Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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"Kaguya-sama: Love is War" è un anime di dodici episodi andato in onda da gennaio a marzo 2019.

Alla rinomata Accademia Shuchiin, Miyuki Shirogane e Kaguya Shinomiya sono rispettivamente il presidente e la vice-presidente del consiglio studentesco. Il primo è considerato un genio per il suo perfetto rendimento scolastico, posizionandosi al primo posto nella classifica nazionale, la seconda è la ricchissima erede del gruppo Shinomiya, capace di eccellere in qualsiasi campo immaginabile. Rispettati sia dai professori che dagli altri studenti, sono considerati la coppia perfetta. La verità è che, sebbene siano innamorati l’una dell’altro, nessuno dei due ha mai fatto la prima mossa. Confessare i propri sentimenti sarebbe considerato un segno di debolezza, ed entrambi sono troppo orgogliosi e testardi per cadere così in basso. Detto ciò, a nessuno dei due dispiacerebbe se l’altro confessasse il proprio amore, ed ecco che comincia un gioco di potere per spingere l’altro a fare la prima mossa. Cosa mai potrebbe andare storto?

Essendo il manga uno dei miei preferiti, aspettavo questa trasposizione con trepidazione e altissime aspettative, pronta a rotolarmi dalle risate e asciugarmi le lacrime dagli occhi. Immaginate la mia delusione quando il primo episodio non è riuscito a convincermi per nulla, lasciando me e molti altri fan della serie a chiedersi perché quella maledetta voce fuori campo non riuscisse a stare zitta per dieci secondi di fila. Per fortuna, già dalla seconda puntata in poi, la serie è riuscita a cancellare completamente la prima impressione negativa, conquistandomi completamente.

L’anime, infatti, si dimostra leggero, divertente, a tratti assurdo, concentrandosi sulle macchinazioni machiavelliche dei due protagonisti. Proprio loro, infatti, sono la chiave della serie. Entrambi sono considerati persone estremamente intelligenti e sicure di sé, quando in realtà sono molto insicure, in particolare in amore. Ecco, allora, che il loro cervello così sviluppato li porta verso tentativi improbabili per costringere l’altra persona a confessare i propri sentimenti. Inutile dire che i loro piani difficilmente andranno a buon fine, creando momenti di pura follia.
Non vanno però dimenticati i personaggi secondari: Chika, la segretaria del consiglio studentesco, è in grado di rubare lo show ai protagonisti con una parola o, meglio ancora, grazie all’ending a lei dedicata nel terzo episodio che ha letteralmente conquistato il web e la community. Ishigami il tesoriere, però, non è da meno, anche lui estremamente intelligente, non si applica minimamente nello studio e ha spesso delle uscite molto infelici che lo contraddistinguono come il caso umano della situazione, nella migliore accezione del temine. Questi due personaggi finiscono sempre bene o male per rovinare, inconsapevolmente, i piani dei protagonisti, creando delle situazioni imprevedibili ed esilaranti.

Per quanto riguarda il comparto tecnico, il chara design è fedelissimo a quello del manga, e anche l’animazione è di ottimo livello. Molto particolari e interessanti risultano le scelte di regia, con inquadrature, zoom e prospettive diverse dall'ordinario che permettono di catturare l’attenzione dello spettatore, considerando che il 90% delle scene si svolge nella sala del consiglio studentesco. Meravigliosa sia l’opening, con un motivetto che una volta ascoltato non mi si è più tolto dalla testa, e la già citata ending con la Chika dance.

Riassumendolo in una frase o meno: "Quale reazione chimica si ottiene quando due tsundere si innamorano l’uno dell’altro?"

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“Le situazioni di Lui e di Lei” (“彼氏彼女の事情”, “Kareshi Kanojo no Jijo”), abbreviato molto spesso in “Karekano” o “Kare Kano”, è una serie anime andata in onda in Giappone su TV Tokyo tra il 1998 e il 1999. La serie, composta da ventisei episodi, è tratta dal manga della fumettista Masami Tsuda, pubblicato dalla Hakusensha sulla rivista LaLa, a partire dal febbraio del 1996.
L’anime in questione fu realizzato dallo studio Gainax, il quale affidò la regia a Hideaki Anno, che portò avanti i lavori sino alla diciottesima puntata, poi, per problemi sorti con la stessa mangaka Tsuda, la regia passò a Kazuya Tsurumaki per i restanti episodi. Purtroppo, anche con l’arrivo del nuovo regista, continuarono ad esserci malumori tra la Gainax e l’autrice, motivo per cui la serie venne precocemente conclusa in corrispondenza del settimo volume del manga.

L’opera narra le vicende di Yukino Miyazawa, la tipica studentessa modello, ben vista e apprezzata dalle sue compagne di classe, dai professori e da chi le sta intorno. Inoltre Yukino ha veramente un bel carattere, è bella, brava nello studio e nello sport, disponibile ed educata e molto ambita dai ragazzi. Yukino sembra avere infatti una vita bellissima, sino al primo giorno delle scuole superiori, quando si presenta davanti a lei un ragazzo con le sue stesse caratteristiche e con i suoi stessi pregi, il suo nome è Souichiro Arima. Anche lui bello e bravo, apprezzato dai professori, dai suoi amici e dai compagni di classe. In poco tempo Arima metterà in ombra la povera Yukino, creando in lei sentimenti di rabbia, odio e invidia.
Da questo momento in poi inizierà una lunga e dura competizione tra i due, che cercheranno in tutti i modi di essere i migliori.

Una trama molto semplice, tipica per un anime scolastico: un ragazzo e una ragazza che frequentano lo stesso istituto competono per essere i più bravi agli occhi degli altri, piano piano si conoscono, si innamorano e si fidanzano. Come contorno vengono inserite tutta una serie di situazioni (proprio come ci ricorda il titolo) che aggiungono un po’ di pepe al racconto.
Elemento particolarmente significativo che arricchisce fortemente la trama sono i personaggi, un cast abbastanza ricco, forse troppo considerando la durata complessiva della serie, che sicuramente apre diversi scenari e possibilità di sviluppo per il racconto.
Ciò che non quadra, pecca principale dell’anime, sono gli sviluppi: nulla di sensazionale, nulla fuori dalla norma, tutto troppo schematico e scontato in molte situazioni. C’è però anche da considerare un fattore fondamentale che sfrutta questo deficit nello sviluppo della trama: l’indagine psicologica dei personaggi, principalmente dei due protagonisti.
Più volte la storia si sofferma, concedendosi anche lunghe pause, per indagare i personaggi dal punto di vista emotivo e sentimentale, cerca di soffermarsi sulle loro sensazioni e sui loro pensieri che, ovviamente, sono lo specchio del liceale giapponese degli anni ’90. Si potrebbe forse arrivare a dire che l’anime ci fornisce uno spaccato di una parte della società giapponese del finire del XX secolo, intenzioni ancor più comprensibili considerando le varie volte in cui la regia cerca di dare un vago inquadramento storico, politico ed economico durante il racconto.

E, per finire, ma non per importanza, vorrei spendere due parole sul regista Hideaki Anno e sul suo montaggio dal punto di vista artistico.
In “Le situazioni di Lui e di Lei” la classica animazione giapponese è fortemente alternata, se non in alcune situazioni, addirittura, sostituita, da uno stile di montaggio innovativo e sperimentale che si avvicina al montaggio delle attrazioni teorizzato e utilizzato negli anni ’20 del Novecento da Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, famoso regista sovietico che ha cambiato la storia del cinema e del montaggio.
Hideaki Anno cerca spesso di utilizzare una particolare sequenza di scene, montate a un ritmo incostante e a volte frenetico per impressionare lo spettatore e sconvolgerlo dal punto di vista psicologico.
Inoltre Anno utilizza diversi tipi di inquadrature differenti, cercando di sottolineare punti e aspetti solitamente considerati superflui, ricorre a tecniche visive non convenzionali come l’uso di scritte e onomatopee per far emergere emozioni e stati d’animo, e utilizza tantissimi tipi di disegno a seconda delle sequenze, a volte arrivando addirittura a disorientare chi sta dall’altra parte dello schermo.
Tutto ciò evidenzia la voglia del regista di concentrarsi prevalentemente sulla questione psicologica dei suoi personaggi, rendendo così l’opera un po’ particolare, forse troppo, e coinvolgendo attivamente lo spettatore durante la visione.
Purtroppo, forse, proprio per questo modo alternativo di concepire l’opera, Anno dovette allontanarsi dalla regia a causa del malumore di Masami Tsuda, insoddisfatta dell’adattamento. Per questo motivo il finale è aperto o, meglio, incompleto.

Peccato però, così facendo si è persa per l’ennesima volta la possibilità di osare, proprio sperimentando tecniche molto più vicine al cinema che al mondo dell’animazione.
Un’opera diversa, un’opera che osa e soprattutto un’opera che ragiona e che fa ragionare.
Pur considerando le varie lacune e le numerose pecche, solo per questi tre motivi merita di entrare a pieno titolo nella lista dei titoli più interessanti e singolari del panorama giapponese degli anni ’90.

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Hanabi Ayase, dodici anni. Una bambina delle elementari come tante: ingenua, gentile, insicura e ancora inesperta per quanto riguarda molte cose della vita. Di recente si è trovata un fidanzatino, il bel Yuto Takao, serio, posato e gentile idolo della classe, e insieme a lui sta cominciando a intraprendere un viaggio tutto nuovo...
Yui Aoi, dodici anni. La migliore amica di Hanabi, più seria e responsabile, di recente sta cominciando a credere che dai continui bisticci col rude compagno di classe Kazuma Hiyama possa nascere qualcosa di più...

“12-sai: Chiisana Mune no Tokimeki” (“12 anni: Piccolo batticuore”) è una serie animata in ventiquattro episodi, andata in onda in due scaglioni tra la primavera e l’autunno del 2016. Il manga da cui è tratta, firmato da Nao Maita e pubblicato sulle pagine di “Ciao” della Shogakukan, gode di un buon successo in patria, e ai dodicenni più famosi del Giappone sono stati dedicati videogiochi, romanzi (sia con storie nuove sia con la riduzione di tutti gli episodi televisivi), OVA e vari oggetti di merchandising, principalmente raffiguranti la riuscitissima mascotte Usapanda (un buffo incrocio tra un coniglio e un panda, come da nome).
“12-sai” porta avanti la tradizione di quell’ormai consolidato sottogenere dello shoujo manga che unisce alle classiche storie d’amore scolastiche anche una buona dose di pedagogia e una raffigurazione abbastanza ben curata delle problematiche delle adolescenti. E’ un genere che ha visto, in passato, esponenti come “Mizuiro Jidai” (“L’età color acquamarina”, noto in Italia come “Temi d’amore tra i banchi di scuola”) di Yuu Yabuuchi o “Kirakira 100%” (“Scintillio al 100%”) di Megumi Mizusawa, e che, tutto sommato, funziona sempre, al limite aggiungendo qualche cellulare e smartphone in più alle storie, dato che l’adolescenza, e i suoi problemi, purtroppo o per fortuna, non cambiano mai.

La storia si divide alternando di puntata in puntata il punto di vista e le situazioni delle due ragazzine e delle due coppie, che, formandosi quasi subito, si trovano a dover affrontare il consueto campionario di insicurezze, equivoci, problemi, impedimenti e rivali. L’alternanza delle due protagoniste è l’elemento più originale di una vicenda che va benissimo per il suo pubblico di riferimento, ma che, per uno spettatore più grande, può risultare banale o poco interessante. Il problema è, innanzitutto, lo stesso che affligge tutte le serie di questo tipo: questo elemento pedagogico è tanto interessante quanto frustrante per chi l’adolescenza l’ha già passata, dato che si risolve nel solito ingigantire qualsiasi minimo problema o essere vittima del conflitto tra ciò che si vorrebbe e ciò che si può fare, tra l’adulto che vorremmo diventare e il bambino che ancora siamo. Ma, ben lo sappiamo, l’adolescenza è e sempre sarà così, prendere o lasciare, lo spettatore che si approccia a “12-sai” sa benissimo cosa lo aspetterà, e questo arriva, puntuale e inevitabile.
Questi problemi si avvertono maggiormente negli episodi che hanno Hanabi come protagonista, in quanto è un personaggio dal carattere particolarmente infantile, ingenuo e remissivo, che cade facilmente dal pero, casca in tutte le trappole ordite dai suoi rivali e si fa mille problemi per ogni cosa, spesso e volentieri perché si sente inadeguata al cospetto del suo fidanzatino e non riesce ad esprimergli chiaramente cosa vuole e cosa sente. Non le si può dare torto, povera Hanabi, dato che inspiegabilmente è stata scelta per essere la compagna di un principe a cui manca praticamente solo il cavallo bianco: sempre gentile e accondiscendente, molto più maturo della sua età, c’è sempre per lei, le risolve facilmente tutti i problemi e le perdona tutti gli sbagli.
Più interessanti gli episodi incentrati su Yui, dato che Hiyama è un personaggio più umano e imperfetto rispetto a Takao, ed è più piacevole seguire la vicenda di un ragazzino che cresce man mano insieme alla sua fidanzatina piuttosto che uno che aspetta la crescita della sua partner dall’alto del suo piedistallo d’oro.

Fortunatamente, a movimentare un po’ le cose ci si mette una nutrita schiera di personaggi secondari abbastanza riusciti. C’è Marin Ogura, amica a cui le due ragazzine si rivolgono quando cercano qualcuno a cui chiedere consiglio sulle loro questioni di cuore. Marin è una vera e propria esperta di tutto ciò che riguarda il mondo degli adolescenti, poiché ha ascoltato i racconti di vita e le massime di una fantomatica sorella maggiore che noi non vedremo mai e che aleggerà su tutta la vicenda come un personaggio mitologico.
C’è Ayumu Tsutsumi, il classico bullo dal cuore tenero che si frappone fra Takao e Hanabi perché innamorato di quest’ultima (ma che avrà, poi, di così speciale?) sin da quando era bambino, anche se non riesce a dimostrare questo amore se non maltrattandola e prendendola in giro.
C’è Cocoa Hamana, ultima rappresentante di una lunga stirpe di rivali snob e meschine dalla risata facile, un personaggio che si odia e si ama allo stesso tempo: capace di bassezze e cattiverie da far impallidire i peggiori signori del male degli shounen manga, è anche l’elemento che movimenta maggiormente la storia, e godremo tantissimo nel vederla ricevere sempre pan per focaccia.
E poi ci sono loro, i personaggi migliori di tutta la serie: un trio di ragazzi sfigati che si intromette in ogni scena romantica tra Takao e Hanabi per raccogliere e registrare le perle che escono dalla bocca del principe: ogni tanto i loro interventi inopportuni saranno d’impedimento ai personaggi, ma vedere qualcuno che finalmente prende per i fondelli Takao e la sua inattaccabile aria da principe azzurro è impagabile.

L’essere sempre in bilico tra realtà e racconto, indugiando molto su aspetti reali dell’adolescenza, ma facendoli vivere a personaggi che fanno le elementari e che hanno pensieri e comportamenti abbastanza irreali, è il maggior problema di una serie che risulta comunque molto carina, decisamente adatta al suo target di riferimento e tutto sommato simpatica da seguire anche per chi ha qualche annetto in più, che si rivedrà in molti aspetti qui rappresentati. “12-sai” è una serie che punta tutto sull’emotività, esattamente come l’adolescenza che mette in scena, e alla fine della fiera i personaggi diventano un po’ come delle proiezioni di noi spettatori, adolescenti di oggi o di ieri, che ci approcceremo alla visione degli episodi con una rosa di emozioni estremamente mutevole. Finiremo per gridare ad Hanabi, attraverso lo schermo, che deve darsi una svegliata, quando si farà l’ennesimo problema inutile o cascherà per l’ennesima volta nei piani di Cocoa; ci palpiterà il cuore mentre la tenera relazione tra Yui e Hiyama andrà avanti; vorremmo dare ceffoni a Cocoa e togliere il piedistallo d’oro da sotto ai piedi di Takao, facendo fare al principe un bel volo con la faccia a terra, ma allo stesso tempo troveremo certe scene con Hanabi e Takao di una dolcezza infinita e ci faranno emozionare, inspiegabilmente, tantissimo.

Probabilmente è una cosa che il suo giovanissimo pubblico di riferimento non riesce per forza di cose a cogliere, ma “12-sai” si porta dietro una piacevolissima aria di nostalgia da qualsiasi parte lo si guardi.
Sarà il piacere di poter avere di nuovo un anime shoujo di ampio respiro, tutto colorato, con occhioni enormi e luminosi e bocche a triangolo, dei personaggi tenerissimi che non stonerebbero in una serie di maghette e una storia romantica e ricca di intrallazzi, triangoli, ostacoli, baci rubati e via dicendo. Con “12-sai” sembra di esser piacevolmente tornati indietro di vent’anni (magari proprio ai tempi della propria scuola elementare) quando tra “Marmalade Boy”, “Kodomo no Omocha”, “Gokinjo Monogatari”, “Himechan no Ribbon”, “Miracle Girls”, “Mizuiro Jidai” e tanti altri, gli anime shoujo coloratissimi e romantici impazzavano sulle TV giapponesi e italiane. Questo genere di anime al giorno d’oggi è sempre più raro (eppure si potrebbero pescare tantissimi titoli da adattare dai cataloghi di “Ciao” o “Nakayoshi”), quindi una serie come “12-sai” rappresenta un piacevolissimo ritorno, e riusciamo a perdonarle i suoi momenti di tedio per la troppa ingenuità di Hanabi o il latte alle ginocchia per le sparate principesche di Takao, dato che vengono comunque controbilanciati da un’atmosfera nostalgica molto piacevole e da un buon uso di personaggi secondari che ravvivano in vari modi le situazioni.

“12-sai” è dolcissimo, tenero e sdolcinato, a volte noioso e a volte coinvolgente in maniera del tutto inaspettata. Non si tratta di nulla di speciale, ma mi piace pensarlo come un segnale del fatto che, chissà, i palinsesti televisivi potrebbero anche tornare a riempirsi di anime per un pubblico femminile che non siano solo Pretty Cure, idol varie o divinità in erba, come succedeva negli anni ’90, a cui questo “12-sai” chiaramente si ispira in ogni suo aspetto grafico e narrativo.
La troppa ingenuità dei personaggi potrebbe paradossalmente allontanarlo dal giovane pubblico occidentale, ormai ben più smaliziato, ma è un anime che, nella sua semplicità, potrebbe riuscire a far breccia nel cuore dei nostalgici dello shoujo anni ’90, genere di cui “12-sai” rappresenta una sorta di figlio tardivo. Se vent’anni fa avevate dodici anni e sognavate romanticherie, “12-sai” è l’anime che fa per voi, pronto a darvi una piccola dose di tenerezza, semplicità ed emozione che alla vita di uno spettatore adulto male non fa.