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CippyWolf

Episodi visti: 26/26 --- Voto 9
"Kono Oto Tomare!" è una serie composta da ventisei episodi, trasposizione dell'omonimo manga, che unisce svariati generi e tematiche e che, a suo tempo, è stato 'splittato' in due cour.

La trama ci presenta la rinascita del club di koto, antico strumento della tradizione nipponica, e delle varie vicissitudini dei suoi membri. La storia si svilupperà ponendo al centro, a turno, il background e la crescita di un membro in particolare degli studenti facenti parte del rinato club, per poi culminare in un'esibizione di gruppo che unisce e allieta gli animi dello spettatore e spesso anche dei personaggi della serie.

La serie, come il koto, è uno strumento che vive e si eleva in potenza quando viene suonato in gruppo, e nonostante, come anticipato poco sopra, la serie ponga spesso al centro uno dei protagonisti, vi assicuro che è una storia corale, d'insieme, che coinvolge l'intero cast, perché, facendo mio un parallelismo che viene spesso sottolineato all'interno degli episodi, per quanto uno strumento/persona possa essere suonato/vivere in solitaria, sicuramente produrrà una melodia fantastica, se utilizzato con i propri amici, dopo estenuanti sessioni di pratica e allenamento.

Nonostante sia una serie su un club che tratta di musica, esso non sarà un argomento totalizzante, riuscendo invece a diventare un tema catalizzatore, e risulterà l'apoteosi dell'intera storia, che tratterà i temi più disparati, inerenti al passato dei nostri protagonisti, come lo stigma sociale, le aspettative familiari, lutti e solitudine, fattori che renderanno personali e intimi molti passaggi della serie, riuscendo a scatenare incredibili emozioni, in più di qualche punto.

I personaggi che compongono la serie riusciranno ad essere tutti ben caratterizzati, e anche elementi del gruppo che si potrebbero ritenere quasi delle comparse spesso riserveranno delle sorprese, dando quel quid in più, per permettere di sbloccare il livello successivo al resto del cast, fattore che rende ancora più veritiero ed emozionante il racconto, potendo ritrovare come persone e incontri, che all'apparenza possono apparire casuali, alla fin fine si dimostrano cruciali. Ed è proprio con l'incontro e il confronto con qualcun altro che si riescono a sbloccare blocchi e groppi, che fino ad allora, da soli, ci sembravano magari insormontabili e inaffrontabili.
E nonostante, man mano che la trama si sviluppa, si inseriscono sempre più comprimari, con svariati flashback o espedienti narrativi e figurativi, la serie riuscirà sempre a caratterizzare e far denotare gli elementi cardine dell'introspezione di un personaggio o gruppo, fattore che spesso entra in risonanza con tanti altri elementi caratterizzanti dei nostri protagonisti, che, concatenandosi fra loro, rendono vive e importanti tutte le traversie e le difficoltà vissute dai nostri protagonisti.

Per l'aspetto grafico, purtroppo devo ammettere che, nonostante tutto il trasporto e la malia che il comparto sonoro possa dare, mi è abbastanza difficile negare le palesi insufficienze che si palesano qua e là, mancanze che spesso ricadono sui personaggi, con imprecisioni nella loro fisionomia, o momenti in cui saranno prevalentemente abbozzati, o non rifiniti, fattore che risulterà un peccato, visto il livello generale di tutte le altre componenti di questa serie.
Fortunatamente, per il resto, come negli sfondi o durante momenti più tranquilli e distesi, si denoteranno molto meno tali carenze, specialmente nelle ensemble il comparto riuscirà a reggere e a ben mostrare i virtuosismi e le tecniche con cui va suonato tale caratteristico strumento, riuscendo anche a creare coinvolgenti e appassionati effetti visivi, che trasportano lo spettatore in un'altra realtà, che, insieme alla musica, eleveranno l'animo dello spettatore a un piano prettamente emotivo, riuscendo a non tenere conto del lato materialistico e visivo della serie in sé.

Per il lato sonoro, come anticipato e rimarcato più volte, soprassedendo sul fatto scontato che si sta parlando di una serie incentrata sulla musica, c'è da notare tutta la regia, che permetterà di far girare l'intera carica emotiva su un pezzo particolare, ascoltandolo e risentendolo, più e più volte, a pezzi, durante gli allenamenti dei protagonisti, fino ad arrivare all'apice dell'attesa, culminando nell'esibizione, tanto attesa e agognata, carica di aspettative e speranze, per poi sciogliersi nel mero divertimento personale di poter suonare uno strumento insieme ai propri amici.

Questa è la principale bravura del comparto sonoro di questa serie, il rendere molto bene il clima generale della musica, suonata durante le scuole superiori, cioè sottofondo di vite adolescenziali, momenti e attimi fugaci vissuti, all'apparenza solo per il torneo o l'esibizione di turno, per poi rendersi conto che il risultato sarà certamente importante, ma lo è ugualmente tutto il sottofondo sonoro, composto dai chiacchiericci con gli amici e compagni, le difficoltà, le preoccupazioni della vita di tutti giorni, che corrono accompagnando la musica suonata in compagnia.
Oltre a ciò, anche i seiyuu faranno un lavoro esemplare, con un'interpretazione spesso emotiva e sentita, riuscendo a ben caratterizzare i propri personaggi, rendendo reali le loro peculiarità emotive, dove ci sarà chi è irruento, chi sarà pacato, chi emotivo e chi chiuso in sé stesso. Ognuno di questi elementi sarà ben rappresentato dalla loro recitazione sul personaggio appropriato.

In definitiva, "Kono Oto Tomare!" è una serie gentile, nel suono e nelle sue componenti, perché, nonostante tratti di tematiche spesso toccanti, ci permette di viverle e affrontarle con i nostri protagonisti, senza sorvolarle con il buonismo o perbenismo, ma facendoci capire che, alla fine, l'importane è provarci, non darsi per vinti, rialzarsi, con tutte le proprie forze, fino alla fine, senza rimpianti.

Mirokusama

Episodi visti: 26/26 --- Voto 8
“Ferma questo suono!”. Confesso che ho fatto sempre fatica a capire perché questa serie avesse un nome simile, visto che, trattando un argomento musicale, è un po’ come se “Slam Dunk” si fosse chiamato “Sbaglia questo canestro!”. Non conosco le intenzioni che aveva Amyū, la mangaka che ha creato l’opera originale da cui è derivato quest’anime e che magari avrà anche spiegato la cosa, quando ha fatto questa scelta, ma in compenso conosco quello che ha creato, un’opera davvero bella dove, a discapito del titolo, quello che non vorresti mai fermare è proprio la musica, insieme all’evoluzione e alle storie dei personaggi che la creano.

“Kono Oto Tomare!”, il nome originale della serie, narra le avventure del Club di Koto, uno strumento musicale tradizionale giapponese, della Scuola Superiore Tokise che, nel momento in cui inizia l’anime, naviga decisamente in cattive acque. Takezo Kurata infatti, studente al secondo anno delle superiori, è rimasto l’unico membro effettivo del club che rischia in questo modo la sua cancellazione, nonostante Takezo desideri che possa proseguire la sua attività, anche per rispetto alle senpai che l’hanno preceduto, instillandogli l’amore per quello strumento. In suo soccorso, anche se in maniera molto più contorta di quanto possa sembrare messa così, arriveranno Chika Kudo, studente del primo anno con la fama del teppista, e Satowa Hozuki, anche lei una primina ma pure una conosciutissima suonatrice di koto, che si iscriveranno al club, ridandogli la linfa vitale necessaria alla sua sopravvivenza. Completeranno il quadro Mittsu, Sane e Kota, tre grandi amici di Chika, e infine Hiro Kurosu, studentessa del secondo anno dalle intenzioni inizialmente ostili. Chiuso il cerchio sulla formazione del club, la serie seguirà quindi gli sforzi di questi sette ragazzi nel migliorarsi, sia come musicisti che come persone, e nell’evidenziare il loro talento in un ambiente ostile che più volte proverà ad ostacolarli.

Da questo punto di vista, “Kono Oto Tomare!” si inserisce solidamente nel filone di quegli anime che affrontano la vita scolastica dei personaggi unendola a un’attività extra, che faccia da catalizzatore di attenzione per chi li segue e serva agli stessi personaggi per crescere e maturare durante il loro cammino. Genericamente è uno sport ad avere questo ruolo “formativo” di sviluppo e aggregazione, ma in questo caso invece tocca alla musica, e in particolare al koto, che ritengo uno dei motivi di maggiore interesse e successo della serie e, a livello personale, uno di quelli che più mi hanno entusiasmato. Il koto è uno strumento a corde tradizionale giapponese simile, in quanto suo derivato, al guzheng cinese; è formato da una cassa armonica piuttosto voluminosa, lunga circa due metri, sulla quale passano tredici o diciassette corde, a secondo dell’uso a cui sarà destinato, tese su un ponticello mobile; in virtù di questa sua forma viene paragonato a un drago cinese disteso, tant’è vero che le parti da cui è formato vengono chiamate ‘schiena del drago’, per riferirsi al corpo centrale, e ‘testa e coda del drago’, per riferirsi alle sue estremità. Si suona ponendosi inginocchiati o seduti di fronte ad esso e pizzicando le corde con dei plettri particolari che si posizionano su pollice, indice e medio della mano destra, e il suono che deriva dalla sua esecuzione è molto particolare; per rendere l’idea, sembra più delicato di una chitarra acustica ma più forte di un’arpa. Quel che importa però sono le atmosfere che riesce a creare e come sia versatile per suonare sia pezzi lenti sia brani più ritmati e veloci, melodie alle quali non ero evidentemente abituato e che ho trovato incredibilmente affascinanti e coinvolgenti, tanto che gli episodi in cui l’esibizione del club sublimava il lavoro visto nei precedenti sono tra quelli che ho preferito in assoluto tra tutte le serie animate che ho seguito l’anno scorso. Chiaramente, non di solo koto poteva nutrirsi questa serie, per esprimere i suoi pregi e catturare l’interesse di chi l’ha guardata; nello specifico un ruolo molto importante è rivestito dalle personalità dei personaggi che, nel caso dei protagonisti principali, sono piuttosto curate e interessanti. Su tutti spicca Chika Kudo, ragazzo dall’atteggiamento ribelle, desideroso di entrare nel club di koto per seguire le orme del nonno recentemente scomparso, che era un costruttore di questo strumento e quel club l’aveva addirittura fondato, ma anche per riabilitare la sua figura di ragazzo violento e per questo isolato e incompreso dalla maggioranza delle persone nonostante il suo animo gentile. Gli fa da contraltare, causando in questo modo anche diversi e divertenti siparietti comici, la personalità di Takezo, ragazzo serio e posato ma anche timido e insicuro, che con la sua esperienza farà da collante nei momenti iniziali della rinascita del club, quando dovrà gestire anche l’altra protagonista principale dell’anime, quella Satowa Hozuki, erede di una grande e famosa scuola di koto, per la quale questo strumento rappresenta una fonte di piacere e dannazione al tempo stesso, visto che l’ha allontanata dal nucleo familiare a causa della sua ribellione alle pressioni insopportabili che la madre riponeva su di lei nel momento in cui sarebbe dovuta succedere al padre purtroppo scomparso. Non altrettanto convincenti ho trovato nella parte iniziale la caratterizzazione degli altri personaggi, che subiscono comunque una crescita notevole durante la serie, passando dall’essere figure ‘riempitive’ necessarie quasi solo a raggiungere il numero legale per tenere vivo il club, fino al diventare elementi fondamentali nelle dinamiche musicali, ma anche sociali, che animano la vita dello stesso. Marginali invece restano le figure delle scuole rivali, approfondite un po’ verso la fine ma mai davvero paragonabili allo spazio riservato ai personaggi principali, un difetto questo, se vogliamo, visto che in queste serie di solito la figura di un rivale è motivo di ulteriore sforzo e sacrificio nel migliorarsi da parte dei protagonisti, ma trascurabile perché in questa serie i veri rivali dei protagonisti sono loro stessi e, per alcuni, il loro passato da affrontare e superare. Nell’intrecciare queste esperienze l’anime si dipana attraverso sequenze classiche, ma non per questo meno accattivanti, fatte di esercizi continui al limite dello sfinimento, ritiri per isolarsi e aumentare l’amalgama del gruppo, amicizie da consolidare e, in alcuni casi, ritrovare dopo incomprensioni e incertezze, senza dimenticare le prime cotte da gestire tra più o meno evidenti imbarazzi per evitare di intaccare l’armonia venutasi a creare in quel momento; niente di particolarmente originale, insomma, ma capace comunque di rendere “Kono Oto Tomare!” quel giusto mix di passione, dramma e divertimento in grado di coinvolgere lo spettatore, farlo affezionare alle vicende dei personaggi e, inaspettatamente, appassionarsi a un argomento che magari non aveva mai incontrato prima in vita sua.

Non altrettanto lusinghiere sono le mie critiche sul lato tecnico, che ho trovato buono ma anche un po’ dozzinale, senza nessun elemento che lo elevasse particolarmente sulle altre serie, fatta eccezione per le tracce musicali di koto. L’anime, composto da ventisei episodi divisi in due cour trasmessi nel 2019, è opera del giovane studio Platinum Vision ed è, come ho ricordato all’inizio, una trasposizione del manga di Amyū, mangaka conosciuta precedentemente anche come Amyū Sakura, pubblicato dal 2012 su Jump Square della Shueisha e ancora in prosecuzione. Ed è proprio dal manga che la carachter designer, Junko Yamanaka (“Detective Conan”, “RE:Life”), ha preso spunto nel riprodurre i personaggi, non riuscendo ad ottenere però un risultato altrettanto gradevole: molto più morbido e delicato risulta il tratto della Amyū, infatti, mentre quello dell’anime è più rigido e spigoloso, non trasmettendo lo stesso ‘calore’ che si percepisce nella controparte cartacea. Buoni, per quanto abbastanza ordinari, i fondali e le ambientazioni della serie, prevalentemente scolastiche, mentre fanno il loro dovere le animazioni abbastanza semplici e funzionali alla storia, ma molto gradevoli da vedere nelle esibizioni dei ragazzi animate sempre in tecnica tradizionale, e per questo ancora più affascinanti; queste sono anche le uniche occasioni in cui può brillare la regia di Ryōma Mizuno, sequenze immaginifiche in cui ci si può davvero immergere rapiti dal suono. Perché è sicuramente la colonna sonora il punto di forza su cui “Kono Oto Tomare!” può fare maggiore affidamento, non tanto nelle musiche create da Kei Haneoka, sicuramente adatte alla situazione ma non memorabili alla fine, quanto piuttosto nei brani di koto che è possibile ascoltare durante la serie, compresi quelli suonati dai club delle scuole rivali, nonostante siano, ovviamente, quelli del club della scuola Tokise a ricevere maggiore spazio; e proprio tra questi vale la pena ricordare i tre pezzi che i sette ragazzi suoneranno nelle esibizioni principali della serie, vale a dire ‘Kuon’ (久遠 - ‘Eternità’), che rappresenta l’esordio del nuovo club in una competizione ufficiale, e, soprattutto, i due pezzi scritti dalla compositrice Migiwa Hashimoto, ‘Ryūseigun’ (龍星群 - ‘Sciame di meteore’) e ‘Tenkyū’ (天泣- ‘Pioggia da un cielo senza nuvole’), che sono rispettivamente il primo e l’ultimo eseguito dai protagonisti in quelli che sono sicuramente i momenti più intensi e coinvolgenti dell’anime. Ottimo è anche il doppiaggio giapponese della serie, affidato a un gruppo di artisti collaudati e capaci, che ormai si sentono spesso e volentieri più di una volta nelle varie serie annuali e tra i quali è doveroso ricordare almeno quelli dei tre personaggi principali, vale a dire Yūma Uchida (Chika), Atsumi Tanezaki (Satowa) e Jun'ya Enoki (Takezo), ai quali aggiungo Shota Aoi (Mio Kanzaki) che vale la pena citare non solo per il suo buon doppiaggio ma anche perché è il cantante delle due opening della serie, ‘Tone’ e ‘Harmony’, due brani semplici che possono risultare piacevoli se si apprezza il tono della voce di Aoi, cosa che faccio onestamente fatica a fare; anche le due ending, ‘Speechless’ e ‘Rainbow’, che non si segnalano particolarmente né a livello musicale né video, sono cantate da un membro del cast dei doppiatori, ossia il bravissimo Yūma Uchida.

Nel tirare le somme su questa serie, insomma, non posso che ribadire il suo valore e la sua bellezza, soprattutto sonora; non conoscendo il manga originale, non posso giudicare eventuali storture nell’adattamento, ma quanto visto in questi ventisei episodi, nonostante adattino una storia ufficialmente non conclusa, è assolutamente meritevole di fiducia e di una visione, visto che, pur lasciando aperta una porta al futuro, è una serie godibilissima che si può apprezzare anche col finale mostrato (ma un possibile prosieguo non sarebbe certamente disprezzato...), e che non dovrebbe faticare ad appassionare gli amanti degli anime attratti non solo dai classici elementi scolastici, musicali e slice of life, ma anche da quegli aspetti della variegata cultura giapponese sconosciuti che, personalmente, mi fa sempre piacere apprendere. Per tutti gli altri che non si ritrovano in questa descrizione, non resta che provare lo stesso e scommettere sul fascino ammaliante del koto!