Uno dei generi più longevi nella storia di manga ed anime è certamente quello sportivo: il primo “spokon” ad essere adattato come anime è stato Tommy la stella dei Giants (Kyojin no Hoshi) già nel lontano 1968. I titoli che con gli anni si sono susseguiti sono stati tantissimi e hanno abbracciato gli sport più diversi, da quelli più conosciuti ad altri decisamente più strani: si pensi, ad esempio, a Chihayafuru, un anime basato sul semisconosciuto gioco del karuta.
Anche il tennis è uno sport a cui sono state dedicate diverse serie: il primo anime basato su questo sport è del 1972 ed è il famosissimo Jenny la tennista (Ace o Nerae!). Negli anni successivi si sono poi susseguiti diversi altri anime basati sul tennis; e fra questi c'è anche quello oggetto della presente recensione.

Baby Steps recensione dell'anime sul tennis


Baby steps è un manga scritto e disegnato da Hikaru Katsuki che nel 2007 ha ottenuto la serializzazione sulle pagine del Weekly Shonen Manga. Nel 2014 lo Studio Pierrot ha deciso di realizzarne un adattamento anime affidandone la direzione a Masahiko Murata, un regista che in passato, si è occupato, fra gli altri, della regia di alcuni film su Naruto; attualmente sono state realizzate due serie, ognuna delle quali composta da venticinque episodi, nei quali la storia arriva a coprire quella contenuta in circa diciannove volumetti del manga.
Spendiamo qualche parola sulla trama: Maruo Eiitirou è un ragazzo che eccelle negli studi grazie alla sua grande meticolosità nel prendere appunti e per una predisposizione naturale a ripetere all'infinito gli stessi noiosi esercizi. Volendo trovare un'attività adatta a tenere in allenamento anche il fisico, finisce per avvicinarsi abbastanza casualmente al tennis; dopo poco, però, si lascerà coinvolgere completamente da questo sport, grazie anche all'influenza di Natsu, la studentessa più bella del suo anno.
Una delle cose che si impara guardando gli spokon, è che da un anime sportivo puoi aspettarti qualsiasi cosa. C'è il modello che definirei "estremo", di cui fa parte, ad esempio, "Captain Tsubasa", in cui l'attenzione sulla disciplina sportiva è predominante; c'è il modello "Mitsuru Adachi" in cui componente sportiva e slice of life si bilanciano perfettamente tra loro; e c'è il modello in cui lo sport fa solo da contorno alle vicende dei protagonisti, cosa che accade, ad esempio, in "Suzuka".
Baby Steps appartiene senza dubbio al primo modello: il protagonista, infatti, è quasi sempre diviso tra partite ed allenamenti sfiancanti. Rispetto al modello “estremo”, però, questo anime presenta diverse interessanti novità.

Baby Steps recensione dell'anime sul tennis

In primo luogo, il realismo. Ei-chan non è il fenomeno che dopo poche partite è già in lizza per vincere Wimbledon, ma è un principiante che, com'è normale che sia, deve faticare se vuole raggiungere gli obiettivi che si è prefissato. E' inoltre molto difficile capire in anticipo come andrà a finire una partita: il risultato finale, al contrario, è sempre quello più realistico dati i valori in campo. Non so dire per quanto potrà durare ancora: prima o poi credo che Ei-chan dovrà cominciare a vincere senza troppe pause, ma il fatto che l'inizio sia stato questo è molto incoraggiante.
In secondo luogo, questo anime dà, finalmente, una corretta rappresentazione di questo sport: niente più fenomeni da baraccone capaci dei tiri più incredibili ma partite normali, con colpi belli per quelli che sono e non per la presenza di effetti speciali.

Infine, se da un lato viene riproposta la solita equazione lavoro uguale successo, da cui deriva quella successiva secondo cui più lavoro è uguale a più successo, dall'altro lato rappresentano quasi un momento di liberazione quelle parti in cui viene finalmente sottolineata l'importanza del riposo e dello svago nella vita di un atleta.
Baby steps, in realtà, contiene anche una parte slice of life, ma ha un'importanza marginale.

Nel poco spazio concesso, però, l'anime si difende benissimo anche sotto questo punto di vista: di eventi importanti, emozionanti o divertenti ce ne sono abbastanza e sono stati realizzati anche piuttosto bene. Assegnargli un minutaggio maggiore, però, sarebbe stato auspicabile, specie per spezzare la crescente monotonia di una partita dopo l'altra.
Veniamo ora ai due personaggi cardini della serie, ossia Eiitirou e Natsu.

Baby Steps recensione dell'anime sul tennis

Secondo Mike Agassi, padre del famosissimo tennista Andre, “Se colpisci 2.500 palle al giorno, cioè 17.500 alla settimana, cioè un milione di palle all'anno, non potrai che diventare il numero uno”. Questa frase riassume meglio di qualsiasi altra la psicologia di Eiitirou.
Ei-chan, quindi, rappresenta l'ennesima figura dell'atleta operaio, in cui domina la razionalità e una spiccata attitudine al lavoro duro. Quella che emerge è una figura abbastanza grigia, che difficilmente resterà a lungo nella memoria dello spettatore: il protagonista, infatti, non ha la bellezza dei nuotatori di Free!, né la simpatia di Sakuragi di Slam dunk né il tiro della tigre di Mark Lenders; la sua unica qualità è quella di aver dimostrato che è possibile sfruttare un talento di serie B, come quello di esser perfetto nel prendere appunti, per il raggiungere un obiettivo diverso e ben più importante.
Quella di Natsu, invece, è una figura molto diversa da quella del protagonista: alla razionalità ossessiva di Ei-chan la ragazza risponde con un carattere in cui domina l'istintività, e ciò sia nella vita che sul campo da gioco. La sua figura, però, è quella dell'attrice non protagonista la cui importanza si nota solo quando esercita la sua influenza sul vero ed unico eroe di questa storia.
L'apparato grafico, a mio avviso, non è certamente il punto forte di questo anime: infatti se quando si tratta di ritrarre personaggi di prima importanza i disegni non sono poi così male, essi latitano fortemente quando si tratta di ritrarre tutto il resto. La colonna sonora, invece, ha il suo punto di forza in “Believe in yourself” di Mao Abe, la sigla di apertura che non a caso è stata proposta in entrambe le stagioni. Le sigle di chiusura, invece, sono “Baby steps” delle Babyraids per la prima stagione e “Yume no tsuzuki” delle Ganbare! Victory per la seconda stagione; entrambe le canzoni sono abbastanza orecchiabili ma niente di più.
Voglio, infine, segnalare una pecca davvero singolare nella sceneggiatura: la chiamerò "e dal nulla apparve il talento". Ma è mai possibile che, quando un avversario di Ei-chan, già in vantaggio 6-0/5-0, subisce un misero punto comincia seriamente a pensare "Cavolo, questo sì che è un vero talento"? E se fosse stata solo una botta di sedere? 

Baby Steps recensione dell'anime sul tennis