Dopo averci mostrato negli anni quello dei giocattoli, degli insetti, dei mostri, dei pesci, dei veicoli e chi più ne ha più ne metta, nel suo ultimo lungometraggio Onward – Oltre la magia, la Pixar ci mostra il microcosmo delle creature dei giochi di ruolo e dei romanzi fantasy. Ma lo fa con un piccolo tocco di classe, aggiornando il suo mondo fantastico al nostro 2020, e perciò ci troviamo in una città dove casupole che sembrano quelle dei Puffi e degli Hobbit di Tolkien sono affiancate da modernissimi grattacieli usciti dritti dritti dalla più moderna metropoli americana, dove gli abitanti sono elfi, orchi e mostri vari che vanno a scuola, guardano la tv e usano lo smartphone, dove la terribile manticora gestisce una tavola calda, i centauri guidano l’automobile e le fatine sono diventate una banda di temibili biker. Un po’ simile a quello che avevamo visto in Monsters & Co. e Monsters University, ma con una maggiore influenza del fantasy classico, dovuta a un mitico passato in cui la magia, ormai scomparsa e soppiantata dalla tecnologia, governava le vite degli abitanti.

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Con questo particolarissimo mondo come sfondo, seguiamo le vicende di due fratelli elfi adolescenti e il loro racconto di formazione. Barley, il maggiore, praticamente la versione teenager del personaggio interpretato da Jack Black in Brutal Legend, è il più classico degli “sbandati”: nerd, metallaro, teppistello, fissato con il passato delle leggende e con la magia, tanto da credere fermamente che ci sia un fondo di verità nei giochi di ruolo fantasy di cui è appassionatissimo e da organizzare solitarie e ineffifaci proteste contro la demolizione di luoghi storici. Ian, il minore e protagonista della storia, è invece il tipico adolescente timido e insicuro, senza amici e senza coraggio né fiducia in se stesso.
La loro vita familiare scorre tra una gag e l’altra, con la madre attaccata alla tv a fare corsi di autodifesa e il patrigno poliziotto-centauro che fa battute stupide, all’ombra del mitico padre defunto diversi anni fa, di cui Barley ha pochissimi ricordi e che Ian non ha mai conosciuto, ma su cui circolano incredibili racconti.
Il giorno del sedicesimo compleanno di Ian, la vita dei due fratelli viene sconvolta da una straordinaria scoperta: la magia che anticamente governava il mondo permetterebbe loro di riabbracciare l’amato padre, riportandolo momentaneamente in vita, ma solo per ventiquattr’ore.
Inizia così il lungo e avventuroso viaggio dei due ragazzi, alla ricerca di questo mistico incantesimo, ma anche della memoria del padre, della fiducia in se stessi e del loro rapporto familiare.


Onward pesca a piene mani da quegli stessi giochi di ruolo fantasy da cui trae ispirazione, per raccontarci un viaggio fatto di obbiettivi da raggiungere, di “quest” secondarie per ottenere la mappa o l’oggetto necessari per la missione, di enigmi da risolvere, luoghi fantastici da esplorare. Come nei giochi di ruolo, la crescita dei personaggi è un elemento fondamentale, ed ecco quindi che Ian, ragazzino sfigato senza nessuna speciale qualità, acquisisce man mano coraggio, fiducia e riesce via via a padroneggiare incantesimi sempre più complessi e potenti. Onward è il non-plus-ultra dei racconti di formazione per ragazzi, e, come spesso accade anche nei manga, è estremamente piacevole seguire la crescita del protagonista, che, come un Pop de La grande avventura di Dai, parte come un ragazzino pavido e diventa gradualmente un ragazzo coraggioso e un esperto mago. Il trend del ragazzo insicuro che cresce lungo la storia non è nuovo al cinema d’animazione, ma la struttura da gioco di ruolo di Onward gli rende particolarmente giustizia e sarà impossibile per qualsiasi adolescente (ma anche per chi adolescente lo è stato in passato) non immedesimarsi nel giovane Ian e nel suo viaggio alla ricerca della magia, quella che gli permetterà di riabbracciare suo padre, e quella sopita dentro di lui.


Va detto che Onward non è quel che sembra. Se in un primo momento, la trama sembra essere incentrata sull’enigmatica figura del padre e sul rapporto fra lui e i ragazzi, man mano che prosegue il film il ruolo del padre risulta essere sempre più marginale. Anche quello che sembrava essere lo scopo ultimo della storia, la sua momentanea resurrezione in modo che Ian possa finalmente conoscerlo, diventa sempre meno importante, soppiantato da altri temi come la crescita individuale di Ian e il ricucire il rapporto tra i due fratelli, al punto che la sua risoluzione, nel finale del film, risulta abbastanza deludente e un po’ sa di presa in giro per il povero protagonista che ha tribolato tanto per finire poi così. Anche volendola vedere come tassello ultimo della crescita di Ian, è una decisione che fa riflettere, e personalmente avrei preferito una risoluzione più scontata ma più efficace e coerente con la trama di base del film.



Forse non il miglior Pixar, in quanto il suo pescare a piene mani da altre realtà ormai consolidate (i giochi da tavolo, il classico universo fantasy o le carte alla Magic) lo rende leggermente meno fantasioso di altri titoli precedenti. E’ un’epica avventura, ma il suo viverla in un mondo che in gran parte è simile al nostro, con automobili, smartphone e giochi di carte, un po’ smorza la fantasia dell’ambientazione e l’epicità del tutto, rendendo Onward un’operazione simile a quello che Disney fece qualche anno fa con Big Hero 6, giocando con gli stereotipi del mondo nerd degli appassionati di anime e supereroi come qui lo fa con gli stereotipi dei nerd amanti dei giochi di ruolo fantasy. Un film, dunque, perfettamente inquadrato nel nostro 2020, con l’ormai consolidata rivincita dei nerd in corso da diversi anni, ma da un film d’animazione Disney ci si aspetta sempre un’epica avventura che la storia di Ian e Barley ci regala solo in parte.
Non si può negare, tuttavia, che Onward abbia un gran cuore, una storia da raccontare e la capacità di emozionare gli spettatori, ed è bello che finalmente, dopo essere rimbalzato da una data all’altra causa emergenza covid, sia riuscito ad arrivare nei nostri cinema, peraltro in un’edizione italiana dignitosa, senza troppi talent come di solito accade (c’è Sabrina Ferilli a far la madre dei due ragazzi, ma non ce ne accorgeremmo se non lo leggessimo nei credits e c’è Fabio Volo a fare il padre, che decisamente non spicca per loquacità, per forza di cose).


Onward forse non resterà immortale come altri classici del passato, dato che di film animati ormai ce ne sono troppi in giro, a livello di idee non propone nulla di particolarmente nuovo e gli manca una colonna sonora particolarmente incisiva (“Carried me with you” di Brandi Carlile, brano che si sente nei titoli di coda, è una bella canzone country, ma risulta un po’ fuori tema ed, essendo relegata ai titoli di coda, nessuno saprà della sua esistenza). Tuttavia, sa quel che fa e lo fa bene, riuscendo a farci dimenticare i suoi difettucci con un solido racconto di formazione in grado di toccarci il cuore.

Da guardare con gli occhi di un adolescente, del presente o del passato, per tornare ancora una volta ad emozionarsi, a riflettere su se stessi, a imparare qualcosa e a riscoprire un po’ di magia, che magari non sarà incarnata da un bastone fatato, ma giace ancora, sopita nel profondo del nostro cuore.