Se penso ad arco e frecce le prime figure che mi vengono in mente sono Kikyo e Kagome di Inuyasha. Ma cercando e chiedendo in redazione, la lista potrebbe essere lunghissima: Rei (Sailor Mars) di Sailor Moon ha un arco e una freccia fatta di fiamme, Madoka in Puella Magi Madoka Magica, Yue di Card Captor Sakura, Archer (e con un nome così, non poteva essere altrimenti...) di Fate/Stay night, Yoichi di Owari no Seraph, Ashitaka nella Principessa Mononoke, Yona di Akatsuki no Yona, solo per citarne alcuni. Questo perché in Giappone esiste e ha un grosso seguito il Kyudo, che è considerato una delle arti marziali tradizionali, al pari del kendo, dello judo, dell’aikido o del karate e che racchiude in sé una vera e propria filosofia di vita.
 

Il Kyudo è considerato più di un semplice sport: centrato su valori di verità, bontà e bellezza, insegna in un colpo solo tradizione, moralità e controllo di sé. Le sue origini vengono da molto lontano: è stato scoperto un oggetto simile ad un arco databile durante l'età della pietra. All'epoca delle guerre medioevali, il suo nome era kyujutsu ed era composto da un complesso sistema di pratiche e di tecniche e una varietà inizialmente ampia di stili.
Prese un ruolo sempre più importante con il passare degli anni, tanto da non mancare mai nelle cerimonie che si tenevano alla corte imperiale. Durante il periodo Kamakura, fece la sua comparsa anche il tiro con l'arco equestre e ai tempi del periodo Edo, l'arco era considerato la prima arma che gli aspiranti guerrieri dovevano imparare a maneggiare, ma con l'arrivo delle armi da fuoco nel XVI secolo, questa pratica si ritirò dai campi di battaglia e diventò a tutti gli effetti un'arte marziale.
 

Con il tempo le diverse tecniche furono ridotte a pochi stili principali in base alla provenienza regionale, ad un diverso orientamento filosofico-religioso ed ad una maggiore enfasi posta su alcuni aspetti del tiro. A partire dall'epoca Meiji, si elaborò una forma unitaria che rappresenta lo standard praticato dall'All Nippon Kyudo Federation e dall'International Kyudo Federation, la federazione internazionale di Kyudo. Tale standard, formulato grazie al lavoro congiunto di maestri appartenenti alle scuole antiche, permette ad arcieri che praticano stili diversi di gareggiare assieme.
 

Ma il Kyudo non è solo una gara uno contro l'altro: è anche una sfida con se stessi; il tiro infatti è vissuto come esperienza totale dell’essere umano. Occorre tenere presente un precetto fondamentale del Kyudo: "Grazie a un’attitudine corretta si ha un tiro corretto". Se pur facendo il possibile, non si riesce a colpire il bersaglio, ciò è solo una conseguenza delle proprie azioni.
Un centro corretto si realizza infatti con l’estensione della colonna vertebrale, l’apertura del petto, il bilanciamento tra destra e sinistra, la concentrazione dell’energia nel Tanden (il punto situato 2-3 cm sotto l’ombelico, al centro del corpo), il raggiungimento della pienezza nella massima apertura dell’arco e la concentrazione della mente. Solo unendo se stessi, l’arco e il bersaglio si potrà lasciar partire la freccia con serenità, accuratezza e risolutezza.
 

L’arco usato nel Kyudo non presenta infatti dispositivi di mira: per mirare ci si deve basare solo sulla propria postura e si può essere facilmente influenzati da fattori interni o esterni. Perciò riuscire a centrare il bersaglio non dipende solo dalla tecnica ma anche e soprattutto dall’attitudine e dalla condizione della nostra mente e in questo il Kyudo può essere una preziosa occasione per conoscere, migliorare ed affinare se stessi. Per questo è anche molto importante rispettare ed eseguire al meglio in modo fluido e senza interruzioni tutte le otto tappe che conducono al tiro, dette shaho hassetsu.
 

Esse sono:
Ashibumi: corretta postura dei piedi.
Dozukuri: mantenere eretto l'asse centrale del corpo.
Yugamae: posizionare la freccia nell'arco.
Uchiokoshi: portare l'arco sopra la testa.
Hikiwake: abbassamento dell'arco e sua iniziale apertura.
Kai: apertura completa dell'arco, creando uno stato di armonia fra corpo, spirito, arco e freccia.
Hanare: lasciare con la mano destra la corda dell'arco e far partire la freccia.
Zanshin: l'arciere rimane concentrato e mantiene fino alla fine la posizione assunta durante il Kai.
 

Le competizioni di Kyudo possono essere fatte sia su corta che su lunga distanza. Nel caso delle prime, il bersaglio si trova ad una distanza di 28 metri ed è largo 36 centimetri. Nelle gare a lunga distanza invece il bersaglio è a 60 metri e ha un diametro di 1 metro. Ovviamente più l'arciere si avvicina al centro e più guadagna punti, ma saranno prese in considerazione dai giudici anche la corretta postura e il rispetto di tutte le varie fasi, perché è appunto così facendo che la freccia andrà da sola a colpire l'obiettivo.
Chi pratica Kyudo ha un abbigliamento che consiste in una veste bianca, un paio di ampi pantaloni neri e delle calzature bianche. Un guanto protegge la mano destra che tende l'arco e nel caso delle ragazze è aggiunta una pettorina per proteggere il seno. Sono infatti moltissime le donne che praticano quest'arte marziale: secondo la All Nippon Kyudo Federation nel marzo del 2014 si contavano 139.560 arcieri, di cui 73.774 uomini e 65.776 donne.
 

L'arco giapponese si chiama wakyu ed è molto più grande di quelli occidentali: misura infatti 221 centimetri contro i 160 del nostro. Inoltre è costituito da un solo pezzo ed è asimmetrico, quindi non va impugnato nel mezzo, ma nella parte più bassa. Ne esistono di tre tipi diversi: il Takeyumi tradizionale (di legno foderato di bambù), il Takeyumi moderno (di carbonio foderato di bambù) e l'arco per iniziare (tutto in fibra di carbonio o di vetro, economico e che non richiede manutenzione). Molto spesso il Kyudo è racchiuso all'interno dei programmi di numerose manifestazioni turistiche, durante le quali gli arcieri gareggiano vestiti con sontuosi kimono. Molto quotato in quest'ambito è anche lo Yabusame, il tiro con l'arco eseguito a cavallo.
 

È anch'esso considerato un'arte marziale giapponese: ha origine nel periodo Kamakura (1192–1334) come una sorta di intrattenimento offerto agli dei. Esattamente come il kyudo è profondamente intrisa dei concetti della filosofia zen e perciò non è solo un esercizio di bravura ma anche un cammino iniziatico di elevazione spirituale. Le frecce usate non hanno punta ma terminano con un rigonfiamento ovoidale per evitare eventuali danni di un tiro errato.
 

È una disciplina che richiede una notevole abilità sia nel cavalcare che nel tirare: infatti al momento dello scoccare della freccia, il cavaliere deve tenersi in sella con la sola forza delle gambe. Farlo con il cavallo lanciato al galoppo in una corsia lunga circa 250 metri non è certo uno scherzo! Inoltre i bersagli da colpire sono due, posti a circa 50 metri uno dall'altro: eseguito il primo tiro, l'arciere deve incoccare una seconda freccia e in pochi secondi ripetere il tiro per il secondo bersaglio.
Lo Yabusame è praticato anche dalle donne che indossano, al pari degli uomini, sontuosi costumi di foggia duecentesca. Anche i finimenti dei cavalli e tutto l'equipaggiamento riproducono con estrema minuzia quello dei tempi originari, raffigurato in innumerevoli opere pittoriche.
 

Avete mai praticato il tiro con l'arco? Oppure avete mai assistito ad una gara di Kyudo o di Yabusame? Ricordate altri personaggi anime e manga che si destreggiano con l'arco? Scrivete tutto nei commenti!

Fonti consultate:
Nippon
Wikipedia
AccademiaProcesi