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7.0/10
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"Koikimo" è un josei travestito da shōjo.
Delicato nei tratti, negli accadimenti, nella narrazione.
Nella cornice, pastello chiaro, di vita quotidiana si racconta la vita del giovane impiegato Ryo amasuka: ventisettenne brillante, esteticamente piacevole, impeccabile nel lavoro, donnaiolo per noia o per fuga.

Una "società", che ha voce nei colleghi e nelle colleghe di lavoro, e solo un sottofondo, lo giudica adulto, arrivato, desiderabile... ma, come spesso accade, i traguardi canonici e apparenti convivono o nascondono un vuoto interiore.
È nella circostanza di quel vuoto, una dignitosa e rispettabile torre d'avorio, che avviene l'incontro con Ichika Arima. Ichika è una giovane studentessa; nel viavai d'una stazione, nel primissimo episodio, salva Ryo da una brutta caduta sulle scale: una caduta e un salvataggio metaforico che è già di per sé motore autonomo del racconto.

Sarà la specchiata normalità di Ichiko a dare una boccata di ossigeno a Ryo, a disvelare aspirazioni nascoste: quelle di normalità, appunto, come anche quelle di sentimenti genuini, una vita più vera.
Da giovane sessualmente (iper)attivo, ideale di distaccata e arrogante perfezione, ne scaturisce un Ryo inedito: goffo, invasivo, autoironico, alla continua ricerca, fuori misura, delle attenzioni della liceale.
A Ichiko, sopraffatta, il compito di scoprire mano mano se e quanto di buono si trova in lui.

A partire da un appartamento freddo nei quartieri alti a un nido familiare da ricostruire, con le paure del mettersi in gioco, del divario d'età e con l'aiuto sempre presente di una sorella ritrovata (Rio), "Koikimo" altro non è che il racconto di una riscoperta di sé.

Ma è proprio questo che "Koikimo" racconta? Certamente sì, ma, per ritornare alla delicatezza prima menzionata, lo fa senza la necessità d'indugiare, sorvola i temi e questi ne emergono egualmente forti... è forse questo che più di tutto colpisce.

L'invadenza di Ryo può essere infastidente? La sua perfezione idealizzata? Ichiko eccessivamente adorabile e composta? Sicuramente sì - e non è detto ciò sia obbligatoriamente un difetto - ma dietro un tratteggio che può essere tacciato di banalità c'è molta freschezza, una maturità inaspettata.

Nei suoi scorrevoli dodici episodi non c'è alcuna pretesa; eppure è un lavoro che non si lascia andar via come niente... confezionato, pensato e realizzato con un suo senso che si difende. Non è poi, cosa da poco.