La terza stagione di Sailor Moon Crystal si è da poco conclusa sulle tv giapponesi e sono finalmente usciti tutti i cd singoli delle sigle e il consueto doppio album che raccoglie tutte le tracce orchestrate di sottofondo.
Possiamo fare due chiacchiere a proposito di queste sigle e degli artisti che le hanno realizzate, un viaggio musicale che comincia proprio dalla sigla d'apertura, "New Moon ni koishite" ("Innamorati della luna nuova"), vero e proprio leitmotiv della serie che viene presentato in tre diverse versioni nel corso degli episodi.

 

La prima, presente negli episodi da 27 a 29 e nell'ultimo (l'episodio 39), è eseguita da Etsuko Yakushimaru, ed è probabilmente la versione più controversa delle tre.
Ha spiazzato molto i fans, infatti, il confronto con la opening delle prime due stagioni, la movimentata ed energetica "Moon Pride": la sigla di Etsuko Yakushimaru è, infatti, parecchio più lenta e particolare, eseguita da una voce unica e inconfondibile.
Nata il 3 giugno del 1987, Etsuko Yakushimaru è una cantante, paroliera e illustratrice nota anche come leader del gruppo Soutaiseiriron ("Teoria della relatività") e come autrice di testi con lo pseudonimo di Tika α.
Fra i suoi lavori, tutti caratterizzata da una voce delicata, lenta e inconfondibile, possiamo ricordare "X Jigen e youkoso" ("Benvenuti nella dimensione X"), ending di Space Dandy; le due opening "Venus to Jesus" ("Venere e Gesù") e "Cosmos Vs Alien" di Arakawa under the bridge.

Tra i lavori più importanti dell'artista vi sono anche "Nornir" e "Shounen yo, ware ni kaere" ("Ragazzo, ritorna da me"), le due opening di Mawaru Penguindrum, creazione di quel Kunihiko Ikuhara che aveva lavorato proprio alla serie storica di Sailor Moon negli anni '90 e ne aveva attinto a piene mani, successivamente, per il suo Utena, che a sua volta avrebbe fatto scuola.
Come un profetico cerchio che lega Sailor Moon, le opere firmate da Kunihiko Ikuhara, ed Etsuko Yakushimaru, non stupisce, dunque, che quest'ultima sia stata eletta come parte del revival per il ventennale di Sailor Moon, prima con una sua personale reinterpretazione di "Otome no policy" ("La policy di una fanciulla"), ending della seconda serie anni '90, contenuta nell'album di tributo al ventennale delle guerriere Sailor uscito nel 2014, e poi come cantante di una delle sigle della nuova serie animata.
Non è, infatti, probabilmente un caso che sia Sailor Moon che Utena (e Kunihiko Ikuhara con essi) siano stati fra i pilastri dell'animazione giapponese anni '90 e abbiano contribuito a sdoganare in maniera poetica e ricca di simbolismi e sobrietà tematiche come l'omosessualità, riuscendo a farsi amare da una grossa frangia di pubblico LGBT che sino a quel momento non si sentiva rappresentato pienamente dai cartoni giapponesi e che ancora oggi, a distanza di anni, si porta nel cuore le emozioni e i messaggi che quella serie gli ha trasmesso.
Lo stesso pubblico che, oggi, è una importante parte degli amanti di Sailor Moon, che continuano a sostenere la serie acquistando merchandising, realizzando disegni a tema (molti di loro sono poi diventati fumettisti a loro volta, e la loro fonte d'ispirazione è sempre stata chiara) e guardando Sailor Moon Crystal, una serie che è stata realizzata anche per omaggiare i loro ricordi e le loro emozioni. E i produttori, con questa e tante altre strizzatine d'occhio, dimostrano di saperlo bene.

“New Moon ni koishite” è senza dubbio una canzone sensibilmente diversa da “Moon Pride”, un brano che esasperava la sua visione di amori che travalicavano tempo e spazio e di guerriere forti e coraggiose facendola esplodere con un ritmo travolgente e un montaggio di immagini rapido ed esaltante.
“New Moon ni koishite” è più lenta, delicata, sobria, un po’ pallida come quella stessa luna di cui canta: una storia d’amore raccontata attraverso simbolismi testuali e visivi molto intensi nella loro delicatezza.
Si ritorna, dunque, già a partire dalla sigla, ad uno stile che fa il verso a quello di Kunihiko Ikuhara, fra Usagi che corre scalza (perché?) in direzione di una luna che cerca disperatamente di raggiungere (ci riuscirà, con la trasformazione Super, sul finire della sigla) e l’ambigua immagine delle due guerriere bambine, Hotaru e Chibiusa, nude, languide e sdraiate su un letto di petali di rose alla American Beauty.
E’ un brano dal ritmo decisamente particolare, che si carica di citazioni e simbolismi e riesce anche a farsi assai coinvolgente, specie nelle rielaborazioni curate da altri artisti che si ha modo di ascoltare nelle puntate successive.

Haruka "Sailor Uranus" Tenoh e Michiru "Sailor Neptune" Kaioh sono indubbiamente fra i personaggi più iconici ed amati della saga delle guerriere Sailor. Inevitabile, quindi, che sia dedicata proprio a loro la prima ending della serie, "Eternal Eternity", che accompagna anche lei gli episodi da 27 a 29 e l'episodio finale.
Un onore, quello di una ending dedicata, che le due guerriere non avevano potuto avere negli anni '90, quando la loro fama si stava ancora cementando, e che è stato possibile solo adesso, dopo vent'anni in cui Haruka e Michiru sono state elette ad eroine, simboli, modelli, icone da un pubblico vastissimo.

 

La sigla è eseguita da Junko Minagawa e Sayaka Oohara, le due doppiatrici di Haruka e Michiru.
Junko Minagawa, nata il 22 novembre 1975, è nota per diversi ruoli in serie animate, come Akira in Aria, Cornelia in Code Geass, Yun in Akatsuki no Yona o Ayaka in Negima. Il suo ruolo più noto è Ryoma Echizen, protagonista di Il principe del tennis, serie per cui la doppiatrice ha anche eseguito diverse canzoni legate al suo personaggio. La sua propensione a doppiare personaggi maschili e giovani, pur non mancandole i ruoli femminili, la accomuna a Megumi Ogata, la storica doppiatrice di Haruka nella serie anni ’90, che è nota per la sua voce mascolina e i suoi ruoli prevalentemente maschili.
Sayaka Oohara, nata il 5 dicembre del 1975, è la voce di Alicia in Aria, Yuko di XXXHolic o Elsa in Fairy Tail. E’ la sorella maggiore del doppiatore Takashi Oohara.

“Eternal Eternity” è un brano intenso e appassionato, che comincia lento e poi esplode in un ritmo quasi ballabile eppur sobrio e raffinato. Sia dal punto di vista dei testi che delle immagini non ha paura di far suoi numerosi elementi propri della serie animata anni ’90 che hanno contribuito a creare e a far riecheggiare negli anni il mito di Haruka e Michiru: la loro intensa storia d’amore omosessuale vissuta con coraggio e determinazione, la tragica, solitaria e importante missione per cui sono disposte a gettar via tutto (ma non il loro amore), il cielo (elemento proprio del pianeta Urano secondo la tradizione orientale) e il mare (elemento proprio del pianeta Nettuno secondo la tradizione orientale) che si intrecciano in un legame fatto di simbolismi, giochi di mani che si incrociano (chi, guardando questa sigla, non ha subito pensato al destino di questi due personaggi nella quinta serie animata anni ’90?), sensuali ma discreti nudi femminili e petali di rosa che svolazzano ovunque.
Le due doppiatrici (mascolina e dura la Minagawa, femminile e raffinata la Oohara) riescono perfettamente a rendere l’essenza delle splendide Haruka e Michiru, rendendo questa sigla la più bella tra le ending legate alla terza stagione di Sailor Moon Crystal. Anche qui, abbiamo un gioiellino ricchissimo di rimandi alla serie storica e ai suoi fans, oltre che un brano decisamente orecchiabile.

Gli episodi dal 30 al 34 ci offrono una seconda versione di “New Moon ni koishite”, che si fa un po’ più pop, perdendo un po’ quelle sonorità sperimentali caratteristiche della voce di Etsuko Yakushimaru, ma si carica di un’atmosfera nuova e, anche se per motivi diversi, affascinante.
Questo secondo arrangiamento è cantato da Mitsuko Horie, una delle colonne portanti del doppiaggio giapponese.

 

Nata l’8 marzo del 1957, la lista di suoi ruoli in anime che hanno fatto la storia dell’animazione nipponica è praticamente sterminata: si va da Yakko (Licia) in Aishite Knight (Kiss me Licia) a Hilda di Polaris in Saint Seiya, da Upa di Dragon Ball a Obocchaman di Dr. Slump e Arale, da Pollyanna ad Akko-chan (Stilly) dello specchio magico, da Judy di Papà gambalunga a Jeanie di Fiocchi di cotone per Jeanie.
Altrettanto sterminata è la sua produzione come cantante di sigle e canzoni varie per serie animate e telefilm di supereroi: da Candy Candy a Dr. Slump e Arale, da Aishite Knight a Sandybell, da Kamen Rider Stronger a Ressha Sentai Toqger, da La stella della Senna a Lalabel, da Daltanius a Himitsu Sentai Goranger.

 

A una doppiatrice così prolifica non poteva certo mancare in ruolo in quel Sailor Moon che così fortemente ha caratterizzato una fase dell’animazione nipponica, perciò eccola lì, nel 1996, a donare una voce tanto perfida quanto bella all’ambigua e potentissima Galaxia, la nemica finale dell’ultima serie animata: un personaggio insieme gelido e sensuale, dotato di un grande carisma, che porta le guerriere Sailor alla loro battaglia più dura e apocalittica. Impossibile, per chi ha visto ed amato Sailor Moon nella sua versione originale giapponese, contenere un sorriso un po’ beffardo e insieme anche un po’ di sano terrore al ricordo della splendida e perdida Galaxia evocato dalla voce di Mitsuko Horie che canta una sigla di Sailor Moon.
La produzione di Sailor Moon Crystal lo sa bene, e non ha fatto altro che giocare coi sentimenti e i ricordi dei fans storici rimescolandoli in qualcosa di nuovo negli ultimi due anni, come dimostrato anche dalla scelta, ironica e azzeccatissima, di affidare proprio a Mitsuko Horie, che ne ha doppiato la cattiva e contribuito alla colonna sonora, la nuova versione di “Sailor Star Song”, opening della quinta serie storica contenuta nel cd di tributo uscito nel 2014.

Agli episodi 30-34 è anche associata la seconda ending, che cambia completamente atmosfere rispetto alla precedente. “Otome no susume” (“I consigli di una fanciulla”) è, infatti, interamente dedicata a Chibiusa, la giovane guerriera Sailor che in questa terza serie svolge un ruolo assai importante.

 

Le atmosfere epiche e sensuali della sigla precedente sono completamente abbandonate a favore di uno sfondo rosa pastello e di una canzoncina allegra dal ritmo scanzonato e dal testo infantile.
Una canzone tanto orecchiabile quanto apparentemente sciocchina, che perde su tutti i fronti il confronto con la ending precedente, ma che, guardando più in profondità, si colora di interessanti spunti che ci riportano ancora una volta al Sailor Moon degli anni ’90. Il riferimento è a Sailor Moon R, la seconda serie animata, e in particolare a “Otome no policy”, la sua ending, eseguita da Yoko Ishida nella serie storica .
La prima similitudine fra le due sigle è chiara: il titolo è simile, in entrambi i casi si tratta del “manifesto” di una fanciulla. Da qui, tutto il resto. “Otome no susume” è una sorta di “Otome no policy” in erba: là dove, negli anni ’90, a cantare era un’adolescente sensibile ma coraggiosa, qui c’è una bambina che a quell’adolescente guarda con ammirazione e canta i suoi desideri a mo’ di filastrocca, con un registro infantile e sciocchino ma sincero e sognante. Anche il video è inaspettatamente simile e contrario allo stesso tempo: in “Otome no policy”, Usagi camminava e poi correva, ripresa lateralmente, in direzione di un bel paesaggio; in “Otome no susume”, Chibiusa cammina e poi corre, ripresa lateralmente, in direzione di un bell’arcobaleno, ma la sua corsa non è posata come quella di Usagi. E’ incerta, giocosa, e invece di fermarsi ad osservare il mare, Chibiusa, ancora lontana dall’essere adulta, si lancia in un onirico volo di fantasia.

La realizzazione di questa sigla, per quanto sciocchina e un po’ disturbante possa essere la canzoncina ad essa associata (lontana anni luce dalla sobrietà e dalla bellezza delle ending dedicate a Chibiusa nella serie anni ’90), ci stupisce per questo inaspettatamente calzante gioco di specchi tra madre e figlia. In fondo, noi fans di Sailor Moon ben sappiamo quanto il rapporto tra i due personaggi sia importante, e quanto sia una parte integrante di questi personaggi anche il modo in cui la piccola e imberbe Chibiusa aspira a diventare bella e forte come la madre che ama tanto.
La voce che canta è quella di Misato Fukuen, che doppia Chibiusa in tutte le sue apparizioni in Sailor Moon Crystal. Questa doppiatrice, nata il 10 gennaio del 1982, si è fatta notare doppiando l’altrettanto rosa Miyuki/Cure Happy in Smile Pretty Cure, ma è anche la voce del cagnolino Iggy in Le bizzarre avventure di JoJo: Stardust Crusaders, Eve in Black Cat, Golden Darkness in To Love Ru e Sakura Kasugano nelle nuove produzioni videoludiche e animate dedicate alla saga di Street Fighter.

Gli episodi dal 35 al 38 sono accompagnati da un terzo, nuovo, arrangiamento di “New moon ni koishite”, stavolta opera di un nome abbastanza noto a chi ha seguito le vicende di Sailor Moon Crystal, quello delle Momoiro Clover Z.

 

Questo gruppo, formato nel 2008 e attualmente composto da Kanako Momota, Shiori Tamai, Ayaka Sasaki, Momoka Ariyasu e Reni Takagi, ha legato più volte il suo nome al mondo degli anime giapponesi: sue, infatti, la sigla "Mouretsu Uchuu Koukyoukyoku Dai 7 Gakushou "Mugen no Ai"" ("Audace sinfonia spaziale, movimento 7: "Amore infinito"") di Mouretsu Pirates, la ending “Mite mite kocchichi” ("Guarda, guarda qui") di Pokemon Best Wishes, il brano “Z no chikai” ("Il patto Z") per il film Dragon Ball Z: La resurrezione di F.

Le Momoiro Clover Z sono un gruppo allegro ed eccentrico, che ai concerti live e nei video musicali si veste con costumi colorati in stile Super Sentai (o guerriere Sailor, per l’appunto), con vestiti alla cinese, da personaggi di Dragon Ball, da studenti teppisti della Otoko Juku.
Hanno legato il loro nome al brand di Sailor Moon sin dall’uscita, nel 2014, dell’album di tributo per il ventennale della serie, dove numerosi artisti hanno reinterpretato brani storici della serie anni ’90.
A loro è toccata la sfida più difficile, quella di ricantare “Moonlight Densetsu”, la storica sigla d’apertura della serie anni ’90, che è stata rifatta in una versione un po’ più “live” e movimentata rispetto all’originale, ma hanno anche eseguito nuove versioni di “Tuxedo Mirage” (ending della terza serie) e “Moon Revenge” (canzone portante del primo film cinematografico).
L’ energica “Moon Pride” e la romantica “Gekkou”, rispettivamente opening ed ending delle prime due stagioni di Sailor Moon Crystal, portano infine la loro firma.
La loro versione di “New Moon ni koishite” è quella più movimentata ed esaltante, nonché (esperienza personale) quella più facile da cantare nella versione strumentale inserita recentemente in tutti i karaoke giapponesi.

Chiudiamo questa rassegna con l'ultima delle tre ending di questa terza stagione, che copre gli episodi dal 35 al 38.
"Eien dake ga futari wo kakeru" ("Soltanto l'eternità ci unisce") è una canzone dedicata a Mamoru/Tuxedo Kamen, e a quella parte del pubblico di Sailor Moon Crystal che magari da bambina ne era innamorata e conserva il bel ricordo del suo principe dei sogni, qui coinvolto in un videoclip a metà tra classico e moderno, fra svariati rimandi all'anime degli anni '90, come le rose che erano una caratteristica del personaggio nella serie animata, e un fanservice più spudorato tipico dell'animazione moderna (la scena di Mamoru sotto la pioggia con la camicia bagnata dice tutto).

 

La canzone è una ballad romantica abbastanza nello stile di Sailor Moon, eseguita dal doppiatore del personaggio in Sailor Moon Crystal, Kenji Nojima.
Nato il 16 marzo del 1976, figlio d'arte (il padre è Akio Nojima, la storica voce di Saga dei Gemelli in Saint Seiya), fratello del doppiatore Hirofumi Nojima (Tohma in Digimon Savers) e marito della doppiatrice Chie Sawaguchi (Gacchan nel remake di Dr. Slump e Arale), Kenji Nojima è stato, fra gli altri, Jade in Kinnikuman Nisei, Taira in Beck e Pell in One Piece, e vanta un curriculum di cantante per Sket Dance, Maid Sama e Ayashi no Ceres.
Peccato che il suo Mamoru non regga il confronto con quello storico di Tohru Furuya, e quindi anche la sua canzone risulti la meno interessante del lotto, diverse spanne sotto ai brani cantati da Furuya per la serie anni '90.