Sora no woto 1Nel gennaio 2010 prende il via Anime no chikara, progetto volto alla creazione di una serie di anime originali il cui soggetto non sia la mera trasposizione di alcun prodotto pre-esistente bensì realizzato appositamente per l'occasione. Se consideriamo come ancora oggi – forse anche maggiormente che in passato – il mercato dell'animazione giapponese non sia stato in grado di trovare una propria personale identità ben definita, restando relegato più ad un calderone in cui operare trasposizioni più o meno riuscite di altri medium quali manga, light o visual novel, videogiochi o altro al solo scopo di spingere la popolarità del prodotto originale e prestando ben poca attenzione alla qualità complessiva del prodotto animato risultante, il progetto risulta indubbiamente encomiabile e degno di attenzione. In fondo molti degli anime di maggior qualità ed importanza storica erano dotati di soggetti originali non mutuati da altri supporti, si pensi alle opere di Tomino (Gundam, Ideon), di Ryosuke Takahashi (Votoms, Layzner, Dougram), della GAINAX (Nadia, Evangelion, Gurren Lagann), molte delle serie OAV/OVA destinate al mercato dell'home video o altri titoli quali Macross, Escaflowne o Cowboy Bebop... e potremmo andare avanti a lungo.

Ad aprire le danze dell'Anime no chikara è Sora no woto (lett. Il canto del cielo). Per presentarlo meglio facciamo un esempio. Conoscete tutti Hirasawa Yui, protagonista di K-On!, vero? Bene! Immaginate ora che la sua classe stia organizzando una recita scolastica e Yui sia stata incaricata di scegliere l'opera da rappresentare; le vengono dati diversi romanzi famosi tra cui decidere. Yui prende il primo, Il deserto dei tartari di Dino Buzzati, e inizia a leggere; ovviamente stiamo parlando di Yui, per cui poco dopo si addormenta, e sogna... la “propria” versione del deserto dei tartari, interpretato da lei e le sue amiche. Questo è, almeno nella prima parte, Sora no woto.
La storia prende il via con l'arrivo di Sorami Kanata, recluta dell'esercito della Repubblica d'Helvetia, alla fortezza Custode del tempo, in cui è di stanza il 1121° plotone a cui è stata assegnata. Situato in un piccolo paesino di importanza strategica nulla, la fortezza Custode del tempo è una postazione semiabbandonata e pressoché trascurata dal comando della capitale, confinando solamente con una landa desolata, denominata sulle mappe “Nomansland” (terra di nessuno), tanto che il 1121° plotone è formato solamente da 5 fanciulle.
La prima metà della serie è sostanzialmente funzionale alla presentazione dei personaggi, dalle cinque fanciulle della fortezza ad alcuni dei civili del villaggio con cui hanno a che fare, e si configura come un normalissimo “slice of life con divise militari”, per virare poi su atmosfere e tematiche più pesanti e drammatiche nella seconda parte, sia con l'innesto di una trama più articolata legata a situazioni ben più grandi del piccolo paesino in cui è ambientata la vicenda che tramite il disvelamento del passato di alcuni dei personaggi principali.
Ben curata è l'ambientazione in cui si muove tutta la vicenda che, lasciata volutamente vaga e dai contorni indefiniti nella prima parte della storia, assume via via sempre maggiore importanza e concretezza col suo proseguimento man mano che le vicende del “mondo esterno” iniziano a intrufolarsi nella vita della fortezza Custode del tempo. Praticamente quasi subito, tuttavia, nonostante l'ambientazione simile all'Europa di qualche secolo fa, la presenza di una tecnologia estremamente avanzata, reliquia di un passato dimenticato, ci fa capire trattarsi di un futuro post-apocaliptico.
Per tutta la serie, tuttavia, anche nei momenti di maggior enfasi drammatica e nelle scene più crude, si avverte una leggerezza di fondo, un senso di tranquillità che sembra dire “andrà tutto bene”; inoltre l'evoluzione della trama è, volutamente, talmente lineare e priva di veri e propri colpi di scena da risultare decisamente prevedibile e priva di scossoni narrativi.
In pratica, Sora no woto riesce nel non facile, e forse neanche del tutto condivisibile, compito di “moeizzare” la guerra, le stragi e le morti in battaglia, il razzismo nato dalla combinazione di un forte sentimento nazionalista e dell'ignoranza, la sofferenza e la stessa fine del mondo.

Tecnicamente Sora no woto ben si presenta, con un chara design chiaramente ispirato a quello di K-On!, animazioni discrete e, soprattutto fondali meravigliosi ed estremamente dettagliati, come raramente se ne vedono in una serie televisiva a cadenza settimanale ed ispirati alla città di Cuenca, dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. Degna di nota la sigla d'apertura, ricamata sui quadri del pittore austriaco Gustav Klimt e sulle note della leggenda delle fanciulle del fuoco che tanta importanza acquisirà nelle vicende del 1121° plotone e dell'Helvetia tutta.

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Il riuscire a toccare tematiche importanti con tale leggerezza e semplicità è al contempo il maggior pregio e il più grande limite di Sora no woto, finendo in alcuni casi per banalizzare il messaggio e i concetti che vorrebbe trasmettere; da alcuni anche paragonato ad Haibane renmei, Sora no woto rimane tuttavia ben lontano dai livelli di assoluta eccellenza toccati dall'opera di ABe e soci. D'altro canto, bisogna ammettere che le tematiche toccate dall'opera sono tante e variegate, dalle grandi domande sul senso della vita e dell'agire umano, sull'uguaglianza di tutti gli esseri umani e l'importanza della pace, alle piccole questioni che costellano la vita di tutti i giorni, come il semplice piacere di coltivare un proprio orticello, per esempio. Sora no woto è quindi in grado di lasciare qualcosa allo spettatore ed è capace di spingerlo alla riflessione; ne è un esempio il sottoscritto che, a visione conclusa e nonostante fossero le cinque di mattina, ha passato almeno un'ora camminando avanti e indietro per la stanza riflettendo, sulle profetiche note della splendida opening, dell'anime, i suoi personaggi, i suoi paesaggi, i suoi messaggi e le tematiche da esso affrontate.