Il 2017 può essere definito come un anno di vistose contraddizioni per il settore dell’animazione. Cominciamo prima con le buone notizie: l'industria degli anime ha guadagnato una cifra record di 2.000 miliardi di yen (circa 14,8 miliardi di euro circa); P.A. Works sta aumentando i livelli di retribuzione; Netflix dedicherà una parte considerevole del suo budget del 2018 agli anime; inoltre si registra un aumento delle co-produzioni di Funimation e Crunchyroll (che stanno acquisendo importanza a livello internazionale).
 


Allo stesso tempo, però, è stato anche un anno che ha visto animatori, produttori e registi utilizzare i social media per denunciare le loro pessime condizioni di lavoro. L’Association of Japanese Animations (AJA) non ha svolto un'indagine annuale sugli stipendi dei lavoratori del settore, ma ciò non ha impedito ai lavoratori stessi di far sapere al mondo quanto sia bassa la loro retribuzione.

Un piccolo sondaggio dell’Association to Support Young Industry Animators (AEYAC)  ha mostrato che il 53% dei giovani animatori riceve assistenza finanziaria da parte delle famiglie - guadagnandosi così l'ingiusta e negativa etichetta sociale di "parassita".

Non solo la paga dei giovani animatori è terribilmente bassa, ma anche l'industria si trova di fronte a una carenza di animatori. Questi ultimi lavorano tra le 50 e le 84 ore settimanali e guadagnano tra i 92.500 yen (711 euro circa) ai 235.000 yen (1.808 euro circa) al mese a seconda della loro esperienza e del numero di progetti presentati. La maggior parte degli anime richiede 30.000 disegni per episodio e un animatore riesce a disegnarne 20 al giorno al massimo - guadagnando così circa 1.65 euro a disegno. Una tale fascia retributiva pone un animatore al di sotto o appena al di sopra della soglia di povertà in Giappone.
 


Inoltre la situazione lavorativa è peggiorata a tal punto che l'animatore Katsunori Shibata ha lanciato una campagna di crowdfunding che ha raccolto 2,5 milioni di yen (circa 19.231 euro) per aiutare 3 animatori scelti a caso a pagare le loro spese di sussistenza. L'obiettivo di Shibata era anche quello di rivelare quanto registi e sceneggiatori spesso ignorino la condizione degli animatori e non fornisca nessun feedback per aiutarli a crescere.

A esercitare maggiore pressione sul sistema è anche l'aumento delle produzioni degli anime. Se gli anime attualmente stanno vivendo, per varietà e quantità prodotta, una vera e propria età dell’oro, è preoccupante invece constatare che ogni singolo studio di animazione sia prenotato fino al 2020. Per non parlare poi delle co-produzioni estere dove le condizioni di lavoro sono persino peggiori.

Quindi tutti questi fattori contribuiscono al fenomeno degli animatori freelance, che rappresentano la spina dorsale del settore, i quali sono stracarichi di lavoro e sono sottopagati dai comitati di produzione. NHK ha trasmesso un programma che mostra la ripartizione finanziaria della ricchezza del settore dell’animazione. In questo programma si fa riferimento al periodo che va dal 2002 al 2015 e, come mostra il grafico sotto, mentre i profitti dei comitati di produzione sono cresciuti significativamente, quelli degli studi di animazione sono rimasti invariati:

 

Inoltre lo stesso programma ha evidenziato che il più grande difetto nel sistema dei comitati è che spesso essi impediscono agli studi di animazione di diventare membri. Di conseguenza, gli studi di animazione devono sperare di trarre la maggior parte dei loro profitti dalle vendite degli home video, che sono in calo dal 2000.

Poco dopo la messa in onda del programma di NHK, il regista Shinji Takamatsu (Gintama) ha affermato che gli studi di animazione scompariranno nel giro di dieci anni. Egli ritiene che l'attuale sistema cambierà solo quando gli studi falliranno in massa e ha anche criticato una soluzione suggerita dai fan, ovvero quella di tagliare il numero di anime prodotti e aumentare i loro budget. Infatti Takamatsu pensa che una proposta del genere sia inaccettabile, dal momento che solo alcuni anime sono veramente redditizi, e limitare la produzione di un cospicuo numero di anime significherebbe ridurre le prospettive di lavoro retribuito per tanti animatori.

Un altro motivo di lotta per gli animatori è l’ormai crescente pirateria dentro e fuori dal Giappone. Questo fenomeno è diventato così preoccupante che il produttore Yoshitada Fukuhara (Kemono Friends) ha chiesto ai fan di smettere di visitare siti pirata di streaming. Fukuhara ha spiegato loro infatti che ogni anime visto illegalmente regala soldi ai ladri attraverso le entrate pubblicitarie e li sottrae invece agli autori che li meritano per davvero.
 

La pirateria è sempre un argomento scottante e si stima che gli anime perdano tra i 4,6 e i 18 milioni di euro all'anno a causa dello streaming illegale. Questo denaro potrebbe essere destinato agli animatori attraverso accordi di distribuzione dei profitti con siti di streaming legali.

In generale, si calcola che circa l'80% degli animatori abbandonerà il settore definitivamente entro tre anni a causa di salari bassi e giornate di lavoro lunghe ed estenuanti. Tuttavia il 2017 è stato un anno di presa di coscienza e quindi potremmo vedere altri animatori farsi avanti nella speranza di migliorare le loro condizioni di vita.

Si auspica dunque che il 2018 sia l’anno nel quale si verificheranno miglioramenti tangibili per gli animatori.

Fonte consultata:
Goboiano