Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento a tematica libera, con Shutendouji, Himitsu The Revelation e Mine Fujiko to Iu Onna.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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5.0/10
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Un giorno una coppia in procinto di sposarsi, Ryuichiro e Kyoko, assiste sconcertata all'apparizione di un gigantesco orco con in bocca un neonato, che si rivolge successivamente a loro: dovranno per 15 anni accudire il bimbo, in attesa che un giorno torni a riprenderselo per non meglio precisati scopi. Passa il tempo e il piccolo, battezzato dai due Jiro Shutendo (in onore della divinità Shutendouji), è cresciuto. Finché attende di ricongiungersi con la spaventosa creatura, inizia ad avere inquietanti incubi e a venire perseguitato da una setta di monaci assassini...

Nonostante la generale accoglienza positiva riservata, da parte dei lettori italiani, all'edizione D/visual del manga Shutendoji, non ho mai particolarmente gradito uno degli horror più atipici di Go Nagai, anche se realizzato negli anni d'oro in cui vedono la luce le versioni cartacee di DevilMan, Mazinger Z, Kekko Kamen, Violence Jack, Cutey Honey, ecc. Disappunto che viene mantenuto anche con la visione degli OVA, ottimi riassunti di una storia in più punti priva di logica. Non dimentico di aver lodato la "svalvolatezza" narrativa dell'autore nelle trasposizioni di "Kamasutra" e "Hanappe Bazooka", ma un conto sono storie dichiaratamente comiche che fanno del nonsense la loro bandiera, un altro altre seriose come "Shutendouji".

Quello che ha inizio, infatti, come un inquietante horror "demoniaco" dove bonzi malvagi e spaventosi orchi cercano di uccidere Jiro (in quanto reincarnazione della divinità scaccia-oni Shutendouji), presto si evolve in azione pura, all'indomani dell'alleanza del ragazzo con servitori umani incaricati di difenderlo con ridicoli super poteri. Si arriva infine a sci-fi e fantastico con viaggi nel tempo, villain futuristici e carismatici (ma senza alcun senso nella trama: il corazzato Iron Kaiser) e anche paradossi temporali. A condire tutto, illogicità (gli amici del fratello di Miyuki, ragazza qualsiasi che va dietro a Shutendo, sono...?), forzature (la cotta della ragazza arriva agli estremi di...?) e idee non approfondite (cos'è esattamente Shutendouji?). Nonostante questo, non mancano suggestioni di inquietante fantasia, idee che in una storia più compatta e coerente avrebbero i crismi per portare a qualcosa di ben migliore (la possessione dell'insegnante, la degenerazione psicologica della madre di Shutendo, la parete dell'ospedale, il fatto che la trasformazione dell'eroe porti i suoi capelli a rizzarsi diventando biondi - ricorda qualcuno?).

È dunque con speranza di cambiamenti che mi avvicino agli OVA realizzati nei primi anni '90, ma a parte differenze minime, date dalla volontà di coprire velocemente la storia originale modificandone quindi alcuni segmenti, la storia rimane la stessa. Peccato, perché con ogni probabilità "Shutendouji" anime, dal punto di vista tecnico, è il canto del cigno di Studio Signal, studio che ha legato la sua notorietà alla trasposizione, proprio in quegli anni, di buona parte delle opere meno conosciute di Go Nagai. Trattando l'opera del mangaka con devozione, Studio Signal sforna 4 lunghi episodi (50 minuti l'uno) con cura registica, grafica e musicale lodevoli.

Degno di rispetto è innanzitutto il disegno, dato da una perfetta simbiosi tra il tratto originale, sporco e semi-caricaturale del Go Nagai prima maniera, e un'estetica grafica più moderna. Abbiamo così un chara dalle fisionomie normali , ma con espressioni facciali che rimandano all'inquietante, grottesca espressività del fumetto. Animazioni fluide e di buon livello, ma sopratutto colonna sonora spettrale e solenne, degna di quella degli OVA di DevilMan. Tutto perfetto, e a questo si aggiunge anche una regia ispirata che cerca di dare voce agli stati d'animo dei protagonisti con un azzeccato uso di primi piani e inquadrature. Un eccellente lavoro, ma sprecato in un adattamento che non so in quanti potrebbero apprezzare: fedelissimo all'originale, ma se la fonte principale è bacata di partenza?

Duole considerare, poi, che la trasposizione pecchi di una certa fretta: nulla che impedisca di seguire la trama - apprezzarla è un altro discorso -, ma i comprimari sono poco più che abbozzati, le eventuali morti non comunicano nulla, e la love story tra Shutendo e Miyuki, fulcro della narrazione, mal risente dei pochi dialoghi usati per approfondirla. La ragazza appare praticamente nei soli momenti in cui deve avanzare la trama, praticamente quando è sempre nuda e alla mercé del mostro di turno.

In conclusione, lo Shutendouji animato è un'ottima trasposizione di una storia in grado di spaccare il pubblico: ci sarà chi urla all'originalità spensierata dell'autore, e chi, pur apprezzandone le idee, non si sentirà conquistato da un intreccio così incoerente. Rimane, per meriti tecnici, uno dei migliori lavori animati basati su Go Nagai, e per questo voglio rimarcare che il voto è assolutamente soggettivo e riguarda il nocciolo della storia, non certo la bontà della produzione. Caldamente consigliato agli amanti dello splatter, che tra spadate e maciullamenti vari non vedranno mai venir meno il loro liquido preferito.



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In un futuro in cui i crimini efferati aumentano di giorno in giorno, per le sue investigazioni, il centro ricerca scientifica della polizia si serve di un sistema altamente tecnologico denominato "MRI", ovvero un sistema di riproduzione della memoria per immagini. Chi si occupa di questo particolare ramo investigativo è la sezione 9, composta da un'equipe formata da investigatori, psicologi ed esperti di computer, guidata da Tsuyoshi Maki, un giovane uomo dall'aspetto femmineo e delicato, ma dal carattere serio e rigido. L'ultimo arrivato è Ikkoku Aoki, che possiede l'abilità di leggere perfettamente le labbra (le immagini dell'MRI non hanno suono). Durante la serie, il team si trova a scavare nei ricordi di assassini o vittime per scoprire la verità su casi di difficile risoluzione.
"Himitsu - The revelation" nasce dal manga "Himitsu" di Reiko Shimizu, ma ne prende in esame solo alcuni capitoli.

Alla base del funzionamento del sistema MRI, vi è l'idea che un cervello, entro pochi giorni dalla morte del proprietario e se ben conservato, possa essere stimolato tramite elettrodi che forniscono una vera e propria memoria visiva del soggetto tramite immagini che, proiettate sullo schermo, permettono di osservarne i ricordi in prima persona.
I temi portanti di questa storia sono tre, tutti quanti strettamente collegati tra loro:
- innanzitutto la serie affronta, come suggerisce il titolo, la questione del "segreto" che in "Himitsu - The revelation" assume la doppia valenza di segreto professionale e segreto personale: i personaggi, Maki e Aoki in particolare, oltre ai segreti relativi alle investigazioni, nascondono dei pensieri, delle questioni personali che non possono essere rivelate, in quanto stridenti con in loro ruolo, con l'opinione pubblica e la società in generale.
- Segue il problema "etico" dell'investigazione tramite MRI, difatti l'opinione pubblica, ma anche una parte interna alla polizia, ritiene questo metodo invasivo, perverso e pericoloso. Tramite questo tipo di investigazione è possibile addentrarsi in ricordi personali che esulano dal delitto in sé, ma che vanno valutati in quanto potenziali indizi; ci si sofferma spesso sulla questione della privacy delle vittime e del rispetto della memoria dei morti.
- Da questi due elementi giungiamo al terzo: il carico psicologico che questo lavoro, unito alla sfera personale, pone sulle spalle e negli animi di ogni personaggio. I dubbi, le incertezze, la paura dell'essere diverso, la possibilità di apparire disumano agli occhi degli altri, le colpe, i peccati, i segreti propri e quelli altrui, rendono i personaggi più fragili, ma al contempo più forti della gente comune.

Purtroppo l'anime non riesce a sfruttare appieno le idee di base, riducendo degli spunti interessanti, abbastanza originali e potenzialmente adatti per un'approfondita indagine psicologica dei personaggi, a un'analisi superficiale, semplicistica e ingenua di ogni caso e di ogni protagonista. Tra i personaggi principali, solo Maki, Aoki e in parte Amachi riescono a ritagliarsi uno spazietto per mostrare i loro trascorsi, la loro vita, i loro segreti e i meandri della loro mente, mentre il resto dell'equipe resta sempre sullo sfondo. Anche i criminali, le vittime e i casi in sé sono spesso rappresentati in modo sin troppo semplicistico e ingenuo; a volte non è chiaro perché certi assassini abbiano compiuto determinati crimini altamente cruenti e, allo stesso modo, i casi vengono spesso risolti solo con l'uso dell'MRI e un minimo di indagine personale. La cosa più grave, però, è che alcuni punti focali riguardanti i personaggi principali, vengono accennati ma non approfonditi, se non addirittura abbandonati. Esemplare in tale senso è il caso di Maki: non solo ci viene mostrato, per essere immediatamente abbandonato, un flashback riguardante quello che è il suo segreto più importante, per di più, neanche i problemi psicologici dovuti alla morte di un suo ex collega vengono ben approfonditi, lasciando che si esplichino semplicemente in rari momenti di confusione e stress psico-fisico. Nel manga tutto ciò è reso in maniera migliore, come migliore è la resa del rapporto Maki/Aoki: un rapporto di reciproca ossessione, in quanto Maki vede in Aoki il collega morto e Aoki non può fare a meno di preoccuparsi di Maki. Nella serie anime i due sono quasi due estranei, interagiscono sporadicamente e non ci sono evidenti segni di un eccessivo attaccamento da parte di Maki, tanto che non capisco come si possa parlare di subtext yaoi in questa serie: non bastano un protagonista femmineo e due personaggi maschi che interagiscono tra loro (neanche in modo particolarmente ambiguo) a rendere una serie yaoi, né tantomeno shounen-ai, dato che non si respira né un'atmosfera romantica né una certa tensione erotico-sessuale. Forse tutto ciò trova maggior riscontro nella versione manga, ma di sicuro non in questa trasposizione anime, dove l'unico appiglio shounen-ai è dato da due o tre fotogrammi.

Il chara riprende il tratto della Shimizu, ma seppur lo renda più concreto, lo spersonalizza facendo perdere in particolar modo l'affascinante aura di Maki. I colori sono spenti e monotoni, i personaggi indossano sempre gli stessi vestiti (e permettetemi, il completo nero più giacca rosa più cravatta blu di Maki non è facile da digerire per ventisei puntate di fila), le ambientazioni sono quasi sempre le stesse, la caratterizzazione grafica dei comprimari è anonima, le musiche sono sgradevoli e non brilla neanche il doppiaggio; Daisuke Namikawa, voce di Aoki, ci offre una performance piatta e anonima, tanto che è persino difficile riconoscerlo. L'anime è una produzione del 2008, ma sembra in realtà molto più vecchia.

In compenso, l'anime è scorrevole, non annoia e certi casi sono parecchio interessanti. Seppur in modo superficiale, "Himitsu - The Revelation" ci mostra un'umanità ampia e variegata, diverse sfaccettature dell'animo umano, sentimenti contrastanti, paure e sensazioni forti che possono condurre alla pazzia, ad atti sconsiderati e folli. Purtroppo l'interesse per gli elementi principali non sarà mai soddisfatto, ma la curiosità permette di procedere in modo scorrevole nella visione. Le ultime puntate poi sono un crescendo di eventi, che però, terminano in modo ambiguo e indeterminato, cosa decisamente sgradevole per chi ama i finali chiari e precisi.

Un'occasione sprecata: "Himitsu - The Revelation" aveva tutte le carte in regola per essere una buona serie poliziesca, ma soprattutto un'ottima serie psicologica se solo fosse stata posta maggior attenzione a ciò che davvero era importante nella storia, quindi non semplicemente la risoluzione dei casi in sé, ma tutto ciò che vi ruota attorno, a cominciare da chi questi casi li vive e li porta a termine.
Il titolo sarà anche "Himitsu - The revelation", ma i segreti e le rivelazioni di cui ci importava davvero sono stati posti nel dimenticatoio. Peccato.



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"Una donna chiamata Fujiko Mine": promosso o bocciato? Questa domanda mi è rimasta in testa per tutta la visione dell'anime, protattasi per diversi mesi; ancora adesso, a visione conclusa da un pezzo e mente fredda, non sono sicuro del giudizio da assegnare. Il mio voto numerico è esattamente 5,5: potrebbe essere arrotondato per eccesso o per difetto indistintamente, a seconda della giornata. Oggi mi sento cattivo e lo arrotondo per difetto, ma questo non vuol dire che boccio la serie totalmente. C'è qualcosa di buono in "Mine Fujiko to Iu Onna", in particolare un chara design, che richiama davvero l'originale di Monkey Punch, come pure alcune delle atmosfere noir del primo Lupin. Io sono di quelli che nella serie originale del '71 preferiva gli episodi dark, quelli realizzati prima dell'arrivo di Miyazaki, che a mio avviso ha un po' tradito lo spirito di Lupin sdrammatizzandolo troppo e puntando su sparatorie, inseguimenti e animazioni spettacolari più che sulle storie. Sono anche uno di quelli che non ha apprezzato la seconda serie di Lupin, troppo leggera per i miei gusti, e non ha mai visto la terza serie: per me Lupin è solo quello in giacca verde. Non protesto per il forte accento posto sulla femminilità di Fujiko e sulle abbondanti scene di nudo e di sesso: sono un'interpretazione possibile del personaggio, accettabile per un prodotto che non è rivolto a un pubblico infantile e non deve rispondere ai dettami della censura. Il problema di questa serie, a parte l'eccessivo virtuosismo grafico, è che gli episodi sono brutti: la maggior parte delle storie non convincono, non piacciono, sono noiose. Le atmosfere sono eccessivamente dark; nella parte finale diventano oniriche, pretenziose, d'autore e in certe puntate la serie è francamente inguardabile, non si capisce più quello che sta succedendo. Anche perché sul finale il personaggio di Fujiko, che dovrebbe essere la protagonista, di fatto sparisce, non fa più nulla. D'altra parte neppure la prima puntata mi è piaciuta: troppa azione e scene spettacolari. Si salvano le puntate centrali, quelle con Jigen e Goemon protagonisti, ma anche quelle non raggiungono molto più della sufficienza. Il personaggio di Oscar è totalmente inutile e fuori posto. Ciò detto sono riuscito a finire la serie, seppure a fatica, quindi in un giorno di buona potrei anche avere assegnato la sufficienza. Oggi però Fujiko è stata sfortunata.