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"Non ti pare che siamo trattati alla stregua del vasellame? Una volta che il forno viene aperto e la ceramica ispezionata, tutti i pezzi che presentano crepe o deformazioni sono destinati a essere distrutti. Se tutto ciò che ci attendeva era il destino di una ceramica fracassata, abbiamo deciso piuttosto di fuggire nella speranza di trovare un futuro diverso." Dalla lettera di Maria a Saki

In un periodo in cui le serie e i personaggi sembrano fatti con lo stampino, ecco che un’opera che non lascia indifferenti come Shinsekai Yori risulta una bella boccata d’aria fresca. Si tratta, infatti, di uno di quei titoli che non limitano lo spettatore entro il fatuo recinto del semplice svago, ma lo costringono, non senza calarlo in un vago senso di inquietudine, a porsi delle domande, ad accendere una luce nel proprio animo e ad arrivare a delle conclusioni forse anche poco piacevoli.
Questa serie di 25 episodi, tratta da un romanzo di Yūsuke Kishi del 2008, è stata infatti paragonata ad un’opera letteraria quale Cuore di tenebra di Conrad, dove la realtà non è quella che appare e che ci vogliono (o vogliamo?) far credere, e l’essere umano considerato civile viene messo a nudo in tutte le sue contraddizioni ed ambiguità.
Mille anni nel futuro la Terra non è più quella che vediamo oggi. Profondi cambiamenti sono avvenuti nell’ambiente e tra le creature viventi, mentre l’uomo sembra vivere in una società bucolica e tranquilla, molto vicina all’idea di Utopia. Non c’è più traccia di tecnologia né di grandi agglomerati urbani, il mondo pare essere fatto solo da splendidi paesaggi di una natura rigogliosa e incontaminata, dove procede placida la vita della giovanissima Saki e dei suoi amici.

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Come si diceva però, non tutto è ciò che sembra; ed attraverso una serie di flashback accuratamente piazzati all’inizio dei primi episodi e ad un “incontro” particolare avvenuto dai ragazzi durante una gita, si verrà pian piano a conoscenza dei fatti storici che hanno portato a questa particolare situazione.

In un’epoca che potremmo identificare come la nostra, alcuni soggetti sviluppano particolari poteri telecinetici, poteri poco controllabili e forieri di morte e distruzione. Al prezzo altissimo di una riduzione drastica della popolazione mondiale (scesa a 250 milioni) e del cambiamento dell’intero ecosistema naturale, l’umanità ha fatto quindi un passo avanti nell’evoluzione ed i pochi sopravvissuti si organizzano per una convivenza pacifica basata però su regole ferree di autocontrollo. Nel “Nuovo Mondo” (traduzione italiana di Shinsekai) che si è venuto a creare, l’uomo ormai è al pari di un Dio. Grazie ai benefici dei suoi poteri, vive in villaggi idilliaci governati da un comitato etico di chiaro stampo buddista, utilizzando per tutti i lavori pesanti e di basso livello dei ratti mostruosi resi umanoidi da un’evoluzione indotta proprio grazie alla telecinesi. Il contrasto tra questi ultimi e gli esseri umani è stridente: tanto brutti e volgari i primi, quanto belli e eterei i secondi. Attraverso una struttura narrativa che porta i personaggi (e di conseguenza lo spettatore) a comporre i pezzi di un intricato puzzle, puntata dopo puntata ci si troverà a scoprire in prima persona, con una certa dose di apprensione e con un crescente pathos, come l’idea stessa di male e bene siano soggettive, e come chi si ritiene nel giusto tenda ad utilizzare questa convinzione quale scusa per commettere atti a dir poco deplorevoli se non brutali.
Attraverso le varie fasi della vita di Saki, dall’adolescenza alla vita adulta, si assisterà al crollo dell’idea stessa di questa utopia, retta dalla paura e dal sospetto, gestita da adulti ormai anestetizzati dalla loro stessa onnipotenza, incapaci di qualsivoglia azione autonoma nel momento della crisi. Forze fresche, quasi dirompenti nella loro fame di libertà e giustizia, al pari dei rivoluzionari di antica memoria, sono infatti pronte a mettere le loro vite in gioco, sopperendo alla mancanza di poteri con la buona e vecchia astuzia, per arrivare a reclamare qualcosa di mai lontanamente neanche pensato fino ad allora.

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Una sceneggiatura gestita in maniera magistrale riesce a congiungere tutte le innumerevoli tematiche affrontate in un cerchio perfetto, senza lasciare niente di insoluto. Siamo di fronte a una trama capace di lasciare spiazzati più di una volta lungo il percorso, nonostante i primi episodi piuttosto lenti e a tratti poco comprensibili. Toccherà pazientare fino all'accelerazione degli eventi e al definitivo decollo della storia che avviene dopo uno dei momenti che, a mio modesto avviso, giudico tra i più toccanti dal punto di vista emotivo dell’intera serie: la lettera di Maria a Saki è, in una struggente sequenza di immagini e parole, al tempo stesso lettera d’amore e graffiante atto d’accusa verso una società in cui non ci si riconosce più, dove il prezzo da pagare per la propria “divinità” è diventato troppo alto, se non aberrante, da non lasciare altra via che la fuga da esso. E’ questo, appunto, il momento in cui i pezzetti di informazioni centellinati fino a quel momento si uniranno ai nuovi, offrendo a sorpresa allo spettatore un quadro generale di cui non ci si poteva immaginare l’esistenza.
In questo brillante affresco di società futuribile, non viene meno lo sviluppo caratteriale e psicologico dei personaggi; Saki e il suo gruppo di amici, visti all’età di 12 anni, ai primi risvegli dei loro poteri, all’età di 14, allorchè da bambini iniziano a trasformarsi in giovani adulti (periodo maggiormente temuto dagli adulti) e all'età di 26 anni, quando le scelte del passato torneranno a influenzare in maniera inesorabile il loro presente.

Difficile davvero dire altro senza scivolare nello spoiler e sarebbe davvero un peccato perché questa serie si poggia sul mistero e sul sense of wonder, affrontando come si è detto molte tematiche anche e soprattutto “scomode”, come l’alterazione del genoma, l'omicidio per "il bene comune" ed ovviamente non ultimo l’utilizzo a scopo sociale della sfera sessuale, compresa quella verso il medesimo sesso, cosa che ha fatto molto scalpore pur rimanendo contestualizzata alla storia stessa e limitata ad un solo episodio.

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A rimanere piuttosto delusi da questa serie saranno sicuramente gli amanti dell’estetica, dato che la parte più deludente di Shinsekai Yori risiede proprio nella qualità dell'animazione. Lo studio di produzione A-1 Pictures (nonostante il discreto risultato ottenuto con AnoHana appena l’anno prima) dimostra di essere ancora ben distante da una Kyoto Animation o da una Production I.G. e dagli altri studi che ormai rappresentano l’eccellenza nel settore.
Ad onor del vero, la casa di produzione fa un ottimo lavoro con gli sfondi ed i paesaggi ma l'animazione della serie tende ad essere piuttosto carente e statica come non si vedeva da tempo: tanti primi piani, non eccessivi dettagli dei personaggi, qualità del disegno a dir poco imbarazzante e la presenza di una CG piuttosto grezza e in alcuni casi completamente fuori luogo. Questi limiti, dovuti certamente ad un budget piuttosto limitato, sarebbero stati fatali in molte altre serie, ma in questa lo spettatore riesce a chiudere un occhio, segno ancora più significativo della bontà della storia descritta.
Impeccabile è invece il lavoro dei seiyuu, che si alternano man mano che i personaggi crescono senza grossi difetti, mantenendo le caratteristiche sostanziali di ognuno senza sbavature nonostante la maggior parte di loro sia alla prima vera esperienza in una serie importante.
Una nota di merito a mio avviso va data anche ai doppiatori dei due topi mutanti; pur non conoscendo il giapponese sono rimasto a bocca aperta dallo splendido lavoro di caratterizzazione realizzato su questi personaggi: la doppiezza resa al personaggio di Squealer da parte di Daisuke Namikawa e la fierezza al nobile Kiromaru da Hiroaki Hirata.
Perfetta nei tempi e nella resa del climax grazie anche all’utilizzo di un coro, è l’evocativa colonna sonora di Shigeo Komori mentre particolare risulta la scelta di non avere una OP ma di calare immediatamente lo spettatore nel vivo della storia all’inizio di ogni puntata. Una curiosità riguardo la colonna sonora: il pezzo di musica classica usato per richiamare i ragazzi al villaggio, placido e malinconico che ritornerà giustamente nelle nostalgiche scene finali, non è altri che il pezzo più famoso del movimento tratto dalla " Sinfonia n. 9" di Antonín Dvořák più nota con l'appellativo "Dal Nuovo Mondo" proprio come il titolo della serie.

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Di Shinsekai Yori possiamo quindi dire che siamo al cospetto di un titolo maturo con una trama talmente forte da oscurare i vistosi cali tecnici dell'animazione e dei personaggi non esattamente carismatici ma semplicemente funzionali alla storia stessa. Siamo di fronte, infatti, ad uno di quei titoli che lasciano un vuoto nello spettatore una volta giunti al termine, un vuoto colmato da mille quesiti riguardo la natura umana che costringeranno gli spettatori a fare i conti con la loro emotività giungendo a delle risposte a volte simili e a volte differenti tra loro, con l’unica certezza che "la forza dell'immaginazione è ciò che cambia ogni cosa"!


AMV dedicata a Shinsekai Yori: siete pronti a entrare nel "Nuovo Mondo"?