Dopo aver adorato Perfect Blue e mentre sto bramando di vedere altri episodi di Paranoia Agent, mi “imbatto” nell’ultima opera cinematografica di Satoshi Kon, che nel giro di qualche hanno è salito al secondo posto dei registi che più apprezzo, secondo solo a Miyazaki. Ritengo i suoi anime profondi e decisamente bilanciati; puntano meno sull’impatto visivo ma curano molto i personaggi e la loro psicologia. Le trame offerte sono piuttosto contorte e articolate, ma sono supportate da un buon ritmo e da inaspettati colpi di scena che tengono sempre viva l’attenzione dello spettatore.

Altri registi, come per esempio Oshii, riescono a creare opere forse ancor più profonde, ma ritengo che per archiviare tale fine tendano ad appesantire troppo la narrazione, tanto che spesso rischiano di risultare, a spettatori poco avvezzi al genere, indigeste. Satoshi Kon sembra invece capire quando l’attenzione dello spettatore sta scemando ed inserisce improvvise e inaspettate sequenze di una certa forza. Questa tecnica è usata in modo magistrale in Tokyo Godfathers, che offre una trama inaspettatamente semplice e potenzialmente poco movimentata.

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