Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento all'insegna dell'azione, con il manga Jiraishin e gli anime King of Thorn e Akira.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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9.0/10
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Dopo Tetsuwan Girl, con Jiraishin posso dire tranquillamente che Tsutomu Takahashi si candida a entrare nell'olimpo dei miei mangaka preferiti, che è posto assai poco frequentato. L'opera è un seinen discretamente violento, e si contraddistingue per l'assenza di un filo conduttore esplicito: ogni volume costituisce infatti una storia a sé, praticamente autoconclusiva, tanto che i rimandi tra un volume e l'altro sono pochi e privi di importanza. Le vicende si svolgono principalmente a Shinjuku, dove lavora il personaggio principale. Kyōya Iida è un ispettore di polizia solitario, freddo, a tratti spietato che si trova a dover risolvere i casi delittuosi su cui fa perno ogni storia. Non credo appropriato affermare, però, che Iida sia il protagonista delle storie. Piuttosto, sembra semplicemente un personaggio ricorrente che fa da perno alla narrazione. La struttura di ogni episodio e la gestione del punto di vista sono tanto singolari in quest'opera, che più di un personaggio risulta avere spesso un'importanza superiore a quella del presunto "eroe" (o "antieroe", se si preferisce).

Seguiamo dunque di volume in volume i tentativi, da parte di Iida, di risolvere il caso del giorno e consegnare il colpevole di un delitto alla giustizia. Nulla sembra in grado di distoglierlo da tale obiettivo, nemmeno il rischio concreto di perdere la vita. Sì, perché non solo il nostro non ha le idiosincrasie dei supereroi, ma nemmeno un qualsivoglia superpotere. I proiettili lo trapassano e le botte lo lasciano livido e malconcio come qualsiasi altra persona. Non ha né il piglio da vigilantes che prima spara e poi chiede, né il buonismo di chi vuole sempre salvare la vita di tutti, anche al proprio peggior nemico. Il suo agire è dettato da un certo disgusto per il crimine in sé e per le miserie dell'umanità, ma sembra il frutto di un calcolo più che di un sentimento, un lavoro più che una missione dettata da chissà quale istanza filosofica generale. Naturalmente ci sono un paio di eccezioni, quando i delitti lo toccano sul personale.

Come si nota in quest'opera, la particolarità dell'autore è la sua capacità di creare personaggi che risultano interessanti senza essere straordinari (nel senso di "fuori dall'ordinario"), veri senza essere "più veri del vero", come in molte opere di fiction. Inoltre le situazioni narrate affrontano tematiche difficili da un'angolazione non banale. Sono tutte qualità fondamentali per una storia che valga la pena di essere letta. E di certo Jiraishin lo merita, a maggior ragione se si considera anche il disegno. Se non bastasse quanto già detto sin qui, bisogna aggiungere che Takahashi ha un modo di illustrare estremamente accattivante e personale. Lo stile è aggressivo, tagliente, adattissimo alla crudezza delle vicende trattate, sia da un punto di vista fisico (sangue, sesso) che psicologico (odio, amore). Alcune tavole sembrano quadri e parlano più di mille vignette: si rimarrebbe ore a guardarle, a volte dopo un piccolo choc iniziale.

Da segnalare la presenza di due o al massimo tre volumi non all'altezza, che però danneggiano poco l'insieme. Perciò do un 9, da intendersi risicato. Jiraishin è un'opera che meriterebbe più riconoscimento, come altre opere destinate ad un target adulto: ma perché, dico io, i fumetti li leggono solo i ragazzini? Maledizione.



5.0/10
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"King of Thorn" è stata una delusione, non troppo cocente in realtà, dato che già la sua versione cartacea non mi aveva entusiasmato nonostante alcuni spunti interessanti, a causa di una sceneggiatura non all'altezza.

Sulla Terra si diffonde un virus sconosciuto, quindi incurabile, denominato "Medusa", che lentamente pietrifica le persone. Una grande organizzazione farmaceutica, la Venus Gate, mette a punto un piano che prevede l'ibernazione di un centinaio di infetti in un castello, dove un computer di nome Alice controllerà il sonno di queste persone allo scopo poi di risvegliarli in un futuro quando la cura al virus sarà stata scoperta.
Al loro risveglio però i pazienti si ritrovano circondati da terribili mostri, con il castello avvolto da enormi roghi. Saranno in 7 a sopravvivere al primo attacco, compresa la nostra protagonista Kasumi Ishiki. Cos'è successo in questo luogo? E quanto tempo è passato realmente?

Gli appassionati di videogames si ritroveranno bene in quest'ambientazione stile survival horror con vari rimandi al cinema d'azione americano. L'inizio del film grazie all'ambientazione claustrofobica e ai numerosi interrogativi, è avvincente. Lo stupore cala però quasi subito. Se il primo attacco di mostri stupisce, il terzo e il quarto annoiano, considerata la pessima CG utilizzata per animare queste scene, che mal si sposa con l'animazione tradizionale.
Una maggiore cura da parte della Sunrise avrebbe sicuramente giovato a questa prima parte del film, dato che il resto, dal disegno dei personaggi alla loro caratterizzazione, funziona, e con il passare delle scene vengono lentamente a galla i misteri che la trama porta con sé.
Purtroppo nella seconda parte, nettamente diversa da quella del manga (voluta dall'autore stesso), il tutto avviene troppo velocemente, con una pellicola che dall'azione alla "Resident Evil" si sposta sul thriller psicologico con tinte fantasy-fantascientifiche. Un casino.

Insomma, "King of Thorn" fallisce prima nella spettacolarizzazione cinematografica puramente americana - un chiaro tentativo della Sunrise di accaparrarsi il pubblico occidentale -, con una realizzazione tecnica di certo non all'altezza delle sue ambizioni da sala, poi con un goffo tentativo di riavvicinarsi al concept originale, snaturando però i personaggi, con un susseguirsi di colpi di scena forzati in quella seconda parte che va via come un treno in corsa per poi portarci al tanto agognato finale, del tutto diverso da quello cartaceo.
Un buon cast di personaggi salva il film dalla mia bocciatura. Se visto con il cervello spento, senza troppe pretese, potrebbe anche divertire.



9.0/10
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La prima volta lo puoi guardare e subire, un anime così, la seconda volta provi ad aggredirlo, a vincerlo. La terza volta te lo gusti, e basta.

Così io, dopo qualche anno dall'ultimo arrembaggio in cui pensavo di potere sconfiggere quest'anime, mi sono ritrovato seduto in poltrona a mettere un DVD impolverato per guardare questo che è davvero un cult del genere fantascientifico, e che resta a mio parere la sintesi di una vera opera d'arte.

Sono imbarazzato nell'iniziare a recensire questo film, perché i paragoni sono troppi, troppo importanti, e non ho neppure idea di preciso da dove voglio iniziare. Di certo la cosa che colpisce, immediatamente, è il disegno. Tra i più belli e significativi che abbia mai visto. Pur non potendo mai competere con il manga (in cui si raggiungono sempre delle vette inarrivabili in un anime) "Akira" è davvero uno dei lavori in cui più ci si avvicina alla bellezza della versione cartacea, con dettagli minuziosi e con un dinamismo delle immagini che va oltre ogni aspettativa, battendo a mio parere nettamente quello che si prova a fare oggi con la computer grafica. Il disegno di "Akira" è senza dubbio realistico (anime, sì, ma di un realismo esasperato) e oggettivamente perfetto. L'espansione del fumo, uno schizzo d'acqua, una goccia di sangue, il dettaglio e la forma sono curati in maniera maniacale, cercando, con successo, di stupire.

A questo si affianca un character design importante, in cui i personaggi vengono inseriti e delineati. Il viaggio che si affronta è quindi da una parte visivo, dall'altra parte psicologico, con la formazione di un binario che prosegue lungo tutto il film. Così si incontrano i personaggi, si ritrovano dopo circonlocuzioni lunghe e complesse, e si formano i profili caratteriali di ogni personaggio, inquadrato nel sistema sociale al quale appartiene e che si interfaccia e completa con ogni altro personaggio, in un insieme intricato ma assolutamente gradevole che forma il film completo.

Le musiche diventano quasi secondarie in questo contesto, eppure ci sono e colpiscono, al momento giusto.
La storia credo che bene o male si conosca, un futuro post armageddon in cui i militari mantengono il controllo post ricostruzione. Ragazzi di strada e pubblico servizio, mondi distanti che si scontrano e s'incontrano. Akira come grande enigma al centro della storia. Un mondo ancora preda di falsi profeti, un popolo che, pur allo sbando, cerca la strada della tranquillità. Divario tra chi ha e comanda, e chi non ha e non conta nulla. Quel pessimismo che molto ha influenzato il pensiero dell'epoca.

E in fondo c'è il finale, perla orientale di sospensione e domanda, in cui ognuno può leggere e trovare ciò che più anela. Io, il mio finale, l'ho trovato, ovviamente chiunque ami gli anime e la fantascienza deve assolutamente vedere questo film e trovare il proprio.