Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime Rakudai Kishi no Cavalry e One Punch Man e il manga Cat's Eye - Occhi di gatto

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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"Rakudai Kishi no Cavalry" è uno di quei titoli da cui mi aspettavo qualcosa di più che la classica commedia fantasy harem. Le premesse c'erano tutte e, per fortuna, anche i successivi sviluppi sono apparsi all'altezza delle aspettative. Dodici puntate assolutamente interessanti, che hanno saputo riprendere un genere visto e rivisto, puntando proprio sulle caratteristiche più utilizzate, ma elevandole in modo tale da portarle su un livello diverso rispetto a tutta la massa indistinta di anime fantasy-scolastico.

Ikki Kurogane è un ragazzo misterioso, iscrittosi già da un anno all'accademia per cavalieri. Fin da subito è stato bollato come ultimo in classifica e, ovviamente, costretto a ripetere l'anno. Tuttavia, come appare chiaro immediatamente, le sue qualità sembrano essere estremamente notevoli. Insomma, il classico protagonista, apparentemente imbranato, ma in realtà ben capace di badare a sé stesso.
E, come ogni buon protagonista, ha bisogno di una controparte femminile. Tale ruolo toccherà a Stella Vermillion, nuova recluta e promettente cavaliere. Per uno strano caso, si ritroverà a dividere la stanza proprio con Ikki (sembra ancora un mistero la possibilità di dormitori misti, ma sorvoliamo su questo piccolo dettaglio) e, naturalmente, le cose non andranno affatto bene. Di fronte al giovane eroe, Stella mostrerà un'assoluta reticenza. Lo sfida a duello per aggiudicarsi il completo possesso della stanza, ma, al di là di tutte le aspettative, lei, principessa di un regno lontano e migliore studente tra le nuove matricole, viene sconfitta in un battibaleno dal misterioso Ikki.

Parto analizzando i vari personaggi, complimentandomi per la loro complessità e completezza. Sebbene vengano usati frequentemente i cliché dell'animazione giapponese, questi non limiteranno affatto la crescita dei molteplici protagonisti. Il gruppo principale è composto da Ikki, determinato e intraprendente nel suo tentativo di essere riconosciuto come il più forte; Stella, alla costante ricerca di nuovi avversari; Shizuku Kurogane, sorellina di Ikki ed estremamente affezionata a quest'ultimo; Nagi Arisuin, compagno di stanza di Shizuku. Attorno a questi compariranno molti altri personaggi, più o meno secondari, che, in un modo o nell'altro, determineranno una continua crescita nell'animo dei vari protagonisti.
Sebbene "Rakudai Kishi no Cavalry" possa essere considerato come una serie harem, in realtà le vicende sentimentali appaiono chiare fin dall'inizio. Il gran numero di ragazze non produce alcuna molteplicità nelle storie d'amore. La coppia principale è, e rimarrà, quella composta da Ikki e Stella. Un'accoppiata vincente e, per quanto mi riguarda, piuttosto piacevole (cosa non da poco, visto anche il forte elemento tsundere presente in Stella). I due si conoscono e sviluppano quasi subito sentimenti reciproci. A differenza di molte altre opere, non ci saranno titubanze odiose o comportamenti ambigui: Ikki dichiarerà i propri sentimenti, e anche Stella pare felice di questi ultimi.
Dunque possiamo dire che il fattore sentimentale non delude, anzi, aggiunge un po' di pepe alla storia principale, che si dilunga tra una disavventura e l'altra. Molti scontri e battaglie, e dei flashback ben piazzati, capaci di raccontare il passato dei vari protagonisti senza spezzare il filo del racconto.

Proprio i combattimenti sono, a mio avviso, il punto forte di quest'opera. La grafica mostra colori chiari e puliti, ma sono gli scontri tra cavalieri ad emozionare maggiormente. I personaggi danzano in maniera fluida e spontanea, i disegni si muovono con frenesia, senza però cadere nel caotico. Anche le musiche risultano più che apprezzabili, soprattutto per la carica che danno durante la visione.
Ottimo il doppiaggio e altrettanto la regia, che è riuscita a creare una serie di dodici episodi priva di eccessive accelerazioni o rallentamenti. La trama principale si sviluppa in maniera ordinata, sebbene le ultime due puntate, inevitabilmente, abbiano risentito di una leggera carenza di tempo.

Il finale è ad impatto e, per certi versi, per nulla scontato. Si raggiunge il culmine del climax e, allo stesso tempo, si offrono interessanti spunti per una possibile seconda stagione.
"Rakudai Kishi no Cavalry", dunque, è riuscito a coinvolgere e appassionare sebbene il materiale iniziale possa essere considerato poco originale. Certamente la "scuola di magia" rappresenta un tema ripreso più volte, soprattutto negli anime tratti da light novel. Tuttavia tale opera dimostra ancora una volta come si possa trarre degli spunti originalissimi da una situazione considerata "classica". Il fattore ecchi c'è, ma in fin dei conti è anche giusto concedere un po' di spazio al fanservice, soprattutto se questo è accompagnato da una buona dose di risate e adrenalina.
Un anime completo, che non sfigura e lascia lo spettatore appagato e desideroso di vedere come andrà a finire la vicenda.

Voto finale: 8




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Tra gli anime di cui fin dall'infanzia ho nella memoria stampato un qualche fotogramma, c'è sicuramente Occhi di Gatto. Per via di questi ricordi ho sempre voluto rivedere quest'opera in animazione ma, complice anche la censurata versione televisiva, non sono mai riuscito nell'intento. Tempo addietro perciò decisi di iniziare a recuperare il manga, iniziando con un po' di volumi usati e così poco alla volta fiera e dopo fiera sono arrivato alla conclusione.

Veniamo quindi al manga dopo questa breve ma anche doverosa premessa. La storia è probabilmente nota e potrebbe essere sintetizzata con il classico scontro fra i ladri, anzi le ladre che formano la banda Occhi di Gatto, le sorelle Hitomi, Ai e Rui Kisugi; e le guardie, la polizia di Tokyo, capitanate dall'ispettore Toshio Utsumi “eterno innamorato” di Hitomi.
Mentre nell'anime le vicende sono però molto incentrate su questa contrapposizione, nel manga si riesce ad andare oltre. Approfittando della divisione in capitoli anche un po' brevi, il maestro Tsukasa Hojo ci mostra una serie di episodi sulla “semplice” vita quotidiana dei vari personaggi, ambientandoli nel caffè gestito “di giorno” dalle tre sorelle (e che appunto si chiama Cat's Eye) o nel commissariato di polizia, oppure in giro per una Tokyo riprodotta con uno stile molto improntato al realismo. Ci saranno anche alcune brevi mini-saghe, incentrate su qualcuno dei personaggi e con cui ne scopriremo meglio il carattere o il passato.
Quasi un “sielce of life” dunque, molto apprezzabile per certi versi anche se, dopo alcuni volumi iniziali decisamente movimentati, il diradarsi dei furti e l'approccio alla vita quotidiana può farsi percepire come un calo del ritmo che potrebbe risultare un po' pesante, ma fortunatamente tutto si riprende molto presto arrivando a un finale incalzante e tutto suspense.

Occhi di Gatto arriva in Italia con Star Comics. L'edizione non è molto recente, il manga si è concluso nel 2001, e come livello qualitativo si colloca sugli standard economici dell'editore.

Risalendo al 1981 (quasi 30 anni, cavolo...) è inevitabile che questo manga porti con se l'atmosfera del periodo, specie se osserviamo il livello tecnologico dei dispositivi che usano la polizia o le “gattine”, descritti nel manga come all'avanguardia, ma che se osservati a oggi paiono decisamente obsoleti ma sempre conservando un certo tocco retro.
Forse è proprio questo uno dei maggiori pregi di Occhi di Gatto, riuscire con successo a trasportare il lettore in un altro mondo, in un'altra atmosfera. Magari passando di lì ci metteremo a fare il tifo per le guardie o le ladre (io parteggio sempre per i poliziotti e il maldestro Toshio). E così, sfogliando le pagine e arrivando all'agognata e inevitabile conclusione, dovremo separarci dai personaggi che abbiamo incontrato con il solito misto di tristezza e felicità.
Una sfogliata sul passato.




7.0/10
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Di "One-Punch Man" si fa un gran parlare già da qualche anno e l'uscita di una serie animata ha amplificato la fama di questo titolo, facendolo giungere davvero sulla bocca di tutti. In effetti, è una serie che non passa inosservata, data la sua particolare storia editoriale (nata come webcomic amatoriale, viene adocchiata da una casa editrice che si propone di riscriverla e pubblicarla ufficialmente affidandola a uno dei disegnatori più bravi della sua scuderia) e l'originalità della sua storia.
Saitama, il protagonista di "One-Punch Man", si discosta, infatti, dal protagonista "tipo" di questo genere di storie per vari motivi, a partire dall'estetica: niente capelli a punta di colori innaturali ma una pelata, ottenuta in cambio di una potenza sovrumana durante un allenamento demenziale e misterioso. In barba a Brian Shaw e Zydrunas Savickas, Saitama è l'uomo più forte del mondo, capace di abbattere qualsiasi avversario con un solo pugno. Nulla resiste al nostro "bald"o eroe: mostri, esperimenti genetici, criminali, alieni, tutti sconfitti con un solo pugno.
Ma, a dispetto di tutto, Saitama è un uomo normalissimo, che si preoccupa di andare a fare la spesa in tempo per sfruttare le offerte e che, più che eroico e passionale, si dimostra apatico e annoiato di questa sua forza che non gli dà più stimoli.

"One-Punch Man" si presenta come una serie originale e dissacrante e, in un primo momento, la cosa funziona anche, riuscendo a divertire con la follia dei personaggi e del contesto in cui si muovono, fra combattimenti iperbolici ed esageratamente violentissimi e personaggi sopra le righe. Saitama diverte, ma si capisce sin da subito che non può reggere la scena da solo, data la sua invincibilità, per cui gli viene affiancato il più riuscito Genos, androide bellone caratterizzato da un'ingenuità disarmante, che prende il nostro pelato come suo maestro, generando situazioni simpatiche e divertenti.
Pian piano, l'universo narrativo della serie si va popolando di strambi personaggi sia da parte dei malvagi che, di volta in volta, minacciano la pace, sia da parte degli eroi che (in teoria) la difendono. Ogni personaggio ha un'estetica o un potere particolare ed è capace di farsi ricordare per qualche caratteristica, ma praticamente nessuno di loro sarà simpatico o si farà ricordare dallo spettatore per più di cinque minuti. Gli "eroi" di questa serie, infatti, sono quasi tutti dei personaggi egoisti, 'sboroni', antipatici, di cattivo gusto, interessati soltanto all'apparenza o ai privilegi del loro status di "eroe" piuttosto che alla reale difesa della pace del mondo.
Anche lo stesso Saitama, che in un primo momento divertiva con le sue gag, cade quasi subito nel ripetitivo e finisce per stancare e risultare antipatico con la sua cronica apatia e la sua invincibilità che gli permette di vincere qualsiasi combattimento senza sforzo, ma anche senza alcuna passione.

Da una serie che parla di eroi e combattimenti ci si aspetta una certa passione e un certo calore che "One-Punch Man", troppo impegnato a presentare i suoi eroi egoisti e annoiati, non presenta se non in minima parte, quando è in scena lo 'sfigatissimo' ma coraggioso Mumen Rider, forse l'unico vero e proprio eroe della serie. Gli episodi si susseguono più o meno tutti uguali: arriva la nuova minaccia di turno, gli eroi "minori" la fronteggiano fallendo o, peggio, scappando, poi arriva Saitama, la sconfigge con un pugno solo e si scoccia pure di averlo fatto, non ottenendo per giunta nessun riconoscimento da parte della popolazione, più interessata a rimarcare gli occasionali danni provocati dal combattimento che la sua effettiva salvezza.
I combattimenti iperbolici, apocalittici e spettacolari non mancano, ma da loro si avverte ben poca passione. Non c'è emozione in questi eroi che salvano la Terra solo per dovere o per divertimento e non perché credono in valori o ideali.
La serie soffre di una certa mancanza di sostanza e mantiene il difetto di molte altre che si basano unicamente su un'idea geniale o su una divertente parodia: senza una trama, un messaggio, una crescita dei personaggi si finisce per stancare. Qua e là, "One-Punch Man" offre ottimi spunti per indagare meglio nel passato di alcuni personaggi o in alcuni aspetti della storia, ma, come sempre accade di questi tempi, dopo una dozzina di episodi la serie finisce e si rimane con un pugno di mosche in mano, in attesa di una continuazione che, credo, visto il successo dell'opera, sia in questo caso scontata e che spero arrivi presto, dato che questi primi dodici episodi, stringi stringi, non è che abbiano detto granché, a parte essere un piacevole intrattenimento.

Uno dei punti di forza della serie è sicuramente l'aspetto tecnico, che si manifesta soprattutto nelle spettacolari animazioni delle scene di battaglia, fondamentali per rendere accattivanti scontri il cui esito è scontato prima ancora che comincino.
Degna di nota è l'energica sigla d'apertura ad opera dei JAM Project, che aiuta a caratterizzare "One-Punch Man" come parodia degli shounen manga di casa Shueisha (cosa che si nota anche dalle molteplici citazioni a "Dragon Ball", "Kinnikuman", "Yuu Yuu Hakusho" sparse qua e là): fra i membri della band, infatti, vi sono anche nomi come Hironobu Kageyama e Hiroshi Kidatani, sicuramente noti a chi segue gli adattamenti animati dei manga di Shounen Jump. La sigla di chiusura, invece, è piatta e inutile, mentre le musiche orchestrate a corredo degli episodi fanno il loro lavoro senza farsi ricordare troppo.

"One-Punch Man" è una serie sicuramente originale, ma un po' fredda. Colpisce inizialmente con una sigla adrenalinica, personaggi particolari e combattimenti di grande spettacolarità, ma alla lunga si rivela priva di sostanza, un po' vuota esattamente come il suo protagonista. La breve durata e il finale aperto uccidono di fatto le speranze di una crescita dei personaggi e della creazione di una trama più sostanziosa. Si spera, comunque, in una prosecuzione della vicenda, visto che il manga è ancora in corso e che la serie di combattimenti vinti in quattro e quattr'otto dall'annoiato protagonista non può durare all'infinito senza stancare. Augurandoci una crescita di Saitama e una trama maggiormente articolata per il futuro, valutiamo questi primi dodici episodi come un semplice ma dimenticabile intrattenimento, ben lontano dal capolavoro rivoluzionario evocato da tanti e sicuramente indegno dell'enorme clamore generato sulla rete.
Gli eroi, quelli veri, forti, invincibili, giusti, che fanno sognare gli spettatori a cui fungono da mito e modello, sono evocati soltanto dal titolo della sigla, ma nella serie vera e propria non ve n'è traccia, e questa è una mancanza decisamente grave.