Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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Inaspettatamente divertente.
Questa coloratissima serie di dodici episodi, e di soli dodici minuti ciascuno, mi ha piacevolmente sorpreso.

Ao Horie, diligente studentessa delle superiori, trascorre il suo tempo concentrandosi più che può nello studio, perché il suo obiettivo principale è quello di frequentare una prestigiosa università, ma soprattutto allontanarsi da casa. Motivo di tale determinazione è il lavoro del padre, uno scrittore di romanzi erotici, fonte continua di situazioni imbarazzanti. La ragazza è anche risoluta nel non volere dare confidenza ai suoi coetanei, soprattutto ai ragazzi, che considera tutti dei pervertiti. Ma tra questi spicca un suo compagno di classe sinceramente innamorato di lei, e Ao dovrà far i conti con i propri sentimenti e... le proprie pulsioni sessuali!

Il tema principale di questo anime è, come si è già intuito, il sesso e l'approccio che vi hanno i giovani al riguardo.
Ao Horie, la protagonista, è di sicuro giovane e inesperta, ma certamente non manca di fantasia e desideri, come tutti i ragazzi della sua età. E, pur non ammettendolo a sé stessa, anzi, disapprovando certe pulsioni nei suoi coetanei, nel corso della serie vedremo che sarà proprio lei quella dai pensieri più arditi!
Il lavoro del padre l'ha sempre messa in imbarazzo, questo il motivo della sua riprovazione al riguardo, ma allo stesso tempo questo è anche fonte di conoscenze, curiosità e fantasticherie, e quest'ultime, associate ai primi palpiti di quell'età, diventano inevitabili per la nostra protagonista. Ed è questa la parte più divertente di questo anime: vedere dove va a parare ogni volta il suo pensiero delirante, spesso e volentieri spinto, molto di più dei suoi coetanei giudicati male. Certe gag sono davvero esilaranti e allo stesso tempo tenere, perché nonostante questi suoi deliri mentali non si cade mai nel volgare, ma, anzi, si percepisce sempre una nota di inesperienza, ingenuità e di freschezza. L'ecchi c'è, certo, ma è leggero, allusivo, e più mirato a farti intendere che "a farti vedere".

Il ragazzo innamorato di Ao, Takumi, risulterà essere davvero un bravo ragazzo, talmente bravo (un po' tonto, diciamolo) che la nostra giovincella alle volte si troverà a contrariarsi, diventando anche indisponente. E il padre, che la sa lunga e già capisce ogni cosa, vorrà dare un aiutino a questi giovani un po' timidi, ma farà puntualmente indispettire la ragazza che si sentirà sempre più confusa da sentimenti (e pulsioni!) contrastanti.

L'entrata in scena del padre mi ha fatto letteralmente scoppiare dalle risate. Di primo acchito, non avevo inteso che quell'esserino minuto fosse il temuto scrittore erotico che la nostra Ao tanto disapprova. E invece quel piccolo guru a forma di gnomo è proprio il padre, nonché famoso romanziere hard. Questo contrasto tra fisicità e ruolo genitoriale e lavorativo, oltre che farci sorridere, ci lancia un chiaro messaggio: mai giudicare dall'apparenza (o... "l'abito non fa il monaco", come meglio preferite).
Ho trovato davvero comici i dialoghi tra padre-tascabile e figlia-egocentrica, soprattutto quando il genitore, dalla voce solitamente stridula e petulante, cambia tono di voce, diventando improvvisamente profonda e sensuale, nel momento in cui dà consigli alla figlia in campo sentimentale/erotico. Uno spasso. Scelta azzeccatissima.

In questa pur breve e leggera serie ci possiamo vedere un ulteriore messaggio: sproniamo i ragazzi a fare le loro esperienze sessuali liberamente, con buon senso e rispetto, ma soprattutto senza tabù e false ipocrisie. Allora vedremo crescere degli adulti sani e liberi.
E infatti, chi tra i giovai non vorrebbe un padre, seppur formato mignon, esperto e ben disposto a dispensare consigli e incoraggiamenti in ambito sessuale? ("Anche no"? Sicuri?)

Opening davvero spiritosa e accattivante. Guardatevela bene.

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Dalla regia di Hiroyuki Imaishi e dall'estro di GAINAX nasce una delle opere più folli e controverse che l'animazione nipponica abbia mai visto, un concentrato di delirio e oscenità tanto preponderante, da essere il fattore per cui si può amare o odiare visceralmente.

Questa affermazione non è campata per aria, e già dalle premesse di trama ce ne si può accorgere: le nostre belle protagoniste sono Panty e Stocking, due angeli cacciati dal Paradiso a causa della loro condotta poco ortodossa e spediti sulla Terra a riscattarsi, ospitate dal prete omosessuale Garterbelt, massacrando i Ghost e ottenendo moneta dalle loro carneficine per tornare nel regno dei Cieli.
Il primo punto di forza incredibile della produzione è proprio il cast, dove spicca ulteriormente il duo protagonista: Panty è la biondona, figa, arrogante e ninfomane, armata di due pistole ottenute dalla trasformazione dei propri slip, perennemente inferocita con tutto ciò che le sta attorno e perennemente sadica con la sorella Stocking, una gothic lolita dipendente dallo zucchero che si porta dietro un gattino di pezza e una coppia di katana ottenuta, questa volta, dalla trasformazione delle proprie calze; se la loro caratterizzazione appare già perfettamente riuscita e atipica a livello visivo, solo lodi sperticate si possono fare alle loro personalità (alle due ci si affeziona subito proprio per la loro follia) e alle dinamiche tra le due sorelle, fresche, irriverenti e capaci di strappare una grassa risata o una lacrima allo spettatore. A giocare un ruolo fondamentale non sono solo i due angeli, bensì anche i loro comprimari: il prete Garterbelt, armadio afro con tendenze sodomite, riserva più di qualche colpo di scena, e anche lui riesce a farsi voler bene fin da subito, così come il cane Chuck, immortale e proprio per questo massacrato nelle maniere più fantasiose da chiunque si imbatta in lui, e Brief, nerd innamorato di Panty e anche lui maltrattato fisicamente e psicologicamente con grande inventiva. Chiudono il cerchio i due antagonisti, le sorelle Scanty e Kneesocks, opposti polari di Panty e Stocking, alla cui carica anarchica e libertina contrappongono i principi dell'ordine e della disciplina.

La perfetta caratterizzazione dei personaggi regge assieme all'umorismo tutta la serie, che come già scritto presenta una trama piuttosto esile e soprattutto una struttura episodica simile al cartoon americano: tredici puntate suddivise ognuna in due mini-episodi autoconclusivi, alcuni meno riusciti, altri totalmente geniali (vedasi la puntata dedicata allo sperma) ma nessuno fallimentare. Ad essere simile ai cartoni del Nuovo Continente non è solo la struttura generale, ma anche lo stile grafico atipico, superdeformed, stilizzatissimo o super-dettagliato quando serve (passando durante le morti dei Ghost allo stop-motion) ed estremamente vivace nella colorazione: l'estetica è evidentemente sperimentale, talvolta cambia da puntata a puntata o più volte nella stessa puntata ma mai in modo fine a sé stesso, in quanto caratterizza e sottolinea sempre alla perfezione i momenti comici (tanti) o drammatici (molto pochi). Al netto delle particolarità, come al solito Imaishi offre una regia al cardiopalma, funambolica nelle scene d'azione iper-cinetiche e sempre capace di dare la marcia in più all'umorismo esplosivo della serie, il tutto coadiuvato da animazioni molto fluide o volutamente legnose per evidenziare la carica comica. Particolare l'accompagnamento sonoro, dalle sonorità hip-hop e techno che possono essere amate come odiate, ma sicuramente danno una personalità ancora maggiore alla serie.

Veniamo ora al vero punto critico: il lato comico. Ebbene sì, proprio il lato comico, perché difficilmente sarà possibile trovare un prodotto tanto irriverente, sconcio e divertito nello sbattere in faccia la propria scorrettezza nel futuro dell'animazione, fattore che può portare i palati più fini a detestare le avventure delle nostre antieroine. Si scherza e si dissacra tutto: la morte, la religione, la violenza, il sesso e l'erotismo in generale, questi ultimi ostentati nella ninfomania esagerata di Panty o nelle forme di Stocking; non finisce qui, poiché il prodotto viene riempito di sangue, feci, sperma, muco e altri fluidi non meglio identificabili, talvolta soggetto di intere puntate. Tale comicità funziona a mio parere benissimo, con tuttavia alcune cadute di stile abbastanza sgradevoli anche per chi come il sottoscritto ha sputato i polmoni nella maggior parte delle gag. Completano il quadro abbondanti dosi di nudo, turpiloqui e violenza piuttosto esplicita, usati con una leggerezza a volte disturbante.

Ai benpensanti, statene alla larga, "Panty & Stocking with Garterbelt" non è assolutamente adatto a voi; Imaishi ci catapulta nel regno dell'anarchia più distruttiva, e confeziona un cult incredibile, consacrandosi come uno dei registi di animazione più riconoscibili e talentuosi sulla piazza. Correte tutti a guardarlo.

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Prendiamo una dolce bambina d’origine straniera un po’ viziata ma in fondo di buon cuore, una madre scomparsa, un padre adottivo assente e una donna adulta, col fisico di una virago, che stalkera questa bambina, importunandola, senza nascondere le sue chiare tendenze pedofile; cosa porterà l’unione di tutti questi ingredienti, vi chiederete? Un episodio di “Chi l’ha visto”? Uno special sui più grandi crimini irrisolti degli ultimi anni, oppure un thriller/horror dagli esiti infausti? Macché, sono gli elementi principali di “Uchi no Maid ga Uzasugiru!” (“La nostra domestica è troppo fastidiosa!”, da qui in poi contratto in “Uzamaid”), un anime di stampo comico/demenziale piacevole, divertente e finanche sorprendentemente dolce e affettuoso nel rapporto tra i suoi protagonisti, insomma un altro piccolo miracolo dell’animazione giapponese che non ci si aspetterebbe, giudicando le apparenze.

Ma vediamo come è stato possibile combinare questi fattori apparentemente inconciliabili col genere della serie. Misha Takanashi è una carinissima bambina di madre russa che ha ereditato dal lato materno della famiglia gli elementi caratteristici che la contraddistinguono, ossia pelle chiara, occhi azzurri e lunghi, fluenti capelli biondi, l’antitesi perfetta dell’archetipo giapponese; queste differenze l’hanno sempre messa in soggezione per le attenzioni che riceveva dagli altri bambini, ma nell’ambito familiare trovava, soprattutto nella madre, un riparo sereno dove rinfrancarsi dai dispiaceri della vita quotidiana. Purtroppo, una malattia che ha colto fatalmente la madre l’ha privata del sostegno e dell’affetto materno, cosicché la Misha che ci viene presentata a inizio serie è una bambina che vive del suo ricordo e rifugge ogni contatto col mondo alla stregua di un hikikomori. Ma nessuna casa, palazzo, rifugio o bunker può tenerla al riparo dal pericolo che da lì a poco la ‘terrorizzerà’ quotidianamente e che è rappresentato da Tsubame Kamoi, l’altra protagonista della serie, una giovane donna disoccupata, ex-militare, con un fisico da culturista forgiato da anni e anni di allenamento, ma che è appassionata di hobby tradizionalmente molto femminili come il cucito e la cucina, e che, soprattutto, ama alla follia fino a venerarla quasi ogni (cito testualmente) “ragazza che non abbia ancora avuto il suo primo ciclo mestruale”! Va da sé che, con ‘gusti’ simili, la visione di una bambina come Misha rappresenti per lei una specie di apparizione mariana, e difatti basta un incontro fortuito per farla innamorare perdutamente della piccola, tanto da decidere di passare più tempo possibile in sua compagnia; la ricerca di una domestica da parte di Yasuhiro, padre adottivo di Misha troppo impegnato col lavoro per badare a una bambina che sta vivendo un simile periodo turbolento, farà il resto, trasformando la nostra Tsubame nella domestica a tempo pieno di casa Takanashi e la povera Misha nell’obiettivo costante delle sue attenzioni, più o meno moleste, nella speranza di instaurare un legame che vada oltre il disgusto che la bambina prova di fronte ai suoi atteggiamenti.

Prima di continuare, però è bene chiarire una cosa: mai le attenzioni di Tsubame saranno rivolte alla sfera sessuale di Misha, e fortunatamente dico io, perché è vero che l’animazione giapponese ci ha abituato spesso ad ammiccamenti sessuali nei confronti di soggetti molto, spesso troppo, giovani, ma nel caso in questione l’attrazione di Tsubame è puramente platonica, nonché meccanismo comico principale della serie, visto che è da questi suoi atteggiamenti, con conseguente repulsione di Misha, che prendono spunto la maggior parte delle gag di “Uzamaid”, sicuramente le più riuscite. Lo scontro tra due personalità così diverse infatti è una fonte continua di divertimento, e sin dai primi episodi fa scattare una forte simpatia nelle corde dello spettatore nei confronti delle due, perché, in fondo, anche se sono all’opposto, si vorrebbe vederle entrambe felici e coi loro desideri realizzati. Al contrario degli altri anime comici invece non ho trovato il resto del cast dei personaggi altrettanto convincente dal punto di vista puramente comico, né Yasuhiro né le amiche di Misha infatti riescono a imporsi sul monopolio formato dalla coppia protagonista, mentre l’unica eccezione è rappresentata da Midori Ukao, detta Midorin, ex-collega ai tempi dell’esercito di Tsubame, innamorata di quest’ultima e dalla spiccata personalità masochistica, che riesce coi suoi interventi stralunati e carichi di servilismo per gli altri a ritagliarsi i suoi momenti decisamente spassosi. Ma ciò che differenzia “Uzamaid” dagli altri anime del genere che puntano solo alla facile risata è un lato drammatico che serpeggia costantemente lunga tutta la serie, ma viene messo brutalmente in evidenza solo nella sua parte finale, e che coinvolge entrambe le protagoniste, perché anche Tsubame, nonostante non lo dia a vedere, ha vissuto un trauma infantile riguardante i suoi genitori, e proprio la possibilità di poter condividere un dolore simile con la sua ‘padrona’ rappresenterà la chiave di volta del loro rapporto, un vincolo che porterà miglioramenti significativi nella vita di entrambe, regalando allo stesso tempo degli scorci sentimentali tanto commoventi e coinvolgenti, da arrivare quasi a chiedersi se si stesse guardando la stessa serie dell’inizio.

Altra piacevole sorpresa per il genere è stato poi vedere come "Uzamaid" fosse realizzato in maniera davvero buona; sia chiaro, di anime comici tecnicamente validi ce ne sono e, mi auguro, ce ne saranno, ma diciamo che mediamente è più facile trovare disegni e animazioni rilevanti in opere diverse, sia per tipologia che per bacino di pubblico a cui si rivolgono, rispetto ad altre come "Uzamaid", che rappresenta quindi una piacevole eccezione, visto che è disegnato benissimo, con una qualità media che resta alta per tutti gli episodi, ed ha animazioni accurate che regalano anche sequenze davvero pregevoli, come visibile già solo nel primo episodio. Elogi meritati vanno rivolti allo Studio Doga Kobo, quindi, che l’ha prodotto, trasponendolo dall’omonimo manga di Kanko Nakamaura, e a tutto lo staff che ci ha lavorato, compreso il regista Masahiko Ohta, già avvezzo a dirigere anime simili e che qui si distingue davvero in alcune scene talmente ben montate che sembra quasi voler ‘trascinare’ lo spettatore nel video, e Jun Yamazaki, che ha curato il character design rifacendosi ovviamente all’originale del manga e ottenendo un risultato, a mio parere, anche migliore, con un tratto più pulito e meno grezzo. Piacevole e appropriata risulta pure la colonna sonora di Yasuhiro Misawa, anche se quel che resta più impresso durante la visione sono gli effetti sonori che sottolineano i gesti più ‘folli’ dei personaggi del momento e che strizzano l’occhio a film come “Psycho”, senza raggiungere ovviamente vette simili, né di bellezza né di pazzia per fortuna, mentre il fiore all’occhiello del comparto sonoro è sicuramente il doppiaggio originale, buono per tutti i personaggi ma impeccabile nelle vesti delle due protagoniste, affidate in questo caso ad Haruka Shiraishi (Misha) e Manami Numakura (Tsubame). La Shiraishi assume il compito più gravoso probabilmente, visto che deve comunque modulare la voce su una bambina iperattiva che affronta suo malgrado tanti stati d’animo differenti, e ci riesce benissimo, regalandoci un personaggio simpatico e mai fastidioso che fa da spalla ideale all’altra protagonista, Tsubame, che la Numakura interpreta con un tono sereno e imperturbabile in ogni occasione al di là del comportamento, spesso bizzarro e inquietante, che assume. Per non farsi mancare niente poi sono sempre loro a interpretare le simpaticissime sigle della serie ("Uzauza☆Waosu!" l’opening, e “Tokimeki Climax", l’ending), due brani semplici e allegri molto classici per il genere, cantati col tono dei personaggi doppiati, che risultano inascoltabili se presi come canzoni a sé stanti, ma che diventano irresistibili nel formato ridotto con un video adeguato che li accompagna, caso questo di "Uzamaid", dove opening ed ending costituiscono un pregio ulteriore alla qualità generalmente alta della serie.

Purtroppo questa qualità non è bastata a convincere qualche editore italiano a scommettere sulla serie, che risulta quindi inedita nel nostro Paese ed è disponibile solo a livello amatoriale grazie al lavoro, encomiabile in questi casi, dei gruppi di fansub, ma che rappresenta comunque un peccato, a parer mio, visto che ha impedito a una fascia più ampia di pubblico di entrare in contatto con quest’anime e poterlo apprezzare, senza pregiudizi, per quello che è: una serie divertente, non di quelle che ti fanno spanciare dalla risate magari, ma che non ti fanno mai sparire il sorriso dal volto, quasi mai banale, con un ritmo sostenuto e un’evoluzione dei personaggi importante, molto ben realizzata e con una coda drammatica finale che risulta non solo convincente e toccante, ma neanche in contrasto coi contenuti leggeri della maggioranza degli episodi, un’occasione nascosta che consiglio a tutti, quindi, e che merita tranquillamente fiducia.