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Tekkonkinkreet è una favola metropolitana. Ma attenzione al termine usato, perché di fiabesco ha ben poco, come si evince anche dalla traduzione letterale del titolo: "cemento armato" (tekkin konkuriito, invertendo due sillabe del titolo)
E' una favola cruda e spietata, dove al posto delle torri medievali ritroviamo palazzi fatiscenti e i banditi si sono evoluti in mafiosi imprenditori, pronti a trasformare la città in un gigantesco luna park. Essa diventa dunque un vortice che risucchia tutto e tutti: vecchi, bambini, criminali,sbirri, prostitute, papponi, barboni…un magmatico calderone di esistenze.

Tra loro due giovani fratelli, Bianco e Nero, cercano a tutti i costi di aggrapparsi alla vita. Diventano teppistelli di quartiere che racimolano soldi rubando, con l'obiettivo di fuggire presto da quell'incubo e trovare riparo in un sogno lontano, come quello di una casa al mare. Il più "puro" dei due è senza dubbio Bianco, il più giovane, che ancora non si rende pienamente conto della malvagità dilagante e si rifugia in un suo mondo fatto di strane creature e bizzarri animali.
Ed è proprio il fratello minore a frenare l'oscuro animo di Nero. Ma quando Bianco verrà affidato ai servizi sociali questo delicato equilibrio tra luci ed ombre svanirà e cederà il posto ai demoni che Nero si porta dentro. Solo l'amore tra i due potrà placare il suo animo irrequieto.

Il disegno spezzato si scontra piacevolmente con i colori cangianti. In modo analogo la storia altamente drammatica e fin troppo realistica ritrova un briciolo di ingenuità e genuinità nei disegni infantili del piccolo Bianco e nelle sue oniriche visioni, che ci accompagnano per i sobborghi di Città Tesoro.
Un'opera senz'altro interessante, che consiglio caldamente a chiunque cerchi qualcosa di particolare ed emozionante al contempo.