Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con l'anime Zankyo no Terror Porco Rosso e il manga Saint Seiya.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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"Zankyou no Terror" è un anime incentrato su un duello tra due giovani terroristi, la polizia e un gruppo di forze speciali statunitensi guidato da una ragazza in qualche modo correlata ai due terroristi sopracitati. Le atmosfere possono ricordare vagamente quelle di "Death Note", seppur la sostanza sia completamente diversa. I ritmi narrativi spaziano da fasi blande e riflessive, come si addice a un poliziesco psicologico, ad altre ovviamente cariche d'azione. E' un mix ben riuscito seppur non privo di difetti e passaggi poco "credibili", se non ridicoli (vedasi lo scontro a scacchi in aeroporto) e le scene automobilistiche con dinamiche "così così".

I personaggi sono ben congegnati e con una buona caratterizzazione, le stranezze di alcuni di loro verranno spiegate meglio nelle fasi conclusive dell'opera, quando un po' tutto comincerà a farsi più chiaro; per altri si può unicamente tentare di entrare in sintonia con una psiche in qualche modo deviata da traumi pregressi, per la quale la caratterizzazione risulta decisamente appropriata in tutta la sua "imprevedibilità".

"Zankyou no Terror" ha spaccato in due la critica, tra gente che l'ha adorato (forse mitizzandolo un po' troppo) e chi l'ha giudicato in modo infimo (forse non riuscendo affatto a comprenderlo); nel mio caso l'ago della bilancia pende verso coloro che l'hanno trovata una serie bella e interessante, capace di passaggi profondi e riflessivi (specie nel finale), senza tuttavia rendere eccessivamente pesanti e tediose le fasi più lente, e senza ingarbugliare troppo la trama portante, pur tuttavia non articolandola molto e lasciando un retrogusto di già visto qua e là...
Il finale è più che soddisfacente per chi (come me) non è in cerca di un happy ending a tutti i costi; si sarebbe potuto osare anche qualcosina di più, ma si tratta di un finale abbastanza triste e riflessivo, valorizzato da una melodia azzeccatissima per traghettare determinate emozioni.

Sotto il profilo tecnico siamo decisamente su alti livelli per quanto concerne grafica, luci e animazioni, e una menzione d'onore andrebbe fatta senza dubbio alla soundtrack nel suo insieme, di livello decisamente superiore alla media.

La mia valutazione perfetta sarebbe un 8 e mezzo, ma mio malgrado non me la sento di arrotondarla per eccesso, cosa che avrei potuto fare tranquillamente se solo fossi stato maggiormente soddisfatto dagli sviluppi e sottosviluppi della trama e delle vite dei vari personaggi; serviva un altro tipo di approfondimento che purtroppo non c'è stato, ma va già bene così, non posso certo lamentarmi di quel che ho visto: una serie che aveva eccellenti potenzialità e che è riuscita a sfruttarle bene solo in parte, rendendo comunque il tutto ugualmente di un certo livello e lasciandomi qualcosa dentro.



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Chi ha detto che la cultura non può essere diffusa attraverso un fumetto o che il fumetto non può essere di per sé cultura, ignora l'esistenza di Saint Seiya, capolavoro di Masami Kurumada, conosciuto e apprezzato in Italia con il nome di "I Cavalieri delle Zodiaco", uno shonen di stampo classico datato 1986.
Saint Seiya è un eccezionale veicolo di trasmissione culturale, mitologica, religiosa e filosofica, che, negli anni di maggior successo, si immetteva prepotentemente nel movimento della globalizzazione. Così, se da un lato ha diffuso in Occidente diverse nozioni indo-buddhiste, ha anche portato in Oriente rilevanti riferimenti danteschi e mitologici. Ed è proprio alla mitologia che Kurumada strizza l'occhio, scegliendo lo scenario greco quale incipit della sua storia.

Seiya, Hyoga, Shiryu, Shun e Ikki, protagonisti indiscussi del manga, in seguito ad uno sfibrante allenamento ottengono l’investitura a Saints, i leggendari guerrieri della dea Atena, chiamati a difendere in suo nome la pace sulla Terra. Il loro potere scaturisce dalla consapevolezza di come il proprio microcosmo interiore possa riflettere la struttura dell’universo e possa esprimere la stessa, immensa energia del big-bang. Energia convertita in potenti onde energetiche e raffiche di pugni e calci attraverso l'armatura, che assume, così, una duplice funzione. Se da un lato ha la finalità di convogliare l'energia dei Saints in colpi concreti, svolge anche un'indispensabile funzione difensiva. Senza di essa la morte è assicurata. I cinque protagonisti hanno raggiunto solo il grado d’investitura più basso, ossia il titolo di Bronze Saints. Ma questo non impedirà loro di affrontare i guerrieri più tenaci e abili, nemici della giustizia e della Dea Atena. Un'innata caparbietà e un totale disprezzo per la morte porterà i cinque Saints a scontrarsi, addirittura, con i Gold Saints, dotati della potenza dalle dodici costellazioni zodiacali e in grado di muoversi alla velocità della luce. Ma nulla può fermare i protagonisti di tale manga quando in ballo c'è il destino della Terra.

Come già detto, Saint Seiya è quello che gli americani chiamano "melting pop", ossia la perfetta convivenza di svariati elementi appartenenti a culture diverse. Appaiono evidenti, come già detto, i continui riferimenti mitologici. La cultura ellenica non si limita, però, al semplice ruolo di senario della narrazione ma va oltre, assumendo un ruolo di prim'ordine. Secondo la mitologia greca Zeus, dopo aver ucciso il padre Crono e liberato i fratelli Ade e Nettuno, divise con loro il dominio del mondo. Egli governò i cieli e la terra, Ade l'aldilà e Nettuno i sette mari. Da tale richiamo storico Kurumada forgia le tre saghe che compongono l'intera storia di Saint Seiya. Accanto alla modernizzazione della millenaria storia greca, Kurumada effettua anche un complicato processo di unione di elementi buddisti e danteschi. Un esempio di come Saint Seiya sia specchio fedele di tradizioni buddhiste è dato dal primo, grande avversario che i Cavalieri devono affrontare: Saga. Il Gold Saint dei Gemelli, infatti, non è un semplice antagonista, ma un nemico interno; il nemico tipico della religione buddista, che tenta e corrompere dall'interno. Ma è forse il Gold Saint Shaka il vero compendio della filosofia buddhista. Già alla sua prima presenza, infatti, ci viene presentato come il bambino che nasce da un fiore di loto come reincarnazione del Buddha. Per di più, è l'unico a possedere l'ottavo senso, ovvero l'innata capacità di essere consapevoli di appartenere al tutto e di coincidere con esso. Proprio tale caratteristica rende Shaka l'"uomo più vicino a Dio". Se le prime due saghe sono interamente dominate da allusioni e rimandi greci e buddisti, è nella terza, ed ultima saga, che Kurumada celebra la figura di Dante e del suo mondo, facendo muovere i Saint nel percorso infernale da lui creato. La descrizione dei luoghi visitati dai Saints ricalca la narrazione dantesca. Si va, così, dalla drammatica frase "Lasciate ogni speranza voi ch’entrate" scolpita sulla porta d'ingresso del reggono demoniaco, alla trattazione della sofferenza degli ignavi; dal fiume Acheronte, con tanto di traghettatore, al cane Cerbero; passando per il Cocito e la Giudecca dimora del signore del mondo infernale.

Particolare è il discorso grafico. Se Kurumada, infatti, cura minuziosamente i primi piani e i paesaggi, chiaro esempio ci viene offerto dalle rappresentazioni dei luoghi danteschi, tralascia spesso gli elementi secondari. Basti vedere le varie vignette dove i Saints sono circondati da una moltitudine di nemici: le loro facce sono spesso sproporzionate o deformate e assumono un tono tipico dei manga demenziali. Ma Kurumada è famoso per la statuarietà che riesce a immettere nei Saints, che ricordano le scultoree statue greche. Particolare è anche la rappresentazione delle scene di lotta. Nel manga non troveremo mai dei colpi diretti che sbattono sul corpo dell'avversario, ma tavole nelle quali il colpo è già stato sferrato e il nemico o il Saints di turno che vola via in fin di vita.

In definitiva Saint Seiya può definirsi un manga unico nel suo genere, in grado di unire all'azione la cultura antica e la riflessione filosofica/religiosa. Proprio per questo deve essere una di quelle serie che non devono mancare nella collezione di un vero appassionato di manga.



8.5/10
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“Porco Rosso” (titolo originale “Kurenai no Buta”) è un film d’animazione del 1992 scritto e diretto da Hayao Miyazaki, basato sul suo manga “Hikōtei Jidai”.

Trama: Porco Rosso è un abile e famigerato pilota che, con il suo aereo rosso fiammante, lavora come cacciatore di taglie, proteggendo le imbarcazioni che solcano le acque del Mediterraneo dalle numerose bande di predoni, anch'esse equipaggiate con flotte di idrovolanti. A renderlo unico, tuttavia, sono le sue sembianze suine, causate da un maleficio non meglio specificato.
La storia ruota attorno alla rivalità unilaterale del protagonista con il pilota americano Donald Curtis, deciso a guadagnare fama e gloria eliminando l’attuale asso dei cieli.

“Porco Rosso”, nonostante abbia luogo in uno dei periodi storici più cupi per l’Europa e per l’Italia in particolare, è uno dei film dello Studio Ghibli più leggeri e divertenti: ambientata nel 1929, la vicenda principale è affiancata sullo sfondo dall'ascesa del fascismo, di cui Porco è un fiero oppositore (“Piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale”), mentre sono numerosi i riferimenti agli eventi della Prima Guerra Mondiale, con le sue ostilità internazionali e i feroci duelli aerei. Eppure, la narrazione scorre fluidamente, con toni per lo più gioviali e scherzosi, priva di un antagonismo violento e aggressivo, ma ricca di forza d’animo e desiderio di libertà.
L’amore per il volo, così peculiare di Miyazaki, qui viene gridato a pieni polmoni: la cura maniacale per ogni minimo dettaglio degli idrovolanti, i progetti di montaggio e fabbricazione, i riferimenti a modelli, motori e piloti realmente esistiti, le straordinarie evoluzioni e le serrate manovre tra le nuvole, persino la spensieratezza e la simpatia dei pirati dell’aria... sono innumerevoli gli elementi che manifestano la grandiosa passione del maestro per la capacità di librarsi nell'aria e per i mezzi che ce lo consentono.
Un altro punto fondamentale della trama è il sortilegio che ha colpito il protagonista, una maledizione inflittagli probabilmente per essere l’unico sopravvissuto di una battaglia aerea, per essere fuggito per mettersi in salvo dopo che tutti i suoi commilitoni erano caduti, abbattuti dal nemico. Nonostante i suoi amici sembrino non farci caso, e Marco stesso (questo il suo vero nome) paia essersi abituato a questa sua bizzarra condizione, manifestando anche una buona dose di autoironia, in più occasioni è possibile percepire la vergogna e il pessimismo che ammantano la figura dell’asso dell’Adriatico, nel modo in cui respinge gli affetti sinceri e si isola dal mondo (anche tralasciando la sua posizione di ricercato dal regime).
Marco è una figura enigmatica e contraddittoria: burbero e donnaiolo ma gentile e premuroso, consapevole della pericolosità del proprio mestiere e di quanto sia effimera la vita del pilota di aerei bellici, cerca di mantenere le distanze dalle persone che lo amano, dimostrando di essere anche disposto a ricevere biasimo e insulti, piuttosto che essere la fonte di ulteriore sofferenza per i suoi cari.
Ad accompagnarlo, c’è un cast di tutto rispetto, per quanto non particolarmente approfondito psicologicamente: Gina, l’affascinante e malinconica proprietaria di un hotel in cui, ogni sera, ammalia anche i più truci dei contrabbandieri, Curtis, pilota americano esperto e vanesio ma non necessariamente malvagio, gli spassosi e goffi pirati dell’aria e, soprattutto, Fio, giovanissima e brillante meccanica, palesemente colpita dal fascino di Marco.
Nonostante il finale del film sia alquanto indeterminato, è indubbio che i personaggi secondari, con i loro gesti, grandi o piccoli, abbiano avuto un grande impatto sul protagonista, aiutandolo a riflettere su alcuni suoi atteggiamenti.

Il comparto tecnico è ovviamente strabiliante: animazioni spettacolari e curatissime, specie nelle sequenze di volo; character design doverosamente diversificato ed espressivo, mantenendo i connotati classici delle opere di Miyazaki; ambientazioni magnifiche e iper-dettagliate, che regalano scorci estremamente suggestivi e alcuni autentici angoli di paradiso. Il setting storico, nonostante qualche strafalcione, specie nella realizzazione di scritte e segnali in italiano, è ricostruito adeguatamente e riesce a immergere lo spettatore nello spirito dell’epoca senza problemi.
La colonna sonora è sempre calzante e orecchiabile e può contare su una dolcissima e delicata sigla di chiusura. Il doppiaggio nostrano è eccellente, sotto ogni punto di vista, conferisce una caratterizzazione unica ad ogni personaggio ed è privo di sbavature, qualunque sia il ruolo, primario o di secondo piano.

“Porco Rosso” è una commedia divertente e avvincente, avvalorata da un insieme di attori di primo livello, coinvolgenti e amabili. Nonostante abbondino i momenti comici e le adrenaliniche scene d’azione, accompagnate da un ritmo dinamico della narrazione, quest’ultima non esita a rallentare nelle sequenze più meste e introspettive, in cui il lungometraggio regala immagini incredibilmente poetiche e significative.
Un’ottima visione, scorrevole e emozionante.