reali e quelle cinematografiche in un excursus che tra le prime e le seconde, tra passato feudale del Giappone e futuro da fantascienza anni ’70, ripercorrendo l’inseguimento del proprio amore perduto, abbraccia appunto mille anni.

Millennium Actress si unisce a doppio filo con il precedente Perfect Blue e, se ovviamente lo stile narrativo di fluida compenetrazione tra immaginario e reale è, in entrambi, l’impronta della peculiare manifestazione creativa del regista, i due film, riguardo al tema del rapporto fra l’idolo e il suo fan, per usare le parole dello stesso Kon sono come “due facce della stessa medaglia”, il secondo che ne ribalta la visione negativa data dal primo.

La crescita della protagonista femminile in Millennium Actress è tuttavia più dilatata, benché ugualmente intensa e traumatica, abbraccia l’intero arco della sua vita. E mediante essa, ch nella messinscena assume i connotati di un vero e proprio flusso di coscienza, Kon ricrea quei concetti di tempo non lineare, di alternanza scorrevole di passato presente e futuro e di trompe l’oeil (letteralmente “ingannare l’occhio”, quindi spiazzare e sorprendere la percezione di chi guarda con espedienti visivi, scenici et similia) la cui trasposizione in immagine cinematografica fu uno dei suoi obbiettivi di più difficile concretizzazione nella stesura della sceneggiatura.
 

La scelta della protagonista non è un omaggio a un’attrice nipponica in particolare, Kon sottolineò più volte questo punto. Nel descrivere il suo stesso film il regista lo ha connotato come qualcosa che parla dell’essere umano, con le sue qualità e debolezze, e in tale luce egli ha voluto esternare tramite la figura di Chiyoko l’egoismo o la capacità di essere spinti da un desiderio fortissimo che muovono la ricerca esistenziale dell’Uomo, al quale basta un pretesto – una chiave – per dischiuderne il senso ultimo.

Millennium Actress è stato nominato Best Animation Film e ha vinto il Fantasia Ground-Breaker Award al Fant-Asia Film Festival 2001, ha vinto l’Ofuji Noburo Award al Mainichi Film Concours 2003, l’Orient Express Award al Sitges - Catalonian International Film Festival 2001, e ha ricevuto due nomination (eccezionale direzione ed eccezionale sceneggiatura nella produzione animata) agli Annie Awards 2004.

Tokyo Godfathers


Dopo appena due anni, coadiuvato dallo stesso staff che l’aveva affiancato nel precedente lungometraggio, con però il cambio alla sceneggiatura di Sadayuki Murai, sostituito da Keiko Nobumoto (Macross Plus, Cowboy Bebop serie tv e movie, Wolf’s Rain manga, serie tv e OAV), Satoshi Kon termina il suo terzo film: Tokyo Godfathers. Il lungometraggio è un omaggio alla pellicola 3 Godfather (In nome di Dio) di John Ford, tratta a sua volta dall’omonima novella di Peter B. Kynes.

I tre fuorilegge protagonisti della pellicola del ’48 nel film di Kon hanno il loro parallelo in Miyuki, ragazzina fuggita da casa, Gin, alcolizzato di mezza età, e Hana, drag queen senza più successo, tutt'e tre clochard di una Tokyo nel pieno delle festività natalizie. Invece il carro in mezzo al deserto dove una donna in fin di vita partoriva la sua bambina trova il suo corrispettivo in una pattumiera in cui, cercando tra le immondizie dove raccattano i loro scarsi mezzi di sostentamento, i tre scoprono una neonata abbandonata con solo una borsa contenente alcuni effetti personali. Le dispute attorno alla sorte della bambina, che oscilla tra la riconsegna alla famiglia d’appartenenza e l’adozione coatta, trascinano i tre clochard in giro per i quartieri, e il degrado, della città.
 

Abbandonando (parzialmente) l’architettura formale fatta di molteplici livelli visivo-narrativi che si partoriscono a vicenda, e sviluppando le vicende in modo più lineare, in questo film Kon tornò di nuovo a focalizzare l’attenzione su una realtà e su dei fenomeni messi ai margini, o volontariamente ignorati, dal sistema pop-mediatico nipponico. Anche se il regista di Kushiro rivelò di essere stato a volte molto preoccupato per le reazioni che alcune sue scelte, soprattutto relative alla raffigurazione dei personaggi, avrebbero potuto provocare tra le persone gay e gli homeless.

Questo è uno dei motivi per i quali Kon rimarcò più volte come la creazione dei personaggi delle sue opere non fosse dettata da particolari intenti presentativi, essendo invece subordinata all’idea di storia che egli voleva trasporre in film, in modo che la caratterizzazione dei personaggi valorizzasse al massimo tale storia. Difatti, per la creazione dei suoi soggetti originali, Kon spiegava d’iniziare per prima cosa pensando a un’idea, e al modo in cui renderla in immagine cinematografica, per poi espanderla in uno scenario più ampio in collaborazione con gli altri sceneggiatori. Solo dopo avere terminato la scrittura vera e propria del film egli cominciava con i relativi membri dello staff il lavoro sul character design, cioè la caratterizzazione estetica, psicologica, i comportamenti, i movimenti, le espressioni e tutto ciò che concerne la figurazione dei personaggi.

Il passaggio successivo nella creazione di ogni suo lavoro consisteva nell'inserimento di tutti gli elementi nello storyboard e nella loro animazione, e andava di pari passo alla realizzazione dei fondali e delle ambientazioni. Le due parti poi venivano unite nel processo di ripresa e digitalizzazione dei cel e, successivamente all'aggiunta delle sequenze di frames, all’applicazione degli effetti visivi, al montaggio e all'integrazione del sound, davano vita alla pellicola pronta per la distribuzione.
 

Il budget a disposizione del regista (300 milioni di yen, circa 2,7 milioni di dollari, per Tokyo Godfathers) è una delle componenti che indica quanto in là possa spingersi una produzione, che in questo caso richiese solo un mese per la scrittura ma circa due anni per la realizzazione. Tuttavia, come diceva lo stesso Kon, la qualità delle sue opere più che dai soldi dipende dall'abilità dello staff con cui lavora.

Tokyo Godfathers è stato nominato Best Animated Feature Film e ha vinto l’Orient Express Award - Special Mention al Sitges - Catalonian International Film Festival 2003, ha conseguito il Mainichi Film Concours Awards come Miglior Film d’Animazione al Mainichi Film Concours 2004, ha vinto l’Audience Award ed è stato nominato Best Asian Film al Neuchâtel International Fantasy Film Festival 2004.

Paranoia Agent


Paranoia Agent è stata la prima e unica serie televisiva creata e diretta da Satoshi Kon; l’opera fu prodotta, come ogni altro lavoro del maestro, dalla Madhouse, musicalmente arrangiata da Susumu Hirasawa, e vanta tra gli altri Seishi Minakami (Boogiepop Phantom, Alien 9), in collaborazione con Tomoni Yoshino, alla sceneggiatura, e Masashi Ando (Porco rosso, La principessa Mononoke, La città incantata, Ghost in the Shell Innocence e SAC) al character design.
 

Costituito da tredici episodi andati in onda sul canale satellitare pay WOWOW tra il febbraio e il marzo del 2004, l’anime disseziona la società pop-capitalistica nipponica contemporanea e alcune delle fragilità e delle nevrosi della psiche umana, derivanti e non dal sistema consumistico moderno. A a tal fine Kon utilizzò i suoi consueti metodi narrativi anticonformisti, la tipica fluida compenetrazione fra realtà e subconscio, che nella prima viene proiettato e trova concretizzazione, e la visualizzazione surreale attraverso immagini-metafore (a tratti psichedeliche) di fenomeni psicanalitici. In questo senso riprese ed evolse molto di quanto era già stato presentato in Perfect Blue.

La trama, ambientata nella Musashino di una Tokyo dei giorni nostri, si sviluppa a partire dall'aggressione subita dalla giovane Tsukiko Sagi – nella serie, famosissima disegnatrice del cagnolino-mascotte Maromi – a opera di un ragazzo con un cappellino che va in giro su un paio rollerblade dorati armato di una mazza da baseball. Da qui il soprannome Shounen Bat (dal giapponese shounen: ragazzo; e bat: mazza) attribuitogli dai media in seguito all’evento. Del caso sono chiamati a occuparsi due detective di polizia, Keiichi Ikari e Mitsuhiro Maniwa i quali, dopo lo scetticismo iniziale riguardo alla sincerità della testimonianza di Tsukiko, cominciano ad approfondire l’indagine sul ragazzo, che nel frattempo ripete il gesto ai danni di altri malcapitati. I due investigatori porteranno a galla una situazione la cui ambiguità sembra all'apparenza senza soluzione.

Ogni episodio è incentrato sulle diverse evoluzioni investigative e sugli aspetti di quella che progressivamente diviene l’“ossessione sociale” Shounen Bat, nella presa diretta della formazione di una vera e propria leggenda metropolitana. Le puntate si concentrano su ognuno dei molti protagonisti/vittime – i quali restano comunque ricorrenti durante il corso di tutto l’anime – che costituiscono il cast di personaggi della serie.
 

Paranoia Agent in realtà nacque come un compendio di tutte quelle idee e di tutti quegli appunti che Kon non aveva usato per i suoi tre precedenti lungometraggi ma che riteneva ottimi. Così, non volendo sprecare questo materiale, decise di “riciclarlo” muovendosi verso una serie TV “dinamica” nella quale potere utilizzare le sue idee sperimentali e tramite queste mirare anche a una variazione dell’intrattenimento, in modo da avere un lavoro più flessibile realizzando istantaneamente tutto quello che gli balenasse per la mente.

A tal proposito il regista di Kushiro parlò più volte di come le sue idee tanto fuori dagli schemi nascessero invece proprio dal suo vivere ordinario, giorno per giorno, guardando film, leggendo libri, conversando tra amici, in breve dalla quotidianità comune a molte persone. Tuttavia le sue idee creative erano spesso interconnesse ai trend mondiali di più stretta attualità, e di conseguenza derivavano molto anche dai media e in particolare da internet, come ammetteva lo stesso Kon. Il quale però tenne sempre a precisare come lui in verità non conducesse alcuna raccolta d’informazioni mirata, assorbendo invece tutti i “link” che si generano dall'offerta comunicativa globale e dalla società contemporanea.
 

Società che nella sua frenesia, nel suo consumismo ossessivo, nella sua continua ricerca di profitto, in tutti i suoi aspetti più morbosi che provocano degrado sociale, stress, ansie, depressioni (fino alle loro estreme conseguenze) e vere paranoie di massa, fu l’oggetto della disamina critica del regista. Che riservò anche un intero episodio alla descrizione – disincantata – dei meccanismi di produzione degli studi d’animazione, e si dimostrò sempre molto interessato all'attenta trasposizione visiva e all'esplorazione di alcune patologie psichiatriche tuttora oggetto di studio e analisi.

Paprika


Durante la produzione di Paranoia Agent Kon ricevette la visita dello scrittore Yasutaka Tsutsui, il quale, autore tra gli altri del romanzo originale Paprika del 1993, già conosciuto e stimato dal regista di Kushiro, chiese a quest’ultimo se fosse disposto a occuparsi della traduzione visiva di uno dei suoi testi. Dall'incontro nacque il progetto di trasporre in un lungometraggio d’animazione la sopramenzionata opera di Tsutsui, che diede il suo avallo a Kon, cosicché il regista, a differenza di quanto era accaduto ai tempi di Perfect Blue, in questo caso poté quindi scegliere di persona quale libro adattare in film.
 

Ma l’idea di Kon di fare diventare linguaggio cinematografica il libro di Tsutsui era di molto antecedente all'incontro con lo scrittore. E risaliva proprio al 1998, quando il regista aveva appena finito Perfect Blue, per la cui creazione egli aveva poi indicato come determinanti gli influssi ricevuti dalla lettura dei testi di Tsutsui, i quali gli avevano fatto nascere l’idea e il desiderio di realizzare un film proprio sul romanzo del ’93. Così, ricevuta l’approvazione dell’autore, non appena fu completata la serie tv, lo stesso staff iniziò immediatamente la scrittura, il concept e la realizzazione di Paprika, terminato in poco più di due anni e presentato in concorso, in anteprima mondiale assoluta, alla 63° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia 2006.

In questo caso l’oggetto dell’esplorazione dell’opera è il sogno, all'interno del quale, in un futuro prossimo, è possibile immergersi dall'esterno grazie alla tecnologia offerta dal DC Mini, un dispositivo che permette appunto di entrare nei sogni altrui e interagire con essi, inizialmente per scopi psicoterapeutici. La trama vera e propria prende avvio dal furto di tre dei dispositivi creati dal dottor Kousaku Tokita, un obeso geniale e infantile. Egli, assieme alla sua collega, la dottoressa Chiba Atsuko, rincorre un ex assistente del progetto attraverso i sogni che, grazie ai dispositivi, questi ricrea e manipola all'interno delle menti di altri ricercatori, causando loro incidenti mortali. Di essi si occupa, con i piedi maggiormente per terra, il detective Toshimi Konakawa.

Da questo punto in avanti la narrazione procede in modo lisergico, perché il confine tra realtà e dimensione onirica diventa sempre più indefinito e fluttuante, fino a scomparire. E i due piani percettivi collassano di continuo l’uno nell'altro in un'esondazione d’immagini e sequenze che si generano a vicenda per associazioni non lineari, esattamente come nei sogni, rendendo Paprika l’opera più surreale del regista di Kushiro.
 

Tale risultato è frutto della precisa volontà rappresentativa di Kon: egli, come aveva rivelato, volle creare qualcosa che andasse oltre la sua stessa immaginazione, in un certo senso volle sorprendere se stesso e toccare una nuova parte della sua creatività. Proprio in virtù di ciò il suo approccio al progetto questa volta fu differente e, invece di pianificare nei minimi particolari ogni porzione del soggetto e di cercare di ricreare la realtà così com'è intorno a noi, Kon decise di lasciare fluire le sue idee, facendosi guidare da esse in un mondo oltre quello percepito come reale e vedendo dove dirigevano le visioni che ne scaturivano.

Per assecondare la sovrabbondanza visiva di tali visioni, come ad esempio quella della parata, assente nel testo originale e generata da un’idea dello stesso Kon, si rese necessario l’uso massiccio della computer graphic. Il ruolo da essa giocato in Paprika è più grande che in tutti i precedenti film del regista precisamente perché permise allo staff di estendere molto più lontano le possibilità immaginifiche dell’opera.

Nella parata sono presenti, oltre ad autocitazioni – ricorrenti anche in molti altri momenti del film –, i riferimenti immancabili alla società mediatica e consumistica giapponese e ai suoi fenomeni. E proprio fra questi, prendendo in esame il web, Kon aveva proposto un’analogia tra internet e il sogno. Difatti, diceva il regista, entrambi offrono le potenzialità di dare luogo ai processi del subconscio, alla manifestazione della duplicità dell’Io tanto ricorrente nelle sue opere. Così come nel sogno la nostra parte repressa viene a galla, allo stesso modo dietro lo schermo, collegati alla rete, “le persone cercano o liberano cose che non possono dire offline, come se ci fosse una parte incontrollabile del subconscio che venisse fuori dentro internet”.
 

L’analogia di Kon non è solo concettuale, ma anche visiva, perché in entrambi i casi si sprofonda in un mondo nascosto, sotterraneo, del quale egli non evidenzia l’eventuale positività o negatività ma la compresenza di questi aspetti e l’impossibilità di giudicarli in entrambi i mondi, fisico e virtuale. Che Kon considera in realtà inscindibili, individuando il secondo come una parte del primo, contenuta al suo interno, perché andando da sé che il subconscio è una porzione celata della nostra mente, d’altro canto, come concordava lo stesso regista riguardo alla rete “internet è come uno specchio che riflette ogni cosa buona o cattiva della società”.

In tale chiave Kon spiegava come l’architettura di Paprika, e in generale di quasi tutte le sue opere, fatta di livelli multipli, di piani fluidi e raffigurazioni flessibili, di sovrapposizioni tra dimensioni di percezione diverse e di camere di specchi - l'architettura distintiva del suo cinema psichedelico che rompe vincoli e apre prospettive altre -, derivasse semplicemente dalla strutturazione della realtà stessa guardata con un occhio diverso e da un diverso punto di vista.

Paprika ha vinto il Public's Choice Award al Montréal Festival of New Cinema 2006, il Feature Film Award al Newport Beach Film Festival, è stato candidato al Leone d’Oro alla 63° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, ha vinto l’International Fantasy Film Award nella categoria Premio della Critica al 27th Festival Internazionale del Cinema di Oporto - Fantasporto 2007 e il Best Feature Length Theatrical Anime Award al Tokyo Anime Awards 2007.

L'opera interrotta e l'addio


Nel 2010 Kon stava lavorando alla realizzazione del film fantascientifico La macchina dei sogni, un progetto differente dagli altri creati dal maestro, ambientato in un lontano futuro e indirizzato a un target più giovane. La produzione è molto riservata e Kon aveva lasciato trapelare soltanto che la storia tratta non di un futuro prossimo, ma del futuro del futuro, dei miti del futuro, con una lettura dei significati molteplice a seconda dell’età dello spettatore.
Satoshi Kon è stato stroncato dal cancro mentre la produzione era, ed è, ancora in corso. La malattia fu diagnosticata al maestro pochi mesi prima della morte, quando ormai era dato solo di contare alla rovescia il tempo che restava. Kon si spense nella sua casa di Tokyo e affidò le sue parole di commiato a una lettera, pubblicata postuma dai familiari sul sito del maestro.
Qui si è chiusa la ricerca artistica di Satoshi Kon. Qui inizia il rimpianto.
«È ora di andare: io alla morte, voi alla vita. Cosa sia meglio, solo il cielo lo sa.» (Platone, Apologia di Socrate).
 

Sayonara, la lettera d'addio di Satoshi Kon


18 Maggio di quest’anno, un giorno che non potrò mai dimenticare.
Un cardiologo del Musashino Red Cross Hospital ha formulato la seguente diagnosi:
"Si tratta di cancro al pancreas all’ultimo stadio, che si è già esteso con diverse metastasi ossee.
Le rimangono al massimo sei mesi di vita".
Io e mia moglie lo ascoltammo assieme. Era una sorte così grave e inaspettata che entrambi riuscivamo appena a sostenerla.
Ero abituato a pensare, in tutta onestà, che "non posso farci nulla se muoio da un giorno all'altro". Ciononostante, è accaduto tutto così improvviso.

Di sicuro, c'erano stati dei segnali. Due o tre mesi prima avevo avuto forti dolori in diversi punti della schiena e all'inguine; avevo perso forza nella gamba destra e mi riusciva difficile camminare, per questo andavo da un agupunturista e da un chiropratico, senza che però mi sentissi meglio. E quindi dopo essermi sottoposto a una risonanza magnetica, a un PET-CT e ad altri strumenti di precisione, giunse l'improvviso annuncio del poco tempo che mi rimaneva.
Era come se la morte mi fosse giunta alle spalle prima ancora che potessi rendermene conto, e non c'era assolutamente niente che io potessi fare per cambiare le cose.

Dopo la diagnosi di cancro io e mia moglie valutammo ogni tentativo possibile di estendere la mia vita. Era letteralmente una questione di vita o di morte. Ricevemmo il supporto di amici fedeli e di forti alleati. Declinai ogni cura contro il cancro, e cercai di vivere con una visione del mondo leggermente diversa dalla norma. Il fatto che rifiutassi ciò che in genere ci si “attendeva come normale" mi sembrò qualcosa in armonia con i miei modi fare consueti.

Non ho mai veramente pensato di appartenere alla maggioranza, ed era lo stesso anche per le cure mediche, come per qualsiasi altra cosa. "Perché non cercare di continuare a vivere secondo i miei propositi, invece!". Tuttavia, proprio come quando cerco di creare un nuovo progetto di un film, la forza di volontà di una persona soltanto non era quello che ci voleva.
La malattia avanzava incessantemente, giorno dopo giorno.

D'altro canto, come appartenente alla società, ho accettato almeno la metà di ciò che la società in genere ritiene che sia giusto. Pago le tasse. Sono ben lontano dal riconoscermi come un cittadino dignitoso, tuttavia mi sento pienamente parte della società nipponica.
Di conseguenza, ad eccezione di ciò che avevo bisogno di fare per estendere la mia vita, secondo il mio punto di vista, tentai anche di preparare tutte le cose necessarie per "essere pronto a morire come si conviene".
Tuttavia, non credo di esserci riuscito.
Ma una delle cose che feci fu di allestire, avvalendomi della collaborazione di due amici di cui potevo fidarmi, una società che gestisse questioni come quelle del misero numero di copyright che detenevo. Un'altra cosa fu quella di assicurarmi che mia moglie ricevesse ogni singolo bene che possedevo, e per questo redissi un testamento. Ovviamente, non che pensassi che qualcuno avrebbe avuto da ridire sulla mia eredità o cose simili, ma volevo essere certo che mia moglie, che ero costretto a lasciare in questo mondo, non avesse nulla di cui preoccuparsi; e comunque volevo togliermi ogni ansia di dosso, proprio io che ero in procinto di spiccare un piccolo balzo verso lassù, prima di dovermene andare.
Di tutta la documentazione necessaria per portare avanti questo compito, che né io né mia moglie eravamo in grado di fare compiutamente, se ne occuparono celermente alcuni meravigliosi amici.
Più tardi, quando sviluppai la polmonite e mi ritrovai di già di fronte alla morte, misi la mia firma sul testamento e pensai che se fossi morto in quel luogo, in quel preciso momento, non ci sarebbe stato nulla da fare.

"Ah...finalmente posso morire".

Dopotutto, ero stato portato in ambulanza al Musashino Red Cross Hospital soltanto due giorni prima che ciò accadesse; e sempre in ambulanza vi giunsi ancora una volta il giorno successivo. Persino io dovevo essere ricoverato e sottopormi a diverse visite e controlli medici.
L’esito di quegli esami fu di polmonite, con liquido nei polmoni: quando senza mezzi termini lo chiesi al medico, la risposta che ricevetti fu molto sistematica e professionale, e in un certo qual modo gli ero grato di ciò.
"Potrebbe resistere ancora uno o due giorni... ma persino se sopravvivesse a tutto questo, probabilmente le rimarrebbe da vivere fino alla fine del mese".
Mentre ascoltavo, pensai "Sembra quasi che mi stia illustrando le previsioni del tempo", ma invece la situazione era terribile.

Era il 7 luglio.
Fu decisamente un Tanabata crudele.
E lo decisi proprio in quel momento.
Volevo morire a casa.


So che facendolo avrei dato parecchio disturbo alle persone che mi curavano, ma chiesi loro comunque di trovare un modo per farmi uscire da lì e tornare a casa. [Ci riuscii] grazie alla tenacia di mia moglie, alla collaborazione dell'ospedale, benché avessero accettato la mia rinuncia alle cure, all'incredibile supporto di altre strutture mediche, e a una serie di coincidenze così numerose che potevano essere soltanto mandate dal cielo. Non avevo mai visto così tante combinazioni di eventi sistemarsi al proprio posto in maniera così liscia nella vita reale, riuscivo a malapena a crederci.
In fondo questo non era Tokyo Godfathers.

Mentre mia moglie si affaccendava per sistemare le cose per la mia “evasione” dall’ospedale, io continuavo ad implorare i medici: "Se posso tornare a casa anche soltanto per mezza giornata, mi rimangono ancora cose che posso fare!". Poi mi ritrovai ad aspettare da solo la morte, in una deprimente stanza di ospedale; ero da solo, ma mi ritrovai a pensare:

"Forse morire non sarà poi così male".

Non ce n'era ragione, e forse avevo proprio bisogno di pensare in quel modo, ma mi sentivo sorprendentemente calmo e rilassato.
Tuttavia, c'era ancora un pensiero che mi rodeva dentro.

"Non voglio morire qui..."

Mentre lo pensavo, qualcosa emerse dal calendario appeso alla parete e iniziò a diffondersi nella stanza.
"Oh cielo, una linea che fuoriesce dal calendario.
Le mie allucinazioni non sono per niente originali
".
Dovetti sorridere al fatto che i miei istinti professionali erano all'opera persino in momenti come quelli, ma in ogni caso, a quel punto, ero probabilmente più vicino all’aldilà di quanto non fossi mai stato. Davvero sentivo la morte vicinissima a me. [Ma] con l'aiuto di molte persone, fuggii miracolosamente dal Musashino Red Cross e tornai a casa, avvolto tra le lenzuola e le terre dei morti.
Mi sento di sottolineare che non riserbo alcuna critica, né odio, nei confronti del personale del Musashino Red Cross Hospital, per cui non fraintendetemi.

Volevo soltanto andare a casa, nella mia casa. La casa dove vivo.

Fui un po' sorpreso poiché, mentre venivo portato nel salotto di casa mia, come bonus feci quell'esperienza della pre-morte che prima o poi risulta così familiare a chiunque, riguardo al "guardare da un luogo lassù in alto il tuo corpo che viene portato in una stanza".
Guardavo me e la scena attorno a me da una posizione di diversi metri sopra il terreno, come da un obiettivo angolato, e un'illuminazione a flash. Il quadrato del letto nel mezzo della stanza sembrava molto largo e imponente, e il mio corpo avvolto dalle lenzuola veniva adagiato nel mezzo del quadrato. Non troppo gentilmente, ma non mi lamento.

Quindi, tutto ciò che dovevo fare era attendere la morte a casa mia.
Comunque.
A quanto pare fui in grado di vincere la polmonite.
Eh?
In un certo senso la pensavo così.

"Non ce l'ho fatta a morire!" (risata)

In seguito, quando non riuscivo a pensare ad altro che la morte, mi convinsi che in quel momento ero morto per davvero. Nei meandri della mia mente, la parola "rinascita" fluttuò diverse volte.

Incredibilmente, dopo quel fatto la mia forza vitale si era rinnovata. Dal profondo del mio cuore, credo che fosse dovuto alle persone che mi aiutarono: innanzitutto mia moglie, e poi grazie al supporto dei miei amici, dei medici e delle infermiere, e di tutto il personale di cura.
Ora che la mia forza vitale era stata ristabilita, non potevo sprecare il mio tempo. Ribadii a me stesso che mi era stata concessa una vita extra, e dovevo trascorrerla con molta attenzione. Quindi pensai che dovevo cancellare almeno una delle irresponsabilità che avevo compiuto e che avrei lasciato in questo mondo.

A essere sincero, avevo detto del cancro solo alle persone a me più vicine. Non lo avevo detto nemmeno ai miei genitori. In particolare, a causa di varie complicazioni legate al lavoro, non potevo dire niente alla gente, anche se lo desideravo. Volevo annunciare la mia malattia in Internet e fare rapporto sulla poca vita che mi rimaneva, ma se la morte di Satoshi fosse stata messa in programma, avrebbero potuto esserci delle onde di riflesso, per quanto piccole. Per queste ragioni, mi comportai da vero irresponsabile con le persone a me vicine. E mi dispiace davvero tanto.

C'erano così tante persone che volevo vedere prima di morire, alle quali volevo poter dare almeno una parola di commiato. La mia famiglia e i parenti, vecchi amici e compagni delle scuole elementari e medie, del liceo, gli amici che incontrai all’università, le persone che conobbi nel mondo dei manga, con i quali scambiai così tanta ispirazione, le persone del mondo dell'animazione accanto alle cui scrivanie sedetti, con cui andai a bere insieme, con i quali ero in competizione per gli stessi lavori, i compagni con cui condivisi le belle e le brutte esperienze. Le innumerevoli persone che ero stato in grado di conoscere grazie alla mia posizione di regista cinematografico, le persone che si definiscono miei fan non solo in Giappone ma in tutto il mondo, gli amici che mi ero fatto sul web.

Ci sono così tante persone che vorrei vedere almeno una volta (beh, ce ne sono anche alcune che non voglio vedere), ma se le incontro temo che il pensiero che "non potrò mai più vedere questa persona di nuovo" mi sopraffarebbe, e che non sarei in grado di accogliere la morte con eleganza. Anche se mi ero rimesso, mi era rimasta assai poca forza vitale, e mi costava molto sforzo incontrare le persone. Più persone desideravano vedermi, e più duro era per me riceverle. Che ironia. In più, la metà inferiore del mio corpo era paralizzata a causa del cancro che si stava espandendo alle ossa: ero prono a letto, e non volevo che la gente vedesse il mio corpo così patito.
Volevo che la maggior parte delle persone che conoscevo mi ricordasse come il Satoshi pieno di vita.

Vorrei usare questo spazio per scusarmi con i miei parenti, amici e conoscenti, per non avervi detto del cancro, per la mia irresponsabilità. Vi prego di comprendere che ciò era proprio un desiderio egoista di Satoshi.
Voglio dire, Satoshi Kon era "quel genere di persona".
Quando m’immagino i vostri volti, mi tornano alla mente solo bei ricordi e i vostri grandi sorrisi.
A tutti, grazie per i tanti magnifici ricordi.
Ho amato il mondo in cui ho vissuto.
Solo il fatto di poterlo pensare mi rende felice
.
Le tante persone che ho incontrato nel corso della mia vita, sia che fossero positive che negative, mi hanno aiutato a plasmare l'essere umano che è Satoshi Kon, e sono grato per ognuno di quegli incontri. Anche se alla fine il risultato è una morte prematura nel bel mezzo dei miei quarant'anni di vita, l'ho accettato come il mio unico possibile destino.
Dopotutto, mi sono successe così tante belle cose.

 
 
Che cosa ne penso ora della morte: "Posso soltanto dire che è troppo brutta". Davvero.
Comunque, anche se posso lasciar correre molte delle mie azioni irresponsabili [nel non aver avvisato le persone], non posso non rammaricarmi di due cose. Riguardo ai miei genitori, e al fondatore di Madhouse, il signor Maruyama.
Anche se era già piuttosto tardi, non c'era altra scelta che quella di ammettere le proprie colpe riguardo all’intera verità. Volevo implorare il loro perdono.
Non appena vidi il viso del signor Maruyama quando egli venne a farmi visita a casa, non riuscii a fermare le lacrime, né il mio sentimento di vergogna. "Mi dispiace così tanto, perché sono finito così...". Il signor Maruyama non disse nulla, scosse semplicemente la testa e mi afferrò entrambe le mani. Mi sentivo colmo di gratitudine. Sentimenti di riconoscenza e di gioia, perché ero stato così fortunato da poter lavorare a fianco di questa persona, mi sommersero come una valanga. Può sembrare egoista, ma mi sentii come se fossi stato perdonato in quell'istante.

Il mio più grande rimpianto è per il film Yume-miru Kikai.
Sono preoccupato non solo per il film in sé stesso, ma per lo staff con cui avevo lavorato durante la produzione della pellicola. Perché esiste una forte possibilità che gli storyboard creati con il nostro sangue, sudore e lacrime non vengano mai pubblicati. Questo perché Satoshi Kon circondò con le sue braccia la storia originale, la sceneggiatura, i personaggi e le ambientazioni, gli schizzi, la musica... ogni singola immagine. Naturalmente ci sono cose che condivisi con il responsabile dell'animazione, con il direttore artistico, e con altri membri dello staff, ma di base la maggior parte del lavoro può essere compresa solo da Satoshi Kon. E' facile dire che è colpa mia aver improntato le cose in questo modo, ma dal mio punto di vista ho fatto ogni sforzo possibile per condividere la mia visione con gli altri. Comunque, nel mio stato fisico attuale posso solo provare un profondo rimorso per la mia inadeguatezza e carenza in quei campi. Per questo faccio le mie più profonde scuse a tutto lo staff. Comunque, mi auguro che mi capiscano, anche solo un pochino. Satoshi Kon era "quel genere di individuo" ed è per questo che era in grado di creare anime abbastanza bizzarri, che risultavano un po' diversi dal consueto. So che questa è una scusa egoista, ma pensate al mio cancro e vi prego, perdonatemi.
Non me ne sono stato oziosamente ad aspettare la morte, anche adesso sto pensando col mio cervello fiaccio a qualche modo per far sì che il mio lavoro possa vivere anche dopo che io me ne sarò andato. Ma sono tutte idee piuttosto deboli.
Quando rivelai al signor Maruyama le mie preoccupazioni per Yume-miru Kikai, egli mi disse semplicemente: "Non preoccuparti. Penseremo a qualcosa, quindi tu non preoccuparti".

Piansi.

Piansi irrefrenabilmente.

Anche con i miei precedenti film, ero stato così irresponsabile con le produzioni e i budget a disposizione, ma avevo sempre avuto accanto il signor Maruyama, che alla fine sistemava tutto per me. Anche questa volta non sarà diverso. Non sono cambiato affatto.
Potei parlare a piacimento con il signor Maruyama. Grazie a questo, fui in grado di percepire, almeno un po', che il talento e le abilità di Satoshi Kon erano un valore di un certo peso per il nostro settore.

"Mi rammarica perdere il tuo talento.
Vorrei che fossi riuscito a trovare il modo di lasciarcelo".

E se è il signor Maruyama della Madhouse a dirlo, posso andare all'altro mondo con un certo orgoglio, dopo tutto
.
E naturalmente, anche senza che qualcuno me lo riferisca, rimpiango davvero che le mie bizzarre visioni e l'abilità di disegnare le cose fino al più minuto dettaglio venga perduta, ma questo non cambia niente. Sono grato dal profondo del mio cuore che il signor Maruyama mi abbia dato l'opportunità di mostrare al mondo queste cose.
Grazie, grazie infinite.
Satoshi Kon è stato felice come regista d’animazione
.

E' stato così straziante raccontarlo ai miei genitori.
Avevo veramente intenzione di andare a Sapporo dove loro vivono, mentre ero ancora capace di farlo, ma la mia malattia progrediva in maniera così inaspettatamente e spiacevolmente veloce che mi ritrovai a chiamarli al telefono dalla stanza di ospedale, quando fui vicinissimo alla morte.
"Ho un cancro in fase terminale e morirò presto. Sono così felice di essere nato come vostro figlio. Grazie".
Devono essere rimasti scioccati nel sentire queste parole all'improvviso, ma all’epoca ero certo che sarei morto di lì a poco.
Ma poi ritornai a casa e superai la polmonite. Presi l'importante decisione di vedere i miei genitori, e anche loro volevano vedermi. Ma sarebbe stato così arduo vederli, e non avevo la volontà di farlo. Ma volevo vedere il viso dei miei genitori un'ultima volta.
Volevo dir loro quanto ero grato che mi avessero messo al mondo.
Sono stato una persona allegra. E tuttavia devo scusarmi con mia moglie, con i miei genitori, e con tutte le persone che amo, per aver vissuto la mia vita fin troppo rapidamente rispetto alla maggior parte di loro.
I miei genitori risposero al mio egoistico desiderio, e il giorno seguente arrivarono a casa mia da Sapporo. Non potrò mai dimenticare le prime parole che pronunciò mia madre quando mi vide giacere qui, a letto.
"Sono così terribilmente dispiaciuta di non averti portato in questo mondo con un corpo più forte!".
Rimasi senza parole.
Potei trascorrere solo breve tempo con i miei genitori, ma fu abbastanza. Percepivo che se avessi visto i loro volti, sarebbe stato sufficiente, e alla fine accadde davvero così.
Grazie, Padre, Madre. Sono così felice di essere nato in questo mondo come il vostro bambino. Il mio cuore è colmo di ricordi e gratitudine. La felicità di per sé è importante, ma sono così grato che mi abbiate insegnato ad apprezzare l’allegria.
Grazie, grazie infinite.

E' così irrispettoso morire prima dei propri genitori, ma negli ultimi dieci anni e più, ho potuto fare ciò che ho voluto come regista d'animazione, raggiungere i miei obiettivi, e raccogliere qualche buona recensione. Mi rammarico che i miei film non abbiano fruttato molto denaro, ma penso abbiano ottenuto ciò che meritavano. In questi ultimi dieci anni e più, in particolare, ho sentito come se avessi vissuto più intensamente di altre persone, e ritengo che i miei genitori abbiano compreso ciò che stava nel mio cuore. Grazie alle visite del signor Maruyama e dei miei genitori, mi sento come se un grosso fardello mi fosse stato sollevato dalle spalle.

Infine, a mia moglie, per la quale sono più preoccupato in assoluto, ma che è stata il mio supporto fino alla fine. Fin dal giorno della diagnosi sulla mia aspettativa di vita, siamo naufragati insieme nelle nostre stesse lacrime, così tante volte.
Ogni giorno è stato brutale per entrambi, sia fisicamente che mentalmente. Non ci sono quasi parole per descriverli. Ma la ragione per cui ho saputo sopravvivere a quei giorni difficili è stato per le parole che mi hai detto subito dopo aver ricevuto quella notizia.

"Io sarò al tuo fianco fino alla fine”.

Fedele a quelle parole, tu mettesti da parte le mie preoccupazioni, e dirigesti con abilità tutte le pretese e le richieste che ci sono piombate addosso, e ben presto imparasti a prenderti cura di tuo marito.
Ero così commosso nel guardarti mentre affrontavi ogni cosa con tale efficienza.

"Mia moglie è fantastica".

Non c'è bisogno che continui a ripeterlo anche adesso, tu dici? No, no. Ora sei ancora più splendida di quanto non sei mai stata, lo sento veramente. Anche dopo che sarò morto, credo che saprai accompagnare Satoshi Kon all'altro mondo con grazia. Sin da quando ci siamo sposati, sono stato così assorto dal "lavoro, lavoro" che il solo tempo che ho trascorso a casa è stato dopo il cancro, che terribile vergogna.
Ma tu sei rimasta al mio fianco, hai sempre capito che avevo bisogno di immergermi completamente nel mio lavoro, che il mio talento era lì.
Grazie.

Ci sono molte cose, infinite cose, di cui sono preoccupato, ma tutto deve finire.
Infine, al dottor H che ha acconsentito di visitarmi a casa fino alla fine, anche se è qualcosa che non è più comune fare di questi tempi, e a sua moglie e all'infermiera K-san, voglio esprimere la mia più profonda gratitudine.
L'assistenza medica domiciliare è piuttosto complicata, ma voi avete pazientemente affrontato i numerosi dolori che il cancro comporta, e avete fatto ogni sforzo affinché il mio tempo, fino all'obiettivo finale della morte, fosse il più confortevole possibile. Non saprei esprimere quanto, quanto mi avete aiutato. E non avete soltanto avuto a che fare con questo paziente difficile e arrogante come se si trattasse semplicemente del vostro lavoro, ma avete interagito con me come esseri umani, a livello interpersonale.
Mi mancano le parole per poter esprimere quanto di supporto mi siete stati, e quanto mi avete salvato.
Sono stato stimolato dalle vostre qualità umane davvero tante volte.
Vi sono profondamente, infinitamente grato
.

E ora è davvero la fine, ma da poco dopo aver ricevuto la diagnosi a metà maggio, fino a ora, ho avuto la fortuna di ricevere la collaborazione, l'aiuto e il sostegno mentale, sia personale che professionale, di due amici. Il mio amico T, mio amico dai tempi del liceo e membro della KON'Stone Limited, e al produttore H, io vi ringrazio entrambi dal profondo del mio cuore. Grazie infinite. E' difficile per me, con il mio misero lessico, esprimere adeguatamente la mia gratitudine nei vostri confronti.
Io e mia moglie abbiamo ricevuto così tanto da voi.
Se voi due non foste stati qui, per noi, sono sicuro che sarei qui a prevedere la morte guardando mia moglie, che sederebbe qui al mio fianco decisamente più agitata e in ansia. Sono vostro debitore.
E, se posso chiedervi ancora un'ultima cosa, potreste aiutare mia moglie ad accompagnarmi verso l’aldilà dopo la mia morte? Sarei allora in grado di prendere quel volo a mente rilassata, se potreste farlo. Ve lo chiedo di cuore.

Ebbene, a tutti coloro che sono rimasti ancora qui con me attraverso questa lunga missiva, grazie.
Con il cuore colmo di gratitudine verso tutto ciò che esiste di buono a questo mondo, ora poso la penna.
Vogliate scusarmi, ora devo andare*.
Satoshi Kon
  
* Note: お先に (o-saki ni)
In giapponese questo termine viene utilizzato per scusarsi di lasciare un luogo prima di altre persone che invece vi rimangono. Nel contesto della lettera di Satoshi Kon, esso suona un po' come "Ora devo andare, scusatemi se lascio questo mondo prima di voi".


Fonti consultate:
lettera pubblicata sul sito ufficiale del regista, redatta in lingua giapponese
- blog di Makiko Itoh, prima traduzione in lingua inglese