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 5
Kotaro

Episodi visti: 12/12 --- Voto 5
Quello del protagonista che giunge in un altro mondo e ne diventa l'eroe è un elemento narrativo sfruttatissimo, interessante e che, tutto sommato, funziona sempre... tranne in "La leggenda di Arata", dove, pur essendoci il protagonista che giunge in un altro mondo, manca l'elemento fondamentale: l'eroismo.
Ma andiamo con ordine...

"Bignami" dei primi volumetti dell'omonimo manga firmato da Yuu Watase, "La leggenda di Arata" ricorda un po' la trama di "Fushigi Yuugi", l'opera più famosa dell'autrice.
Anche qui, infatti, ci sono due personaggi che dal mondo reale finiscono in uno fantastico dove si trovano a combattersi fra loro, solo che qui sono due ragazzi di sesso "maschile" (le virgolette temo siano d'obbligo, come avremo modo di vedere). Del resto, incredibile ma vero, "La leggenda di Arata" è uno shounen, quindi una storia diretta ad un pubblico maschile. Quale lettore di sesso maschile possa interessarsi a degli eroi così bellocci e smorti è un mistero, ma tant'è...
L'elemento di maggior originalità della storia è lo "scambio di persona" fra il protagonista terrestre Arata e il suo omonimo principe di un mondo fantastico, ma quest'ultimo personaggio non viene minimamente preso in considerazione dalla serie animata, salvo qualche sparuto siparietto.
Decisamente un peccato, poiché era un personaggio interessante e vivace, che avrebbe potuto dare molto alla narrazione, magari anche con qualche buono spunto comico.
Il grosso della narrazione, ahinoi, è dedicato all'Arata del mondo terreno e alla sua (tutt'altro che) eroica missione. Il nostro (solo sulla carta) eroe si troverà a dover salvare il mondo fantastico in cui è capitato, che, dopo la scomparsa della sua reggente, è in preda a guerre civili fra i vari generali che ne hanno macchinato la sparizione. Sentite la sigla di "Rayearth" spandersi in sottofondo mentre leggete queste righe? Non avreste torto, e anzi fareste pure bene a tornare a guardare quello, anni luce più bello rispetto a questo insulso "La leggenda di Arata".

Quando lavorava a "Marmalade Boy", l'editor di Wataru Yoshizumi le vietò di creare una storia con un protagonista maschile perché "quando voi donne create un protagonista uomo, lo fate sempre effeminato e privo di carattere".
Forse che gli editor della Shueisha han più sale in zucca rispetto a quelli della Shogakukan, dal momento che, invece, Yuu Watase ha realizzato una storia con un protagonista maschile che, almeno stando a quanto viene mostrato nell'anime, è effettivamente effeminato e privo di carattere?
Il nostro Arata è, infatti, un ragazzo solitario, piagnucolone e privo di qualsivoglia spina dorsale, che, nel suo mondo, ha mollato la scuola rinchiudendosi in casa a causa di non meglio identificati episodi di bullismo. Una volta catapultato in un mondo fantasy di cui, in teoria, è destinato a diventare l'eroe, la situazione, ahinoi, non migliora di certo. Con in pugno un'arma leggendaria che è più da difesa che d'attacco, Arata mai prenderà piena coscienza della sua missione, continuando a frignare, a fare monologhi pallosi, a far comunella con gli altri personaggi che incontrerà in nome di sofferenze, solitudine ed emarginazione, più piangendo per loro e compatendoli che offrendosi di aiutarli.
A nulla serve parargli davanti come avversario Kadowaki, il suo ex amico responsabile del bullismo che subiva a scuola, anch'egli catapultato nel mondo fantastico ma dall'altra parte della barricata: un po' perché la serie ha solo dodici puntate e troppa carne al fuoco (che non viene sfruttata) per il poco tempo che ha disposizione per cuocerla, un po' perché entrambi i personaggi sono terribilmente patetici, un po' perché "La leggenda di Arata" è molto più interessato alle lagn... coff... approfondimento psicologico dei personaggi che ai combattimenti, il loro tanto atteso scontro risolutore finisce in una deludentissima bolla di sapone.

Tutto, in "La leggenda di Arata" è moscio, ammorbante, lento, noioso, tendente al femmineo, e questo, per una serie fantasy d'azione, eroi, guerra, intrighi, cappa e spada, è decisamente fastidioso.
Di Arata e di quanto sia noioso si è già detto, ma gli alleati e avversari che gli si parano davanti non son certo meglio di lui.
Il "cattivissimo" Kadowaki, che perseguita e tiranneggia il povero protagonista, è, in realtà, un cretino che ha deciso di prendere Arata come capro espiatorio per la sua frustrazione in base a patetici film mentali con motivazioni ridicole, decisamente troppo povere per giustificare un odio e una persecuzione così grandi, addirittura a un universo parallelo di distanza.
I generali avversari sono tutti bellocci e caratterialmente mosci (se Arata fosse una femmina, la storia sarebbe stata un perfetto otome game con lei che doveva passarseli uno ad uno), nonché succubi della brevità della storia: alcuni di essi vengono solo accennati e non compaiono attivamente, altri sì ma hanno poco spazio e ne escono ugualmente con le ossa rotte. Si salva il solo Kannagi, in quanto "cattivo redento" (più per convenienza che per carisma di Arata, ovviamente), categoria sempre interessante. Peccato che la sua backstory sicuramente avrà molto altro da dire rispetto a quello che viene mostrato.
Gli altri due personaggi che accompagnano il protagonista, ossia i classici ragazza e ragazzino, non servono assolutamente a nulla, ed è come se non ci fossero.
Ogni personaggio ha una spada con poteri particolari, ma i combattimenti non sono granché, a dispetto dei begli effetti speciali degli attacchi, poiché ai personaggi manca tutto ciò che degli eroi, dei combattenti, dovrebbero avere: la potenza, la fiducia, la virilità. A chi importa di vedere delle femminucce che agitano le spade e piagnucolano perché subivano bullismo a scuola, perché la mammina o il papino non gli volevano bene, perché gli è morta in passato la fidanzatina o la sorella? Son più virili e toste le Pretty Cure, insomma, e parliamo di maghette con i vestiti rosa pieni di balze, frizzi e fiocchi!

L'idea alla base di "La leggenda di Arata" non è male e, ogni tanto, ha pure qualche elemento interessante, in primis l'ambientazione, che pesca a piene mani per nomi, strutture architettoniche, culti, strutture politiche dall'antico Giappone, così come, invece "Fushigi Yuugi" metteva in scena un'affascinante antica Cina. Anche l'idea dello scambio di persona fra i due Arata è intrigante, così come il romanzo di formazione dell'Arata terrestre che, in teoria, dovrebbe crescere, formare attorno a sé un gruppo di compagni e vincere i combattimenti acquisendo fiducia in se stesso. Purtroppo, le vicende dell'Arata fantastico nel mondo reale sono ridotte all'osso, e l'Arata terreno, abbiam detto, oltre a lagnarsi, piagnucolare e contagiare chi lo circonda coi suoi piagnistei e il suo ammorbo non fa (se Arata o qualcuno dei personaggi di questa serie, ogni tanto, sorridesse, non morirebbe nessuno).
La narrazione naufraga così ben presto nella noia, rendendo questo "La leggenda di Arata" un anime pesante, irritante e inutile, dato che la storia finisce con un nulla di fatto. Probabilmente, il manga originale ha una narrazione più completa, che dona ai personaggi una caratterizzazione più a tutto tondo, rendendoli meno patetici e noiosi, e forse quella di Arata nel manga sarà davvero una "leggenda", chissà. Forse una eventuale seconda stagione animata potrebbe rattoppare qualche difetto e far migliorare i personaggi, ma dubito che verrà mai realizzata, e questo primo impatto con "La leggenda di Arata" non è certo positivo.
Anche a livello tecnico non è nulla di speciale, con un design classico da serie per un pubblico femminile (ma non era uno shounen?) piena di bellocci con voci noiose, tanta computer grafica qua e là e una colonna sonora insipida.

E' una serie da sconsigliare, poiché non riesce ad approfondire i suoi elementi creando un'empatia fra personaggi e spettatore, si conclude a fatica data la pesantezza della narrazione e viene dimenticata in fretta, senza lasciare nulla.
Per chi cerca storie epiche con eroi salvatori giunti da un'altra dimensione, il panorama dei cartoni animati giapponesi offre molto di meglio rispetto a questa insipida avventura che poi tanto avventura non è, quanto più una seduta dallo psicologo che però non risolve i problemi del paziente.


 4
Arashi84

Episodi visti: 12/12 --- Voto 6
Avete presente "Fushigi Yuugi"? Il manga/anime più famoso di Yuu Watase? Bene, se la risposta è sì, la ricetta per creare "Arata Kangatari" è piuttosto semplice: come primo passo, prendete le due protagoniste della prima opera, Miaka e Yui, e trasformatele in due maschietti, rispettivamente chiamati Arata Hinohara e Masato Kadowaki. Dopodiché rimaneggiate un po' i loro caratteri, e fate sì che l'allegra e solare Miaka diventi il triste e sconsolato Arata, un ragazzo che a causa dei soprusi, del bullismo subito a scuola e del tradimento di un presunto amico, si è rinchiuso in se stesso, rifiutando ogni contatto umano. Per Yui il discorso è più semplice, basta esacerbare i suoi difetti e i suoi lati negativi per ottenere Kadowaki, un ragazzo invidioso, frustrato e patetico all'ennesima potenza. Il terzo passo consiste nello scaraventare i due in un mondo fantasy in cui uno si dedicherà a perseguitare l'altro e quest'ultimo non farà altro che fuggire, piangere, lagnarsi e al contempo bearsi del fatto che in fondo è nato con la camicia e si ritrova con il miglior gruppo possibile di compagni di avventura, compresa la ragazza bella e formosa. Per finire, fate cuocere a fuoco lento per dodici episodi, tirando fuori dal forno la pietanza anche se è palese che non sia ancora del tutto cotta.
Il piatto "Arata kangatari" è così servito, ma attenzione, potrebbe risultare indigesto o quantomeno insapore.

Ironia a parte, il punto di partenza di "Arata Kangatari" è proprio questo: l'avventura di due nemici/amici catapultati in un mondo sconosciuto in cui possono fare uso di poteri straordinari per riportare la pace sovvertita da un colpo di stato, o al contrario, possono decidere di approfittare di questo caos per dominare il mondo e porre fine una volta per tutte a vecchi rancori. In qualche modo, il brodo è simile a quello di "Fushigi Yuugi".
Da lettrice del manga di "Arata Kangatari" non posso fare altro che confrontare la versione cartacea con quella animata, decretando la sconfitta assoluta di quest'ultima. Anche se di base "Arata Kangatari" ha una storia semplice, non molto originale nei suoi aspetti principali e un andazzo iniziale non troppo frenetico, nel manga la caratterizzazione, il background dei personaggi e le loro relazioni, l'intreccio narrativo e l'alternarsi di momenti comici e drammatici rendono la lettura scorrevole e piacevolissima, coinvolgendo a poco a poco il lettore e suscitandone la curiosità. Nella trasposizione animata purtroppo, tutto ciò viene a mancare, difatti i pochi episodi a disposizione e le scelte di sceneggiatura, eliminano ciò che rende il manga interessante, offrendo una caratterizzazione dei personaggi scarna e poco chiara. Gli esempi più evidenti riguardano proprio i personaggi principali, cioè Arata Hinohara, l'altro Arata, Kadowaki, Kannagi e Kotoha.
Arata Hinohara (quello del nostro mondo) è dipinto come un personaggio perennemente depresso, triste e indeciso: bisogna premettere che Arata è stato concepito non come il classico eroe figo e sicuro di sé che, una volta arrivato nel nuovo mondo, prende immediatamente la situazione in mano e decide senza dubbio alcuno di salvare tutti e rimettere le cose a posto. Arata è un ragazzo che ha subito atti di bullismo molto pesanti e che a causa di ciò ha perso la fiducia in sé e nel prossimo, autoetichettandosi come persona inutile e patetica. In conseguenza a ciò, il suo personaggio risulta poco eroico e positivo. Allo stesso tempo però, dopo lo spaesamento iniziale, nel manga ci viene mostrato un Arata più deciso, pimpante e reattivo, capace addirittura di divertirsi e creare simpatiche gag assieme ai compagni di avventura. Eliminando dall'anime tutti gli intermezzi comici, di Arata resta solo la figura triste e depressa, che ti fa venir voglia di mollargli due schiaffoni a episodio.
Arata Hime invece, che già nel manga appare in misura minore rispetto ai personaggi dell'altro mondo, viene ulteriormente messo da parte, eliminando molte delle sue apparizioni, specie quelle più divertenti o in coppia con un altro personaggio che è stato del tutto eliminato.
Kadowaki è di per sé un personaggio patetico, ma nel manga la sua situazione familiare e il conseguente accumulo di frustrazione e odio mal direzionati, sono esposti in maniera più chiara e dosata, rendendo il personaggio non meno patetico ma quantomeno un po' più credibile.
Kannagi, così come Arata Hinohara, soffre della mancanza delle scene di slice of life e dei siparietti comici che avrebbero messo in luce altri lati del suo carattere, tutte quelle sfaccettature che nell'anime stentano a emergere, presentando così un personaggio abbastanza piatto o comunque dall'evoluzione facilmente prevedibile.
Kotoha infine, è il personaggio più insulso e inutile della serie, ancor meno interessante di quanto non fosse nel manga, sede in cui ha anche un po' il ruolo di personaggio fanservice che tra una situazione imbarazzante e l'altra riesce comunque a dare degli spunti per conoscere meglio Arata, trovando in tal modo una sua utilità all'interno del contesto.
Anche i personaggi secondari non fanno proprio una bella figura, risultando anonimi o poco credibili.
Insomma, la caratterizzazione dei personaggi è solo abbozzata, troppo veloce e superficiale, del tutto priva di sfumature e dettagli che possano permettere di prenderli in simpatia o di affezionarvisi. E' ovvio che in questi dodici episodi ci viene mostrata solo la loro situazione iniziale e le evoluzioni si vedono a stento, ma se arrivati al dodicesimo episodio lo spettatore non prova particolare empatia/simpatia nei confronti dei protagonisti, o addirittura prova solo il forte impulso di colpirli ripetutamente con una mazza da baseball, allora qualcosa non ha funzionato a dovere.

C'è da dire però che per lo spettatore che non conosce il manga, "Arata Kangatari" risulta una serie abbastanza scorrevole, che si lascia guardare senza intoppi e che riesce a instillare la giusta curiosità che permette di proseguire la visione per scoprire come andranno avanti le vicende. L'idea del protagonista trasportato in un mondo alternativo è di per sé abusata, ma risulta comunque una scelta azzeccata poiché offre una gamma infinita di possibilità di sviluppo. Il fatto che la serie conti un vasto numero di coprotagonisti rende la visione interessante, presentando situazioni e personaggi nuovi quasi in ogni puntata. Il problema principale sta tutto nella loro caratterizzazione, decisamente scialba se non addirittura irritante: il portabandiera di questa disastrosa situazione è Masato Kadowaki, un uomo che, smosso da istinto omicida, verrebbe a cercarvi fin dentro casa solo perché gli avete inavveritamente pestato le scarpette nuove. Il ragazzo è un personaggio terribilmente triste, succube di una situazione familiare oppressiva e di cronica mancanza di fiducia in se stesso che lo portano a sfogare rabbia e frustrazione sul malcapitato di turno, in questo caso il povero, piccolo e inerme Arata Hinohara, altro campione di tristezza a palate e nichilismo di bassa lega. Purtroppo però, Kadowaki (come in buona parte anche Arata) non riesce a mostrare dei lati buoni, che possano suscitare compassione o tenerezza verso di lui, al contrario, il suo isterismo da ragazzina acida lo rende detestabile e privo di spessore. Egli è, in due parole, un cretino qualunque. Debole e codardo, sembra il fidanzatino in preda alla crisi isterica a causa del comportamento, a suo dire errato, della fidanzatina, la quale non si spiega il perché di tanta rabbia e non può fare altro che piangere in attesa del suo perdono. Nel caso specifico, il ruolo di fidanzatina lacrimante è affidato ad Arata Hinohara, perché sì signori e signore, l'anime di "Arata Kangatari" più che un'avventura fantasy, sembra la storia di due innamorati ai tempi di Facebook, tempi in cui ragazzotti abbastanza cresciuti, non riescono ad affrontarsi faccia a faccia per risolvere i loro diverbi. Se nell'ultima puntata sembra che Arata accenni a un piccolo cambiamento del suo animo e del suo modo di pensare, Kadowaki sembra un cavallo con i paraocchi e nonostante stia vivendo un'esperienza al di là di ogni immaginazione, continua a nutrire il suo stupido odio senza curarsi del resto e senza evolversi, anzi, ottenere il potere gli fa andare ancora di più il sangue alla testa facendolo regredire piuttosto che evolvere. Anche un Digimon allo stato embrionale è più evoluto di Masato Kadowaki!

Purtroppo, i difetti sopraccitati e un errato mix di sentimento/azione (che pende notevolmente a sfavore della seconda) non permettono all'anime di andare oltre la sufficienza, giacché "Arata Kangatari" risulta semplicemente gradevole ma non memorabile, peggio ancora se l'anime viene messo a confronto con il manga, risultando così una brutta, spicciola e in parte ingannevole pubblicità per l'opera originale.

Neanche sul versante tecnico "Arata Kangatari" brilla per qualche aspetto in particolare: il chara mal riprende lo stile della Watase, i personaggi perdono gran parte della loro bellezza, leggiadria e morbidezza, risultando poco affascinanti e spesso troppo smilzi (Kannagi è in tal senso l'esempio migliore). Le animazioni traballano, nel corso delle puntate non mantengono un buon andamento e rendono i personaggi statici e legnosi. Molto belle invece le parti in computer graphic, soprattutto lo scintillio dorato della hayagami di Arata. Nessuna nota particolarmente positiva neanche sul fronte doppiaggio, laddove i doppiatori non sono riusciti con la loro recitazione a sopperire alla mancanza di personalità dei protagonisti: neanche i bravi Yuuki Ono su Kannagi e Nobuhiko Okamoto su Arata Hinohara riescono nell'impresa, risultando un po' anonimi. Il migliore si dimostra forse Ryouhei Kimura, doppiatore di Kadowaki, il problema in questo caso è che ogni volta che tal personaggio parla risulta detestabile, ripetitivo e irritante, quindi sarebbe stato meglio sentirlo il meno possibile. La colonna sonora non è eccezionale ma una nota di merito va alla sigla di apertura, "Genesis Aria", cantata dalle Sphere, un gruppo composto da quattro ragazze che, incrociando le loro voci, creano una dolce melodia dal sapore magico e misterioso.

"Arata kangatari" racchiude in sé l'essenza del "male" degli anime moderni: tagli alla storia originale, frettolosità, obbligo di far avanzare la trama e arrivare a un punto di svolta nei pochi episodi a disposizione e conseguente sintesi eccessiva delle situazioni, che sono quindi liofilizzate al massimo eliminando tanti dettagli piccoli ma importanti. Da ciò derivano tutti i problemi di cui si parlava prima, su tutti, una caratterizzazione superficiale dei personaggi e situazioni poco credibili poiché male esplicate. L'anime copre circa sette volumi del manga, quindi la speranza è che "Arata Kangatari" possa prima o poi disporre di una seconda serie che, oltre a far avanzare la trama, possa approfondire e migliorare la caratterizzazione dei personaggi e il loro background. "Arata Kangatari" è, in tre parole, una grossissima delusione.


 1
Rygar

Episodi visti: 12/12 --- Voto 9
Nello scrivere codesta recensione intendo scusarmi in anticipo con gli appassionati delle opere di Yuu Watase, in quanto, dal momento che non letto alcun suo manga, ed approcciandomi per la prima volta in questa sua opera, probabilmente non considero alcuni fattori determinanti (come ad esempio alcune scene del manga omesse nell'anime), per cui accetterò ogni suggerimento ed informazione supplementare al fine di rendere più veritiero quanto scritto. Fatta questa dovuta premessa, cari amici, debbo confessarvi che a me quest'opera è piaciuta moltissimo. L'ho trovata molto avvincente ed interessante, e come tale, un ottimo prodotto della stagione primaverile 2013.

La leggenda di Arata è un anime della stagione primaverile 2013 composto da 12 episodi di durata canonica. L'opera deriva dall'omonimo manga 2009 uscito in Italia nel 2010.

Trama: esistono 2 mondi in due dimensioni parallele. Il pianeta Terra e il mondo di Amawa. Tali mondi sembrano del tutto scollegati, tranne per una strana foresta presente in quest'ultimo mondo che sembra contenere un portale dimensionale. Chi lo attraversa giunge nel pianeta Terra a patto che un terrestre scambi con lui la sua posizione e giunga nel mondo di Amawa in sua vece. Nel mondo di Amawa esiste la principessa Kikuri del casato Hime, dotata del potere di dominare le Hayagami (ossia divinità sottoforma di spade), e con esse, i 12 Generali Custodi delle Hayagami. La principessa, ormai raggiunti i 60 anni, deve cedere il passo all'erede, tuttavia nella famiglia Hime non esiste alcuna femmina, per cui il giovane Arata Hime è costretto a travestirsi da ragazza per la successione. Durante la cerimonia di successione i 12 Generali Custodi ordiscono un colpo di stato e uccidono Kikuri e accusano Arata di cospirazione e tradimento. Arata fugge in una misteriosa foresta, dove si dica che chi vi s'imbatte non faccia più ritorno.
Sul pianeta Terra, in Giappone, vive Arata Hinohara, in passato vittima di ripetuti attacchi di bullismo e desidera una vita da liceale serena. L'attivazione del portale nel mondo di Amawa fa si che i 2 Arata si scambino, e nessun indigeno sembra notare la differenza di aspetto. Solamente la differenza caratteriale sembra emergere. I 2 Arata dovranno affrontare le insidie che i rispettivi mondi offrono, in particolare Arata Hinohara, costretto a combattere i 12 Generali Custodi affinché riporti la pace in quel mondo.

Grafica: valutazione complessivamente positiva nel comparto grafico. Le ambientazioni sono molto variegate, affascinanti e sufficientemente curate. Le animazioni deludono un po', in quanto sembra che siano state inserite in un secondo momento e con risultati talvolta discutibili. Il character design è molto bello e piacevole e risulta piuttosto fedele all'originale manga. Monster design gradevole.

Sonoro: ottimo su tutti i fronti. Opening dolce, suggestivo e delicato. Ending più vitale ed energico. Splendidi OST che esaltano ogni momento dell'anime. Ottimi effetti sonori. Doppiaggio all'altezza della serie.

Personaggi: giudizio piuttosto positivo anche su questo comparto. La caratterizzazione di ciascun personaggio è ottima, così come la loro interazione. Il lato introspettivo non viene trascurato. Più che pregevole la grande evoluzione di ciascun personaggio. Possono apparire discutibili le ragioni dell'astio di Kadowaki nei confronti di Arata Hinohara.

Sceneggiatura: dovendo considerare alcuni giudizi più esperti del mio (sembra siano state tagliate diverse scene), probabilmente il giudizio non sarebbe così positivo, in ogni caso la gestione temporale risulta ottima, con parallelismi temporali azzeccati e fluidi. Di tanto in tanto si percepiscono alcuni flashback. Il ritmo degli episodi è piuttosto sostenuto. Sono presenti sovrabbondanti scene di combattimento e violenza. Il fanservice è quasi del tutto assente. I dialoghi sono ben strutturati.

Finale: il finale conclude l'arco di Yorunami, ovviamente non è conclusivo, ma comunque bello e piacevole. Si confida in una seconda serie, magari di più ampio respiro.

In sintesi: l'anime di Arata mi è piaciuto così tanto che mi ha convinto ad acquistare il manga. In ogni caso questa è un'ottima serie, piacevole, fruibile e coinvolgente. A causa della mancanza della visione del manga al momento la mia valutazione è distinta. Consigliato agli amanti del fantasy.