“Anche le città credono d'essere opera della mente o del caso, ma né l'una né l'altro bastano a tener su le loro mura. D'una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.”
(Italo Calvino, Le città invisibili)

Esattamente vent'anni fa, sul canale giapponese WOWOW andava in onda la prima puntata di Kino no tabi – The beautiful world, serie TV in 13 episodi diretta da Ryūtarō Nakamura (Serial Experiments Lain) e sceneggiata da Sadayuki Murai (Alexander, Boogiepop phantom, Perfect blue, Millennium actress). Una serie destinata a inserirsi a pieno titolo in quella fertile ondata di produzioni anime (vedi gli stessi Lain e Boogiepop phantom, ma anche Haibane renmei e Texhnolyze, solo per citare altri titoli degni di nota) che agli inizi del nuovo millennio si sono distinti per originalità dei contenuti, un certo spessore letterario, e che sono andati ben oltre la natura squisitamente commerciale di questo medium.

L’anime, tratto dall’omonima serie di romanzi scritti da Keiichi Sigsawa, ha avuto anche due sequel di 30m (Life goes on e For You) oltre a un corto di 12m (Free Lance), pubblicato come extra all’edizione in DVD, che viene considerato l'episodio zero della serie canonica. Non è mai stato doppiato in italiano (la traduzione dei dialoghi e la sua successiva diffusione sul web si devono per lo più all'attività dei cosiddetti gruppi fansub) ma un nuovo adattamento anime, intitolato Kino's journey, prodotto da Egg Firm e diretto da Tomohisa Taguchi, è uscito nel 2017 sulla piattaforma Crunchyroll.
 
Kino e le pistole

Un viaggiatore solitario, la sua motocicletta e il mondo, un mondo meraviglioso e misterioso: questi gli elementi fondanti di Kino no tabi, raffinato e originale anime “on the road” venato di sottile intellettualismo e basato sull’allegoria come forma di racconto.

Protagonista della storia è Kino che, in sella alla sua motocicletta Hermes, gira il mondo senza una meta prestabilita all'unico scopo di esplorare e conoscere le mille realtà di popoli differenti. Kino ha una regola: non fermarsi mai per più di tre giorni nello stesso posto, in questo modo potrà visitare tanti luoghi, ognuno con una singolare storia e ognuna afflitta da problematiche a volte assurde, altre volte perfettamente comprensibili per quanto crudeli e intollerabili.

Il mondo fantasy attraversato da Kino è pieno di città molto diverse tra di loro, alcune dall’aspetto contemporaneo, altre dall’estetica quasi steampunk, in cui tecnologie di epoche differenti si mescolano in una dimensione senza tempo, evocativa e stranamente familiare. Ma i contrasti più stridenti sono quelli tra i personaggi che le abitano e le loro vicende, che offrono una miriade spunti di riflessione.
 

Gli episodi - una sorta di diario di viaggio in cui Kino racchiude le impressioni dei luoghi e delle città del mondo - sono narrate con un tono da favola a tratti poetico, da un personaggio di volta in volta diverso, accomunate dalla presenza del viaggiatore. Ogni volta Kino si troverà di fronte a dilemmi etici che, a seconda dei casi, potrebbe limitarsi a osservare oppure, deus ex machina, potrebbe risolvere la problematica di turno. Si tratta di drammi dai risvolti filosofici e paradossali che stimolano la riflessione con enigmi ai limiti dell’immaginazione.

Lo schema del racconto nel racconto assume una funzione chiarificatrice e illustrativa, ma l’aspetto interessante consiste nel fatto che gli episodi sono auto conclusivi (ad eccezione di quello ambientato nel Colosseo che unisce gli episodi 6 e 7, probabilmente i meno riusciti della serie) e possono anche essere visti in ordine sparso, dal momento che la successione degli episodi e delle città non implica necessariamente una sequenzialità o una gerarchia predefinita, ma va a formare una mappa entro la quale si possono tracciare molteplici percorsi ramificati.
 
Kino in sella ad Hermes

I personaggi principali sono Kino e la sua motocicletta parlante Hermes (ispirata a una vera moto d’epoca, la Brough Superior SS100), mentre i comprimari si avvicendano lasciando traccia di episodio in episodio. Tuttavia, nel corso delle puntate, se ne potranno individuare alcuni che hanno una rilevanza particolare nell’economia complessiva della serie (come il primo guidatore di Hermes).

Kino e Hermes sono dei protagonisti decisamente atipici, Kino in particolare non ha una personalità ben definita e non evolve lungo l’arco della serie come farebbe un personaggio adolescente in un classico romanzo di formazione. D'altronde il suo carattere neutro rivela una sicurezza e una calma sorprendenti. Pur essendo una ragazza si riferisce a se stessa al maschile e la sua fisionomia androgina confonde ulteriormente le acque.

Il suo rapporto con Hermes è simbiotico e al contempo contrastato: mentre Kino è gentile, disponibile e ascolta sempre i problemi di tutti, al contrario Hermes (dal nome del mitologico messaggero degli dèi) è petulante, realista e scettico, spesso si lascia sfuggire commenti sarcastici, rappresenta una spalla comica e al contempo una coscienza critica, un “grillo parlante” pronto a pungolare dialetticamente i pensieri del viaggiatore (e dello spettatore).

Ma il vero protagonista dei racconti è forse il viaggio stesso, come metafora e come filosofia di vita. Naturalmente vengono in mente diversi riferimenti letterari: Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, Il piccolo principe, Le città invisibili, ma l’accostamento più nobile potrebbe essere proprio l’Odissea, giacché lo stesso poema omerico si svolge come un insieme di storie a sfondo allegorico e usa la metafora del viaggio come traslato della ricerca della verità e naturale inclinazione umana alla conoscenza.
 

L’elegante character design, opera di Shigeyuki Suga, ci regala personaggi che rimangono impressi nella memoria, mentre gli elaborati fondali scenografici raggiungono vette di qualità pittorica per tagli delle inquadrature (direzione della fotografia di Naoyuki Ōba) e per uso del colore (color design di Michiyo Iriomote), connotando graficamente ogni singolo episodio.

Almeno un cenno lo meritano i doppiatori, Ai Maeda (Kino) e Ryūji Aigase (Hermes) che eseguono una performance espressiva e credibile, con la prima impegnata anche come cantante della sigla di chiusura The Beautiful World.

La colonna sonora fa da morbido letto su cui si adagiano le immagini, non è invadente e rimane sullo sfondo durante i ricchi e articolati dialoghi. È composta principalmente da sofisticate melodie di stampo tipicamente nipponico, eseguite con ampio uso di strumenti tradizionali, e crea una mistica atmosfera zen con lunghe studiate pause e illuminanti rintocchi di gong a scandire le scene. Particolarmente felice è la sigla d’apertura All the way, cantata da Mikuni Shimokawa, un motivo country/folk a base di chitarra acustica che letteralmente invita al viaggio.
 
Kino, il protagonista della serie

Per concludere non posso che consigliare la visione di Kino no tabi – The beautiful world, un'eccellente e originale serie che, grazie alla sua narrazione atipica e ai suoi personaggi sorprendentemente profondi, esplora i lati oscuri della condizione umana (alcuni episodi mostrano scene violente o si concentrano su tematiche che potrebbero risultare inquietanti), propone un esercizio intellettuale non di immediata lettura, ma rivolto a un tipo di pubblico maturo ed esigente che va alla ricerca di qualcosa in più del semplice intrattenimento.